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I PRIMI CRISTIANI E L'IMPERO ROMANO

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2023 13:53
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08/08/2013 23:35
 
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                      (affresco nella Catacomba di s.Callisto)

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La storia del cristianesimo è la storia di fatti e persone, come tale, è caratterizzata da luoghi e momenti precisi, perché la storia di ognuno di noi è scandita in luoghi e momenti. [...] 

Gli apostoli ed i discepoli, dopo un comprensibile momento di smarrimento, di fronte alla scomparsa di Colui con il quale avevano condiviso la vita per circa tre anni, verificato, con i propri sensi che le promesse fatte dal Maestro erano state mantenute (Egli non si era definitivamente allontanato, non li aveva abbandonati), continuano a vivere in comunione, intorno alla Madre di Gesù, prima, e, successivamente, intorno ai primi che Lo avevano seguito, consapevoli, fin dall'inizio, che solo attraverso la loro unità Egli continuava a vivere. 

Le notizie circa questa prima comunità ci sono date dagli Atti degli Apostoli, scritti da S. Luca, il quale, oltre a riportare racconti uditi dagli stessi apostoli, vive in prima persona quella vita (egli, infatti, è compagno di Paolo quando questi giunge a Roma per la prima volta). Luca ci riferisce che "…erano assidui nell'ascoltare… gli apostoli, nella frazione del pane… stavano insieme, frequentavano il tempio e spezzavano il pane in casa…". Apprendiamo che, fin dall'inizio, la comunità si raccoglie intorno a coloro che riteneva essere l'Autorità, la Guida sicura, il punto di RIFERIMENTO e, più in particolare, Pietro, designato direttamente da Gesù per rappresentarlo, quale Suo prolungamento; già in Gerusalemme, e prima della grande diffusione, esiste un nucleo istituzionale, successivamente, le comunità sparse intorno saranno rette da anziani scelti con il consenso degli apostoli, i Presbiteri, prima, i Vescovi, dopo, con i Diaconi, che collaboravano con questi. Si distingue la particolare autorità di Pietro, che è il punto di riferimento quando deve essere scelto il sostituto di Giuda, o anche nelle questioni amministrative (come nel caso di Anania e Saffira, i coniugi che, entrati nella comunità, avevano omesso di conferire tutti i loro beni), ed è a Lui che si farà riferimento, per l'ammissione dei non ebrei al cristianesimo. Si ricorda, infatti, che la prima conversione pagana, quella del centurione Cornelio, avvenne ad opera di Pietro, che si recò nella sua casa, invitato, con perplessità da parte di tutti. 

Fin dai primi momenti, però, la vita per i discepoli di Cristo diviene avventurosa, essi devono essere prudenti, per evitare reazioni da parte dei Giudei; è datato al 34 il martirio di Stefano, un Diacono, lapidato dai Giudei, e, tra questi, da quel Saulo, che diventerà "Apostolo delle Genti".Stefano fu oggetto di un linciaggio popolare, seppur "tollerato" dai sacerdoti, che sapevano bene di non avere il potere di eseguire condanne a morte (in quell'occasione, Caifa venne destituito). Si trattò, comunque, secondo il diritto romano, di un abuso, tanto è vero che, dopo la condanna a morte di Giacomo Minore e di altri cristiani, nel 62, ad opera dei sommi sacerdoti, Ananos fu destituito. Egli aveva approfittato di un momento di "vacanza" del governo romano nella provincia (era morto Porzio Festo e non era stato ancora sostituito), per eliminare qualche scomodo cristiano, ma l'atteggiamento dello stato romano, nei confronti di questi primi non fu mai di aperta intolleranza.Addirittura, è del 35, il famoso senatoconsulto di Tiberio, il quale, probabilmente non per simpatia, ma solo per il suo profondo senso religioso, e per tentare di metter pace in una provincia bellicosa, chiese di riconoscere il cristianesimo alla stregua di tutte le altre religioni "lecite". Nonostante il parere contrario del Senato, Tiberio, che secondo Tertulliano e Giustino, aveva ricevuto da Pilato, una relazione sulle vicende di Gesù, pose comunque il veto ad eventuali accuse contro i cristiani
 
[Modificato da Credente 08/08/2013 23:37]
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08/08/2013 23:39
 
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E' ormai ritenuto vero dalla maggior parte degli studiosi, che l'atteggiamento del governo romano, nei confronti della nuova "setta", fu tollerante, almeno fino al 62 – 64. E, anche nelle vere e proprie persecuzioni, a cominciare da quella di Nerone, l'accusa, nei confronti dei cristiani non fu politica, ma religiosa, essi, cioè, non adorando gli dei tradizionali, e non adorando l'imperatore, si rendevano rei di "superstitio illicita", cagionando l'ira degli stessi dei contro l'impero. Solo al tempo di Marco Aurelio, quando il Montanismo diffuse tra i cristiani atteggiamenti di rifiuto dello stato e di aperta provocazione, il cristianesimo fu ritenuto un pericolo vero e proprio per l'impero. Anche quando, nel 49, con un editto, furono espulsi gli ebrei da Roma, il provvedimento, secondo la studiosa Marta Sordi, non riguardò i cristiani (a seguito di tale editto, Prisca e Aquila, ebrei, si rifugiarono a Corinto, dove presero contatti con Paolo). Svetonio riporta di tumulti tra i Giudei "impulsore Chresto", ma non è certo si tratti di Cristo Gesù (Sordi). 

