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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2013 13:41
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24/10/2013 13:35
 
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sez. I. Controversia sulla natura della contemplazione.

1553. Tutti ammettono che la contemplazione infusa o mistica e`
gratuito dono di Dio, che ci mette nello stato passivo e ci da` di Dio
tal conoscenza ed amore che noi non abbiamo che da ricevere. Ma in che
propriamente consiste questa conoscenza? Ella e` certo distinta da
quella che acquistiamo col lume della fede; e`, a comune parere,
sperimentale o quasi sperimentale, n. 1394. Ma e` poi immediata,
senza intermedio, oppure mediata, con specie o acquisite od infuse?
Ecco quindi due sistemi.

1554. 1^ Teoria della conoscenza immediata. Questa teoria che
s'appoggia sull'autorita` del Pseudo Dionigi, della scuola di
S. Vittore e della scuola mistica fiamminga, afferma che la
contemplazione infusa e` una percezione o intuizione o visione
immediata, benche` oscura e confusa, di Dio; essendo immediata, si
distingue dalla ordinaria conoscenza della fede; essendo oscura,
differisce dalla visione beatifica. Vi sono poi piccole sfumature nel
modo di esporla.

Cosi` il P. Poulain 1554-1, fondandosi sulla teoria del sensi
spirituali, pensa che l'anima contemplativa senta direttamente la
presenza da [sic] Dio: "Durante quest'unione, quando non e` troppo
alta, siamo come chi sta presso un amico ma in luogo intieramente
oscuro e in silenzio. Non si vede, non si ascolta l'amico, si sente
soltanto che c'e` per mezzo del tatto, perche` lo teniamo per mano. E si
sta cosi` pensando a lui e amandolo".

1555. Il P. Mare'chal, avendo rilevato che i mistici affermano, nello
stato di alta contemplazione, di avere un'intuizione intellettiva di
Dio e dell'indivisibile Trinita`, pensa che l'alta contemplazione
inchiuda un elemento nuovo, qualitativamente distinto dalle attivita`
normali e dalla grazia ordinaria... la presentazione attiva, non
simbolica, di Dio all'anima, con cio` che psicologicamente le
corrisponde, l'intuizione immediata di Dio da parte
dell'anima" 1555-1. Il che, aggiunge, non deve parere poi troppo
strano, chi ammetta (come dissi piu` sopra) che l'intuizione
dell'essere e`, a cosi` dire, il centro di prospettiva dell'umana
psicologia.

Questa teoria e` perfezionata dal P. Picard 1555-2. Dopo aver detto
che, sotto l'aspetto naturale, un afferramento o intuizione immediata,
ma confusa ed oscura, di Dio non e` impossibile, dimostrata che ne sia
con le classiche prove l'esistenza, fa l'applicazione della teoria
alla contemplazione mistica. Questo Dio, la cui presenza si e` fatta
sentire nell'intimo dell'anima, "ora se ne impossessa traendola per le
facolta` conoscitive che concentra su di se`, nel silenzio,
nell'ammirazione e nella pace; ora l'afferra da padrone per la volonta`
e per le potenze affettive... quando cotesta presa da parte di Dio si
fa sentire all'anima piuttosto per le facolta` conoscitive, abbiamo
l'orazione di raccoglimento; quando invece l'anima si sente afferrata
per le potenze volitive ed affettive, e` allora nell'orazione di
quiete". L'autore poi mostra che, a mano a mano che Dio accresce il
vigore della sua stretta e le da` piu` assoluto, piu` esclusivo, piu`
profondo impero, l'anima va progredendo nei gradi superiori della
contemplazione.

Osserva infine che questa teoria e` cosa ben distinta dall'ontologismo;
perche` afferma che il concetto di essere nasce dalla percezione
dell'essere finito, che e` concetto analogo, e che non puo` essere
applicato a Dio se non dopo dimostratane l'esistenza. E rigetta pure
la visione in Dio; perche` e` la nostra mente finita ed imperfetta, che,
con le sue sole idee ed atti finiti ed imperfetti, afferra tutte le
verita` che viene a conoscere; ma poi cotesta intuizione e`
essenzialmente confusa ed oscura.

