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CAMMINO DI PERFEZIONE (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2013 09:06
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03/08/2013 08:59
 
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CAPITOLO 61 (34)
Prosegue sullo stesso argomento. Introduce un paragone. È cosa molto buona raccogliersi dopo aver ricevuto il santissimo Sacramento.
1. Se davvero vi donate a Dio, come dite, cercate di dimenticare voi stesse ed egli avrà cura di voi e vi penserà sempre. È come quando è entrato un servo in una casa e, adoperandosi a contentare in tutto il suo padrone, questi è obbligato a dargli da mangiare finché l’altro starà lì al suo servizio, a meno che sia tanto povero da non avere nulla né per sé né per il domestico. Ma qui non si tratta di questo, perché il padrone è e sarà sempre ricco e potente. Non sarebbe, quindi, ben fatto che il servo andasse ogni giorno a chiedergli da mangiare, sapendo che il suo padrone ha e avrà sempre cura di darglielo. Sarebbero parole buttate via, e [il padrone] dovrebbe dirgli di preoccuparsi di servirlo, perché, occupandosi di cose che non gli competono non farà nulla di buono.
2. Pertanto, sorelle, si preoccupi, chi vuole, di chiedere questo pane; noi chiediamo all’[eterno] Padre di darci la grazia di meritare di ricevere un dono così grande e un cibo così celestiale in modo che, non potendo gli occhi del corpo dilettarsi di contemplarlo, nascosto com’è, si riveli a quelli dell’anima e le si dia a conoscere; è questo ben altro nutrimento, fatto di gioie e diletti. Per sostentare la vita, molte volte verremo a formulare i nostri desideri e le nostre richieste, anche senza rendercene conto. Non è necessario stimolarci in ciò. La nostra naturale inclinazione alle cose della terra ci spingerà – come dico – molte più volte di quanto vogliamo, ma cerchiamo di non fermare su questo la nostra attenzione, supplicando invece dal Signore quello di cui ho parlato prima. Possedendolo, avremo tutto.
3. Potete forse pensare che questo santissimo Sacramento non sia un sostentamento anche per il corpo e una medicina perfino per i mali fisici? Io so che lo è, e conosco una persona soggetta a gravi malattie che, soffrendo spesso di atroci dolori, se li sentiva togliere come con la mano, rimanendo completamente guarita. Ciò le accadeva assai di frequente, e si trattava di sofferenze così evidenti che, a mio giudizio, non si potevano simulare. Inoltre, [il santissimo Sacramento] produceva in quell’anima molti altri effetti che non sto ad enumerare. Ero in grado di conoscerli e so che non sono menzogne. Ma aveva una devozione ed una fede così viva che, in alcune feste, quando udiva dire da alcuni che avrebbero voluto vivere al tempo in cui Cristo era in questo mondo, rideva dentro di sé, sembrandole che, se lo si possedeva nel santissimo Sacramento così realmente come allora, null’altro dovesse loro importare.
4. So inoltre di questa persona che per molti anni, anche se non era molto perfetta, quando prendeva la comunione, né più né meno che se avesse visto con gli occhi del corpo entrare il Signore nella dimora della sua anima, si adoperava a ravvivare la fede, per riuscire, credendo veramente che il Signore entrasse nella sua povera dimora, a distaccarsi, come le era possibile, da tutte le cose esteriori. Cercava di raccogliere i suoi sensi ritirandosi in un cantuccio per stare sola con il suo Signore. Si considerava ai suoi piedi e stava lì parlando con lui, anche senza provare devozione.
5. Se infatti non vogliamo essere ciechi e sciocchi e, se abbiamo la fede, è chiaro che egli si trova dentro di noi. E, allora, perché andare a cercarlo più lontano – come si diceva prima –, quando sappiamo che il nostro buon Gesù sta in noi, finché il calore naturale non abbia consumato gli accidenti del pane? E se, quando era nel mondo, il solo tocco delle sue vesti sanava gli infermi, come si può dubitare, avendo fede, che non farà miracoli così intimamente unito a me, e non mi darà quanto gli chiederò, trovandosi in casa mia?