Una vera e propria persecuzione, in Giudea, fu subita dalla Chiesa nel periodo in cui la regione fu affidata ad un re locale, Erode Agrippa I, e sottratta al governo romano; Erode ne approfittò, fece uccidere Giacomo, e "visto che ciò era gradito agli ebrei, fece arrestare Pietro". Nel 42 è collocato l'arrivo di Pietro a Roma (Eusebio, Papia di Gerapoli, Clemente di Alessandria), ed è da ritenere che già vi fosse, in quella città, qualche cristiano. La cosa non ci deve meravigliare, per due ordini di ragioni: le vie di comunicazione, nell'impero romano, erano efficacissime e veloci; inoltre, molte persone si avvicendavano sia in Palestina, sia a Roma, e molti potevano aver avuto contatti con i cristiani. Fin dal primo momento, infatti, l'avvenimento di Cristo veniva reso presente attraverso dei semplici rapporti di frequentazione e di amicizia, più che attraverso una propaganda fatta di predicazioni. Chi veniva in contatto con i primi, coglieva in essi la verifica di una letizia, una vita piena, e più umana, pur nelle incombenze quotidiane. Emblematico della vita dei primi cristiani, è la descrizione che ne fa la lettera di un anonimo del II secolo ad un certo Diogneto. 

Pietro prende contatti con persone di ogni ceto sociale, ma viene prevalentemente ospitato da persone altolocate, addirittura da membri della famiglia imperiale. Pare, infatti, che sia stato subito ospite di Marcello, vicino alla famiglia di Claudio, che era stato conosciuto in Palestina, allorquando aveva sostituito Pilato a Gerusalemme. 

Nella lettera ai Romani di Paolo, è dato individuare almeno cinque gruppi di fedeli, gruppi eterogenei, ebrei, pagani, ricchi e poveri. E' di questo primo periodo di Pietro a Roma, l'episodio narrato da Tacito negli "Annali", relativo al processo maritale di Pomponia Graecina, imparentata con la famiglia di Tiberio. Intorno al 42, questa matrona romana aveva mutato la sua vita, non potendo più provare alcuna gioia nella vita scostumata e pretenziosa della nobiltà, ella venne condotta dinanzi al Tribunale del marito, riscoprendo così, di fatto, una figura giuridica ormai in disuso, per "superstitio illicita"; ella, cioè, non si abbandonava più, come le altre nobili romane dell'epoca, al culto anche sfrenato, dei riti religiosi pagani, conducendo una vita dimessa. Si ritiene che Pomponia avesse conosciuto lo stesso Principe degli apostoli

Emblematico anche il caso relativo alla visita di Paolo e Barnaba a Cipro,invitati dal Proconsole Sergio Paolo, dato riportato negli Atti e confermato da una recente scoperta archeologica. Paolo e Barnaba si trattengono presso Sergio Paolo, stringono un vero e proprio rapporto di amicizia e, sempre scoperte archeologiche recenti, attestano la presenza di una «domus ecclesia» in casa dello stesso Proconsole (la tradizione vuole che in seguito a questa amicizia Saulo prendesse il nome di Paolo). 

Nelle sue lettere ai romani, Paolo si rivolge a persone ben definite, conosciute, dapprima solo indirettamente, poi di persona. Si tratta di gruppi di amici che si riuniscono in case messe a disposizione dalle famiglie più facoltose, le «domus ecclesiae», o chiese domestiche, sulle quali, successivamente, sono state erette delle vere e proprie chiese

Il metodo, il modo di trasmissione della fede, non è altro che la vita normale di uomini e donne, che si sono imbattuti in altri uomini e donne, per "caso", sperimentando una felicità vera. Non crediamo affatto al fascino della moralità espressa, secondo alcuni, dai primi cristiani: la novità del cristianesimo non è data affatto dai costumi, o dai diversi usi, ma dalla sperimentazione, nella vita quotidiana, di una pienezza di umanità (Socci). Essi mostrano di aver incontrato il senso di ogni cosa, il giusto significato di tutto, attraverso una Persona: Gesù Cristo dal cui incontro scaturiscono tutta una conseguenza di atteggiamenti chiamati "morale cristiana". 

Tra le domus ecclesiae, la casa del Senatore Pudente (divenuta Chiesa di Santa Pudenziana, dal nome di una delle figlie del senatore); la casa di Prisca e Aquila sull'Aventino (Socci), gli amici di Paolo a Corinto (divenuta Chiesa di Santa Prisca); la casa dove alloggiò per circa tre anni Paolo, agli arresti domiciliari, lungo il Tevere, e dove si intratteneva con gli amici,soprattutto ebrei del quartiere; qui si rifugia lo schiavo Onesimo, fuggito da Filemone (divenuta chiesa di S. Paolo alla Regola). Le testimonianze letterarie su tali case domestiche sono state, recentemente, confortate dagli scavi archeologici (gli scavi sotto la Chiesa di Santa Pudenziana hanno rivelato una dimora signorile che dalla tarda età repubblicana resistette fino all'epoca di Nerone).

