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LA MARIOLOGIA nella Chiesa fino al sec. VI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2013 22:27
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15/11/2013 21:39
 
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L'iscrizione di Abercio (Asia Minore, fine sec. Il) testimonia la fede nell'eucarestia, la funzione eminente del vescovo di Roma, la verginità di Maria, l'efficacia delle preghiere per i defunti: «La fede mi guidava ovunque, e ovunque essa mi forniva in cibo un pesce di sorgente, grandissimo, puro, che casta Vergine ha pescato, e lo distribuiva agli amici da cibarsene in perpetuo; essa possiede un vino delizioso e lo da misto con il pane...».


Anche nell'iscrizione di Teodoro, a Roma, nella catacomba di Priscilla, è presente il simbolo del pesce, e si legge: «Viviamo in Dio».


Il pesce era un simholo convenzionale tra i primi cristiani, perché le lettere della parola greca IXQUS = I-Ch-Th-Y-S erano le iniziali della loro professione di fede IHSOUS XRISTOS QEOU UIOS SWTHR = «Gesù-Cristo-Figlio di Dio-Salvatore».


Apologisti sono tutti i Padri della Chiesa che hanno composto opere di difesa del cristianesimo dagli assalti del paganesimo, e di polemica e di critica contro le credenze e le istituzioni del paganesimo stesso, per parecchi secoli, da Origene ad Agostino. Controversisti sono invece i Padri della Chiesa che hanno combattuto dottrine e interpretazioni errate di eretici. L'eresia implica frattura, lacerazione nel corpo stesso della Chiesa, e costituisce pertanto un elemento di particolare pericolo per la sua vita. Un tipo di eresia, il docetismo, appare già nell'epistolario ignaziano, ma nel corso del sec. II tendenze eretiche si diffondono e richiedono adeguate risposte da parte degli autori ortodossi.


Lo gnosticismo


La crisi gnostica segna in profondità tutto il pensiero cristiano dei secoli II e III, producendo una ricca letteratura eresiologica, nella quale si riversa il meglio della tradizione ecclesiastica. Ancora oggi questa letteratura costituisce la fonte principale per conoscere le antiche lotte religiose e per comprendere il travaglio di azione e di pensiero attraverso il quale si è arricchita la coscienza cristiana dell'antichità.


Lo gnosticismo si rivela infatti una delle piú gravi crisi del cristianesimo antico. Il suo nome viene dal greco gnosis che vuol dire «conoscenza». Esso fu un movimento spirituale che ebbe vasta diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo nei sec. II e III. Le sue origini sono forse da ricercare in alcuni ambienti periferici del giudaismo, ma fu soprattutto nell'ambito del cristianesimo nascente che esercitò una profonda influenza.


I connotati specifici dello gnosticismo non sono complessi e sfuggenti, benché notevolmente arricchiti dopo la fortunata scoperta a Nag-Hammadi (Alto Egitto, località che domina la valle del Nilo), di una intera biblioteca di testi gnostici originali in lingua copta, che ha modificato sostanzialmente le opinioni scientifiche precedenti.


Il mondo spirituale dello gnosticismo riguarda la vicenda dell'anima divina decaduta, per un misterioso fallo commesso in un tempo precedente la storia, nel mondo di quaggiú e nella materia cattiva del corpo, e si presenta come rivelazione di mezzi e di modi attraverso cui il Redentore consente all'anima di ritornare nel suo primitivo stato d'integrità, libera dai legami del corpo e del mondo materiale. Le correnti all'interno dello gnosticismo cristiano possiedono in comune alcuni capisaldi dottrinali sulla concezione dell'uomo e della sua salvezza (antropologia religiosa), la missione del Salvatore e della sua opera di redenzione (cristologia), la struttura e la funzione della Chiesa (ecclesiologia).


Secondo gli gnostici esistono tre diverse categorie di uomini. La prima è quella degli spirituali (pneumatici): costoro, in quanto possiedono lo spirito divino e quindi la gnosi o conoscenza dei misteri che è superiore alla fede dei comuni cristiani, sono predestinati alla salvezza; la seconda categoria, all'opposto, è costituita dagli uomini materiali (ilici o coici) che sono destinati alla dannazione; infine, la categoria intermedia di coloro che, dotati di anima razionale (psichici), hanno la possibilità di scegliere il bene e il male in base all'autonomo esercizio del libero arbitrio.


