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DIZIONARIO TEOLOGICO

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2013 17:56
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21/08/2013 17:34
 
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Pentecostali. (inizio)

Certe comunità cristiane che accentuano il battesimo nello Spirito e i doni speciali, come la guarigione, la profezia e il parlare in lingue (1 Cor 14,1‑40). Queste assemblee ebbero origine nel Kansas e in California all'inizio del XX secolo. A partire dagli anni '60, molti gruppi carismatici di preghiera sono sorti nella Chiesa Cattolica e nelle altre principali Chiese cristiane. Sono aperti al rinnovamento nello Spirito e si servono dei loro carismi (1 Cor 12,4‑11) per il bene dell'intero Popolo di Dio. A differenza dei Pentecostali, questo rinnovamento non organizza assemblee distinte, ma mira ad aiutare tutti i battezzati a fare esperienza della loro vita nuova nello Spirito. Cf Carismi; Glossolalia; Miracolo; Profezia; Spirito Santo.

Pentecoste (Gr. « il cinquantesimo giorno »). (inizio)

Oltre alla festa di Pasqua (cinquanta giorni prima) e la Festa dei Tabernacoli in autunno, la terza festa più importante degli Ebrei era quella che in origine celebrava il raccolto del grano e in seguito la Legge data a Mosè sul Monte Sinai. Come festa cristiana, la Pentecoste ricorda il giorno in cui lo Spirito Santo scese sui discepoli, Pietro predicò al popolo e ai pellegrini che si trovavano a Gerusalemme e circa tre mila persone accolsero il suo messaggio e si fecero battezzare (At 2,1‑42). Dalle Costituzioni Apostoliche e dalla pellegrina Eteria, sappiamo che nei Luoghi Santi i cristiani celebravano già questa festa nel IV secolo. Il dodicesimo canone del Concilio di Nicea I (325) parla della « Pentecosté » come del periodo che va dal giorno di Pasqua alla prima domenica dopo Pentecoste, periodo in cui era vietato il digiuno e le preghiere, che camprendevano molti Alleluia, si dicevano in piedi. La Festa di Pentecoste è anche chiamata nei paesi di lingua inglese Whitsunday, inglese antico per White Sunday (= domenica bianca) probabilmente perché era un giorno (l'ultimo giorno?) in cui i neofiti (battezzati di recente) indossavano i loro abiti bianchi. Nella liturgia bizantina, la celebrazione di Pentecoste occupa due giorni consecutivi: nella domenica, si celebra la pienezza della rivelazione della Trinità (mentre nel rito latino, la Trinità viene festeggiata la domenica successiva che si chiama appunto « domenica della Santissima Trinità »); il lunedì, poi, si ricorda la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. Cf Pasqua ebraica; Pentikostàrion; Spirito Santo.

 

Pentikostàrion. (inizio)

È il libro dei propri liturgici stagionali usato nella liturgia bizantina per gli uffici divini dalla domenica di Pasqua fino alla domenica di Pentecoste compresa. Cf Ottoeco; Pasqua; Pentecoste.

 

Pentimento. Cf Metànoia. (inizio)

Perfezione. (inizio)

La condizione di coloro che sono maturi, completi e senza biasimo (Gb 1,1). Il discorso della Montagna indica Dio come l'ideale della nostra perfezione (Mt 5,48), un intento che è strettamente connesso con l'impegno totale nella legge dell'amore (Mc 12,28‑34; Col 3,14), e che costituisce la ricerca di tutta la vita (Fil 3,12). Tutti i battezzati sono chiamati alla perfezione, e alcuni alla pratica dei « tre consigli di perfezione »: povertà volontaria (Mt 19,21), astensione completa da rapporti sessuali (cf Mt 19,10‑12) e obbedienza ad un superiore religioso. Cf Amore; Santità; Vita religiosa.

 

Pericoresi cristologica (Gr. « che va attorno »). (inizio)

L'interpenetrazione della natura divina e di quella umana di Cristo. Mentre entrambe rimangono intatte e non confuse, combaciano senza separazione o divisione (cf DS 112, 113, 115, 1301, 1331; FCC 6.001‑6.003, 6.070, 6.075). Cf Concilio di Calcedonia; Incarnazione; Unione ipostatica.

Pericoresi trinitaria. (inizio)

 La presenza, inerenza e interpretrazione reciproche delle tre persone divine. San Gregorio Nazianzeno (329‑389) introdusse questo termine che acquistò il suo pieno significato tecnico con san Giovanni Damasceno (circa 675 ‑ circa ‑ 749). Cf Relazioni divine; Trinità immanente.