 

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08/08/2013 23:40
 
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Il comportamento dei cristiani è, anche alla luce della testimonianza della lettera a Diogneto, ed all'atteggiamento di Pomponia Graecina, che giustifica il suo cambiamento di vita con un lutto familiare, molto riservato; 
- si riuniscono per la celebrazione dell'eucaristia, 
- per ascoltare le parole degli apostoli, o dei loro testimoni, vivendo, anche sacramentalmente, ciò che anche noi, oggi, viviamo nella Chiesa. 
Da Tertulliano apprendiamo che, fin dal primo momento, fondamentale per la loro vita, era l'incontrarsi per celebrare l'eucaristia, per istruire i catecumeni prima del battesimo, e per fare penitenza prima di spezzare il pane. Fin dai primi tempi, le comunità erano rettedagli anziani, che, chiamati vescovi più tardi, avevano come punto di riferimento ultimo, a partire dal secondo secolo, il Vescovo di Roma, come immediato successore di Pietro

E' emblematico il caso della diatriba sui cosidetti "lapsi", coloro che, per timore, avevano abiurato la loro fede, e intendevano tornare in seno alla comunità: nella controversia tra due vescovi africani, fu demandata la soluzione al Papa Cornelio, e la sua decisione definì la questione, una volta per tutte. Una continuità, quindi, nella vita della Chiesa, mai interrotta, nel metodo e nella sostanza, laddove lo stesso metodo, l'incontro personale, diventa vita vera. Non sono certamente perfetti, sono uomini normali, tra loro nascono invidie, rancori, come in tutti gli uomini normali, anche se certa cinematografia ci fa vedere persone quasi beote, con un sorriso stupido sempre stampato sul volto, possiamo affermare che l'idillio, la poesia, è astrazione, la realtà è quella trasmessaci dalle lettere, dalle testimonianze letterarie, e dai dipinti rinvenuti nelle catacombe e nelle chiese domestiche. 

Le eresie trovano spazio fin dai primissimi anni, tentativi di purificazione, o, semplicemente, tentativi di "dare la propria personale impronta" ad una fede che non si fonda su di una idea o una filosofia, ma su una persona. Dice bene Peguy, il quale definisce il cristianesimo come una catena di umanissimi e imprevisti incontri, sempre così ci si imbatte nel fatto cristiano, indipendentemente dalle proprie origini, dalla propria indole, o idea religiosa

Fino al 64, anno dell'incendio di Roma, non si assiste a vere e proprie persecuzioni, ma, con Nerone, i cristiani vengono accusati di ogni turpitudine, e, soprattutto, di "odio humani generis", per non adorare gli dei propizi all'impero. Il martirio di Pietro è collocato in questo periodo. La colpa di cui i cristiani sono incriminati, secondo Svetonio, è quella di "superstitio illicita", come Pomponia Graecina, una superstitio che però comportava sempre secondo Svetonio, la commissione di "flagitia", atti malefici (oscenità, incesti, così i pagani interpretavano l'eucaristia ed il fatto che tra di loro si chiamassero fratello e sorella). In realtà, questi uomini che sembravano essere contenti senza dedicarsi a divertimenti sfrenati, erano oggetto anche di scherno (a Pompei, è stato ritrovato un graffito che denomina i cristiani "saevi solones", sapientoni dalla faccia scura, e anche Pomponia Graecina era additata per la sua vita dimessa). 

Gli Imperatori della dinastia dei Flavi, e, più in particolare, Tito e Vespasiano, ebbero modo di conoscere i cristiani in Palestina, e, probabilmente, li frequentarono, addirittura molti dei loro familiari lo divennero (Flavio Sabino, fratello di Vespasiano, Flavio Clemente e Flavia Domitilla, il membro dell'aristocrazia Acilio Glabrione, tutti perseguitati, più tardi da Domiziano, nel 95). Domiziano rinfacciava a Domitilla e Flavio Clemente, suo marito, di essere atei, di non adorare più gli dei tradizionali, stessa accusa toccò a Acilio Glabrione (notizie tratte da Dione). 

L'avvento di Nerva e Traiano apre un periodo di tranquillità e prosperità, anche se continuano le persecuzioni, soprattutto nelle provincie, su accusa di singoli ebrei o pagani; è del 111-113, il famoso rescritto di Traiano, la risposta che l'imperatore fornisce al governatore della Bitinia, Plinio, il quale si chiedeva come comportarsi con i cristiani accusati, ma verso i quali non riteneva vi fossero veri e propri reati da imputare. Traiano permette l'assoluzione degli apostati, suggerendo di chiedere loro non se fossero mai stati cristiani, ma se lo fossero attualmente; ma, soprattutto, vieta il perseguimento d'ufficio. Antonino Pio si attenne alle norme dei suoi predecessori, ma, almeno nel caso di Policarpo, vescovo di Smirne, la norma fu violata: Policarpo fu condannato , a seguito di pressioni da parte della folla inferocita, solo in quanto cristiano. Con Marco Aurelio, per la prima volta, la filosofia stoica si innesta al potere; egli rimane indifferente alla nuova setta, fino all'impatto con il fanatismo montanista, che vietava ai cristiani di prendere parte alla vita politica, pubblica, e di combattere. 

