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TRADUZIONI DELLA BIBBIA

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2013 21:22
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03/08/2013 21:06
 
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LE TRADUZIONI DELLA BIBBIA ATTRAVERSO I SECOLI

 

Molte sono state le traduzioni e le versioni della Bibbia nel corso dei tempi.
Difficilmente una traduzione può essere perfetta in tutto, in quanto alcuni hanno optato più per una traduzione comprensibile adatto al linguaggio parlato all'epoca in cui è stato tradotta e quindi a discapito della fedeltà, altri invece hanno preferito tradurre con maggiore letteralità a discapito della comprensibilità.
 In ogni caso ogni traduzione è sempre migliorabile con il progredire degli studi e degli approfondimenti nelle materie bibliche.

La scienza critica raccoglie tutti i papiri e i manoscritti più antichi esistenti, che attraverso i secoli sono stati copiati e si sono moltiplicati dipendendo l'uno dall'altro; esamina questi manoscritti, li cataloga, li confronta, ne mostra le reciproche dipendenze o somiglianze, ne nota le differenze ed arriva alla ricomposizione di un testo contenente il minor numero di errori. Lavorando così a ritroso, si arriva per quanto è possibile fino all'età di composizione del testo sacro.

Inoltre confronta se un determinato versetto sia stato citato, e in quale forma dagli scrittori antichi o padri della Chiesa, in modo da verificare se tale o tal'altro versetto si trovava  nel testo biblico e come  esso veniva letto e commentato, oppure se, mancando nei maggiori codici e tra le citazioni patristiche sia da ritenere solo una glossa finita nel Testo.

Ecco quindi che solo la Trasmissione di tutto il sacro DEPOSITO di fede (=TRADIZIONE), può consentire al traduttore di avere a disposizione gli strumenti adatti per fare una traduzione maggiormente  conforme agli originali, completa, comprensibile nel linguaggio corrente, ma allo stesso tempo fedele  e per quanto possibile LETTERALE, perchè solo la Tradizione può apprestare tutto il materiale occorrente, per una tale BIBLICA IMPRESA, che richiede tenacia, competenza, conoscenze adeguate, fedeltà e amore per la Parola di Dio e tante altre caratteristiche che in genere richiedono molti addetti ai lavori e molti anni.

Nel corso dei secoli si sono avute traduzioni approssimative, sbrigative, che avevano la pretesa di essere " Bibbie " ma che in realtà non erano tali perchè  non hanno goduto delle prerogative summenzionate nè controlli che ne garantissero l'autenticità.

In questa sezione si trovano elencate le più note traduzioni cattoliche e non cattoliche che sono state prodotte. Siccome abbiamo raccolto le notizie anche da siti non cattolici è chiaro che essi hanno referenziato positivamente la propria traduzione.

AVVERTENZA:  Non è qui nostra intenzione fare un esame critico delle traduzioni, nè quella di dare dei giudizi su di esse, ma solo elencarli con la presentazione che abbiamo potuto raccogliere finora.


Quello che segue è un estratto significativo dell’enciclica Divino Afflante Spiritu scritto da Pio XII nel 1943, che sottolinea con forza  l'importanza e la necessità di far ricorso ai testi originali per poter cercare di rendere le traduzioni sempre più fedeli e attendibili, e che quindi la Chiesa sente il diritto dovere di provvedere a far sì che le proprie traduzioni abbiano queste caratteristiche e che siano sempre più accurate, avendo ricevuto dai predecessori un tesoro da conservare e da trasmettere in maniera adeguata secondo il volere di Dio.

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"....All'interprete cattolico che si accinge all'opera di intendere e spiegare le divine Scritture, già i Padri della Chiesa, e in prima linea Sant'Agostino, grandemente raccomandavano lo studio delle lingue antiche e il ricorso ai testi originali (Cfr. per es. S. Hieron., Praef. in IV Evang. ad Damasum, PL. XXIX, col. 526-527; August., De doctr. christ. II, 16; P.L. XXXIV, col. 42-43).

