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COSA E' LA VITA ?

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2013 11:40
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05/10/2013 11:27
 
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1. Introduzione

È possibile trovare in letteratura molte pubblicazioni peer-reviewed in cui viene posta la domanda: “Che cos’è la vita?” Gli autori che hanno tentato di fornire una definizione hanno tipicamente sperimentato parecchia frustrazione. Nel 1996 Rizotti ha pubblicato un libro, “Defining Life: The Central Problem in Theoretical Biology(La definizione della vita: il problema centrale della biologia teorica)” [1], in cui ha raccolto e confrontato molti tentativi di definizione della vita tratti dalla letteratura. Nessuno di questi appariva accurato, conciso e adeguato.
La comunità dei ricercatori sull’origine della vita (International Society for the Study of the Origin of Life, ISSOL, oggi Astrobiology Society) è sempre stata fortemente interessata a definirla. La definizione di vita della NASA, di solito attribuita a Gerald Joyce dello Scripps Institute [2], afferma semplicemente che “La vita è un sistema autosufficiente capace di evoluzione darwiniana”. Tale descrizione, però, è penosamente ingenua, semplicistica e del tutto inadeguata per la ricerca biologica. Molti di coloro che hanno formalmente aderito a questa definizione della vita vi hanno successivamente aggiunto ulteriori requisiti; l’integrazione più comune è stata la richiesta di una membrana primitiva [3-15]. Molti altri ritengono che una forma minimale di vita indipendente debba manifestare anche un rozzo metabolismo omeostatico [16-21]. Altri pensano che sia essenziale un sistema ereditario di simboli che muti indipendentemente dalla sua realizzazione fenotipica (necessario per l’evoluzione “aperta” [22-30]). Molti altri, infine, sostengono la realtà e la necessità non solo dell’incertezza di Shannon, ma anche di istruzioni genetiche ed epigenetiche positive letterali [25,31-46]. Greisemer ([47], p. 35) sottolinea che le modifiche epigenetiche al materiale genetico contano tutte come cambiamenti ereditari in senso lato [48,49].

A dire il vero, la definizione di Joyce non fu mai concepita perché diventasse empiricamente responsabile della descrizione di tutto ciò che si osserva della vita odierna. È stata studiata, invece, per far sì che apparissero più plausibili i nostri modelli naturalistici sull’origine della vita. Purtroppo, buttar giù una definizione di vita allo scopo di “far funzionare” le nostre teorie sulla sua origine ha poco a che vedere con il tentativo di svelare che cosa sia oggettivamente la vita.
Nel 2000, fu convocata una conferenza internazionale di docenti universitarinel tentativo di decidere collegialmente “Che cosa è la vita.” [50] Ogni partecipante fu invitato a proporre in anticipo una definizione di vita. Ad ogni oratore (uno dei quali ero io) fu richiesto di affrontare la questione. Non si trovarono due definizioni di vita identiche. Nell’antologia che venne tratta dai lavori della conferenza, “Fundamentals of Life (I fondamenti della vita)” [51], il concorso di idee andava avanti senza una chiara risoluzione di ciò che costituisse la vita da un punto di vista prettamente scientifico. Quella volta, però, fu interessante che tutte le definizioni presentate potessero essere suddivise in due sottoinsiemi: il primo sottoinsieme conteneva la notevole definizione del biofisico Hubert P. Yockey; il secondo quelle di tutti gli altri! Yockey fece l’incomparabile osservazione che “non vi è nulla nel mondo fisico-chimico (a parte la vita) che assomigli lontanamente a reazioni determinate da una sequenza e da codici tra sequenze. L’esistenza di un genoma e del codice genetico separa gli organismi viventi dalla materia non vivente” [52,53].
Yockey [54-59] fu tra i primi a comprendere la natura digitale lineare del controllo genetico. Molti altri hanno apprezzato il fatto che la vita è in qualche modo un fenomeno speciale, ma non sono riusciti a indicare con certezza in cosa consista esattamente la sua specificità. Ernst Mayr [60,61] sosteneva che la fisica e la chimica non spiegano la vitaMonod [62] e Bohr [63] affermarono la stessa cosa. Bohr osservò che “la vita è coerente con la fisica e chimica, ma è indecidibile da esse”. Küppers concordava su ciò [64].

Mark Bedau richiama l’attenzione sul modello di origine della vita [65] dettoProgramma-Metabolismo-Contenitore (PMC). Questo approccio tenta di ridurre la vita ad una triade funzionalmente integrata di sistemi chimici. Il modello, purtroppo, non riesce a riconoscere il carattere formale del “Programma” nella triade, in particolare che sistemi simbolici arbitrari, come la tabella dei codoni, vengano usati per rappresentare istruzioni e controlli. Quando parliamo di sistemi simbolici arbitrari non intendiamo dire che sono casuali, ma piuttosto che si tratta di attribuzioni fisico-dinamicamente indeterminate che possono essere considerate solo formali, piuttosto che fisico-chimicamente causate. Oltre alla tabella dei codoni, moltissimi differenti sistemi simbolici sono impiegati dalla vita, come Barbieri e vari altri bio-semiologi hanno evidenziato in diverse pubblicazioni [40,66-77]. Donald E. Johnson affronta il problema di quale potrebbe essere stato un genoma minimo nella prima protocellula [78].
Nel nuovo millennio, la dicotomia vita-non vita è diventata molto più specifica e chiara, in seguito alla comparsa della relativamente nuova disciplina scientifica nota come proto-bio-cibernetica [79-81]. La cibernetica studia il “controllo”. Il prefisso “proto-bio” si riferisce alla “’vita’ primordiale”. La distinzione più importante è la capacità della “vita” di esercitare un controllo organizzativo e pragmatico formale (non fisico) sulle sue interazioni, che peraltro sono fisiche (ad esempio, reazioni chimiche, associazioni molecolari, attrazione/repulsione elettrostatica; tendenze idrofile/idrofobe, transizioni di fase; incertezza quantistica e “entanglement” di informazione) [82-84]. I controlli formali sono riconducibili specificatamente ad informazione prescrittiva (Prescriptive Information, PI) [79-82,85,86] e alla sua elaborazione algoritmica, attentamente regolata. Più di ogni altra cosa, la capacità di organizzare, regolare e gestire olisticamente la fisico-dinamica in uno schema formale meta-metabolico che valorizza e persegue l’obiettivo di rimanere vivente è ciò che definisce l’unicità della vita [87,88].
Carol Cleland dell’Università del Colorado mette in guardia contro l’incessante ricerca di una definizione della vita [89], sottolineando i limiti del linguaggio. È cruciale, in ogni tentativo di definire la vita, anche l’influenza delle nostre precedenti convinzioni (metafisiche), che  presupponiamo e che portiamo con noi nella scienza. Questi presupposti filosofici danno una colorazione a quanto siamo disposti a riconoscere dell’organizzazione formale e dei controlli nella biologia molecolare che ripetutamente osserviamo.

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