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CANTICO SPIRITUALE (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 18:38
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02/08/2013 18:22
 
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Inizia la spiegazione delle strofe d’amore tra la sposa e lo Sposo Cristo
ANNOTAZIONE
STROFA 1
1. Quando l’anima si rende conto di quanto è obbligata a fare, allora vede che la vita è breve (Gb 14,5), che il sentiero della vita eterna è stretto (Mt 7,14) e che il giusto a stento si salva (1Pt 4,18); che le cose del mondo sono vane e fallaci, che tutto finisce e passa come l’acqua che scorre (2Sam 14,14), che il tempo è breve, il giudizio rigoroso, la dannazione molto facile, la salvezza molto difficile. D’altra parte conosce il grande debito di gratitudine che ha verso Dio che l’ha creata solo per se stesso, per cui gli deve il servizio di tutta la sua vita, e l’ha redenta solo da sé, per cui gli deve tutto il resto e la risposta d’amore della sua volontà; e ancora mille altri benefici, per cui sa di essere obbligata verso Dio già prima di nascere, mentre gran parte della sua vita è trascorsa invano. Di tutto questo dovrà rendere esatto conto, dall’inizio alla fine, fino all’ultimo spicciolo (Mt 5,26), quando Dio perlustrerà Gerusalemme con lanterne (Sof 1,12), mentre ormai è tardi, forse l’ultima ora del giorno (Mt 20,6). Per rimediare a tanto male e a tanto danno, soprattutto sapendo che Dio è molto irritato e si è nascosto perché l’anima ha voluto dimenticarsi di lui fino a tal punto in mezzo alle creature, presa da paura e da dolore nell’intimo del cuore per così grande pericolo di perdersi, rinunciando a tutte le cose, trascurando ogni altra faccenda, senza rimandare né di un giorno né di un’ora, con ansie e gemiti del suo cuore ormai ferito d’amore per Dio, comincia a invocare il suo Amato ed esclama:
Dove ti sei nascosto, Amato?
Sola qui, gemente, mi hai lasciata!
Come il cervo fuggisti,
dopo avermi ferita;
gridando t’inseguii: eri sparito!
SPIEGAZIONE
2. In questa prima strofa l’anima innamorata del Verbo Figlio di Dio, suo Sposo, desiderando unirsi a lui con una visione chiara ed essenziale, espone le sue ansie d’amore, lamentandosi per la sua assenza. Si lamenta soprattutto perché, avendola ferita con il suo amore, a motivo del quale ella ha lasciato tutte le cose create e se stessa, deve poi patire l’assenza del suo Amato, che ancora non la libera dalla carne mortale onde permetterle di goderlo nella gloria eterna. Per questo dice: Dove ti sei nascosto?
3. È come se dicesse: Verbo, Sposo mio, mostrami dove sei nascosto. Con queste parole gli chiede di manifestarle la sua essenza divina, perché il luogo dove è nascosto il Figlio di Dio è, come dice san Giovanni, il seno del Padre (Gv 1,18), cioè l’essenza divina, inaccessibile a ogni occhio mortale e nascosta a ogni umana comprensione. Per questo Isaia, parlando con Dio, si è espresso in questi termini: Veramente tu sei un Dio nascosto (Is 45,15). Occorre dunque notare che, per quanto grandi siano le comunicazioni e le presenze di Dio nei confronti dell’anima e per quanto alte e sublimi siano le conoscenze che un’anima può avere di Dio in questa vita, tutto questo non è l’essenza di Dio, né ha a che vedere con lui. in verità, egli rimane ancora nascosto all’anima. Nonostante tutte le perfezioni che scopre di lui, l’anima deve considerarlo un Dio nascosto e mettersi alla sua ricerca, dicendo: Dove ti sei nascosto? Né l’alta comunicazione né la presenza sensibile di Dio sono, infatti, una prova certa della sua presenza di grazia, come nono sono testimonianza della sua assenza nell’anima l’aridità e la mancanza di tali interventi. Per questo il profeta Giobbe afferma: Mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m’accorgo (Gb 9,11).