Tuttavia tali erano a quei tempi le condizioni degli studi, che non molti, e quei medesimi soltanto in grado imperfetto, possedevano la lingua ebraica. Nel medio evo poi, mentre era in sommo fiore la Teologia Scolastica, anche la conoscenza del greco era da grande tempo scemata in Occidente, sicché anche i più grandi Dottori di quel tempo nello spiegare i Sacri Libri non si potevano basare che sulla versione latina della Volgata.

Ai giorni nostri al contrario non soltanto la lingua greca, che col Rinascimento risorse, per così dire, a novella vita, è pressoché familiare a tutti i letterati e studiosi della antichità, ma anche dell'ebraico e di altre lingue orientali è diffusa la conoscenza fra le persone colte.

Si ha poi adesso tanta abbondanza di mezzi per imparare quelle lingue, che un interprete della Bibbia, il quale trascurandole si precluda da sé la via di giungere ai testi originali, non può sfuggire alla taccia di leggerezza e di ignavia.

Dovere dell'esegeta per fermo è raccogliere con somma cura, e con venerazione quasi afferrare ogni apice anche minimo, che provenga dalla penna dell'agiografo sotto l'azione del Divino Spirito, al fine di penetrarne a fondo ed appieno il pensiero. Perciò seriamente procuri di acquistarsi una perizia ogni dì maggiore nelle lingue bibliche, ed anche nelle altre lingue orientali, e rincalzi la sua interpretazione con tutti quei mezzi, che fornisce la filologia in ogni sua parte.

Tutto ciò si studiò già di conseguire San Girolamo con le cognizioni della sua età e ad altrettanto mirarono, con indefessa applicazione e frutto più che ordinario, non pochi dei grandi esegeti dei secoli XVI e XVII, sebbene allora fosse assai minore, che adesso, la scienza delle lingue. Per ugual via dunque occorre spiegare quel testo originale, che, per essere immediato prodotto del sacro autore, ha maggiore autorità e maggiore peso di qualunque traduzione, antica o moderna, per quanto ottima; e ciò per certo si otterrà con più facilità e profitto, se alla conoscenza delle lingue si accoppierà una soda perizia della critica relativa al testo medesimo.

Quanta importanza si debba annettere a tale critica, accortamente lo fa intendere Sant'Agostino, quando fra i precetti da inculcare allo studioso del Sacri Libri mette in primo luogo la cura di procacciarsi un testo corretto. "Ad emendare i codici - così quel chiarissimo Dottore della Chiesa - deve anzitutto attendere la solerzia di coloro, che bramano conoscere le divine Scritture, affinché gli scorretti cedano il posto agli emendati" (De doct. christ. II, 21; PL. XXXIV, col. 46).

Oggi poi quest'arte, che suol chiamarsi critica testuale e nelle edizioni degli autori profani s'impiega con grande lode e pari frutto, con pieno diritto si applica ai Sacri Libri appunto per la riverenza dovuta alla parola di Dio. Scopo di essa infatti è restituire con tutta la possibile precisione il sacro testo al suo primitivo tenore, purgandolo dalle deformazioni introdottevi dalle manchevolezze dei copisti e liberandolo dalle glosse e lacune, dalle trasposizioni di parole, dalle ripetizioni e da simili difetti d'ogni genere, che negli scritti tramandati a mano pei molti secoli usano infiltrarsi.

È vero che di tal critica alcuni decenni or sono non pochi abusarono a loro talento, non di rado in guisa che si direbbe abbiano voluto introdurre nel sacro testo i loro preconcetti. Ma oggi appena occorre dire che quell'arte ha raggiunta una tale stabilità e sicurezza di forme, che agevolmente se ne può scoprire l'abuso, e con i progressi conseguiti essa è divenuta un insigne strumento atto a propagare la divina parola in una forma più accurata e più pura. Neppure fa bisogno qui ricordare - essendo cosa nota e palese a tutti gli studiosi della Sacra Scrittura - in quanto onore abbia tenuti la Chiesa dai primi secoli all'età nostra, questi lavori di critica.

