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CAMMINO DI PERFEZIONE (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2013 09:06
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03/08/2013 08:45
 
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CAPITOLO 30 (19)
Comincia a trattare dell’orazione. Parla alle anime che non possono discorrere con l’intelletto.
1. Sono passati tanti giorni da quando ho scritto le cose precedenti, senza aver avuto l’opportunità di riprendere a trattarne; se volessi sapere quel che dicevo, dovrei rileggerlo, ma per non perdere tempo, lascerò le cose come vengono, senza un ordine. Per le persone di buona intelligenza e per anime esercitate alla meditazione, che possono raccogliersi in se stesse, ci sono tanti ottimi libri, scritti da autori di così grande merito, che sarebbe un errore far conto di quello che dico io in fatto di orazione. Torno a ripetere: vi sono libri che presentano per ogni giorno della settimana i misteri della sacra passione, le meditazioni sul giudizio, sull’inferno, sul nostro nulla e su tutto ciò che dobbiamo a Dio, esposti con dottrina e metodo eccellenti per ciò che riguarda il fondamento e il fine dell’orazione. A chi ha la possibilità di consultarli e ha l’abitudine di seguire questo, non occorre dire che per un così buon cammino il Signore lo condurrà al porto della luce e che a tali principi corrisponderà una fine santa; tutti coloro che potranno seguirlo vi troveranno riposo e sicurezza perché, tenuto a freno l’intelletto, si procede in tutta pace.
2. Ma ciò di cui vorrei trattare e su cui dare qualche consiglio, se il Signore mi concedesse di colpire nel segno (e se non me lo concede, vorrei almeno farvi capire che vi sono molte anime che soffrono il tormento che sto per dire, affinché non vi pesi troppo se lo proverete anche voi, e darvi al riguardo qualche consiglio), è questo. Vi sono anime e intelletti così sbrigliati che somigliano a cavalli senza freno che nessuno può fermare: ora vanno qui, ora lì, sempre in agitazione. Se un abile cavaliere li monta, non sarà sempre in pericolo, ma alcune volte sì, e anche quando sta bene a cavallo, non si presenta bene e i suoi movimenti sono segnati da goffaggine: egli cavalca sempre con grande fatica. Le anime che, per la loro stessa natura – o perché Dio lo permette – si muovono in questa maniera, mi fanno molta compassione, sembrandomi persone assetate che vedono l’acqua da molto lontano e quando vogliono recarsi lì a bere, trovano chi sbarra loro il passo al principio, alla metà e alla fine del cammino. Può darsi che quando, a furia di lottare – e con che dura lotta! – hanno già vinto i primi nemici si lascino vincere dai secondi e preferiscano morire di sete, anziché bere un’acqua che deve costare tanto. Le loro forze si sono esaurite, il coraggio viene loro meno. E se altri ne hanno a sufficienza per vincere anche la seconda schiera di nemici, di fronte alla terza perdono ogni forza, forse proprio quando erano a due passi dalla fonte d’acqua viva di cui il Signore, parlando alla Samaritana, disse che chi l’avesse bevuta non avrebbe avuto più sete; e con quanta ragione e verità, quale si conviene a parole pronunciate dalla bocca della verità stessa! È proprio così: l’anima, dissetandosi a quell’acqua, non avrà più sete delle cose di questa vita, mentre la sete per le cose dell’altra vita cresce in misura assai maggiore di quanto quaggiù possiamo immaginare in virtù della sete naturale. Ma con quanto ardore si desidera avere questa sete! L’anima, infatti, capisce il suo grande valore; benché sia una sete penosissima, estenuante, trae con sé lo stesso appagamento che ne estingue l’arsura; pertanto è una sete che non uccide se non il desiderio delle cose terrene, anzi sazia in modo tale che quando Dio la soddisfa, la più grande grazia che può fare all’anima è lasciarla ancora con questa sete – più beve di quest’acqua e più desidera berne.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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