 

Persona (Lat. « maschera di un attore »). (inizio)

Termine usato originariamente per indicare il ruolo compiuto da uno sul palco o nella vita. Boezio (circa 480 circa 524) definì classicamente la persona come « rationalis naturae individua substantia » (Lat. « una sostanza singola di natura razionale »). Lungo i secoli, furono esplicitati o aggiunti vari aspetti di ciò che è una persona: relazione, incomunicabilità, autocoscienza, libertà, doveri, diritti e dignità inalienabili. Per Immanuel Kant (1724‑1804), la persona umana è un assoluto che non può mai essere usato come mezzo, ma deve sempre essere rispettata come fine morale in sé. Oggi, si sottolinea molto il fatto che le persone sono sempre persone‑in‑relazione, che si costituiscono attraverso le relazioni con gli altri e con l'ambiente. Cf Ipostasi; Io e Tu; Personalismo; Persone della Trinità; Trinità immanente.

 

Personalismo. (inizio)

Una filosofia centrata sull'unico valore delle persone umane. Da una parte, si oppone alle ideologie totalitarie (che subordinano il bene dei singoli a quello della collettività), al « behaviorismo » e a qualsiasi psicologia che consideri gli esseri umani come casi da studiare e da interpretare semplicemente in termini delle loro funzioni e reazioni. D'altra parte, il vero personalismo esclude qualsiasi individualismo egoistico intento unicamente ai propri « interessi » a danno degli altri. Molti (pure diversi) pensatori possono essere chiamati personalisti: per esempio, Nicola Berdiaev (1874‑1948), E. S. Brightman (1884‑1953), Martin Buber (1878‑1965), Ferdinando Ebner (1882‑1931), Emmanuel Mounier (1905‑1950) e Michael Polanyi (1891‑1976). Cf Persona.

 

Persone della Trinità. (inizio)

Sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che possiedono l'unica natura divina e sussistono in relazione fra di loro. Nel parlare delle Persone divine, i Padri Greci preferivano la parolaipostasi (Gr. « individuo sussistente ») alla parola pròsopon (Gr. « volto ») che avrebbe potuto insinuare un puro modalismo (« tre volti di Dio »). Avevano difficoltà ad accettare la parola latina persona, anche se Tertulliano (circa 160 ‑ circa 225) aveva introdotto questo termine proprio per combattere il modalismo di Prassea. Per parte loro, i teologi occidentali temevano e combattevano le tendenze triteistiche (« tre dèi ») nel parlare della Trinità. Cf Ipostasi; Modalismo; Ousìa; Patripassianismo; Persona; Relazioni divine.

 

Pessimismo (Lat. « tendenza ad aspettarsi il peggio »).(inizio)

È una visuale del mondo che sottolinea la presenza del male e pensa che prima o poi esso finirà per vincere. Contro l'ottimismo di Goffredo Guglielmo Leibniz (1646‑1716) e la sua affermazione secondo cui « questo è il migliore dei mondi », Voltaire (1694‑1778), scosso dal tremendo terremoto di Lisbona, scrisse il suo lavoro Candido (1759). Pur riconoscendo che il peccato ed altri mali turbano e danneggiano la nostra condizione umana, i cristiani attingono speranza nella loro vita di grazia ed aspettano la vittoria definitiva della risurrezione universale (Rm 8,18‑25; Ap 21,1‑4). Cf Escatologia; Grazia; Mistero del male; Peccato originale.

 

Pietismo. (inizio)

Un movimento revivalista del Protestantesimo che ricevette forma da Filippo Giacobbe Spener (1635‑1705) e che (per reagire all'ortodossia formalista prevalente della Chiesa ufficiale), enfatizzò la preghiera, la lettura della Bibbia, l'esperienza religiosa ed impegnò la vita cristiana in piccole comunità. Altri nomi importanti di questo movimento sono: lo scrittore di inni Paul Gerhardt (circa 1607‑1676), Nicola Lodovico Graf von Zinzendorf (1700‑1760) ed il mistico Gerhard Tersteegen (1697‑1769). Il pietismo favorì la nascita del Metodismo ed influenzò teologi come Federico Daniele Ernesto Schleiermacher (1768‑1834). Cf Luteranesimo; Metodismo; Protestante; Protestantesimo liberale.

 

 

Pietro. (inizio)

Cf Ministero petrino.

