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CANTICO SPIRITUALE (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 18:38
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02/08/2013 18:28
 
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STROFA 16
1. Ormai la sposa possiede nell’anima le virtù al loro grado perfetto e gode una pace abituale nelle visite dell’Amato. A volte assapora in modo sublime la soavità e la fragranza di tali virtù, allorché l’Amato la tocca, come si gusta la soavità e il profumo dei gigli e dei fiori quando sono sbocciati e vengono toccati. In molte di queste visite, infatti, l’anima vede dentro di sé tutte le sue virtù, alla luce che l’Amato le concede; e allora, con sommo piacere e dolcezza d’amore, le riunisce tutte e le offre all’Amato come un mazzo di bei fiori; a sua volta l’Amato, ricevendole – perché realmente le riceve –, ne prova grande soddisfazione. Tutto questo avviene dentro l’anima, dove sente che l’Amato riposa come nel proprio letto, perché l’anima gli si offre insieme alle virtù. Questo è il più grande ossequio che può rendergli; nello stesso tempo, uno dei maggiori piaceri che nel rapporto interiore con Dio essa può avere è proprio il dono di sé all’Amato.
2. Il demonio, conoscendo questa felicità dell’anima – nella sua grande malizia egli invidia tutto il bene che vede –, in queste circostanze ricorre a tutte le sue abilità ed esercita tutte le sue arti per poter turbare in lei almeno una piccola parte di questo bene. Egli, infatti, preferisce impedire un minimo della sua ricchezza e del suo glorioso piacere a quest’anima piuttosto che farne cadere molte altre in numerosi e gravi peccati. Le altre anime, infatti, hanno poco o nulla da perdere, mentre questa può perdere molto, perché ha avuto un guadagno grande e assai prezioso; perdere una piccola quantità d’oro purissimo è peggio che perdere grande quantità di altri metalli vili. In tutto ciò il demonio si serve degli appetiti sensitivi, sebbene con essi il più delle volte possa fare poco o niente in questo stato, perché sono già mortificati; se con essi non raggiunge il suo scopo, presenta all’immaginazione una molteplicità di cose. A volte suscita nella parte sensitiva molte inquietudini, come dirò più avanti, e provoca un’infinità di molestie sia spirituali che sensibili. L’anima non riesce a liberarsene finché, come dice un salmo, l’angelo del Signore non si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva (Sal 33,8), e così restituisce pace e tranquillità sia alla parte sensitiva che a quella spirituale dell’anima. Per esprimere tutto ciò e chiedere quest’aiuto, diffidando, per esperienza, delle astuzie usate dal demonio per procurarle danni in queste circostanze, rivolgendosi agli angeli, il cui compito è di proteggerla mettendo in fuga i demoni, l’anima dice la seguente strofa:
Cacciate via le volpi,
ché fiorita ormai è nostra vigna,
intanto che di rose
intrecceremo una pigna
nessuno appaia là, sulla collina.
SPIEGAZIONE
3. L’anima, desiderosa che questo diletto interiore dell’amore, che è il fiore della vigna della sua anima, non le venga impedito né dagli invidiosi e astuti demoni, né dai furiosi appetiti della sensualità, né dalle immagini ricorrenti della fantasia, né da altre conoscenze e presenza di cose, invoca gli angeli chiedendo loro di cacciare e tenere lontane tutte queste cose, in modo che non disturbino il suo esercizio dell’amore interiore. In esso, assaporandone il piacere, l’anima e il Figlio di Dio si comunicano e godono le virtù e le grazie. Per questo dice: Cacciate via le volpi, ché fiorita ormai è nostra vigna.