Si trattò di un equivoco, perché la Grande Chiesa combattè questa vera e propria eresia, come attestano le apologie di Atenagora di Atene, Melitone e Milziade. Con Commodo, ebbe fine la persecuzione, e i rapporti furono aperti e tolleranti. L'episodio del Papa Vittore e di Marcia si colloca in questo contesto. Solo con Decio, intorno al 249, si assiste ad una ulteriore persecuzione, molto cruenta e feroce, con veri e propri massacri, così come con Valeriano; ma qui siamo in piena crisi politica e economica, i barbari sono alle porte, la peste decima le città, la carestia spopola le campagne, e il popolo accusa i cristiani anche di questo. Valeriano ne riconosce l'illiceità, mentre, con Gallieno, le comunità divenivano soggetti di diritto, ed ai Vescovi, era riconosciuta l'autorità e venivano restituiti i beni confiscati. La pace dura fino alla tremenda persecuzione di Diocleziano, che, nel suo delirio di restaurazione delle tradizioni, sobillato dai sacerdoti pagani, ritenne i cristiani, soprattutto quelli della classe senatoria, colpevoli di ateismo e di lesa maestà.
 
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08/08/2013 23:41
 
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Ma, fin dall'inizio, i cristiani, da un lato per assicurarsi uno spazio di libertà, dall'altro per sottolineare l'assoluta novità della loro esperienza,usavano gli strumenti giuridici messi a disposizione dall'ordinamento romano statale; innanzitutto, il "collegium religionis causa", una sorta di figura associativa, attraverso la quale essi aprivano e gestivano scuole, ospedali e banche

Identica cosa accadeva nel linguaggio usato (Ecclesia). I primi, pur stretti intorno al tesoro che ciascuno di essi aveva avuto la fortuna di incontrare, vivono immersi nel mondo, conducendo una vita ordinaria, seppur diversa, più piena; perfettamente integrati, secondo la studiosa Marta Sordi, nella vita civile, militare e politica. Non si preoccupano di distruggere l'istituto della schiavitù, per esempio, ma Paolo, rimandando Onesimo a Filemone, suo "padrone", dopo la fuga, lo definisce "fratello", né si preoccupano di riformare i costumi. Essi rispettano l'imperatore, le leggi, ben sapendo che non sono le battaglie di idee a cambiare l'uomo, ed a renderlo felice. Anzi, consapevoli che, per poter liberamente incontrare altri uomini, era necessario rispettare chi aveva il potere; la comunità cristiana, nella sua libertà e autentico realismo, non disdegnò la protezione politica, le donazioni, tutte le forme di tutela loro concesse. 

Il rapporto con lo stato è stato sempre improntato ad un pragmatismo, che nasce dal sano realismo; solo quando gli imperatori hanno preteso di inteferire nelle questioni di fede, imponendo il culto e l'adorazione alle loro persone, scattava l'opposizione, il rifiuto drastico. I martiri sono, pertanto, persone che, ben consapevoli del loro vero bene, vanno incontro alla morte più atroce, non come "fanatici" (così definiti da certa storiografia), ma come chi, dopo aver sperimentato il centuplo sulla terra, va incontro alla felicità senza fine. 

Abbiamo numerose testimonianze dagli atti dei martiri, soprattutto dalle lettere che Ignazio di Antiochia, nel viaggio verso Roma, in catene, scriveva alle comunità che incontrava sul suo cammino. Fanciulle giovanissime, bambini, donne e uomini di ogni rango, ci hanno lasciato commoventi testimonianze e accanto alle loro tombe sempre i fedeli hanno continuato a voler farsi seppellire. Le catacombe, infatti, non erano, come comunemente si crede, il luogo di ritrovo dei cristiani, ma semplicemente, i cimiteri, messi a loro disposizione, spesso insieme ai pagani, per seppellire i "loro" amici. Famoso, il terreno donato dalla nobile Domitilla, oggi catacomba visitabile, presso il quale spesso i cristiani si ritrovavano per venerare i morti, i santi, e anche per celebrare l'eucaristia.

Del realismo cristiano è testimone la reazione di Agostino, Vescovo di Ippona, allorquando apprende che i barbari sono alle porte (Socci). Il suo distacco nasce dal fatto che qualcosa d'Altro riempie la sua vita, qualcosa, o meglio Qualcuno reale e concreto, che non gli può essere tolto da rivolgimenti politici, che dà gioia e senso anche alla fine di un mondo. Identico realismo soggiace al comportamento "politico", improntato ad una "Libertas ecclesiae", che è cosa ben diversa da una semplice libertà religiosa, o libertà di associazione (la stessa differenza che passa tra un'idea ed un fatto); è molto di più: essi, essendo soddisfatti del continuo dono di Grazia, e dalla felicità che Cristo dà loro, vogliono semplicemente goderselo. 


Per approfondire: 
SOCCI Antonio, Tutti gli amici del senatore a fine impero. Roma, i cristiani dell'anno 380, in Il Sabato, 28.8.1993, n. 35, p. 46s. 
SORDI Marta, I Cristiani e l'Impero Romano, Jaca Book, Milano 1995
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05/09/2014 19:39
 
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Qual è stato il contributo del cristianesimo primitivo alla storia dell'umanità?