Il Salvatore, a sua volta, viene al mondo non tanto per redimere con lo spargimento del suo sangue sulla croce l'intera umanità peccatrice, e per creare quindi le condizioni della resurrezione dei corpi, quanto piuttosto per rivelare ai predestinati la conoscenza salvifica che risveglia le loro coscienze addormentate nella materia. Per questo fine, non è assolutamente necessario che egli assuma una carne vera e propria: la sua incarnazione sarà perciò solamente apparente (docetismo).


La verità della rivelazione cosí iniziata viene garantita attraverso la trasmissione esoterica, cioè privata, all'interno dei gruppi dei predestinati, e non già dal magistero pubblico della gerarchia ecdesiastica guidata dai vescovi presso i quali è depositata l'autorità della Tradizione apostolica stessa. A tali argomenti, terreno di scontro preferito tra lo gnosticismo e l'ortodossia, se ne aggiunge ancora un altro, relativo all'uso dell'Antico Testamento, le Scritture del popolo ebraico.


L'Antico Testamento secondo alcuni gnostici, soprattutto Marcione di Sinope (in Asia Minore), che su questo punto assunse posizioni piú radicali ed estremistiche di altri maestri gnostici, come ad esempio gli egiziani Basilide e Valentino, doveva essere integralmente ripudiato dai cristiani per l'evidente ragione che in esso si sarebbe rivelato non il Dio Padre di Gesù Cristo, che è venuto ad annunciare la buona novella della grazia e della misericordia divina, ma solamente il dio inferiore, giusto e vendicativo, del popolo ebraico, da Marcione identificato con il Demiurgo creatore di questo mondo malvagio e corrotto. Ma sia Giustino, apologista e martire, che Melitone di Sardi non tardarono ad avvertire il pericolo e a combattere gli gnostici, specialmente Marcione, la cui setta si presentava con la forza organizzativa e missionaria di una vera e propria chiesa alternativa. Le loro opere, come tante altre di quel periodo, sono andate perdute. La prima grande opera antignostica a noi pervenuta, sia pure in traduzione latina, è quella di Ireneo, vescovo di Lione in Gallia (140-200 circa). E' la prima «teologia della storia». Ireneo ribaltava completamente la logica delle dottrine gnostiche, elaborando a sua volta un imponente sistema teologico che tentava di spiegare in una sintesi completa tutta la storia della salvezza, dalle origini della creazione fino alla fine dei tempi. La storia umana è divisa in due grandi momenti: dopo il peccato originale e la caduta dei primi uomini, Adamo ed Eva, tutta la storia umana è stata guidata provvidenzialmente da Dio fino al compimento dei tempi che si sono realizzati con la venuta di Cristo. Egli è il nuovo Adamo che ricapitola la storia precedente e sottomette a sé la creazione. Veramente centrale, in tale ordine di considerazioni, è il concetto di «ricapitolazione» che funge da chiave di lettura di questo primo abbozzo di «teologia della storia».


Ireneo espone la dottrina cristiana più sinteticamente nell'operetta Dimostrazione della predicazione apostolica. E' necessario riconoscere il piano universale di salvezza rivelatosi nella storia umana con l'opera di Gesù Cristo e trasmesso all'umanità dalla missione degli apostoli guidati dallo Spirito Santo. Questa è l'unica fede che accomuna tutte le comunità cristiane sparse per il mondo, e tutte ugualmente custodi della predicazione degli apostoli, al di là di possibili diversità registrabili nella prassi liturgica. Questo spiega l'ammirazione nutrita da Ireneo verso la chiesa di Roma, fondata sull'autorità degli apostoli Pietro e Paolo, e rende anche ragione del fatto che egli sia intervenuto da pacificatore (Ireneo significa «uomo di pace») nella controversia sulla data della pasqua, tra gli asiatici, sostenitori della celebrazione quartodecimana nella ricorrenza fissa del 14 Nisan, e la chiesa di Roma, dove ormai aveva preso piede la celebrazione della pasqua mobile domenicale (a.190).


Ireneo è l'ultimo grande rappresentante della tradizione teologica dell'Asia Minore; di essa condivide ancora la dottrina del «millenarismo», secondo la quale la fine del mondo sarà preceduta dal regno di mille anni che Cristo instaurerà sulla terra insieme ai giusti resuscitati. Il suo mondo spirituale, i suoi interessi veri e vitali, sono tutti concentrati sulla difesa della Chiesa, del suo gregge, dalle tentazioni dell'eresia, del gioco sottile delle speculazioni dottrinarie degli gnostici. Per questa ragione, Ireneo incarna le qualità tipiche del pastore d'anime, sollecito innanzitutto del benessere spirituale dei fedeli affidati alle sue cure, e la sua teologia profonda resta tenacemente attaccata alle radici bibliche del pensiero cristiano. Non è certo che sia morto martire, ma la sua lezione ha lasciato un segno profondo sulla teologia dei pensatori successivi, in primo luogo su coloro che si sono impegnati nella lotta contro l'eresia gnostica.


ll primo grande teologo del cristianesimo di fronte alla «gnosi»


Contemporaneamente alla difesa del cristianesimo dagli attacchi del mondo pagano viene elaborata una presentazione sistematica della dottrina del cristianesimo.