Oggi dunque, poiché quest'arte è giunta a tanta perfezione, è onorifico, benché non sempre facile, ufficio degli scritturisti procurare con ogni mezzo che quanto prima da parte cattolica si preparino edizioni dei Sacri Libri sì nei testi originali, e sì nelle antiche versioni, regolate secondo le dette norme; tali cioè che con una somma riverenza al sacro testo congiungano un'accurata osservanza di tutte le leggi della critica. E tutti sappiamo che questo lungo lavoro di critica non solo è necessario a rettamente comprendere gli scritti divinamente ispirati, ma anche è imperiosamente richiesto da quella pietà che deve renderci sommamente grati a quel provvidentissimo Dio, che questi libri a noi, quasi a propri figli, mandò quali paterne lettere dal trono della sua Maestà.

nessuno pensi che l'accennato uso dei testi originali condotto a norma di critica venga in alcun modo a derogare a quanto il Concilio di Trento saggiamente prescrisse sulla Volgata latina (Decr. de editione et usu Sacrorum Librorum; Conc. Trid. ed. Soc. Goerres, t. V, p. 91 s.).

.. Se il Concilio di Trento volle che la Volgata fosse quella versione latina, "di cui tutti dovessero valersi come autentica", anzitutto ciò riguarda solo, come tutti sanno, la Chiesa latina e l'uso che in essa si ha da fare della Scrittura, e del resto non vi è dubbio che non diminuisce punto l'autorità e il valore dei testi originali. Infatti non era allora questione dei testi originali della Bibbia, ma delle traduzioni latine, che a quel tempo circolavano, e fra queste giustamente il medesimo Concilio stabilì doversi preferire quella che "per il diuturno uso di tanti secoli nella Chiesa stessa aveva ricevuta l'approvazione". Questa preminente autorità, ovvero, come suol dirsi, autenticità della Volgata fu dal Concilio decretata non già principalmente per motivi di critica, ma piuttosto per l'uso legittimo che se ne fece nelle Chiese lungo il corso di tanti secoli: il quale uso dimostra che essa, nel senso in cui la intese e intende la Chiesa, va affatto immune da errore in tutto ciò che tocca la fede ed i costumi. Da questa immunità, di cui la Chiesa fa testimonianza e dà conferma, proviene che nelle dispute, lezioni e prediche si possa citare la Volgata in tutta sicurezza e senza pericolo di sbagliare. Perciò quell'autenticità va detta non critica, in prima linea, ma piuttosto giuridica. Quindi l'autorità che la Volgata ha in materia di dottrinanon impedisce punto anzi ai nostri giorni quasi esige che quella medesima dottrina venga provata e confermata per mezzo dei testi originali, e che inoltre ai medesimi testi si ricorra per dischiudere e dichiarare ogni dì meglio il vero senso delle Divine Scritture.

Anzi neppur vieta il decreto del Tridentino che, per uso e profitto dei fedeli e per facilitare l'intelligenza della divina parola, si facciano traduzioni nelle lingue volgari, e precisamente anche dai testi originali, come sappiamo che in molti Paesi lodevolmente si è fatto con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica.

Fornito così della conoscenza delle lingue antiche e del corredo della critica, l'esegeta cattolico si applichi a quello che fra tutti i suoi compiti è il più alto: trovare ed esporre il genuino pensiero dei Sacri Libri.

Nel far questo, gli interpreti abbiano ben presente che loro massima cura deve essere quella di giungere adiscernere e precisare quale sia il senso letterale, come suol chiamarsi, delle parole bibliche. Perciò devono con ogni diligenza rintracciare il significato letterale delle parole, giovandosi della cognizione delle lingue, del contesto, del confronto con luoghi simili: cose tutte, donde anche nell'interpretazione degli scritti profani si suole trarre partito per mettere in limpida luce il pensiero dell'autore. I commentatori però della Sacra Scrittura, non perdendo di vista che si tratta della parola da Dio ispirata, della quale da Dio stesso fu affidata alla Chiesa la custodia e l'interpretazione, con non minore diligenza terranno conto delle spiegazioni e dichiarazioni del Magistero ecclesiastico, come pure delle esposizioni dei Santi Padri, ed anche della "analogia della fede", secondo che Leone XIII nell'Enciclica "Providentissimus Deus" con somma sapienza avvertì (Leone XIII, Acta XIII, pp. 345-346; Ench. Bibl. n, 94-96).

 

[Modificato da Credente 04/08/2013 15:00]
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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