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DIZIONARIO TEOLOGICO

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2013 17:56
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21/08/2013 17:32
 
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Pace. (inizio)

È così definita da sant'Agostino di Ippona (354‑430): « la tranquillità dell'ordine ». Sia per l'Antico che per il NT, la pace è molto più che la semplice assenza di guerra (cf Is 2,4; Mic 4,3; Mc 9,50; Lc 14,34). Shalom (Ebr. « salute », « pace ») è il benessere complessivo dato mediante l'unione con Dio, in particolare la pace salvifica associata con l'era messianica (Is 9,1‑7; 11,1‑9; 32,15‑20). Gesù ha proclamato beati gli operatori di pace (Mt 5,9). Risorto dai morti, egli ha portato quella pace che « il mondo non può dare » (Gv 14,27; 20,19.21; Col 3,15) e che comporta una solidarietà nuova (Gal 3,28; Ef 2,13‑18) effettuata mediante la sua morte e risurrezione (Col 1,20). I suoi discepoli devono proclamare la pace, il messaggio della salvezza escatologica (At 10,36; Rm 10,15; cf Mt 10,12‑13). Nell'Enciclica Pacem in terris (« Pace sulla terra ») del 1963, il papa Giovanni XXIII ha posto le sue speranze per una pace internazionale in un ordine sociale basato sulla libertà, la giustizia, l'amore e la verità. A sua volta, il papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio (« Il progresso dei popoli ») del 1967 ha chiamato lo sviluppo « il nome nuovo della pace » (14). Il Concilio Vaticano II ha insistito perché si facciano maggiori sforzi per la promozione della pace e della comunità dei popoli (GS 77‑90). Per il tramite della Commissione « Giustizia e Pace » e anche in tanti altri modi, la Santa Sede ha costantemente cercato di promuovere la pace internazionale. Negli Stati Uniti, la Conferenza Episcopale ha parlato profeticamente nel suo documento: La sfida della pace: la promessa di Dio e la nostra risposta (1983). Purtroppo, in questo nostro mondo, « la pace viene giù lentamente » (William Butler Yeats; 1865‑1939). Cf Giustizia; Guerra giusta; Messia; Non‑violenza; Regno di Dio; Salvezza; Tolleranza.

 

Padri apostolici. (inizio)

Questa denominazione risale a Jean‑Baptiste Cotelier che nel 1672 pubblicò quegli scritti ortodossi più antichi, non biblici ma fioriti al tempo  degli Apostoli o poco dopo, cioè: la cosiddetta Lettera di Barnaba (primo secolo), san Clemente Romano (morto circa nel 96), sant'Ignazio di Antiochia (circa 35 ‑ circa 107), il Pastore di Erma (II secolo), san Policarpo di Smirne (circa 69 ‑ circa 155), come anche il racconto del suo Martirio, il più antico di questo genere letterario. Nel 1765, Andrea Gallandi vi aggiunse la Lettera a Diogneto, una difesa del cristianesimo, e Papia di Gerapoli (circa 60‑130). Nel 1883, Filoteo Bryennios pubblicò laDidaché (Gr. « insegnamento »), di autore anonimo. Questo lavoro fu ritenuto lo scritto più antico dell'intero gruppo. Questi scritti gettano una luce preziosa sul passaggio dalla Chiesa del Nuovo Testamento alla cristianità postapostolica. Alcuni studiosi moderni desiderano escludere quegli autori che probabilmente non sono collegati direttamente con gli Apostoli, o la cui mentalità non è così vicina al NT. Questo vorrebbe dire elencare tra i Padri Apostolici soltanto san Clemente, sant'Ignazio di Antiochia, san Policarpo e Papia, come anche san Quadrato (II secolo) che verso il 124 rivolse all'imperatore Adriano la più antica apologia sulla fede cristiana. Cf Apologisti; Didaché; Padri della Chiesa.