4. Da ciò si può dedurre che se l’anima sperimentasse grandi comunicazioni, sensazioni o conoscenze spirituali, non per questo deve presumere che quanto sente è possedere o vedere chiaramente ed essenzialmente Dio, oppure è un possedere di più Dio o essere più dentro di lui, per quanto grande sia tutto questo. D’altra parte, se tutte queste comunicazioni sensibili e spirituali venissero a mancare e l’anima cadesse nell’aridità, nelle tenebre e nell’abbandono, non per questo deve pensare che le manchi Dio. In realtà, nel primo caso non può avere la certezza di essere nella sua grazia e nel secondo di esserne fuori, come dice il Saggio: L’uomo non conosce se sia degno di amore o di odio davanti a Dio (Qo 9,1). L’intento principale dell’anima, quindi, in questo verso non è solo chiedere la devozione affettiva e sensibile, che non dà la certezza evidente che si possiede lo Sposo in questa vita. Domanda soprattutto la presenza e la chiara visione della sua essenza, di cui desidera avere la certezza e possedere la gioia nella gloria.
5. Questo appunto voleva dire la sposa nel Cantico dei Cantici allorché, desiderando unirsi alla divinità del Verbo, suo Sposo, si rivolse al Padre in questi termini: Dimmi dove vai a pascolare il gregge, dove lo fai riposare al meriggio (Ct 1,7). Chiedergli di mostrare dove va a pascolare, significa chiedergli di mostrare l’essenza del Verbo divino, suo Figlio, perché il Padre si nutre solo nel suo unico Figlio, che è la gloria del Padre. Chiedergli, poi, di mostrare dove va a riposare, significa chiedere la stessa cosa, perché solo il Figlio è il diletto del Padre, che non riposa in nessun altro luogo né trova gioia in nessun’altra cosa che nel Figlio amato. In lui ripone le sue compiacenze, a lui comunica tutta la sua essenza, a mezzogiorno, cioè nell’eternità, dove da sempre lo genera e l’ha generato. Questo nutrimento del Verbo Sposo, di cui il Padre si pasce nella gloria infinita, e questo petto fiorito, dove con infinito godimento d’amore si adagia, profondamente nascosto a ogni occhio mortale e ad ogni creatura, è ciò che l’anima sposa chiede in questi termini: Dove ti sei nascosto?
6. va notato come quest’anima assetata alla fine riuscirà a trovare il suo Sposo e a unirsi a lui per amore, per quanto è possibile in questa vita, e disseterà la sua arsura con quella goccia che di lui si può assaporare qui e ora. È opportuno, dunque, poiché si rivolge allo Sposo, che le si risponda al posto suo, indicandole il luogo più sicuro dove è nascosto; lì lo troverà di certo con tutta la perfezione e il piacere possibili in questa vita e così non dovrà vagare invano dietro le orme dei suoi compagni (Ct 1,7). A tal fine dobbiamo ricordare che il Verbo Figlio di Dio, insieme con il Padre e lo Spirito Santo, risiede essenzialmente nell’intimo dell’anima, ove si è nascosto. Così, l’anima che desidera trovarlo deve staccare la sua volontà da tutte le cose create ed entrare in se stessa in un profondo raccoglimento, come se tutto il resto non esistesse. Per questo sant’Agostino, rivolgendosi a Dio nei Soliloqui, gli dice: Non ti trovavo, Signore, fuori di me, perché sbagliavo a cercarti fuori, mentre tu eri qui dentro di me. Dio, quindi, è nascosto nell’anima e il buon contemplativo deve cercarlo, dicendo: Dove ti sei nascosto?
7. Oh, anima, bellissima fra tutte le creature, che tanto desideri sapere dove si trova il tuo Amato per cercarlo e unirti a lui! Ora ti vien detto che tu stessa sei il luogo dove egli dimora, il rifugio e il nascondiglio dove si cela. È motivo di grande gioia per te constatare che tutto il tuo bene e la tua speranza è tanto vicino a te da essere dentro di te, o per meglio dire, che tu non puoi stare senza di lui. Ecco, dice lo Sposo, il regno di Dio è dentro di voi! (Lc 17,21). E il suo servo, l’apostolo Paolo, dice: Voi siete il tempio di Dio (2Cor 6,16).