4. Qui per vigna s’intende il vivaio di tutte le virtù di quest’anima santa, le quali danno un vino dal dolce sapore. Questa vigna dell’anima è fiorita quando, mediante la volontà, è unita allo Sposo e si applica a riporre la sua gioia in lui e le sue delizie in tutte queste virtù riunite insieme. A volte si affacciano alla memoria e alla fantasia molte rappresentazioni e diversi pensieri, mentre nella parte sensitiva si sollevano molteplici moti e svariati appetiti. Essi sono di tal fatta, differenti e vari, che quando Davide, assetato profondamente di Dio, stava bevendo questo gustoso vino dello spirito, accortosi del fastidio e dell’intralcio recatogli da stimoli così diversi per genere e forma, disse: Di te ha sete l’anima mia; a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua (Sal 62,2).
5. L’anima chiama tutto questo insieme di appetiti e di moti sensitivi volpi, per la grande somiglianza che in questo caso hanno con esse. Come le volpi, infatti, quando escono a caccia si fingono addormentate per lasciar avvicinare la preda, così tutti questi appetiti e impulsi sensitivi se ne stanno quieti e sopiti, finché non spuntano nell’anima, si aprono e cominciano ad agire i fiori delle virtù. A questo punto sembra che si sveglino e appaiano nella sensualità anche i fiori degli appetiti e delle forze sensuali per opporsi allo spirito e dominare. La bramosia arriva a tale estremo, che san Paolo dice che la carne ha desideri contrari allo Spirito (Gal 5,17); data la sua grande inclinazione alle cose sensitive, quando si gustano le cose dello spirito, la carne diventa insipida e disgustosa. In tutto ciò tali appetiti recano grande molestia alle dolcezze dello spirito, che esclama: Cacciate via le volpi.
6. Ma gli astuti demoni, da parte loro, recano molestia all’anima in due modi: sospingono e sollecitano gli appetiti con veemenza e, servendosi di essi e di altre immaginazioni, ecc., muovono guerra al regno pacifico e fiorito dell’anima; in secondo luogo – ed è peggio! – quando non la vincono in questo modo, l’assalgono con tormenti e rumori sensibili per distrarla. Ma il male maggiore è che la combattono con timori e orrori spirituali, che procurano a volte grande tormento. In questo periodo, se viene loro consentito, possono agire molto facilmente, perché, siccome l’anima si dispone in una grande nudità di spirito a questa esperienza spirituale, il demonio, anch’egli spirito, può facilmente farsi presente a lei. Altre volte il demonio assale l’anima con terrori prima che cominci a gustare questi dolci fiori, quando Dio inizia a farla uscire un po’ dalla casa dei suoi sensi per introdurla con la suddetta esperienza interiore nell’orto dello Sposo. Il demonio sa che, una volta entrata in quel raccoglimento, è più al sicuro e, per quanto faccia, non può recarle danno. Spesso avviene che, quando il demonio esce per sbarrarle il passo, l’anima si ritira prontamente nel profondo nascondiglio del suo intimo, dove trova grande diletto e riparo; avverte allora quei terrori molto alla lontana, così che non solo non la spaventano, ma le procurano gioia ed esultanza.
7. Di questi terrori parla la sposa nel Cantico quando dice: La mia anima si turbò a causa dei carri di Aminadab (Ct 6,11 Volg.), intendendo qui per Aminadab il demonio e chiamando carri i suoi violenti assalti, per la veemenza, la confusione e il rumore che con essi produce. L’anima quindi chiede: Cacciate via le volpi. La medesima cosa dice la sposa nel Cantico, allo stesso scopo, chiedendo: Prendeteci le volpi piccoline che devastano le vigne, perché la nostra vigna è in fiore (Ct 2,15). E non dice «prendetemi», ma «prendeteci», poiché parla per sé e per l’Amato, perché si trovano insieme e godono il fiore della vigna. Qui dice che la vigna è in fiore e non in frutto, perché le virtù, in questa vita, anche se raggiungono tanta perfezione come quella dell’anima di cui sto parlando, sono come in fiore; solo nell’altra vita si godranno come in frutto. Subito dopo aggiunge: intanto che di rose intrecceremo una pigna.