 

Padri cappadoci  (inizio)

Titolo usato principalmente per tre santi Cappadoci: Basilio Magno (circa 330‑379), vescovo di Cesarea nella Cappadocia e organizzatore della vita monastica in Oriente; suo fratello Gregorio (circa 335 ‑ circa 395), vescovo di Nissa e teologo di profonda mistica; e Gregorio di Nazianzo (328‑389), prima vescovo di Sasima e poi per un certo tempo vescovo di Costantinopoli durante il Concilio Costantinopolitano I. Un cugino di Gregorio Nazianzeno è qualche volta catalogato tra i Cappadoci: sant'Anfilochio (circa 340 ‑ circa 394), vescovo di Iconio. Cf Concilio Costantinopolitano I; Essenza e Energie; Eunomianesimo; Padri della Chiesa; Tre Teologi (I).

 

Padri della Chiesa. (inizio)

Titolo popolare dato a certi cristiani dei primi secoli che scrissero in Greco, Latino, Siriaco e Armeno e la cui dottrina e santità personale ottennero l'approvazione generale nella Chiesa. « I Padri... sono ‑ anche se ognuno in maniera e misure molto diverse ‑ come i classici della cultura cristiana (Congregazione per l'Educazione Cattolica, Istruzione sullo studio dei Padri della Chiesa nella formazione sacerdotale, [1989]; n. 42). Nelle controversie teologiche, divenne tradizionale appellarsi ai Padri Greci e Latini e il loro consenso unanime è ritenuto argomento decisivo (cf DS 271, 510‑520, 2856, 3541; FCC 1.051, 2.013, 4.051‑4.057). In Occidente, si ritiene come ultimo Padre della Chiesa sant'Isidoro di Siviglia (circa 560‑636), mentre per l'Oriente l'ultimo è san Giovanni Damasceno (circa 675 ‑ circa 749). Cf Padri cappadoci; Patristica; Patrologia.

 

Padrino. (inizio)

Colui che tiene a battesimo o a cresima un candidato. Il Diritto Canonico stabilisce che almeno uno, ma possibilmente due, uno di ogni sesso, siano presenti alla cerimonia o almeno adempiano il loro compito per procura. I padrini devono essere scelti o dal candidato (se è adulto), o dai genitori o tutori del candidato, o dal parroco. Il padrino deve essere cattolico, avere già ricevuto il battesimo, la cresima e l'eucaristia, deve aver di solito almeno sedici anni di età e non essere il padre o la madre del battezzando. I nomi dei padrini sono registrati nel registro dei battesimi. Oltre a dare buon esempio e ad essere di sprone nella vita cristiana, i padrini si assumono la responsabilità dell'educazione cristiana nei riguardi dei loro figliocci qualora i genitori o chi ne fa le veci mancassero a questo loro dovere (cf CIC 774, 851, 872‑874). Nella cresima, è auspicabile che i padrini siano gli stessi del battesimo, in quanto i doveri che si assumono assomigliano a quelli che si sono assunti i padrini nel battesimo (CIC 892‑893, 895). Cf Battesimo; Confermazione; Impedimenti del matrimonio.

 

Pagani (Lat. « abitanti dei villaggi »). (inizio)

Termine usato inizialmente per coloro che al tempo dell'Impero romano vivevano in campagna e che, evangelizzati dopo le popolazioni delle città, divennero poi cristiani. Nell'AT, i goyim(Ebr. « nazioni ») o Gentili erano quelli che non conoscevano l'unico vero Dio (Dt 7,1; Sal 147,20). Mentre denunciava la loro idolatria, l'AT affermava anche l'interesse salvifico di Dio per i pagani (Is 2,1‑4; 49,6; 60,1‑3; Am 9,7; Giona). Abramo fu chiamato a mediare le benedizioni divine per l'intero genere umano (Gn 12,1‑3). L'AT presenta alcuni « santi pagani », come Melchisedech, la Regina di Saba, Giobbe e Rut. San Paolo proclama la volontà di Dio di giustificare sia gli Ebrei che i Gentili (Rm 3,29; 9,24; 15,8‑12; cf Lc 2,29‑32). I seguaci di alcune religioni non cristiane sono stati chiamati (in senso offensivo), « pagani » o « idolatri ». Certe superstizioni che si sono trovate ancora tra coloro che si sono convertiti al cristianesimo sono state etichettate come « pagane ». Il Concilio Vaticano II ha evitato sia il termine « pagano » che il termine « paganesimo », e ha preferito parlare delle « nazioni » (gentes) da evangelizzare. Cf Animismo; Cristiani anonimi; Evangelizzazione; Idolatria; Politeismo.