L'influenza umanizzatrice e civilizzatrice della fede cristiana non ha equivalenti nella storia universale

I primi anni del cristianesimo non avrebbero potuto iniziare con più difficoltà esterne. Fin dal primo momento ha subito una forte persecuzione da parte dell'ebraismo. In poco meno di vent'anni dalla morte di Gesù Cristo, tuttavia, il cristianesimo si era radicato e contava comunità in città importanti come Atene, Corinto, Efeso, Colossi, Tessalonica, Filippi e nella stessa capitale dell'Impero, Roma. 

Diocleziano ha perseguitato a morte i cristiani
Questa crescita non si poteva ovviamente attribuire alla simpatia dell'Impero romano. In realtà, il cristianesimo era più molesto nelle sue pretese, nei suoi valori e nella sua condotta per i romani che per gli ebrei. Non solo eliminava le barriere etniche, allora tanto marcate, ma dava un'accoglienza straordinaria alla donna, si preoccupava dei deboli, degli emarginati, degli abbandonati, di coloro per i quali l'Impero non si preoccupava minimamente.

L'Impero Romano ha dato senz'altro apporti straordinari, ma è anche vero – citando César Vidal – che non si può idealizzare il fatto che l'Impero fosse una solida incarnazione del potere degli uomini sulle donne, dei liberi sugli schiavi, dei romani sugli altri popoli, dei forti sui deboli. Non deve stupirci che Nietzsche lo consideri un paradigma della sua filosofia del “superuomo”.

Di fronte a questo impero, il cristianesimo predicava un Dio di fronte al quale risultava impossibile mantenere la discriminazione che opprimeva le donne, il culto della violenza che si manifestava nei combattimenti dei gladiatori, la pratica dell'aborto o l'infanticidio, la giustificazione dell'infedeltà maschile e la mancanza di lealtà coniugale, l'abbandono dei derelitti...

Per tre secoli, l'Impero scatenò sui cristiani tutta una serie di persecuzioni che furono sempre più violente. Ad ogni modo, non solo non si raggiunse l'obiettivo di sterminare la nuova fede, ma alla fine si impose il cristianesimo, che predicava un amore che non sarebbe mai nato in seno al paganesimo (lo riconobbe anche lo stesso Giuliano l'Apostata) e che dava dignità e senso alla vita anche a coloro ai quali nessuno era disposto a concedere un minimo di rispetto.

Di fronte alle invasioni barbariche
Quando nel 476 cadde l'Impero Romano d'Occidente, il cristianesimo preservò la cultura classica, soprattutto attraverso i monasteri, che salvaguardarono efficacemente i valori cristiani in un mondo che con le invasioni barbariche aveva collassato completamente. Si coltivò l'arte, si incoraggiò lo spirito del lavoro, la difesa dei deboli e la pratica della carità. Lo sforzo missionario si estese all'assimilazione e “culturizzazione” degli stessi popoli invasori, che a medio termine si convertirono al cristianesimo come era accaduto in precedenza con l'Impero Romano.

Nei secoli successivi, il cristianesimo fu decisivo per preservare la cultura, per la popolarizzazione dell'educazione, la promulgazione delle leggi sociali e l'articolazione del principio di legittimità politica. Ad ogni modo, furono creazioni che crollarono nuovamente di fronte alle successive invasioni di altri popoli, come i vichinghi e i magiari. In poco tempo, gran parte dei successi dei secoli precedenti scomparirono trasformati in fumo e cenere. Ancora una volta, però, il cristianesimo mostrò il proprio vigore, e quando i nemici dei popoli cristiani erano più forti, quando non avevano bisogno di patteggiare e potevano imporre con la forza la loro volontà, finirono per accettare l'enorme forza spirituale del cristianesimo e lo assimilarono nei loro territori, di modo che arrivando all'anno 1000 il cristianesimo si estendeva dalle Isole Britanniche fino al Volga.


[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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15/10/2018 14:02
 
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L’esplosione iniziale del cristianesimo:
come spiegarla? Il libro di Bart D. Ehrman

Com’è possibile che una minuscola “setta dell’ebraismo”, come viene sociologicamente definita, abbia potuto conquistare l’Impero Romano e dominare il mondo occidentale? Parliamo del cristianesimo e della sua incredibile espansione demografica. Il nuovo ed interessante libro dello studioso Bart D. Ehrman affronta la questione storica, regalando notevoli sorprese.

La risposta più banale alla rapida diffusione della religione cristiana, la spiegazione che arriverebbe da un Corrado Augias qualsiasi (copiando da Voltaire, Gibbon e Burckhardt), per intenderci, chiamerebbe in causa l’appoggio politico dato dall’imperatore Costantino. «Non fu Costantino a convertirsi al cristianesimo, ma il cristianesimo a trasformarsi in religione imperiale», scrive l’ex conduttore televisivo Augias in Disputa su Dio e dintorni (Mondadori 2010). Ovvero, quella dell’imperatore non sarebbe stata una vera conversione religiosa ma una mossa politica per servirsi del cristianesimo come “strumento di governo”. Dall’altra parte, la religione cristiana avrebbe beneficiato del sostegno imperiale per diffondersi a macchia d’olio.