Il grande vescovo e martire di Lione (115-202 ca. ), discepolo di Policarpo di Smirne e amico di papa Eleuterio, scrisse «Contro le eresie» e « Dirnostrazione della predicazione apostolica».


Con la sua esperienza e la sua intelligenza riuscl ad armonizzare la morbidezza del misticismo orientale e il rigore del pensiero occidentale. Contro la a gnosi » Ireneo difende l'unità del piano divino nella creazione e nella redenzione. C'è un solo Dio, egli scrive, un solo Cristo, una sola Chiesa fondata sull'unica fede tramandata dagli apostoli, la cui missione è di rtunire tutta l'umanità in Cristo. Difende in particolare le verità dell'incarnazione, dell'eucarestia e della risurrezione dei corpi [Ireneo, « Contro le eresie » III 16,6; 1,9].


In sintesi i1 discorso di Ireneo contro le eresie si sviluppa con semplicità e chiarezza: il disegno di Dio sull'umanità viene rivelato dalle Scritture che sono perfette « perché dettate dal Verbo di Dio e dal suo Spirito »; i quattro vangeli, in particolare, sono la norma della fede e della verità.


Tuttavia, in ultima analisi, più che alla Scrittura è alla regola di fede che bisogna riferirsi per controbattere gli eretici, e ciò per due motivi: perché essi hanno diffuso una massa di opere apocrife che dicono ispirate e perché interpretano le Scritture secondo la loro fantasia. Qual è dunque la regola della fede? t il simbolo degli apostoli, cioè il « credo » che ciascuno ha ricevuto con il battesimo e che può essere spiegato e capito più o meno bene, ma non cambiato.


Ireneo, Contro le eresie V, 19, 1; 20, 2, 21, 1: Adamo e Cristo, Eva e Maria


La salvezza portata da Cristo è un evento universale che riguarda tutta la storia. Paolo aveva fatto ricorso al parallelismo tra Cristo e Adamo (Rm 5, 12-19, 1Cor 15, 21-22. 45-49): se Adamo è il capo dell'umanità che va verso la morte, Cristo rompe la solidarietà col peccato e inaugura la nuova umanità incamminata verso la vita definitiva di libertà e di amore. I Padri prolungano questo pensiero applicando lo stesso parallelismo ad Eva e a Maria: «Come la disobbedienza di un solo uomo (Adamo) ha reso tutti peccatori; così l'obbedienza di uno solo (Gesù Cristo) renderà tutti giusti» (Paolo); «Ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede» (Ireneo).


Il Signore abbracciò la condizione umana e si manifestò nel mondo che era suo. La natura umana portava il Verbo di Dio, ma era il Verbo che sosteneva la natura umana. Nel Cristo c'era quell'umanità che aveva disubbidito presso l'albero del paradiso terrestre, ma in lui la stessa umanità con l'ubbidienza, compiuta sull'albero della croce, distrusse l'antica ribellione Nel medesimo tempo annullò la seduzione con la quale era stata maledettamente sedotta Eva, la vergine destinata al primo uomo. Ma tutto ciò fu in grazia di quel messaggio di benedizione che l'angelo portò a Maria, la vergine già sottomessa a un uomo. Infatti mentre Eva, sviata dal messaggio del diavolo, disobbedí alla parola divina e si alienò da Dio, Maria invece, guidata dall'annuncio dell'angelo, obbedí alla parola divina e meritò di portare Dio nel suo grembo.


Quella dunque si lasciò sedurre e disobbedí, questa si lasciò persuadere e ubbidí. In tal modo la vergine Maria poté divenire avvocata della vergine Eva.


Cristo ricapitolò tutto in se stesso e cosí tutto venne a far capo a lui. Dichiarò guerra al nostro nemico e sconfisse colui che al principio, per mezzo di Adamo, ci aveva fatti tutti suoi prigionieri. Schiacciò il capo del serpente secondo la parola di Dio riferita nella Genesi: «Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; egli ti schiaccerà la testa e tu insidierai il suo calcagno» (Gn 3, 15). Con queste parole si proclama in anticipo che colui che sarebbe nato da una vergine, quale nuovo Adamo, avrebbe schiacciato il capo del serpente. Questo è quel discendente di Adamo, di cui parla l'apostolo nella sua lettera ai Galati: la legge delle opere fu posta finché venisse nel mondo il seme per cui era stata fatta la promessa.