 

Palamismo. (inizio)

La sintesi teologica di Gregorio Palamas (circa 1296‑1359), monaco del Monte Athos e sostenitore di un metodo di preghiera chiamato esicasmo, praticato sul santo monte. Palamas è un santo della Chiesa greca ortodossa ed è considerato il più grande teologo bizantino del Medioevo. Per poter sostenere che gli esseri umani diventano genuinamente come Dio attraverso la deificazione senza intaccare la trascendenza di Dio, Palamas distingueva tra l'essenza divina inaccessibile e le divine energie mediante cui Dio si fa conoscere a noi e ci rende partecipi della vita divina. Dopo una controversia con Barlaam (circa 1290‑1348), monaco della Calabria e esperto sullo Pseudo‑Dionigi (V secolo), fu tenuto un sinodo a Costantinopoli (giugno 1341) che diede torto a Barlaam, mentre un altro sinodo (agosto 1341) impose il silenzio ad entrambi. Nel 1344, Palamas fu addirittura scomunicato come eretico. Nel 1347, però, un sinodo di Costantinopoli riconobbe la sua ortodossia ed egli fu consacrato arcivescovo di Tessalonica. Dovette, però, affrontare le critiche del monaco Gregorio Akindynos (=Acindino; circa 1300‑1349) che da amico gli era diventato nemico. Un terzo attacco gli venne dal filosofo umanista Niceforo Gregoras (circa 1294 ‑ circa 1359). Un sinodo di Costantinopoli nel 1351 condannò Gregorio Acindino, defunto da due anni e impose il silenzio a Niceforo Gregoras, riconoscendo così la piena ortodossia di Palamas. Nel 1368, nove anni dopo la sua morte, Palamas fu canonizzato. La sua festa è celebrata sia nella seconda domenica di Quaresima sia il 14 novembre. Cf Deificazione; Esicasmo; Essenza e energie; Monte Athos; Neo‑Palamismo.

 

Pallio (Lat. « mantello »). (inizio)

Una striscia circolare di lana bianca adornata di sei croci di colore viola con due strisce. Come simbolo della sua autorità apostolica, è indossato dal papa il quale sin dai tempi antichi lo ha conferito agli arcivescovi come segno di comunione e a certi vescovi come segno di onorificenza. Oggi, entro tre mesi dalla sua nomina, il metropolita (= arcivescovo) deve chiedere il pallio o richiedere un nuovo pallio se da una diocesi metropolita viene trasferito ad un'altra. Lo indossa all'interno della sua provincia ecclesiastica e poi solo in circostanze prescritte dalla liturgia. Nelle cerimonie della Chiesa orientale, i vescovi indossano unomophorion, una fascia ricamata che corrisponde al pallio. Cf Arcivescovo; Papa.

  Panenteismo (Gr. « ogni cosa in Dio »). Si chiama così un sistema che è stato sviluppato in vari modi da filosofi come Christian Kranse (1781‑1832), Friedrich Heinrich Jacobi (1743‑1819) e Charles Hartshorne (nato nel 1897) secondo cui Dio penetra talmente l'universo che ogni cosa è in Dio. A differenza dal panteismo, il quale sostiene che l'universo e Dio sono talmente identici che ogni cosa è Dio, il panenteismo afferma invece che, mentre abbraccia l'universo, l'essere di Dio lo trascende. Cf Panteismo; Teismo; Teologia del processo.