Di tutt’altro avviso l’agnostico B.D. Ehrman, esperto di cristianesimo primitivo e docente presso l’Università della Carolina del Nord. Uno studioso interessante a cui prestiamo molta attenzione, non solo per la rilevanza del suo profilo accademico ma anche per la sua frequente onestà intellettuale. Da non credente si è posto l’obiettivo di sfidare due estremismi: quello ateo-miticistache non crede all’esistenza storica di Gesù e quello protestante-letteralista, per il quale la Bibbia è un libro storico-scientifico, immacolato da errori ed invenzioni.

In The Triumph of Christianity. How a Forbidden Religion Swept the World (Simon & Schuster 2018), Ehrman si è occupatodel “trionfo del cristianesimo”, cioè la spiegazione della sua esplosione numerica nei primi secoli. Non ha potuto chiaramente tralasciare il ruolo dell’imperatore Costantino e della sua conversione cristiana, celebrato addirittura come santo in molte chiese orientali. Il biblista statunitense arriva alla sorprendente conclusione che Costantino abbia realmente avuto un sogno o una visione (o, almeno, così l’ha interpretata) che lo ha convinto ad abbandonare il paganesimo per aderire al Dio cristiano.

Fu una conversione sincera o una manovra politica? Ehrman non ha dubbi, la sua conversione fu autentica, tanto che confuta abbastanza facilmente le tesi di chi afferma l’opposto. Costantino ha posto fine alla persecuzione dei cristiani, elargito benefici e donazioni al clero cristiano, finanziato la costruzione di numerose chiese, commissionato venti costose copie della Bibbia, è intervenuto personalmente per risolvere le controversie tra donatisti ed ariani. Questo certifica il suo personale e spirituale interesse ed i pagani erano piuttosto certi che lui fosse diventato cristiano. L’idea che non fosse sincero, ha concluso Ehrman, non è semplicemente sostenibile.

Rispondendo alla cruciale domanda sull’esplosione demografica del cristianesimo in soli quattro secoli (passò da 3,5-4 milioni nel 312 d.C. ai 25-35 milioni della fine del IV secolo), lo studioso statunitense ha negato decisamente che ciò sia dovuto alla conversione di Costantino. Innanzitutto perché non sarebbe affatto stata una mossa politica azzeccata: al momento della sua conversione, infatti, i cristiani rappresentavano una piccola percentuale della popolazione. Ehrman opta per stime leggermente inferiori rispetto a quelle di Adolf von Harnack e Rodeny Stark, arrivando a considerare che la popolazione cristiana era il 6-7% del totale, fortemente oggetto di satira. Così, l’idea che Costantino avrebbe adottato il cristianesimo per ragioni politiche, è chiaramente priva di senso. Non ne ottenne nulla dal punto di vista politico. Anche se Costantino non si fosse convertito, ha aggiunto Ehrman, la cristianità sarebbe comunque cresciuta esponenzialmente e demograficamente. Il motivo sarebbe stata l’esclusività della fede in un unico Dio, rispetto al politeismo pagano, ed i racconti dei miracoli compiuti da lui e dai primi discepoli. La spiegazione dello studioso, in questo caso, non sembra così chiara e comprovata ed infatti ha ricevuto critiche dallo scrittore Tom Holland e dallo storico Larry Hurtado.

Molto più documentata, invece, è la spiegazione del sociologo Rodney Stark nel suo Ascesa e affermazione del cristianesimo(Lindau 2007). Innanzitutto, l’evangelizzazione degli ebrei ebbe un successo di lunga durata, in secondo luogo il paganesimo (diretto “concorrente” del cristianesimo) -al contrario del cristianesimo- mostrò tutta la sua incapacità di affrontare spiritualmente ed umanamente le due disastrose epide­mie (165 d.C., la prima, e 260 d.C., la seconda) che colpirono l’Impero. «L’assistenza e la solidarietà dei cristiani furono di per sé una grande opportunità di formare nuovi legami», sopratutto quando curarono membri di altre religioni che, spesso, si convertirono. Terzo motivo addotto da Stark è la prevalenza numerica di donne, grazie alla migliore condizione sociale che trovarono nel cristianesimo, in aggiunta alla proibizione di infanticidio ed aborto.

Tornando al recente lavoro di B.D. Ehrman, è degno di nota la sua negazione di un’altra possibile spiegazione della crescita demografica cristiana: la conversione forzata dei pagani. Citando Gregorio di Naziano, il quale scriveva che «non considero una buona pratica costringere le persone invece che persuaderle», lo studioso del cristianesimo primitivo arriva alla stessa conclusione della maggior parte degli storici: il cristianesimo non ha “vinto” a causa della violenza e della coercizione. Salvo qualche parte più confusa, il noto studioso agnostico ha pubblicato un altro libro degno di nota. Con la speranza che arrivi presto anche in Italia.


