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XI domenica dopo Pentecoste rito ambrosiano (Anno C) (04/08/2013)

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2013 13:27
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03/08/2013 13:27
 
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Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Lc 16,19-31)
Ogni uomo vive di presente e di futuro, di tempo e di eternità. È il presente che fruttifica il futuro ed il tempo che produce o genera per la sua parte la nostra eternità. Il nostro futuro, sia nel tempo che nell'eternità, è dono purissimo di Dio. Questo dono però è soggetto alla nostra volontà. Se accogliamo il dono di Dio ci incamminiamo verso il futuro da Lui pensato e scelto per noi, che è di beatitudine eterna. Se invece rifiutiamo il suo dono, viviamo sia un futuro terreno che un futuro eterno di egoismo, che diverrà egoismo eterno nelle tenebre dell'inferno. Ad ogni uomo sarà dato ciò che avrà scelto.

Vi è un uomo povero, anzi poverissimo, di nome Lazzaro. La povertà è un dono stupendo di Dio. Esso è però più pericoloso della ricchezza, perché con questo dono potremmo noi divenire ladri, disonesti, furfanti, rapinatori, delinquenti, disonesti. Lazzaro invece decide di vivere la sua povertà in modo più che santo. Sta dinanzi alla porta del ricco, ma neanche pecca con il desiderio. Non brama le cose della tavola del ricco. Vuole solo essere trattato come un cane, potersi nutrire con le briciole che cadevano dalla mensa del ricco. Neanche questo suo desiderio ha potuto mai esaudire. Avendo vissuto la povertà con grande santità, fu portato dopo morte nel seno di Abramo, nella luce eterna. È questo il frutto della sua scelta. Il suo presente santo gli ha regalato una gioia eterna che mai tramonta.

Il ricco invece visse male la sua ricchezza. La visse in modo egoistico, cattivo, senza alcuna pietà e misericordia. Il dono che il Signore gli aveva fatto lo usò ad esclusivo servizio alla sua persona. È per un servizio vano, inutile, vuoto, non utile, non necessario. Il nostro corpo è limitato. È la concupiscienza che è illimitata. Il nostro corpo vive di regole ferree. È la nostra avidità che è insaziabile. Al nostro corpo basta poco per vivere. Il poco è la sua legge. Il molto che gli viene dato è frutto del peccato. Il peccato che è falsità rende falso anche il nostro corpo e lo ammala. Molte malattie del nostro corpo sono proprio il frutto del peccato. Il peccato ci fa servire il nostro corpo in modo falso e menzognero. Ma anche per il ricco venne il giorno della morte. Il suo corpo fu sepolto. La sua anima finì nei tormenti eterni. Anche questo è il frutto del dono di Dio vissuto egoisticamente. Visse male la ricchezza, vivrà male l'eternità.

C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma". Ma Abramo rispose: "Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi". E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". Ma Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti"».

Finisce la storia, finisce il tempo della nostra produzione. Quello che abbiamo prodotto, ci gustiamo. Se viviamo bene la povertà e la ricchezza andremo nell'eternità beata. Se viviamo male i due doni di Dio, finiremo nei tormenti dell'inferno. Mentre in vita un dono deve aiutare l'altro per il raggiungimento della più grande santità. I poveri sono la via della santità per i ricchi. Nell'aldilà non vi è più comunione tra beati e dannati, tra dannati e quanti sono ancora in vita. Il dannato non può aiutare i viventi. I viventi e neanche i beati possono aiutare i dannati. L'abisso è invalicabile. L'unica via di aiuto è la fede nella Parola del Signore. Chi crede nella Parola si salva, chi non crede si perde.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la santità del dono di Dio.
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