1556. 2^ Conoscenza mediata. L'opinione pero` comunemente ammessa e`
che la conoscenza del contemplativo, per quando perfetta, sia mediata
e insieme confusa ed oscura, benche` quasi sperimentale. Nei primi
gradi Dio si contenta di irradiar la sua luce, la luce dei doni, su
concetti che gia` abbiamo, sia con l'attirar vivamente la nostra
attenzione su una data idea sia col farci trarre da due premesse una
conclusione che ci fa viva impressione, n. 1390; negli stati
superiori poi, come nell'unione estatica, ci infonde nuove specie
intelligibili che rappresentano le divine verita` assai piu` vivamente
che non facciano i nostri concetti; e avviene allora il ratto
dell'anima percependo verita` che le erano finallora sconosciute. E
poiche` gusta e assapora queste verita`, ne ha una conoscenza quasi
sperimentale. E quindi sempre conoscenza di fede, ma molto piu` viva e
soprattutto molto piu` affettuosa della conoscenza ordinaria; la
differenza sta in questo che e` conoscenza ricevuta da Dio, perche`
l'anima riceve nello stesso tempo conoscenza ed amore e non ha che da
acconsentire all'azione divina che produce in lei questi cosi` preziosi
doni.

1557. Teniamo anche noi questa dottrina, gia` esposta nel capitolo
secondo, parendoci che salvi meglio la differenza essenziale che deve
correre tra la contemplazione, che resta mediata ed oscura, per
speculum et in aenigmate, e la visione beatifica, che e` immediata e
chiara. Ma siamo ben lontani dall'accusare di ontologismo coloro che
tengono per probabile l'opinione d'una intuizione immediata, dal
momento che la dicono confusa ed oscura e rigettano il principio
fondamentale dell'ontologismo affermando che la mente si innalza a Dio
dalle creature 1557-1.

Certo alcuni mistici usano espressioni ardite che, a prima vista,
paiono supporre che siano in immediato contatto con la sostanza divina
e che vedano Dio; ma, quando se ne esamina il contesto, si vede che
sono espressioni da riferirsi piuttosto agli effetti che l'azione
divina produce nell'anima 1557-2. Col dono della sapienza noi
gustiamo l'amore, il gaudio, la pace spirituale, che Dio ci mette
nell'anima; onde il nome di gusti divini dato da S. Teresa
all'orazione di quiete. Coi tocchi divini pare ai mistici che sia
investita la stessa sostanza dell'anima loro, tanto profonda e`
l'mpressione dell'amor di Dio! Ma quando si fanno a specificar le
proprie impressioni, le descrizioni che ne danno si riducono ai vari
effetti d'un amore ardente e generoso. Si puo` quindi arguire che, se
adoprano espressioni cosi` forti, ne e` causa la poverta` dell'umano
linguaggio nel descrivere le impressioni della grazia nell'anima.

sez. II. La vocazione universale alla contemplazione.

1558. Non si tratta qui della vocazione individuale e prossima alla
contemplazione infusa, di cui dicemmo al n. 1406; su questo punto
si e` tutti d'accordo e si accetta da tutti la dottrina del Taulero e
di S. Giovanni della Croce. Ma si tratta della vocazione remota
sufficiente e generale; in altre parole si chiede: se tutte le anime
in stato di grazia siano, in modo generale, remoto e sufficiente,
chiamate alla contemplazione infusa. Su questo determinato punto ci
sono due opposte soluzioni, che derivano, almeno in gran parte, dal
diverso concetto che uno si fa della contemplazione.

1559. 1^ La vocazione universale, remota e sufficiente, e` oggi, con
sfumature diverse, ammessa da gran numero di autori appartenenti a
vari Ordini Religiosi, come Domenicani 1559-1 e
Benedettini 1559-2; da alcuni pure tra i Francescani 1559-3,
Carmelitani 1559-4, Gesuiti 1559-5, Eudisti 1559-6 e da
sacerdoti del clero secolare 1559-7; si fondarono Riviste,
specialmente la Vie Spirituelle, per propugnare e propagare questa
opinione. -- Il P. Garrigou-Lagrange espone vigorosamente questa tesi,
studiandosi di provare che la vita mistica e` lo sviluppo normale della
vita interiore e che quindi tutte le anime in stato di grazia vi sono
chiamate. Ecco in breve i suoi argomenti:

a) Il principio radicale della vita mistica e` lo stesso di quello
della vita interiore comune: la grazia santificante o la grazia delle
virtu` e dei doni. Ora questi doni crescono con la carita`, e giunti che
siano al pieno sviluppo, operano in noi secondo il loro modo
sovrumano, mettendoci nello stato passivo o mistico. Onde il principio
della vita interiore contiene in germe la vita mistica, che e` quaggiu`
come il fiore della vita soprannaturale.