 

Panteismo (Gr. « tutto è Dio »). (inizio)

Dottrina che identifica Dio con l'universo. Sebbene il termine appaia per la prima volta nel 1709, i sistemi di pensiero panteista sono antichi almeno quanto l'Induismo. Alcuni interpretano il divino in termini naturali (panteismo naturalistico), come fa Benedetto Spinoza (1632‑1677); altri interpretano la natura in termini divini (panteismo emanazionistico), una tentazione dei pensatori mistici e neo‑platonici. Lo Pseudo Dionigi Areopagita (circa 500), Giovanni Scoto Eriugena (circa 810 ‑ circa 877), il cardinale Nicolò Cusano (1401‑1464), Maestro Eckart (circa 1260‑1327), Giordano Bruno (1548‑1600) e Jacob Boehme (1575‑1624) sono stati accusati, a ragione o a torto, di includere elementi panteisti nel loro pensiero. Una forma moderna di panteismo interpreta Dio come il grande « IO »: una visuale perlomeno molto vicina a idealisti come Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770‑1831), Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775‑1854) e Francis Herbert Bradley (1846‑1924). Mentre lo si descrive spesso come una forma di ateismo, il panteismo può anche essere visto come una forma di teismo imprigionato. Il Concilio Vaticano I condannò il panteismo (DS 3023; cf anche 285, 722, 976‑977, 1043, 2843, 2901, 3201‑3216; FCC 1.036, 1.038‑1.039, 3.013‑3.030). Cf Ateismo; Emanazione; Idealismo; Immanenza; Induismo; Monismo; Natura; Neo‑platonismo; Panenteismo; Teismo; Trascendenza.

 

Pantocrator (Gr. « che governa tutto »). (inizio)

Una rappresentazione maestosa di Cristo come legislatore sovrano dell'universo, di solito con le mani alzate per benedire. Due esempi celebri si hanno nella Chiesa degli apostoli a Costantinopoli e in Santa Sofia a Kiev. Cf Icona; Onnipotenza; Regno di Dio; Teocrazia.

 

Paolo. (inizio)

Cf Privilegio paolino; Teologia paolina.

 

Papa (Gr. « padre »). (inizio)

Titolo che in origine era riservato in Oriente al vescovo di Alessandria, ma oggi è dato anche ai presbiteri (più esattamente: pope) a motivo della loro paternità spirituale. In Occidente, il titolo era dato una volta ai vescovi più importanti, ma, a partire dal secolo XI, finì per essere riservato al solo vescovo di Roma. Il capo della Chiesa Cattolica, il papa di Roma, è anche chiamato Vicario di Gesù Cristo e Patriarca dell'Occidente. Cf Collegialità; Giurisdizione; Infallibilità; Ministero Petrino; Presbitero; Primato; Vescovo.

 

Papismo. (inizio)

Atteggiamento verso il Magistero e la vita della Chiesa che consiste nell'enfatizzare il ministero petrino del papa mentre si ignora il ruolo degli altri vescovi e quello che si può imparare dall'intero Popolo di Dio. Cf Collegialità; Ministero petrino; Papa; Sensus fidelium; Ultramontanismo.

 

Parabola (Gr. « paragone »). (inizio)

Un paragone tratto dalla natura (per es., il grano di senape in Mc 4,30‑32) o dalla vita umana (per es., il banchetto nuziale in Mt 22,1‑14) e narrato come una storia per rivestire e richiamare un insegnamento morale o religioso. Mentre si trovano già nell'AT (2 Sam 12,1‑14; e forse Is 5,1‑7), le parabole caratterizzano in un modo speciale la predicazione e l'insegnamento di Gesù. I Vangeli sinottici riportano molte parabole usate da Gesù per esortare i suoi uditori a riconoscere il dominio finale di Dio e a prendere le debite decisioni. Strettamente parlando, il Vangelo di Giovanni non contiene parabole, anche se il linguaggio circa il buon pastore (Gv 10,1‑19) e sulla vite e i tralci (Gv 15,1‑8) presenta elementi evidenti di parabole. Adolph Jülicher (1857‑1938), Charles Harold Dodd (1884‑1973) e Joachim Jeremias (1900‑1979) hanno arricchito la nostra comprensione circa le parabole di Gesù. Esse non sono, per esempio, allegorie in cui ogni particolare comporti un significato preciso. Le parabole si concentrano su un punto, anche se le parabole lunghe (per es., quella del Figliol prodigo, che si dovrebbe chiamare più esattamente: la parabola del Padre misericordioso, in Lc 15,11‑32) possono anche dare un significato mediante i loro elementi subordinati. Cf Allegoria; Critica biblica; Ermeneutica; Esegesi; Sensi della Scrittura.

 

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