 

 Pisside (Gr. « bossolo »). (inizio)

Vaso più grande di un calice, che contiene le particole che vengono consacrate per la comunione o per essere conservate nel tabernacolo. Cf Calice.

 

Platonismo. (inizio)

La filosofia ispirata da Platone (427‑347 a.C.) la cui Accademia rimase un centro di pensiero, anche se non necessariamente di platonismo, fino a quando fu chiusa dall'imperatore Giustiniano I (483‑565) nel 529 d.C. I famosi Dialoghi in cui Platone presenta Socrate che discute coi Sofisti ed altri, convergono su un tema centrale: le asserzioni circa la giustizia, la verità, la bontà, la bellezza ed altre realtà nel nostro mondo mutevole e visibile sono valide se possono essere « universalizzate », e questo orienta verso un mondo più ampio di Idee eterne, immutabili ed universali. Le nostre anime preesistevano in quel mondo e godono di una conoscenza innata che deriva dalla loro precedente visione delle Idee. Clemente di Alessandria (circa 150 ‑ circa 215) e Origene (circa 185 ‑ circa 254) attinsero molto da Platone. Origene accettò perfino la preesistenza dell'anima umana (cf DS 403‑404; FCC 3.027). Inizialmente, fu il platonismo « medio » con la sua accentuazione dell'assoluta trascendenza di Dio ad influenzare i Padri. In un certo senso, la crisi dell'Arianesimo fu una crisi di questa forma di platonismo. Il neo‑platonismo ebbe il suo impatto su sant'Agostino di Ippona (354‑430), sui suoi discepoli e sui platonici del Rinascimento come Marsilio Ficino (1433‑1499). Diversamente dall'Occidente, dove l'aristotelismo finì più o meno per prevalere, in Oriente il platonismo dominò con umanisti come Michael Psellus (circa 1019 ‑ circa 1078) e con teologi che illustrarono la deificazione col concetto platonico di partecipazione. Matthew Arnold (1822‑1888) era del parere che ognuno nasce o platonico o aristotelico. Comunque, Alfred North Whitehead (1861‑1947) diede la precedenza al maestro di Aristotele asserendo che tutta la filosofia non è altro che una serie di note in calce a Platone. Cf Agostinianismo; Arianesimo; Aristotelismo; Deificazione; Idealismo; Neo‑platonismo; Origenismo; Padri della Chiesa; Teologia alessandrina; Universali.

 

Pleroma (Gr. « pienezza »). (inizio)

Nelle lettere paoline, il termine si riferisce alla pienezza di Dio (Ef 3,19), alla piena misura della divinità di Cristo (Col 1,19; 2,9), alla Chiesa in quanto pienezza di Cristo che penetra l'universo (Ef 1,23) e alla pienezza del tempo quando fu mandato il Figlio di Dio a farsi uomo (Gal 4, 4). Gli Gnostici applicavano il termine plèroma agli attributi del Figlio, i quali attraverso una serie di emanazioni preparano il passaggio al kènoma (Gr. « vuotezza », « vuoto »). Cf Emanazione; Gnosticismo; Kenosi.

 

Pluralismo. (inizio)

Concezione filosofica che non cerca di ridurre ogni cosa a un solo principio ultimo. A seconda di come si accetta una varietà di culture, di partiti politici o di confessioni religiose, il pluralismo assume una forma culturale, politica o religiosa. In reazione ad un rigido uniformismo, il Concilio Vaticano II accolse una diversità conveniente nelle tradizioni e nel culto cristiano (SC 37; UR 14‑17). Pochi mesi dopo aver annunciato il 25 gennaio 1959 la sua intenzione di convocare il Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII ricordò la massima tradizionale: « In essentialibus unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas » (Lat. « unità nelle cose essenziali, libertà in quelle discutibili, carità in tutte »). Alcuni distinguono un « pluralismo » che spezza la vera unità della fede e della teologia da una legittima « pluriformità » mediante cui la fede cristiana si esprime in modi vari. Cf Chiesa e Stato; Chiese Orientali; Coscienza classica; Dualismo; Libertà religiosa; Monismo; Rito.