8. È una grande gioia per l’anima sapere che Dio non le manca mai: anche se è in peccato mortale, tanto più se è in grazia! Cosa vuoi di più, o anima? Cos’altro cerchi fuori di te, se dentro di te hai la tua ricchezza, il tuo piacere, la tua soddisfazione, la tua pienezza e il tuo regno, cioè il tuo Amato, che la tua anima cerca e desidera? Rallegrati e gioisci nel tuo intimo raccoglimento con lui, giacché lo hai così vicino. Qui desideralo, qui adoralo e non andare a cercarlo fuori di te, perché ti distrarresti e ti stancheresti senza trovarlo né goderlo con più sicurezza o più presto, né più vicino che dentro di te! Ricorda solo una cosa, che cioè, anche se è dentro di te, rimane nascosto. Ma è già molto sapere dove è nascosto per andarlo a cercare a colpo sicuro; e questo è ciò che tu stessa chiedi, quando con passione d’amore domandi: Dove ti sei nascosto?
9. Ma tu insisti: se è in me colui che la mia anima ama, perché non lo trovo e non lo sento? Il motivo è che egli è nascosto e tu non ti nascondi come lui per trovarlo e sentirlo. Chi vuole trovare una cosa nascosta, infatti, deve addentrarsi altrettanto nascostamente fino al nascondiglio dove si trova la cosa e, trovatala, anch’egli si ritrova nascosto come quella cosa. Il tuo Sposo amato è il tesoro nascosto nel campo della tua anima, per il quale l’accorto mercante diede tutti i suoi averi (Mt 13,44); per poterlo trovare, sarà opportuno che abbandoni tutti i tuoi beni e, allontanandoti da tutte le creature, ti nasconda nel rifugio interiore del tuo spirito, poi, chiusa la porta dietro di te, cioè distolta la volontà da tutte le cose, preghi il Padre tuo nel segreto (Mt 6,6). Solo così, nascosta con lui, lo sentirai in segreto, lo amerai e ne godrai in segreto e in segreto con lui ti diletterai, più di quanto la lingua possa esprimere e i sensi comprendere.
10. Suvvia, dunque, anima beata! Ora che sai che nel tuo intimo dimora nascosto l’Amato dei tuoi desideri, cerca di rimanere ben nascosta con lui, e nel tuo cuore potrai avvertirlo e abbracciarlo con sentimenti d’amore. Ricorda che in questo nascondiglio egli t’invita per bocca d’Isaia: Va’, entra nelle tue stanze e chiudi la porta dietro di te, distogli le tue facoltà dalle creature, nasconditi per un momento (Is 26,20), cioè in questo momento della vita terrena. Se, infatti, in questa breve vita, o anima, vigilerai con ogni cura sul tuo cuore, come dice il Saggio (Pro 4,23), senza alcun dubbio Dio ti concederà ciò che più avanti promette per bocca dello stesso Isaia: Ti consegnerò tesori nascosti e le ricchezze ben celate (Is 45,3). La sostanza di questi segreti è Dio stesso, perché Dio è la sostanza e il concetto delle fede, mentre la fede è il segreto e il mistero. E quando si rivelerà, manifesterà ciò che ora la fede ci tiene segreto e velato, cioè la perfezione di Dio, come afferma san Paolo (1Cor 13,10). Allora si scopriranno all’anima la sostanza e i misteri dei segreti. Ma in questa vita mortale, per quanto si nasconda, l’anima non arriverà mai a conoscerli con la medesima chiarezza dell’altra vita; tuttavia se si nasconderà come Mosè nella caverna della roccia (Es 33,22), che è la vera imitazione della vita perfetta del Figlio di Dio, Sposo dell’anima, se Dio la coprirà con la sua mano, meriterà di vedere le spalle di Dio (Es 33,22-23): giungerà cioè in questa vita a una perfezione tanto elevata da unirsi e trasformarsi per amore nel Figlio stesso di Dio, suo Sposo. Allora si sentirà talmente unita a lui e tanto istruita e saggia nei suoi misteri da non sentire più il bisogno di dire, per quanto riguarda la sua conoscenza in questa vita: Dove ti sei nascosto?