1560. b) Nel progresso della vita interiore, la purificazione
dell'anima non diventa intiera che con le purificazioni passive. Ora
queste purificazioni sono di ordine mistico. Quindi la vita interiore
non puo` conseguire l'intiero suo progressivo sviluppo che con la vita
mistica.

c) Il fine della vita interiore e` lo stesso che quello della vita
mistica, cioe` una perfettissima disposizione a ricevere il lume della
gloria subito dopo morte, senza passare per il purgatorio. "Ora la
disposizione perfetta a ricevere la visione beatifica subito dopo
l'ultimo respiro, non puo` essere che l'intensa carita` di un'anima
pienamente purificata, e l'ardente desiderio di veder Dio, quale si ha
nell'unione mistica e specialmente nell'unione trasformativa. Questa
dunque e` veramente quaggiu` l'ultimo grado di sviluppo della vita della
grazia" 1560-1.

1561. 2^ Teoria d'una vocazione speciale e limitata. Non tutti pero`
sono convinti di questi argomenti: un gran numero d'autori spirituali,
Gesuiti, come il Card. Billot, i PP. de Maumigny, Poulain, Bainvel,
G. de Guilbert; Carmelitani Scalzi, come il P. Maria-Giuseppe del
Sacro Cuore; e altri fuori di queste scuole, come Monsignor Lejeune e
Monsignor Farges, pensano che la contemplazione infusa sia un dono
gratuito che non viene dato a tutti, e che del resto non e` necessario
per giungere alla santita`. Ne compendiamo qui gli
argomenti 1561-1.

a) La precedente teoria e` una magnifica costruzione teologica, non c'e`
che dire; pero` le pietre di quest'edifizio non paiono tutte ugualmente
solide. Cosi` non e` dimostrato "che i sette doni corrispondano a sette
distinti abiti infusi anziche` a sette ordini di grazie diverse al cui
ricevimento le facolta` dell'intelletto e della volonta` vengano
preparate ognuna da un solo abito. E poi, quand'anche cio` fosse
dimostrato, bisognerebbe ancora provare che i doni della Sapienza e
dell'Intelletto non possano esercitar pienamente il loro ufficio se
non nella contemplazione e non anche nel ricevimento delle grazie di
luce che non inchiudono necessariamente questa particolar forma
d'orazione; cosa anche questa che non e` fuori di
controversia 1561-2.

Parimente non e` dimostrato che i doni operino sempre nel modo
sovrumano; il Card. Billot 1561-3 pensa che questi doni operino in
doppio modo, ora in modo ordinario, adattandosi al nostro modo umano
di operare, e ora in modo straordinario, producendo in noi la
contemplazione infusa.

1562. b) Pare, e` vero, che le prove passive siano il piu` potente
mezzo a purificare un'anima, facendola passare per un vero purgatorio;
ma non e` forse possibile che, in questa valle di lagrime dove tante
sono le occasioni di soffrire e di mortificarsi, si giunga, con la
dolce rassegnazione alla volonta` di Dio e con mortificazioni positive
fatte sotto la guida dello Spirito Santo e d'un savio direttore, a
fare il proprio Purgatorio su questa terra? E` forse dimostrato che le
grazie della contemplazione siano la sola forma di grazie
privilegiate? Tutti ammettono che vi sono anime, non ancora innalzate
alla contemplazione infusa, che pure sono piu` perfette di altre che
Dio, per sua libera scelta, innalza alla contemplazione appunto per
renderle migliori, n. 1407; ora se sono piu` perfette, ne viene che
siano anche piu` purificate. Potrebbe quindi accadere che, al punto
della morte, la loro purificazione fosse completa.

