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VII domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore Rito Ambrosiano (Anno C) (13/10/2013)

Ultimo Aggiornamento: 13/10/2013 11:42
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13/10/2013 11:42
 
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Vangelo: Is 66, 18b-23; 1Cor 6 , 9-11; Mt 13, 44-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Mt 13,44-52)

Isaia 66, 18b-23

Il terzo Isaia, cioè il profeta anonimo che vive nel tempo del ritorno da Babilonia (sec. VI-V a C), si è assunto il compito di aiutare la nuova popolazione della Giudea. Si ritrovano mescolati, per gli avvenimenti sconcertanti e gioiosi, abitanti del luogo, rassegnati e poveri e gli esuli da Babilonia, esultanti e pieni di speranza per il progetto di vita che si prospetta davanti, ma poveri anch'essi. Lo scritto del profeta si trova alla fine del libro di Isaia. Egli si preoccupa di aiutare a rileggere i tempi nuovi che si stanno svolgendo in silenzio e senza scalpore: sta nascendo un nuovo popolo. Deve crescere e camminare, avendo intuito una nuovo volto del Signore e un nuovo stile di incontro: di adorazione, di comprensione della convivenza, di responsabilità nel mondo che si sta ricostruendo passo passo, con fatica.

Gli israeliti, prima dell'esilio in Babilonia, credevano di essere gli unici uomini giusti, fedeli a Dio, che avevano stabilito leggi severe per impedire rapporti con stranieri che non conoscevano il Signore, e quindi servivano agli idoli (Deut 7,1-8). Durante l'esilio hanno conosciuto invece stranieri, con sorpresa, diversi dal proprio immaginario, generosi, ospitali, con un'alta moralità familiare e responsabilità sociale.

Anzi spesso hanno incontrato persone migliori dei propri compatrioti. Al ritorno, in questo nuovo contesto, ripensano alla propria religiosità, reinterpretando la creazione come il grande dono che Dio fa nel mondo a tutta l'umanità. E l'umanità è costituita dai giusti che vengono dal mondo ebraico e dal mondo pagano. Si capisce allora l'immagine che il profeta Isaia prospetta: la storia diventa il grande banchetto per tutti i popoli e non solo per gli israeliani (Isaia 25,6). Il banchetto raffinato è offerto da Dio stesso. Ma lo stupore diventa ancora più grande quando Dio promette che anche tra i pagani il Signore si sceglierà sacerdoti e leviti (66,21).

Si parla che tra le nazioni Dio ha posto un segno (v 19). Il segno, probabilmente, è proprio la dispersione e l'esilio d'Israele. Così la dispersione dei Giudei (la diaspora), che inizialmente è stata interpretata come un dramma, qui viene reinterpretata come strumento per portare nel mondo la conoscenza di Dio.

E per offrire un orizzonte a tale missione, vengono elencate sette realtà geografiche del mondo allora conosciuto che vanno dalla Spagna al Medio Oriente. La venuta dei popoli nel tempio di Gerusalemme è accompagnata dal ritorno dei fratelli Giudei della diaspora, interpretato come un gesto sacerdotale. E' un'offerta che viene fatta al Signore dai pellegrini pagani. Essi non offrono animali né cose ma offrono al Signore la liberazione del popolo di Dio che ritorna a Gerusalemme. Così da questi popoli pagani il Signore prenderà sacerdoti e leviti: essi riconoscono il Signore e lo annunciano nel mondo. Al centro dell'annuncio sta il verbo "radunare": di solito riferito a Israele, ma ora diventa espressione di una umanità in pace..

Paolo ai Corinzi 6, 9-11

Nella sua prima lettera ai Corinzi Paolo, dal capitolo 5, riprende le notizie che gli sono giunte circa il comportamento dei cristiani nella comunità di Corinto e le commenta come responsabile della fede e della purezza di questa comunità. Inizia col richiamare la convivenza scandalosa di un uomo con la moglie di suo padre e rimprovera i credenti che non possono tollerare questo comportamento senza prendere provvedimenti di espulsione dalla comunità allo scopo, comunque, di ricuperarlo.

