Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.
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RELAZIONI SPIRITUALI

Ultimo Aggiornamento: 07/08/2013 17:47
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07/08/2013 16:54
 
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CAP 7



Il 17 novembre dell’anno 1569, nell’ottava di san Martino, vidi di aver passato, riguardo a quanto so, dodici anni. Per raggiungere i trentatré, che sono gli anni di vita del Signore, ne mancano ventuno. Ciò mi accadde a Toledo, nel monastero del glorioso San Giuseppe del Carmine. Io per te e tu per me. Ne ho vissuti dodici ma non per mia volontà.



8



Mentre ero nel monastero di Toledo e alcune persone mi consigliavano di non concedere sepoltura nella nostra chiesa a chi non fosse nobile, il Signore mi disse: «T’ingannerai molto, figlia mia, se avrai riguardo alle leggi del mondo. Fissa gli occhi su di me, povero e disprezzato dagli uomini. Per caso i grandi del mondo saranno grandi davanti a me? E voi dovete essere stimate per la vostra discendenza o per le vostre virtù?». (Ciò riguarda i consigli che ricevevo di non concedere sepoltura a Toledo a chi non fosse nobile).



9



Mentre ero nel monastero di San Giuseppe di Malagón, il secondo giorno di quaresima, dopo aver ricevuto la comunione, mi apparve nostro Signore Gesù Cristo in visione immaginaria, come di consueto. Guardandolo, vidi che tutt’intorno alla testa, invece d’una corona di spine, in corrispondenza, probabilmente, delle piaghe che questa gli aveva fatto, ne aveva una di grande splendore. Siccome ho una speciale devozione per questo mistero, ne rimasi assai consolata; cominciando poi a considerare quale grande tormento egli doveva aver sofferto a causa di tutte quelle ferite, ne provavo un profondo dolore. Il Signore, però, mi disse di non compiangerlo per tali ferite, ma per le molte altre che gli venivano inflitte allora. Gli chiesi cosa potevo fare per portarvi rimedio, dichiarandomi pronta a tutto. Mi rispose che quello non era il momento di riposare, ma di far presto a fondare questi monasteri, perché egli trovava il suo riposo nelle anime che essi accolgono. Dovevo accettare tutte le fondazioni che mi si offrissero, perché molte persone non lo servivano essendo prive di un luogo in cui farlo. I monasteri che avrei fondato nei piccoli centri dovevano essere simili a questo; in essi si sarebbe potuto meritare tanto quanto negli altri, avendo il desiderio di osservare le stesse cose. Dovevo adoperarmi perché fossero tutti sottoposti all’autorità dello stesso superiore, e aver molta cura che non si perdesse la pace interiore per via delle preoccupazioni di sostentamento materiale; egli ci avrebbe aiutato affinché non ci mancasse mai nulla. Particolare riguardo bisognava avere per le inferme: la priora che non le provvedesse del necessario e non le circondasse di benessere somiglierebbe agli amici di Giobbe, perché egli le colpiva con tale calamità per il bene delle loro anime ed ella le avrebbe esposte al rischio di perdere la pazienza. Dovevo, infine, scrivere la storia di queste fondazioni. Siccome stavo pensando che in quella di Medina non avevo rilevato nulla che meritasse d’essere scritto, mi domandò se non mi bastava la costatazione che tale fondazione era stata miracolosa. Voleva dire che solo per opera sua si era portata a compimento, proprio quando sembrava impossibile. Così mi decisi a scrivere.
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