 

Pneumatologia (Gr. « studio dello Spirito Santo ») (inizio)

Si chiama così quel settore della teologia che studia lo Spirito Santo. Le lettere di san Paolo attestano il ruolo dello Spirito nella rivelazione di Dio, nel condurre alla fede, nell'ispirare la preghiera, nel dimorare nella Chiesa, nel benedire la comunità con vari carismi e nel portare al compimento finale tutto e tutti in Cristo (Rm 8,1‑27; 1 Cor 2,10‑16; 12,1‑11; Gal 4,6). Spesso, lo Spirito Santo non è stato studiato in un trattato specifico, ma nel contesto di altri temi importanti come la teologia trinitaria, l'ecclesiologia, l'antropologia soprannaturale e la teologia sacramentaria. La « trascuratezza » di questo tema corrisponde a ciò che san Basilio Magno (circa 330‑379) chiamava il carattere kenotico (Gr. « vuoto ») dello Spirito che viene nell'anonimato a confermare in noi l'immagine del Figlio. Per mutuare un'immagine di Gustave Flaubert (1821‑1880), si può dire che lo Spirito Santo agisce in un certo modo come un autore nelle sue opere: è dovunque e in nessuna parte in particolare. In un certo senso, lo studio dello Spirito appartiene a tutti i settori della teologia anziché essere limitato ad uno particolare. Il Concilio Vaticano II, per esempio, nel suo insegnamento sulla Chiesa (LG 3‑4, 9‑17), fa vedere come le riflessioni cristologiche e quelle pneumatologiche si postulano e si completano reciprocamente. Cf Cristologia; Grazia; Spirito Santo; Trinità.

 

Pneumatomachi (Gr. « che combattono lo Spirito »). (inizio)

Una sètta della fine del IV secolo che negava la piena divinità dello Spirito Santo. Sono chiamati anche Macedoniani, probabilmente perché dopo la morte del vescovo Macedonio di Costantinopoli (morto verso il 362) si fusero con i suoi seguaci. Furono condannati nel Concilio Costantinopolitano I (381) che definì la divinità dello Spirito Santo, ma senza chiamare lo Spirito consostanziale col Figlio (cf DS 150‑151; FCC 0.509). Cf Concilio Costantinopolitano I; Concilio di Nicea I; Macedoniani; Spirito Santo.

 

Poligamia (Gr. « molti matrimoni ») (inizio)

L'avere più di una moglie (o più di un marito) contemporaneamente. Al tempo dei patriarchi dell'AT e anche dopo (Dt 21,15‑17), la poligamia era ammessa. Appellandosi al piano originario di Dio (Gn 2,24), Gesù difese la monogamia (Gr. « un solo matrimonio ») e respinse il divorzio e il matrimonio dopo il divorzio che equivale ad una poligamia susseguente (Mc 10,2‑12). Il Concilio Vaticano II condannò la poligamia in quanto contraria alla vera dignità del matrimonio (GS 47). Cf Matrimonio.

 

Poligenismo (Gr. « molte origini »). (inizio)

La teoria secondo cui la stirpe umana non proviene da una coppia originaria di antenati, come afferma il monogenismo, ma da parecchie. L'enciclica Humani Generis (1950) di Pio XII mise in guardia contro il poligenismo in quanto non sembra chiaramente conciliabile con la dottrina del peccato originale e con la sua trasmissione a tutti i discendenti di Adamo ed Eva (DS 3897; FCC 3.072). Dopo il 1950, teologi di fama e di sicura ortodossia, appoggiandosi su una esegesi seria e su una interpretazione più accurata di Rm 5,12‑19, hanno proposto vari modi per conciliare la fede nel peccato originale col poligenismo. Nello stesso tempo, però, alcuni biologi odierni sostengono che la nostra stirpe deriva non da molte famiglie, ma da una sola. Cf Creazione; Evoluzionismo; Peccato originale.

 

Politeismo (Gr. « credere in molti dèi »). (inizio)

È la credenza che ci siano molte divinità, spesso raggruppate attorno ad una divinità suprema in un pàntheon (Gr. « tutti gli dèi »). Esisterebbe fra di loro una certa gerarchia e personificherebbero le varie esperienze e funzioni della vita. Le religioni politeiste furono praticate nelle culture antiche dell'Africa, dell'Asia, della Grecia, di Roma e si possono trovare anche in certe culture moderne. Alcuni studiosi hanno sostenuto che nella storia delle religioni del mondo il politeismo sarebbe giunto ad un certo momento al livello più alto di monoteismo, mentre, secondo altri, sarebbe stato il monoteismo a cadere nel politeismo. I dati storici e antropologici sembrano troppo complessi perché si possano accettare simili teorie sempliciste. Cf Monoteismo; Teismo.

 

Politica. (inizio)

Cf Teologia politica.

 

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