11. Ti è già stato suggerito, o anima, ciò che devi fare per trovare lo Sposo nel tuo nascondiglio. Ma se lo vuoi riascoltare, ecco una parola piena di sostanza e di verità sublime: cercalo nella fede e nell’amore, senza pretendere soddisfazione o gusto in nulla e senza voler comprendere più di quanto devi sapere. La fede e l’amore sono come due guide per te, che sei cieca, e ti guideranno dove non sai, fino al nascondiglio di Dio. La fede, infatti, che è il segreto, rappresenta i piedi con i quali l’anima va a Dio e l’amore è la guida che ve la porta. E mentre l’anima pondera a tentoni questi misteri e segreti della fede, meriterà che l’amore le sveli ciò che la fede racchiude in sé, ossia lo Sposo che ella desidera: in questa vita per mezzo della grazia speciale, cioè l’unione con Dio; nell’altra vita per mezzo della gloria essenziale, godendolo faccia a faccia (1Cor 13,12), ormai non più nascosto. Nel frattempo, però, anche se l’anima perviene a quest’unione, che è lo stato più alto che si possa raggiungere in questa vita, tuttavia, ripeto, lo Sposo resta ancora nascosto all’anima nel seno del Padre, dove essa desidera goderlo nell’altra vita. Perciò continua a ripetere: Dove ti sei nascosto?
12. Fai molto bene, o anima, a cercarlo in tutta segretezza, perché glorifichi molto Dio e ti avvicini molto a lui stimandolo l’essere più alto e profondo di tutto quanto tu possa raggiungere. Intendo dire che non devi badare né poco né molto a ciò che le tue facoltà possano comprendere. Voglio dire: non ti accontentare mai di quanto comprenderai di Dio, ma di quanto di lui non comprenderai. Non indugiare mai nell’amare e nel godere quanto di Dio puoi comprendere o sentire, ma ama e gioisci di ciò che non puoi comprendere e sentire di lui: questo, ripeto, è cercarlo nella fede. Dio è inaccessibile e nascosto (Is 45,15), come ho già detto, e quantunque ti sembri di trovarlo, di sentirlo e di comprenderlo, lo devi ritenere sempre nascosto, e in quanto nascosto dovrai servirlo nel nascondimento. Non essere come molti insipienti che pensano a Dio come a una creatura umana, e quando non lo capiscono, non lo gustano o non lo sentono, ritengono che Dio sia più lontano e più nascosto. E invece è vero il contrario: quanto meno distintamente lo intendono, tanto più si avvicinano a lui, perché, come dice il profeta Davide, si avvolgeva di tenebre come di velo (Sal 17,12). Così, se ti avvicini a lui, avvertirai per forza le tenebre a causa della debolezza del tuo occhio. Fai dunque bene, in ogni momento, sia di avversità che di prosperità, spirituale o temporale, a considerare Dio come nascosto e a invocarlo così: Dove ti sei nascosto, Amato? Sola qui, gemente, mi hai lasciata!
13. Lo chiama Amato per convincerlo meglio ad ascoltare la sua supplica; quando Dio è amato, esaudisce facilmente le richieste del suo amante. Lo afferma egli stesso per mezzo di san Giovanni: Rimanete nel mio amore… perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda (Gv 15,9.16). L’anima lo può veramente chiamare Amato, quando è completamente con lui, non avendo il cuore attaccato a nessuna cosa che non sia lui, sicché la sua mente è rivolta abitualmente a lui. Dalila disse a Sansone: Come puoi dirmi: «Ti amo», mentre il tuo cuore non è con me? (Gdc 16,15). Nel cuore, infatti, sono contenuti il pensiero e l’affetto. Ne segue che alcuni chiamano Amato lo Sposo, ma non è amato davvero, perché il loro cuore non è totalmente con lui, e così la loro richiesta agli occhi di Dio non ha molto valore. Per questo non ottengono subito ciò che chiedono, finché, perseverando nella preghiera, riescono a fissare più a lungo il loro animo in Dio e a nutrire passione d’amore solo per lui, perché da Dio non si ottiene nulla se non per amore.