6. Se vi affligge non vederlo con gli occhi del corpo, pensate che ciò non è opportuno: è ben altra cosa vederlo glorificato che vederlo com’era nel mondo; a causa della nostra naturale debolezza, non ci sarebbe nessuno capace di sopportarne la vista, né ci sarebbe più il mondo, né chi volesse viverci, perché, contemplando questa eterna verità, risulterebbero burla e menzogna tutte le cose a cui quaggiù diamo importanza.
7. Quand’anche non lo si veda con gli occhi del corpo, per questo non aver paura che egli rimanga nascosto ai suoi amici. State volentieri con lui. Il buon Gesù gradisce che gli teniate compagnia e questi sono i momenti più fruttuosi per l’anima; procurate di non perderla. Se l’obbedienza vi impone di far altro, cercate di mantenere l’anima accanto al Signore. Egli è il vostro Maestro e non cesserà di istruirvi, anche se non ve ne accorgete. Se invece portate il pensiero su altre cose e non fate caso a lui che sta dentro di voi, come se non l’aveste ricevuto, non lamentatevi di lui ma di voi stesse. Non dico di non recitare qualche preghiera vocale – perché non voglio che mi rimproveriate e mi dite che parlo di contemplazione, anche se il Signore non vi eleva ad essa – ma dico che, se recitate il Pater noster, comprenderete veramente di stare in compagnia con chi ve l’ha insegnato, motivo per cui dovete baciargli i piedi e chiedere il suo aiuto nel domandare, supplicandolo di non andar via da noi.
8. Se doveste fare tali richieste davanti a un’immagine di Cristo, mi sembrerebbe una stoltezza lasciare Cristo in persona per contemplare il ritratto. Non sarebbe, forse, così se avessimo il ritratto di una persona che amiamo molto e, venendo ella a farci visita, noi lasciassimo di parlare con lei e svolgessimo tutta la nostra conversazione con il suo ritratto? Sapete quando è santo e utile, invece, e quando a me è causa di gioia? Quando è assente la stessa persona, è una grande gioia vedere un’immagine di nostra Signora o di qualche santo di cui siamo devote – e quanto più l’immagine di Cristo. È una cosa che ci tocca fino in fondo, una presenza che vorrei guardare da qualunque parte volgessi gli occhi. In che cosa, infatti, di meglio e di più dilettevole possiamo impiegare lo sguardo? Infelici gli eretici che hanno perduto questa consolazione, insieme a molte altre!
9. Appena dunque avete ricevuto nell’ostia il Signore, poiché vi trovate in presenza della sua persona, cercate di chiudere gli occhi del corpo e di aprire quelli dell’anima: fissateli in fondo al vostro cuore. Vi dico, torno a ripetervi, e vorrei dirvelo molte volte ancora che, se prendete l’abitudine di stare con lui (e questo non un giorno o due, ma ogni volta che ricevete la comunione) e se cercate di avere la coscienza talmente pura da poter godere con frequenza di questo Bene, egli non si presenterà mai così trasfigurato che non ci sia possibilità di riconoscerlo, in proporzione del desiderio che abbiamo di vederlo. Potrete anche desiderarlo con un ardore tale da spingerlo a manifestarsi completamente.
10. Ma se quando lo ricevete, non vi curate di lui, pur essendo così vicini, e andate a cercarlo da altre parti e correte dietro alle cose della terra, cosa deve fare? Deve forse trascinarci per forza perché lo guardiate, gli stiate accanto, a rendervi conto che vuole rivelarsi a voi? No, certo, perché non fu trattato bene quando si fece vedere da tutti dicendo chiaramente chi era, e ben pochi furono a credergli. Pertanto, usa a noi tutti una grande misericordia nel volere che ci rendiamo conto della sua presenza nel santissimo Sacramento. Ma farsi vedere apertamente, comunicare le sue grandezze e distribuire i suoi tesori, non vuol concederlo se non a coloro di cui scorge l’ardente desiderio che hanno di lui, perché questi sono i suoi veri amici. E io vi dico che chiunque lo offenda e non giunga a far tutto quello che può per riceverlo come tale, si risparmi d’importunarlo perché gli si dia a conoscere. Ha appena adempiuto al precetto della Chiesa, che torna a casa sua e fa in modo di cacciarlo da essa. Infatti, costui, se rientra in sé, è solo per pensare alle vanità del mondo in presenza di lui.
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