Nel capitolo 6, Paolo affronta un nuovo problema che è quello della giustizia e dei tribunali. Venuto a conoscenza del frequente ricorso dei cristiani ai tribunali pagani, Paolo disapprova e condanna che ci si rivolga a giudici idolatri per risolvere le proprie liti. E' assurdo che ci si rivolga a loro, quando, alla fine del mondo, proprio i pagani saranno giudicati dai cristiani unitamente a Cristo (6,2-6). Ma a questo punto, Paolo pone il problema alla radice: "E' assurdo che nella comunità cristiana sorgano liti". Nei capitoli 5-6 vengono riportati 3 cataloghi di vizi: il primo: quattro vizi (5,10); il secondo: sei (5,11), il terzo: 10, elencati nel testo di oggi (6,10-11). Coloro che vivono in questi mali non possono ereditare il Regno di Dio, e per ereditare si intende "entrare in possesso". Paolo non si scandalizza nel riconoscere che nel mondo c'è il male e questo tipo di male personale c'era anche nei cristiani di questa comunità.

Tuttavia da questa esperienza ne sono usciti, poiché sono stati "lavati, santificati, giustificati". L'acqua ricorda il battesimo, i verbi "santificare e giustificare" esprimono gli effetti del battesimo. La santificazione esprime lo stato dei credenti, venuti alla fede e costituenti il popolo santo di Dio, la giustificazione indica la condizione dei cristiani, resi giusti per la fede in Gesù nello Spirito Santo.

L'efficacia del battesimo, difatti, passa attraverso la forza di Cristo nello Spirito di Dio. Proprio da queste riflessioni di Paolo sono sorti i tribunali ecclesiastici. Ricordati e regolati dal Diritto Canonico (Il Codice della Chiesa cattolica, almeno i can. 1400-1500), i tribunali ecclesiastici sono organi attraverso i quali la Chiesa esercita il proprio potere giurisdizionale sulle cause che riguardano beni spirituali e la violazione delle leggi ecclesiastiche. Un tempo questo compito, per il vescovo della Diocesi che era il giudice, diventava drammaticamente molto gravoso poiché il vescovo doveva occuparsi, spesso, di quelle infinite beghe, risultanti dalla convivenza quotidiana delle persone. Ambrogio e Agostino, per fare due nomi, vescovi delle loro Diocesi, si lamentavano che dovessero passare il tempo a decidere sulle galline che era andato nell'orto dell'altro e sui danni che avevano provocato. Praticamente oggi, tra i tribunali che sono, Diocesani, regionali, centrali nella Curia di Roma, si conosce, in modo particolare, il Tribunale della Sacra Rota, a cui si fa riferimento per le cause matrimoniali di cattolici sposati con il matrimoniale del sacramento del matrimonio indissolubile e verificare se il matrimonio, per difetti particolari, non sia nullo e quindi debba essere dichiarato tale. La domanda fondamentale, tuttavia, resta: "Perché si litiga e non ci si preoccupa di un allenamento ed una scuola per costruire mediazioni e pace?"

Matteo. 13, 44-52

Le tre parabole, che Matteo ci presenta oggi, hanno come centralità il Regno dei cieli o Regno di Dio (Matteo, da buon ebreo, preferisce non nominare il nome di Dio per rispetto, e quindi parla del "Regno dei cieli"). Con diverse angolazioni ci vengono proposte le due grandi dinamiche che si incrociano nella storia: il dono di Dio e l'impegno di ciascuno di noi nel tempo.

Il dono di Dio si manifesta, con molta chiarezza, nella prima parabola: per caso, nel suo lavoro quotidiano, un contadino povero scopre un tesoro. È facile, ma più un tempo che oggi, che le persone, spesso in difficoltà per tragedie e per guerra, dovessero fuggire e perciò le cose preziose che hanno in casa, nella speranza di poterle ritrovare una volta scampato il pericolo, non le portano con sé perché temono di essere derubati e perdere tutto, ma scavano una buca e sotterrano ciò che ha valore. Ma spesso non tornano e quelli che arrivano, nuovi sul campo e nella casa, ovviamente, non si rendono conto di ciò che hanno sotto i piedi. Il contadino è un salariato, non il padrone del campo. È stupito e si rende anche conto che il campo non è suo, ma nel campo potrebbe esserci molto di più. Quindi decide immediatamente di "vendere tutto ciò che possiede per comperare il campo". Non si tratta qui di discutere se è lecito o no l'operazione finanziaria. Stupisce il dettaglio, invece prezioso, di nascondere di nuovo il tesoro. Il contadino vuole arrivare a comprare tutto. Il Regno dei cieli ha un valore incalcolabile e su quello bisogna giocarsi tutta la vita. Aver trovato per caso questa fortuna, è la gratuità e il segno di Dio che si offre senza che l'altro se lo meriti. Non c'è un premio ma un dono che bisogna conquistare subito.