Ancor piú chiaramente indica questa realtà nella stessa lettera, nel passo in cui dice: «Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4, 4). Il nemico infatti non sarebbe stato sconfitto secondo giustizia, se il vittorioso non fosse stato un uomo nato da donna, poiché fin dall'inizio della storia il demonio ha dominato sull'uomo per mezzo di una donna, opponendosi a lui col suo potere.


Per questo si proclama Figlio dell'uomo, egli che ricapitola in sé l'uomo primordiale, dal quale venne la prima donna e, attraverso questa, l'umanità. Il genere umano era sprofondato nella morte a causa dell'uomo sconfitto. Ora risaliva alla vita a causa dell'uomo vittorioso.


Ippolito di Roma, La confutazione di tutte le eresie 10, 33-34: Il Verbo che s'è fatto carne ci rende simili a Dio


Noi crediamo al Verbo di Dio. Non ci appoggiamo su parole senza senso, né ci lasciamo trasportare da improvvise e disordinate emozioni o sedurre dal fascino di discorsi ben congegnati, ma invece prestiamo fede alle parole della potenza di Dio. Queste cose Dio le ordinava al suo Verbo. Il Verbo le diceva in parole per distogliere con esse l'uomo dalla sua disobbedienza. Non lo dominava come fa un padrone con i suoi schiavi, ma lo invitava a una decisione libera e responsabile.


Il Padre mandò sulla terra questa sua Parola nel tempo ultimo poiché non voleva piú che parlasse per mezzo dei profeti, né che fosse annunziata, in forma oscura e solo intravvista attraverso vaghi rifíessi, ma desiderava che apparisse visibilmente in persona. Cosí il mondo contemplandola avrebbe potuto avere la salvezza. Il mondo avendola sotto il suo sguardo non avrebbe piú sentito il disagio e il timore come quando si trovava di fronte a un'immagine divina riflessa dai profeti, né avrebbe provato lo smarrimento come quando essa veniva resa presente e manifestata mediante le potenze angeliche. Ormai avrebbe constatato di trovarsi alla presenza medesima di Dio che parla.


Noi sappiamo che il Verbo ha preso un corpo mortale dalla Vergine, e ha trasformato l'uomo vecchio nella novità di una creazione nuova. Noi sappiamo che egli si è fatto della nostra stessa sostanza. Se infatti non fosse della nostra stessa natura, inutilmente ci avrebbe dato come legge di essere imitatori suoi quale maestro. Se egli come uomo è di natura diversa perché comanda a me nato nella debolezza la somiglianza con lui? E come può essere costui buono e giusto?


In verità per non esser giudicato diverso da noi, egli ha tollerato la fatica, ha voluto la fame, non ha rifiutato la sete, ha accettato di dormire per riposare, non si è ribellato alla sofferenza, si è assoggettato alla morte, e si è svelato nella risurrezione. Ha offerto come primizia, in tutti questi modi, la sua stessa natura d'uomo, perché non ti perda d'animo nella sofferenza, ma riconoscendoti uomo, aspetti anche per te ciò che il Padre ha offerto a lui.


Quando tu avrai conosciuto il Dio vero, avrai insieme all'anima un corpo immortale e incorruttibile; otterrai il regno dei cieli, perché nella vita di questo mondo hai riconosciuto il re e il Signore del cielo. Tu vivrai in intimità con Dio, sarai erede insieme con Cristo, non piú schiavo dei desideri, delle passioni, nemmeno della sofferenza e dei mali fisici, perché sarai diventato dio.Infatti le sofferenze che hai dovuto sopportare per il fatto di essere uomo, Dio te le dava perché eri uomo. Però Dio ha promesso anche di concederti le sue stesse prerogative una volta che fossi stato divinizzato e reso immortale.


Cristo, il Dio superiore a tutte le cose, colui che aveva stabilito di annullare il peccato degli uomini rifece nuovo l'uomo vecchio e lo chiamò sua propria immagine fin dall'inizio. Ecco come ha mostrato l'amore che aveva verso di te. Se tu ti farai docile ai suoi santi comandi, e diventerai buono come lui, che è buono sarai simile a lui e da lui riceverai gloria. Dio non lesina i suoi beni, lui che per la sua gloria ha fatto di te un dio.

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