8. In questo tempo in cui l’anima gode dei fiori di questa vigna e trova le sue delizie sul petto dell’Amato, accade che le virtù dell’anima le si manifestino in tutta evidenza, come ho detto, e in un istante; mostrandosi all’anima, le procurano una grande dolcezza e una gioia ineffabile. L’anima sente queste virtù in sé e in Dio, per cui le sembra di essere una vigna tutta in fiore e gradita, dove lei e il suo Amato si nutrono e si dilettano. E allora l’anima raccoglie tutte queste virtù, emettendo atti d’amore assai gradevoli con ciascuna di esse in particolare e con tutte quante insieme; una volta che le ha riunite, le offre all’Amato con grande tenerezza d’amore e soavità. In tutto questo l’aiuta l’Amato stesso, perché senza il suo favore e il suo sostegno non potrebbe raccogliere e offrirgli queste virtù; per questo dice: intrecceremo una pigna, cioè l’Amato e io insieme.
9. Chiama pigna quest’insieme di virtù, perché come la pigna è un insieme compatto, costituito da molti pezzi strettamente congiunti, i pinoli, così questa pigna di virtù intrecciata dall’anima per il suo Amato è un insieme di perfezioni dell’anima, che racchiude saldamente e ordinatamente molte perfezioni, robuste virtù e ricchi doni. Tutte le perfezioni e le virtù, infatti, si armonizzano e convengono in un’unica perfezione dell’anima; tale perfezione si sta formando per mezzo dell’esercizio delle virtù e, una volta formata, viene offerta dall’anima all’Amato nello spirito d’amore di cui sto parlando. Occorre quindi cacciare via le volpi, perché non ostacolino l’intima comunicazione tra questi due interlocutori. In questa strofa la sposa non chiede solo di poter intrecciare bene la pigna, ma chiede altresì ciò che è detto nel verso seguente: nessuno appaia là, sulla collina.
10. Per questa divina esperienza interiore sono, inoltre, necessarie la solitudine e il distacco da tutte le cose che potrebbero turbare l’anima, sia nella sua parte inferiore, cioè quella sensitiva, che nella parte superiore, ossia quella razionale. Queste due parti racchiudono tutta l’armonia delle potenze e dei sensi dell’uomo. Tale armonia è qui chiamata collina, perché in essa dimorano tutte le conoscenze e gli appetiti della natura, come la selvaggina sul monte. Proprio qui il demonio suole dar la caccia e far preda di tali appetiti e conoscenze, a danno dell’anima. Chiede che nessuno appaia sulla collina, cioè che nessuna rappresentazione o figura di qualsiasi oggetto appartenente a qualcuna delle potenze o dei sensi, di cui ho parlato, appaia dinanzi all’anima e allo Sposo. È come se dicesse: in tutte le facoltà spirituali dell’anima, la memoria, l’intelletto e la volontà, non ci sia conoscenza o affetto particolare né alcun’altra distrazione; in tutti i sensi e le facoltà corporali, sia interni che esterni, come l’immaginazione, la fantasia, ecc., la vista, l’udito, ecc., non ci siano altre distrazioni e forme, immagini e figure, né rappresentazioni di oggetti all’anima, né altre operazioni naturali.
11. L’anima dice questo perché, per godere perfettamente della comunicazione con Dio, è necessario che tutti i sensi e le facoltà, interni ed esterni, siano inattivi e interrompano le loro operazioni, insomma siano privi dei loro oggetti abituali. In questa circostanza, infatti, quanto più agiscono tanto maggior disturbo recano. Quando l’anima perviene a una certa forma d’intima unione d’amore con Dio, non operano più le facoltà spirituali e ancor meno quelle corporali, perché si è già realizzata in lei l’unione d’amore: l’anima di fatto è nell’amore. Le altre potenze cessano quindi di agire, perché, una volta raggiunta la meta, l’azione dei mezzi diventa inutile. L’anima in questa condizione altro non fa che restare alla presenza di Dio, cioè ama in continuazione di amore unitivo. Nessuno appaia, dunque, sulla collina. Appaia solo la volontà, alla presenza dell’Amato, per offrire se stessa e tutte le virtù nel modo sopra descritto.
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