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15/10/2018 14:03
 
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L’esplosione iniziale del cristianesimo:
come spiegarla? Il libro di Bart D. Ehrman

Com’è possibile che una minuscola “setta dell’ebraismo”, come viene sociologicamente definita, abbia potuto conquistare l’Impero Romano e dominare il mondo occidentale? Parliamo del cristianesimo e della sua incredibile espansione demografica. Il nuovo ed interessante libro dello studioso Bart D. Ehrman affronta la questione storica, regalando notevoli sorprese.

La risposta più banale alla rapida diffusione della religione cristiana, la spiegazione che arriverebbe da un Corrado Augias qualsiasi (copiando da Voltaire, Gibbon e Burckhardt), per intenderci, chiamerebbe in causa l’appoggio politico dato dall’imperatore Costantino. «Non fu Costantino a convertirsi al cristianesimo, ma il cristianesimo a trasformarsi in religione imperiale», scrive l’ex conduttore televisivo Augias in Disputa su Dio e dintorni (Mondadori 2010). Ovvero, quella dell’imperatore non sarebbe stata una vera conversione religiosa ma una mossa politica per servirsi del cristianesimo come “strumento di governo”. Dall’altra parte, la religione cristiana avrebbe beneficiato del sostegno imperiale per diffondersi a macchia d’olio.

Di tutt’altro avviso l’agnostico B.D. Ehrman, esperto di cristianesimo primitivo e docente presso l’Università della Carolina del Nord. Uno studioso interessante a cui prestiamo molta attenzione, non solo per la rilevanza del suo profilo accademico ma anche per la sua frequente onestà intellettuale. Da non credente si è posto l’obiettivo di sfidare due estremismi: quello ateo-miticistache non crede all’esistenza storica di Gesù e quello protestante-letteralista, per il quale la Bibbia è un libro storico-scientifico, immacolato da errori ed invenzioni.

In The Triumph of Christianity. How a Forbidden Religion Swept the World (Simon & Schuster 2018), Ehrman si è occupatodel “trionfo del cristianesimo”, cioè la spiegazione della sua esplosione numerica nei primi secoli. Non ha potuto chiaramente tralasciare il ruolo dell’imperatore Costantino e della sua conversione cristiana, celebrato addirittura come santo in molte chiese orientali. Il biblista statunitense arriva alla sorprendente conclusione che Costantino abbia realmente avuto un sogno o una visione (o, almeno, così l’ha interpretata) che lo ha convinto ad abbandonare il paganesimo per aderire al Dio cristiano.

Fu una conversione sincera o una manovra politica? Ehrman non ha dubbi, la sua conversione fu autentica, tanto che confuta abbastanza facilmente le tesi di chi afferma l’opposto. Costantino ha posto fine alla persecuzione dei cristiani, elargito benefici e donazioni al clero cristiano, finanziato la costruzione di numerose chiese, commissionato venti costose copie della Bibbia, è intervenuto personalmente per risolvere le controversie tra donatisti ed ariani. Questo certifica il suo personale e spirituale interesse ed i pagani erano piuttosto certi che lui fosse diventato cristiano. L’idea che non fosse sincero, ha concluso Ehrman, non è semplicemente sostenibile.

Rispondendo alla cruciale domanda sull’esplosione demografica del cristianesimo in soli quattro secoli (passò da 3,5-4 milioni nel 312 d.C. ai 25-35 milioni della fine del IV secolo), lo studioso statunitense ha negato decisamente che ciò sia dovuto alla conversione di Costantino. Innanzitutto perché non sarebbe affatto stata una mossa politica azzeccata: al momento della sua conversione, infatti, i cristiani rappresentavano una piccola percentuale della popolazione. Ehrman opta per stime leggermente inferiori rispetto a quelle di Adolf von Harnack e Rodeny Stark, arrivando a considerare che la popolazione cristiana era il 6-7% del totale, fortemente oggetto di satira. Così, l’idea che Costantino avrebbe adottato il cristianesimo per ragioni politiche, è chiaramente priva di senso. Non ne ottenne nulla dal punto di vista politico. Anche se Costantino non si fosse convertito, ha aggiunto Ehrman, la cristianità sarebbe comunque cresciuta esponenzialmente e demograficamente. Il motivo sarebbe stata l’esclusività della fede in un unico Dio, rispetto al politeismo pagano, ed i racconti dei miracoli compiuti da lui e dai primi discepoli. La spiegazione dello studioso, in questo caso, non sembra così chiara e comprovata ed infatti ha ricevuto critiche dallo scrittore Tom Holland e dallo storico Larry Hurtado.

Molto più documentata, invece, è la spiegazione del sociologo Rodney Stark nel suo Ascesa e affermazione del cristianesimo(Lindau 2007). Innanzitutto, l’evangelizzazione degli ebrei ebbe un successo di lunga durata, in secondo luogo il paganesimo (diretto “concorrente” del cristianesimo) -al contrario del cristianesimo- mostrò tutta la sua incapacità di affrontare spiritualmente ed umanamente le due disastrose epide­mie (165 d.C., la prima, e 260 d.C., la seconda) che colpirono l’Impero. «L’assistenza e la solidarietà dei cristiani furono di per sé una grande opportunità di formare nuovi legami», sopratutto quando curarono membri di altre religioni che, spesso, si convertirono. Terzo motivo addotto da Stark è la prevalenza numerica di donne, grazie alla migliore condizione sociale che trovarono nel cristianesimo, in aggiunta alla proibizione di infanticidio ed aborto.