14. Se aggiunge, subito dopo, sola qui, gemente, mi hai lasciata, occorre notare che l’assenza dell’Amato causa continui gemiti nell’amante, perché questa non ama niente al di fuori di lui, in nulla trova riposo e sollievo. Da ciò si può riconoscere chi ama davvero Dio: se non si contenta di qualcosa d’inferiore a Dio. Ma che dico: si contenta? Anche se possedesse tutti i beni insieme, l’anima non sarebbe contenta, anzi se più ne avesse, più sarebbe insoddisfatta: la soddisfazione del cuore non si trova nel possesso delle cose, ma nella loro mancanza e nella povertà di spirito. La perfezione d’amore, infatti, consiste nel possedere Dio con una specialissima grazia unificante; quando l’anima raggiunge tale possesso vive in questa vita con una certa soddisfazione, anche se non in pienezza. Persino Davide, con tutta la sua perfezione, aspettava di essere pienamente soddisfatto in cielo, quando esclamava: Al risveglio mi sazierai della tua presenza (Sal 16,15). All’anima non bastano quindi la pace, la tranquillità e la gioia del cuore che può godere in questa vita perché non abbia più dentro di sé questo gemito, sia pure pacifico e indolore, nella speranza di ciò che ancora le manca. Il gemito infatti è legato alla speranza, come afferma l’Apostolo di se stesso e degli altri, anche se perfetti: Anche noi che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli (Rm 8,23). Questo è il gemito che l’anima ha dentro di sé, nel cuore innamorato, perché dove ferisce l’amore, lì c’è il gemito di colei che, ferita, geme continuamente per il dolore dell’assenza; tanto più se, dopo aver gustato qualche dolce e piacevole comunicazione dello Sposo, questi si assenta e all’improvviso l’anima resta sola e assetata di lui. Per questo aggiunge subito: Come il cervo fuggisti.
15. A questo punto occorre osservare che nel Cantico dei Cantici la sposa paragona lo Sposo al cervo e al capriolo, dicendo: Somiglia il mio Diletto a un capriolo o ad un cerbiatto (Ct 2,9). E questo non solo perché è schivo, solitario e rifugge la compagnia, come il cervo, ma anche per la rapidità nel nascondersi e nell’apparire; così si comporta di solito lo Sposo con le anime devote nelle visite che fa loro per offrire diletto e incoraggiamento, e quando si allontana da loro o si rende assente dopo tali visite, per provarle, umiliarle e istruirle. In tal modo fa sentire loro la sua assenza con un dolore ancor più intenso, come fa capire l’anima con queste parole: dopo avermi ferita.
16. È come se dicesse: non solo mi bastavano la pena e il dolore che soffro abitualmente per la tua assenza, ma dopo avermi ancor più ferita con la tua freccia d’amore e accresciuto l’ardente passione di vederti, fuggi con la velocità d’un cervo e non ti lasci afferrare neppure per poco.
17. Per chiarire ulteriormente questo verso è opportuno ricordare che, oltre alle molte visite che Dio fa all’anima in diversi modi, colpendola e accrescendo in lei l’amore, suole accordarle segreti tocchi d’amore che la feriscono e la trapassano come frecce di fuoco, tanto da lasciarla tutta incendiata d’amore, e di esse parla qui l’anima: infiammano talmente la volontà e il sentimento che l’anima arde di fiamma e fuoco d’amore, tanto che sembra consumarsi in quella fiamma. Tale fiamma la fa uscire fuori di sé e la rinnova tutta, dandole un nuovo modo di essere, come la fenice che brucia e rinasce dalle sue ceneri. A tale proposito Davide afferma: Il mio cuore era infiammato, i miei reni erano alterati, ero ridotto a un niente e non capivo (Sal 72, 21-22 Volg.).
18. I desideri e le passioni, di cui parla qui il profeta adoperando il termine reni, si agitano e si trasformano tutti in divini nell’infiammarsi del cuore, e l’anima per amore si dissolve in nulla, non sapendo far altro che amare. A questo punto il cambiamento interiore avviene come un tormento e un desiderio così forte di vedere Dio, da sembrare all’anima intollerabile l’asprezza che l’amore usa nei suoi confronti. Questo non perché l’abbia ferita – anzi ritiene salutari tali ferite –, ma perché l’ha lasciata così, immersa nelle pene d’amore, e non l’ha ferita con più vigore uccidendola del tutto: in questo modo le avrebbe consentito di vederlo e unirsi a lui in una vita d’amore perfetto. Per questo, esaltando ed esprimendo il suo dolore esclama: dopo avermi ferita.