c) E` vero che il fine della vita interiore come della vita mistica e`
di prepararci alla visione beatifica, e che l'unione trasformativa e`,
per certe anime, la preparazione migliore. Ma e` poi l'unica? Vi sono
anime che restano nell'orazione discorsiva ed affettiva e che pure
sono modelli di virtu` eroiche, comparendo sia esternamente come agli
occhi di chi le conosce a fondo, anche piu` virtuose di altre che sono
contemplative. E` forse provato che i doni dello Spirito Santo non
intervengano in modo eminente in quelle migliaia di giaculatorie,
fatte da certe persone ogni giorno mentre attendono alle loro
occupazioni, e nell'esercizio costante e soprannaturale dei doveri
professionali, che per la loro continuita` richiedono un coraggio
eroico? Eppure, interrogando queste persone, non si trova vestigio di
contemplazione propriamente detta, almeno abituale. -- Non si dovra`
quindi confessare che Dio, il quale sa adattare le sue grazie al
carattere, all'educazione, alla posizione provvidenziale di ognuno,
non guida tutte le anime per le stesse vie, e che, pur volendo da
ciascuna perfetta docilita` alle ispirazioni dello Spirito Santo, si
riserva di santificarle con mezzi diversi?

1563. 3^ Tentativo di avvicinamento. Riflettendo sulle ragioni
recate da una parte e dall'altra, ci pare che le due opinioni possano
avvicinarsi.

A) Rileviamo prima di tutto i punti comuni sui quali i moderati delle
due opinioni convengono.

a) Ci furono e ci possono essere contemplativi di ogni temperamento e
di ogni condizione; ma nel fatto ci sono temperamenti e generi di vita
piu` atti di altri alla contemplazione infusa. La ragione e` che,
quantunque la contemplazione sia un dono gratuito e Dio la conceda a
chi vuole e quando vuole, n. 1387, Dio per altro suole adattare le
grazie all'indole e ai doveri professionali di ciascuno.

b) La contemplazione non e` la santita` ma uno dei mezzi piu` efficaci
per giungervi; la santita` infatti consiste nella carita`, nell'intima e
abituale unione con Dio. Ora la contemplazione e` certo in se` la via
piu` corta per arrivare a quest'unione, ma non l'unica, e vi sono anime
non contemplative "che possono essere piu` progredite nella virtu`,
nella vera carita`, di altre che ricevettero piu` presto la
contemplazione infusa" 1563-1.

c) Abbiamo tutti ricevuto nel battesimo un'organismo soprannaturale
(grazia abituale, virtu` e doni) che, giunto al pieno suo sviluppo,
conduce normalmente alla contemplazione, nel senso che ci da` quella
pieghevolezza e quella docilita` onde Dio puo` metterci nello stato
passivo quando e come vuole. Ma in pratica, vi sono anime che, senza
lor colpa, non giungono quaggiu` alla contemplazione 1563-2.

1564. B) Non ostante l'accordo su questi punti importanti, rimangono
disparita` provenienti, a nostro parere, da tendenze piu` o meno
favorevoli allo stato mistico e dal carattere piu` o meno ordinario o
straordinario che si attribuisce a questo stato. Esporremo
modestamente la nostra soluzione che comprende due affermazioni: a) la
contemplazione infusa e` in se` una normale continuazione della vita
cristiana; b) nel fatto pero` non pare che tutte le anime in stato di
grazia siano chiamate a questa contemplazione, compresa l'unione
trasformativa.

a) La contemplazione infusa, considerata indipendentemente dai
fenomeni mistici straordinari che talvolta l'accompagnano, non e`
qualche cosa di miracoloso e di anormale, ma risulta da due cause:
dalla coltura del nostro organismo soprannaturale, massime del doni
dello Spirito Santo, n. 1355, e da una grazia operante che in se`
non ha nulla di miracoloso. S'e` detto infatti che l'infusione di nuove
specie intellettive non e` necessaria nei primi gradi di
contemplazione, n. 1390. Si puo` pure aggiungere, con Congresso
Carmelitano di Madrid, che la contemplazione e` in se` il piu` perfetto
stato di unione tra Dio e l'anima che si possa conseguire in questa
vita; e` l'ideale piu` alto e come l'ultima tappa della vita cristiana
in questo mondo nelle anime chiamate alla mistica unione con Dio; e` la
via ordinaria della santita` e della virtu` abitualmente
eroica 1564-1. Questa pare la dottrina tradizionale quale si trova
negli autori mistici da Clemente Alessandrino a san Francesco di
Sales.

