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LA NUBE DELLA "NON-CONOSCENZA"

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2013 13:03
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07/09/2013 13:02
 
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11. [I segni con cui si può cogliere la chiamata di Dio alla contemplazione].

Probabilmente mi vuoi porre questa domanda: Potresti dirmi, se non ti dispiace, qual è il segno o i segni attraverso cui io possa capire, nel più breve tempo e senza tema di sbagliare, se il desiderio crescente che provo nei miei esercizi quotidiani e la sensazione piacevole che avverto all’ascolto e alla lettura dell’argomento della contemplazione, sono davvero una chiamata di Dio a un lavoro di grazia più speciale, che è poi il terna ricorrente di questo libro? Oppure non sono altro che un nutrimento normale e un sostegno dato al mio spirito perché rimanga quieto nel mio stato e continui a lavorare nel grado comune di grazia, quello che tu chiami la, porta e l’entrata comune a tutti i cristiani?
Cerco subito di risponderti meglio che posso. Come vedrai poco più avanti, io ti indico due tipi di prove per verificare se sei chiamato da Dio al lavoro contemplativo: una è interiore, l’altra esteriore. Nessuna delle due, secondo me, è pienamente sufficiente in questo caso senza l’altra. Ma se le metti assieme tutt’e due e vedi che concordano, allora hai una prova certa e indubitabile; puoi star sicuro di non sbagliare.
La prima delle due prove, quella interiore, è il crescente desiderio che avverti nel dedicarti quotidianamente al lavoro spirituale. C’è una cosa che devi sapere al riguardo: questo desiderio è di per sé un atto cieco dell’anima (infatti, è per l’anima quel che il muovere i passi rappresenta per il corpo, e tu sai benissimo che questo avviene per una serie di atti istintivi); ma per quanto possa essere cieco, questo desiderio è accompagnato e seguito da una certa qual visione spirituale che è, in parte, causa e contemporaneamente mezzo per alimentare il desiderio stesso. Perciò considera con attenzione i tuoi esercizi spirituali di ogni giorno e vedi in che cosa consistono essenzialmente. Se sei occupato dalla coscienza della tua miseria, dalla passione di Cristo o da qualsiasi altro argomento che appartiene alla suddetta entrata comune a tutti i cristiani, e se quindi la visione spirituale che accompagna e segue il tuo cieco desiderio, nasce da simili considerazioni alla portata di tutti, allora è per me un indice manifesto che la crescita del tuo desiderio non è che un nutrimento e un sostegno dato al tuo spirito perché rimanga tranquillo e continui a lavorare nello stato comune di grazia. Perciò non vi è in questo caso né una chiamata né una spinta di Dio a operare in uno stato di grazia più speciale.
E ora l’altra prova, quella esteriore: si tratta di una sensazione piacevole che senti all’ascolto o alla lettura del lavoro contemplativo. Questa prova la chiamo esteriore, perché proviene dal di fuori, dalle finestre dei sensi corporei, le orecchie e gli occhi nel nostro caso. Se questa sensazione piacevole non perdura al di là del tempo dedicato a tale lettura o ascolto, ma cessa subito o poco dopo; se non rimane in te e con te sia quando dormi che quando ti risvegli; e soprattutto se non ti accompagna costantemente nei tuoi esercizi quotidiani, insinuandosi e frapponendosi fra te e loro, ravvivando e dirigendo il tuo desiderio: se dunque non capita così, è segno evidente, secondo me, che quella sensazione piacevole non è altro che una contentezza naturale che prova ogni cristiano quando vede e ascolta la verità. Quella sensazione piacevole è ancora più viva quando è provocata da una spiegazione più precisa ed esatta delle caratteristiche della perfezione che più si accordano all’anima dell’uomo e alla natura di Dio. Non è quindi un tocco spirituale della grazia, né una chiamata di Dio a un lavoro di grazia più speciale di quello rappresentato dalla porta e dall’entrata comune a tutti i cristiani.
È ben diverso, invece, se questa sensazione piacevole è così sovrabbondante che ti accompagna a letto, si alza con te al mattino e ti segue per tutta la giornata, qualsiasi cosa tu faccia. Ti strappa ai tuoi soliti esercizi quotidiani e si intromette tra te e loro; si associa al tuo desiderio e lo segue così bene che tutti e due sembrano formare un unico desiderio o comunque qualcosa di inspiegabile. Trasforma i tuoi gesti e ti dà un bell’aspetto; finché dura, tutto ti piace e niente ti può dar fastidio. Se dovessi venire a sapere che uno prova la tua stessa sensazione, faresti volentieri mille miglia per comunicare con lui; eppure, una volta incontratolo, ti verrebbero meno le parole, perché è la cosa stessa che ti interessa, non il parlarne. Ne parli invece chi vuol farlo.
Allora le tue parole sono veramente poche: ma piene di frutto e di fuoco. Una semplice parola della tua bocca contiene un mondo di saggezza; eppure sembra follia a quelli che si affidano alle facoltà naturali. Il tuo silenzio è soave, il tuo parlare opportuno, la tua preghiera segreta, la consapevolezza di quello che vali del tutto veritiera; le tue maniere sono umili, la tua gioia contenuta, il tuo desiderio quello di giocare amabilmente con un bambino. Ti piace restar solo, seduto con te stesso; hai paura che la compagnia degli uomini ti possa ostacolare; a meno che si mettano anche loro a fare il tuo lavoro. Non ti va di ascoltare o leggere libri che esulino da questo argomento.
Se dunque ti succede proprio così, le due prove, quella interiore e quella esteriore, vanno di pari passo e confluiscono in una sola.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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