19. IL che vuol dire: lasciandomi così ferita, morente per le ferite d’amore per te, ti sei nascosto con la rapidità di un cervo. Questo sentimento sopraggiunge con tale forza perché, nella ferita d’amore inflitta da Dio all’anima, si accende un improvviso slancio della volontà verso il possesso dell’Amato, dal quale si è sentita toccare. Con la stessa rapidità avverte la lontananza e l’impossibilità di possederlo quaggiù come desidera. Così, subito contemporaneamente, prova anche il dolore di quell’assenza, perché queste visite non sono come le altre in cui Dio ricrea e sazia l’anima; queste, infatti, egli le produce più per ferire che per guarire, più per addolorare che per rallegrare. Servono a ravvivare la conoscenza e ad accrescere il desiderio, quindi il dolore e l’ansia di vedere Dio. Vengono chiamate ferite spirituali d’amore e sono piacevolissime e auspicabili per l’anima; essa vorrebbe morire mille volte per questi colpi lancinanti che la fanno uscire fuori di sé ed entrare in Dio. ciò è quanto dà a intendere nel verso seguente: gridando t’inseguii: eri sparito!
20. Per le ferite d’amore non c’è medicina se non da parte di colui che ha causato la ferita. Per questo l’anima ferita, spinta dalla forza del fuoco che le causò la ferita, rincorse l’Amato che l’aveva ferita, gridandogli di guarirla. È bene ricordare che la parola «inseguire» (sp. salir tras, lett. «uscire dietro a») spiritualmente designa qui due modi di andare dietro a Dio. Il primo si verifica quando si viene fuori da tutte le cose, aborrendole e disprezzandole; l’altro, quando si esce da se stessi, dimenticandosi, per amore di Dio. Quando tale amore tocca l’anima con fervore, la eleva talmente che non solo la fa uscire da se stessa nel totale oblio di sé, ma addirittura la strappa dai suoi desideri e inclinazioni naturali, facendole invocare l’amore di Dio. E così è come se dicesse: Sposo mio, con quel tuo tocco e quella ferita d’amore non solo hai distolto la mia anima da tutte le cose, ma l’hai fatta uscire anche da se stessa; in verità, sembra che tu la faccia uscire persino dal corpo e la elevi a te, facendola gridare per te, ormai distaccata da tutto, per aggrapparsi a te che eri sparito.
21. È come se dicesse: quando volli afferrare la tua presenza, non ti trovai, così rimasi senza sostegno da una parte e dall’altra, soffrendo perché ero come sospesa in aria, per amore, senza appoggio né in te né in me. Ciò che qui l’anima esprime con «inseguire-uscire» per andare in cerca dell’Amato, la sposa del Cantico lo dice con «alzarsi». Difatti, afferma: Mi alzerò e farò il giro della città, per le strade e per le piazze; voglio cercare l’Amato del mio cuore… Ho aperto allora al mio Diletto, ma il mio Diletto se n’era già andato, era scomparso… Mi hanno ferita (Ct 3,2; 5,6-7). L’«alzarsi» dell’anima sposa significa, parlando spiritualmente, muoversi dal basso verso l’alto e coincide con ciò che qui l’anima chiama «inseguire-uscire dietro a», cioè: dal suo imperfetto modo di amare verso l’amore perfetto di Dio. Ma la sposa del Cantico dice che rimase ferita perché non lo trovò; anche qui l’anima dice di essere rimasta ferita d’amore e di essere stata poi abbandonata. L’innamorata vive sempre nel dolore per l’assenza dell’Amato, perché si è già consacrata a lui, e in cambio del dono di sé attende che a sua volta l’Amato le si doni; e tuttavia egli tarda a donarsi a lei. Avendo ormai perduto ogni cosa e se stessa per l’Amato, non ha trovato il guadagno del suo distacco, perché la sua anima non possiede ancora l’oggetto del suo amore.
22. Questo penoso sentimento dell’assenza di Dio di solito è così intenso in coloro che vanno avvicinandosi allo stato di perfezione, al tempo di queste ferite divine, che se il Signore non li sostenesse, morirebbero. Avendo, infatti, il gusto della volontà purificato e lo spirito limpido e ben disposto verso Dio, e gustando già qualcosa della dolcezza dell’amore divino che essi bramano più d’ogni altra cosa, soffrono indicibilmente. Quasi attraverso uno spiraglio viene mostrato loro un bene immenso, senza che lo possano ricevere. Ciò provoca sofferenza e tormento indicibili.
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