Tornando al recente lavoro di B.D. Ehrman, è degno di nota la sua negazione di un’altra possibile spiegazione della crescita demografica cristiana: la conversione forzata dei pagani. Citando Gregorio di Naziano, il quale scriveva che «non considero una buona pratica costringere le persone invece che persuaderle», lo studioso del cristianesimo primitivo arriva alla stessa conclusione della maggior parte degli storici: il cristianesimo non ha “vinto” a causa della violenza e della coercizione. Salvo qualche parte più confusa, il noto studioso agnostico ha pubblicato un altro libro degno di nota. Con la speranza che arrivi presto anche in Italia.

FONTE: https://www.uccronline.it/2018/07/24/lesplosione-iniziale-del-cristianesimo-come-spiegarla-il-libro-di-bart-d-ehrman/


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18/07/2023 13:53
 
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PRIMATO DELLA CHIESA CATTOLICA ROMANA
Romani 1, 7-8
" A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
8 Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché LA FAMA DELLA VOSTRA FEDE SI ESPANDE IN TUTTO IL MONDO."
Romani 16, 16-20
"VI SALUTANO TUTTE LE CHIESE DI CRISTO.
Mi raccomando poi, fratelli, di ben guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro la dottrina che avete appreso: tenetevi lontani da loro. 18 Costoro, infatti, non servono Cristo nostro Signore, ma il proprio ventre e con un parlare solenne e lusinghiero ingannano il cuore dei semplici.
19 LA FAMA DELLA VOSTRA OBBEDIENZA È GIUNTA DOVUNQUE; mentre quindi mi rallegro di voi, voglio che siate saggi nel bene e immuni dal male. 20 Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi."
La Chiesa di Roma era già famosa e "la fama della fede cattolica si espandeva in tutto il mondo" come ben dimostra la storia, nei secoli successivi alla morte degli apostoli sono stati proprio i papi ad inviare missionari nel mondo e molti popoli successivamente sono diventati cattolici. Ad esempio la Germania, la Francia, Inghilterra, il Jappone, e anche dopo la scoperta dell'America i popoli nativi americani furono evangelizzati da missionari Cattolici. Proprio come scrive San Paolo ai Romani:
"LA FAMA DELLA VOSTRA FEDE SI ESPANDE IN TUTTO IL MONDO." (Rom 1, 😎
" LA FAMA DELLA VOSTRA OBBEDIENZA È GIUNTA DOVUNQUE" (Rom 16, 19)
Sant'Ignazio Vescovo di Antiochia morto martire nel 107 scrivendo ai Romani dice:
"Chiesa che ha il primato nella carità".
Sant' Ireneo intorno al 180 d.C scrive:
"la chiesa di Roma è la chiesa più antica e grande, a tutti nota,
fondata dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo, e indicando la sua tradizione, ricevuta dagli Apostoli e giunta fino a noi attraverso la successione dei vescovi, confondiamo tutti quelli che per compiacenza di se o vanagloria, per cecità od errore si allontanano dall'unità della Chiesa. Con questa Chiesa infatti, a ragione della sua autorità superiore, deve accordarsi ogni chiesa, cioè i fedeli di tutto il mondo, poiché in essa è stata conservata la tradizione apostolica attraverso i suoi capi.
I Beati Apostoli, che fondarono la Chiesa Romana ne trasmissione il governo episcopale a Lino ricordato da Paolo nella lettera a Timoteo.
Lino ebbe come successore Anacleto e dopo Anacleto fu Clemente, terzo (papa) a partire dagli Apostoli.
A Clemente succedette Evaristo, a Evaristo Alessandro; sesto (papa) poi dagli Apostoli fu Sisto; a questi seguì Telesforo che chiuse la vita con glorioso martirio, poi Igino, poi Pio e quindi Aniceto. Ad aniceto succedette Sotere e al presente dell'episcopato è insignito Eleuterio ( fu papa nel 175-189 d.C), che occupa il dodicesimo posto nella successione apostolica. Con quest'ordine e successione pervenne fino a noi nella Chiesa la tradizione apostolica e la predicazione della verità. Ciò prova pienamente che è stata conservata e trasmessa fedelmente dagli Apostoli la stessa, unica vivificante fede."
(Contro le eresie libro III, 3,2- 3,3)

Portare l'annuncio di Cristo, scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani, era per Paolo motivo di vanto ma anche di sofferenza e di persecuzioni. Ma il Signore volle che quell'annuncio venisse portato perfino nel cuore dell' immenso impero Romano, in cui pullulavano credenze di ogni genere, e che sarebbe stato impensabile poter scalfire. Per questo ci informa Atti 23,11 che
"... gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a ROMA». .... Da parte del Signore vi era dunque una precisa strategia, per poter far prendere forma con quel poco di lievito evangelico, ad una società senza scrupoli, con tanta violenza e sopraffazione dei deboli, antitetica rispetto alla insorgente cultura cristiana priva di mezzi, di forze, di leggi favorevoli. Ma nonostante questo la prima Chiesa, che presiedeva nella carità di diffuse proprio a Roma accompagnata dalla forza dello Spirito Santo.
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