1565. b) Pero` da tali premesse non ne viene necessariamente che
tutte le anime in stato di grazia siano veramente chiamate, sia pur
remotamente, all'unione trasformativa. Come vi sono in paradiso
diversissimi gradi di gloria, "stella enim a stella differt in
claritate" 1565-1, cosi` vi sono sulla terra diversi gradi di
santita` a cui le anime sono fin da questa vita chiamate. Ora Dio,
sempre libero nella distribuzione dei suoi doni, e che sa adattare la
sua azione al temperamento, all'educazione e al genere di vita di
ciascuno, puo` per vie diverse elevare le anime al grado di santita` a
cui le destina.

A quelle che, per l'indole piu` attiva e per le occupazioni piu` gravi,
paiono fatte piu` per l'azione che per la contemplazione, largira`
grazie per esercitare principalmente i doni attivi: tali anime
vivranno nell'intima e abituale unione con Dio, qualche volta anzi
moltiplicheranno le giaculatorie oltre quanto parrebbe umanamente
fattibile; e soprattutto adempiranno, alla presenza di Dio e per suo
amore e con eroica assiduita`, i mille piccoli doveri quotidiani,
costantemente docili alle ispirazioni della grazia. Onde conseguiranno
il grado di santita` a cui Dio le destina anche senza l'aiuto, almeno
abituale, della contemplazione infusa. Vivranno nella via unitiva
semplice, quale abbiamo descritta al n. 1303 ss.

Si dice, e` vero, che queste sono eccezioni e cha la via normale della
santita` e` la contemplazione 1565-2. Ma quando tali eccezioni sono
numerose, non se ne ha forse da tener conto nel problema della
vocazione remota, dacche` il temperamento e i doveri del proprio stato
sono elementi che aiutano a sciogliere la questione della vocazione?

In fondo si e` piu` d'accordo che non paia al vario modo di parlare. Gli
uni, guardando la cosa sotto l'aspetto astratto e formale, ammettono
numerose eccezioni alla vocazione universale, tenendo pero` fermo il
principio dell'universalita`; gli altri, stando piuttosto ai fatti,
preferiscono dire senz'altro che la vocazione non e` universale,
quantunque la contemplazione sia normale continuazione della vita
cristiana.

1566. c) La soluzione da noi proposta ci pare consona alla dottrina
tradizionale. 1) Per un verso quasi tutti gli autori spirituali, da
Clemente Alessandrino a S. Francesco di Sales, trattano della
contemplazione come di normale coronamento della vita
spirituale 1566-1. 2) Per altro verso sono pochi fra costoro
quelli che esaminino esplicitamente la questione della vocazione
universale alla contemplazione; chi lo fa, si rivolge per lo piu` ad
anime elette, viventi in comunita` contemplative o almeno molto
fervorose. Quindi, quando asseriscono che tutti o quasi tutti possono
arrivare alla fonte d'acqua viva (la contemplazione), intendono dei
membri della loro comunita` e non di tutte le anime in stato di grazia.
Del resto, a partire dal secolo XVII, che e` il tempo in cui
s'incomincia a determinar meglio le cose, un gran numero d'autori
richiedono per la contemplazione infusa una vocazione speciale, e
molti esplicitamente affermano che si puo` arrivare alla santita` senza
questa contemplazione 1566-2.

Onde s'hanno da tener distinte le due questioni; e si puo` ammettere
che la contemplazione sia la normale continuazione della vita
spirituale senza asserire che tutte le anime in stato di grazia siano
chiamate all'unione trasformativa.

1567. Aggiungiamo che l'acquisto della santita` e la direzione delle
anime che vi tendono, non dipendono dalla soluzione di questo cosi`
arduo problema. Insistendo sulla cultura dei doni dello Spirito Santo
e sul perfetto distacco da se` e dalle creature, guidandole a poco a
poco all'orazione di semplicita`, ammaestrandole ad ascoltare la voce
di Dio e a seguirne le ispirazioni, si pongono le anime sulla via
della contemplazione; il resto spetta a Dio, che solo puo` afferrar
queste anime e, secondo il grazioso paragone di S. Teresa, collocarle
nel nido, cioe` nel riposo contemplativo.
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