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I PRIMI CRISTIANI E L'IMPERO ROMANO

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2023 13:53
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08/08/2013 23:39
 
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E' ormai ritenuto vero dalla maggior parte degli studiosi, che l'atteggiamento del governo romano, nei confronti della nuova "setta", fu tollerante, almeno fino al 62 – 64. E, anche nelle vere e proprie persecuzioni, a cominciare da quella di Nerone, l'accusa, nei confronti dei cristiani non fu politica, ma religiosa, essi, cioè, non adorando gli dei tradizionali, e non adorando l'imperatore, si rendevano rei di "superstitio illicita", cagionando l'ira degli stessi dei contro l'impero. Solo al tempo di Marco Aurelio, quando il Montanismo diffuse tra i cristiani atteggiamenti di rifiuto dello stato e di aperta provocazione, il cristianesimo fu ritenuto un pericolo vero e proprio per l'impero. Anche quando, nel 49, con un editto, furono espulsi gli ebrei da Roma, il provvedimento, secondo la studiosa Marta Sordi, non riguardò i cristiani (a seguito di tale editto, Prisca e Aquila, ebrei, si rifugiarono a Corinto, dove presero contatti con Paolo). Svetonio riporta di tumulti tra i Giudei "impulsore Chresto", ma non è certo si tratti di Cristo Gesù (Sordi). 

Una vera e propria persecuzione, in Giudea, fu subita dalla Chiesa nel periodo in cui la regione fu affidata ad un re locale, Erode Agrippa I, e sottratta al governo romano; Erode ne approfittò, fece uccidere Giacomo, e "visto che ciò era gradito agli ebrei, fece arrestare Pietro". Nel 42 è collocato l'arrivo di Pietro a Roma (Eusebio, Papia di Gerapoli, Clemente di Alessandria), ed è da ritenere che già vi fosse, in quella città, qualche cristiano. La cosa non ci deve meravigliare, per due ordini di ragioni: le vie di comunicazione, nell'impero romano, erano efficacissime e veloci; inoltre, molte persone si avvicendavano sia in Palestina, sia a Roma, e molti potevano aver avuto contatti con i cristiani. Fin dal primo momento, infatti, l'avvenimento di Cristo veniva reso presente attraverso dei semplici rapporti di frequentazione e di amicizia, più che attraverso una propaganda fatta di predicazioni. Chi veniva in contatto con i primi, coglieva in essi la verifica di una letizia, una vita piena, e più umana, pur nelle incombenze quotidiane. Emblematico della vita dei primi cristiani, è la descrizione che ne fa la lettera di un anonimo del II secolo ad un certo Diogneto. 

Pietro prende contatti con persone di ogni ceto sociale, ma viene prevalentemente ospitato da persone altolocate, addirittura da membri della famiglia imperiale. Pare, infatti, che sia stato subito ospite di Marcello, vicino alla famiglia di Claudio, che era stato conosciuto in Palestina, allorquando aveva sostituito Pilato a Gerusalemme. 

Nella lettera ai Romani di Paolo, è dato individuare almeno cinque gruppi di fedeli, gruppi eterogenei, ebrei, pagani, ricchi e poveri. E' di questo primo periodo di Pietro a Roma, l'episodio narrato da Tacito negli "Annali", relativo al processo maritale di Pomponia Graecina, imparentata con la famiglia di Tiberio. Intorno al 42, questa matrona romana aveva mutato la sua vita, non potendo più provare alcuna gioia nella vita scostumata e pretenziosa della nobiltà, ella venne condotta dinanzi al Tribunale del marito, riscoprendo così, di fatto, una figura giuridica ormai in disuso, per "superstitio illicita"; ella, cioè, non si abbandonava più, come le altre nobili romane dell'epoca, al culto anche sfrenato, dei riti religiosi pagani, conducendo una vita dimessa. Si ritiene che Pomponia avesse conosciuto lo stesso Principe degli apostoli

Emblematico anche il caso relativo alla visita di Paolo e Barnaba a Cipro,invitati dal Proconsole Sergio Paolo, dato riportato negli Atti e confermato da una recente scoperta archeologica. Paolo e Barnaba si trattengono presso Sergio Paolo, stringono un vero e proprio rapporto di amicizia e, sempre scoperte archeologiche recenti, attestano la presenza di una «domus ecclesia» in casa dello stesso Proconsole (la tradizione vuole che in seguito a questa amicizia Saulo prendesse il nome di Paolo). 

Nelle sue lettere ai romani, Paolo si rivolge a persone ben definite, conosciute, dapprima solo indirettamente, poi di persona. Si tratta di gruppi di amici che si riuniscono in case messe a disposizione dalle famiglie più facoltose, le «domus ecclesiae», o chiese domestiche, sulle quali, successivamente, sono state erette delle vere e proprie chiese

Il metodo, il modo di trasmissione della fede, non è altro che la vita normale di uomini e donne, che si sono imbattuti in altri uomini e donne, per "caso", sperimentando una felicità vera. Non crediamo affatto al fascino della moralità espressa, secondo alcuni, dai primi cristiani: la novità del cristianesimo non è data affatto dai costumi, o dai diversi usi, ma dalla sperimentazione, nella vita quotidiana, di una pienezza di umanità (Socci). Essi mostrano di aver incontrato il senso di ogni cosa, il giusto significato di tutto, attraverso una Persona: Gesù Cristo dal cui incontro scaturiscono tutta una conseguenza di atteggiamenti chiamati "morale cristiana". 

Tra le domus ecclesiae, la casa del Senatore Pudente (divenuta Chiesa di Santa Pudenziana, dal nome di una delle figlie del senatore); la casa di Prisca e Aquila sull'Aventino (Socci), gli amici di Paolo a Corinto (divenuta Chiesa di Santa Prisca); la casa dove alloggiò per circa tre anni Paolo, agli arresti domiciliari, lungo il Tevere, e dove si intratteneva con gli amici,soprattutto ebrei del quartiere; qui si rifugia lo schiavo Onesimo, fuggito da Filemone (divenuta chiesa di S. Paolo alla Regola). Le testimonianze letterarie su tali case domestiche sono state, recentemente, confortate dagli scavi archeologici (gli scavi sotto la Chiesa di Santa Pudenziana hanno rivelato una dimora signorile che dalla tarda età repubblicana resistette fino all'epoca di Nerone).

 

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