La parabola della perla parla invece di un ricco mercante. In questo caso il mercante è veramente in cerca della perla preziosa. Si scopre che tutta la sua vita è una ricerca di ciò che conta davvero. Quando ha trovato finalmente una perla eccezionale, c'è un cambiamento radicale immediato. Vende tutto per comprare la perla. Questa operazione del vendere tutto può anche suscitare perplessità nelle persone che vedono ma devono accorgersi che c'è qualcosa di totalmente nuovo su cui riflettere: i due esprimono la gioia e la contentezza nel fare quello che stavano facendo. "Il Regno di Dio è gioia" (Rom 14,17). Al tempo di Gesù le perle sono pregiate come oggi, da noi, i diamanti. Sono considerate le cose più preziose, e sono pescate nel Mar Rosso, nel Golfo Persico, nell'Oceano Indiano. L'Apocalisse parla delle 12 porte della città di Dio: ogni porta è una colossale enorme meravigliosa perla (Ap 21,21).

La terza parabola richiama la pesca del vicino lago di Tiberiade dove si impiegano le grandi reti a strascico che catturano pesci buoni, commestibili e pesci non buoni o impuri (Levitico 11,10-11). Sulla spiaggia i pescatori procedono alla separazione dei pesci. Per gli ebrei il mare è il regno delle forze diaboliche per cui i discepoli sono chiamati a "pescare gli uomini", cioè a sottrarli al potere del male. Il Regno dei cieli è una rete che strappa dal male, fa respirare, porta alla luce verso la salvezza. L'inizio del Regno è la comunità cristiana che raccoglie tutto (l'esperienza nella comunità cristiana ci conferma che accanto al bene c'è la presenza del male e del peccato). Ma nessuno deve sentirsi escluso o emarginato è il tempo della misericordia, è il tempo della pazienza di Dio, "che non vuole che alcuno perisca perché tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 3,9). La conclusione è il giudizio finale di Dio al cui cospetto si chiarisce completamente il senso della propria vita, del proprio tempo, delle proprie scelte, dei doni di Dio e dei propri rifiuti. Alla fine tutto il bene sarà valorizzato ed entrerà nel cielo. Le negatività del male saranno cancellate e distrutte dal fuoco. Di chi si parla? Dei dannati e dell'inferno per i dannati? E' il mistero di Dio. E' garantito che il male sarà totalmente distrutto. E' certo che la verifica della propria vita sarà per tutti. Che cosa farà il Signore misericordioso? L'appuntamento è un appuntamento di grande responsabilità e Gesù ci tiene a dire che, per la nostra libertà, possiamo giocarci l'eternità. Che cosa avverrà? Sappiamo solo che ci sarà la presenza di Dio Misericordioso, che sa valutare la nostra fragilità e la nostra libertà.

Gesù conclude con una domanda: "Avete capito?" E richiamo del maestro che insegna e che chiede che i discepoli abbiano ascoltato e capito il messaggio. In conclusione c'è tutto l'itinerario della preparazione dell'Antico Testamento ( realtà antiche) e c'è la scoperta del nuovo, portato da Gesù. Ma nella vita ognuno di noi fa questa operazione: scopre la bellezza di Dio e sente il bisogno di ripensare e di rivedere tutta la propria vita. In questo impasto di conosciuto e di sperimentato, si arriva a ritrovare il senso dell'esistenza, ciò che Dio ci ha offerto e ciò che abbiamo accettato di scoprire nel quotidiano. Tutto questo ci dà la possibilità di offrire novità ad altri.
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