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COSA E' L'ASCESI CRISTIANA

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 15:58
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02/08/2013 15:56
 
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III. B L'esperienza religioso-mistica, ovvero l'epifania di Dio nella Scrittura. L'esperienza religiosa, nella Bibbia, non è tanto un'esperienza del popolo su Dio ma soprattutto di Dio. Difatti, agli inizi, c'è un'esperienza creatrice di Dio che precede ogni ricerca ed esperienza dell'uomo. L'autorivelazione di Dio: « Io sono il Signore, tuo Dio » (Es 20,2) e l'altra espressione di Giovanni: « Prima che Abramo fosse, Io sono » (8,58) sono alla base dell'esperienza religiosa biblica. E Dio che, nella sua materna misericordia, si prende cura dell'uomo (cf Is 49,14-16). Prima ancora che l'uomo lo cerchi, Dio è già alla porta del suo cuore per potervi entrare: « Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me » (Ap 3,20). Anche l'esperienza di Paolo, « conquistato » (Fil 3,12) dal Cristo, quando era lontano da lui, conferma questa verità. L'intervento di Dio nella storia feriale dell'uomo, nasce, dunque, dalla libera epifania di Dio, o per meglio dire, dal suo amore di Padre che irrompe nella vita del credente.

L'esperienza religiosa, riportata dalla Bibbia, mette sempre in rilievo il predominio dell'autorivelazione di Dio sulla ricerca umana, della grazia sugli eventuali meriti umani, del regno, paragonato al seme, che muore e cresce nella terra, sia che il contadino dorma, sia che vegli (cf Mc 4,26-29). In breve, tale esperienza religiosa è l'annuncio del Dio di Gesù Cristo che salva prima ancora che l'uomo chieda di essere salvato, quindi che interviene nella storia degli uomini indipendentemente dalla loro ricerca.

La prima epifania di Dio, che si rivela unico protagonista dell'intera creazione, avviene come un'irruzione all'interno della storia, per segnarla con un suo gesto divino. Di qui, il primo credo d'Israele sarà la confessione dell'onnipotente JHWH, che ha liberato il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto (cf Es 20,2). Così, la professione di fede da parte d'Israele si articolerà su tre atti salvifici di JHWH: la vocazione dei patriarchi, la liberazione esodica e il dono della terra promessa (cf Dt 26, 5-9; Gs 24,1-13).15 Tale credo, cantato nel grande Hallel (cf Sal 136), metterà in rilievo questa struttura fondamentale della religione biblica, che ruota e si organizza attorno a Dio artefice della storia umana.

Per questo motivo, il kerigma cristiano non farà che proclamare l'epifania di Dio nella storia attraverso il Cristo. Difatti, l'annuncio marciano si apre con un atto divino che « compie » il tempo portandolo a pienezza (cf Mc 1,15), mentre, secondo Luca (11,20), il regno di Dio è vicino, presente, già nel cuore dell'umanità. Anche il contenuto del « Credo antiocheno » (cf 1 Cor 15,3-5) mette insieme l'evento storico della morte del Cristo e quello escatologico della sua risurrezione. L'apostolo Pietro, a sua volta, nel kerigma rivolto ai pagani ribadisce la medesima struttura della fede cristiana: l'intervento del Cristo nella storia. Salvatore dell'umanità, ovunque passava faceva del bene e guariva da ogni sorta di male; messo in croce, dopo il terzo giorno fu da Dio risuscitato (cf At 10,38-41).

L'esperienza religioso-biblica ha, dunque, inizio con l'epifania di Dio nella storia umana, perché questa venga strappata alla pura temporalità e diventi storia di salvezza. Tale ingresso di Dio nella storia umana evidenzia, ancora una volta, l'azione salvifica della gloria di Dio prima ancora che l'uomo si disponga ad essere tempio del Dio vivente.

Ma il Dio della storia si rivela all'uomo nei fatti ordinari della sua vita quotidiana soprattutto nella Parola. Questa si manifesta, innanzitutto, come Parola cosmica che chiama all'essere le cose che non sono (cf Gn 1ss.; Sal 32,6-9). Si presenta, poi, come Parola profetica che si rivela nella storia indicando il progetto divino su di essa (cf Ger 20,7-9). Si propone, altresì, come Parola etica che induce l'uomo a vivere nella verità e nella giustizia (cf Es 20 e Mt 5-7). Si presenta, infine, come Parola che si rivolge, improvvisamente, all'uomo sconvolgendone l'esistenza (cf Gn 12,1; Am 7,15; At 9,3-4, ecc.). L'esperienza religiosa per la Bibbia si presenta, quindi, come esperienza di Dio che si mette per primo sulle strade dell'uomo, entrando nella sua esistenza storica. Si fa chiamare « Emmanuele », cioè Dio-con-noi (cf Is 7,14; 8,10), per instaurare con ogni uomo un rapporto d' alleanza, da vivere nei solchi della storia quotidiana.

Proprio perché la rivelazione di Dio avviene nella puntualità storica dell'evento Cristo, la ricerca dell'uomo, che è fides quaerens Deum, si traduce in ricerca-incontro, cioè in conoscenza biblica del Dio di Gesù Cristo. In altri termini, Dio, rispondendo alla ricerca dell'uomo, si lascia incontrare nel Figlio fatto carne, ove risiede la pienezza del suo amore. Da questo momento in avanti, la ricerca dell'uomo non può essere che risposta d'amore a quest'amore che è « primo ».16 Nasce, così, quel rapporto di conoscenza di Dio, ove la fede e l'amore dell'uomo giocano un ruolo importante. La meta ultima di tale conoscenza è la comunione intradivina, mistica, orante ed esistenziale, ove va a concludersi la ricerca umana. Si tratta di un'intimità piena e personale per cui l'uomo prende coscienza di essere realmente figlio del grande amore del Padre (cf 1 Gv 3,1). Per questo motivo, osa chiamarlo, senza soggezione, « Abbà, Padre! » (Rm 8,15). L'esperienza religiosa nella Bibbia è, dunque, un itinerario verso il silenzio pieno solo di quella ineffabile comunione divina, in cui non si rivolge più a Dio, ma lo ama; non lo cerca più, ma lo contempla.

Di conseguenza, quando la Scrittura parla di esperienza religiosa indica una conoscenza vissuta, cioè una conoscenza concreta unita alla vita, una conoscenza d'amore che è il substrato della vita mistica.17 Questa, pur essendo innata nell'uomo, è una conoscenza naturale di Dio trascendente, che supera ogni ordine pensabile.18 E per questo motivo che Paolo parlerà di una conoscenza per amore, cioè di quell'« amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio » (Ef 3,19).19

L'esperienza religioso-cristiana si colloca, dunque, sin dall'origine, sul piano del conoscere per amore e, in quanto tale, è sperimentazione, pur tra il già e non ancora, del mistero di Dio rivelato in Gesù Cristo (cf Gv 1,18). Per questo motivo, non bisogna confondere l'esperienza religiosa, in senso ampio, con l'e. nel senso stretto e cristiano del termine. E importante distinguere bene questa da quella per non correre il rischio di cadere nell'intimismo o nell'affettività, rinunciando così al contenuto espresso dal termine « esperienza »; inoltre, è necessario evidenziare i tratti fondamentali che permettono di definire cristiana tale esperienza e di comprendere, altresì, come si collochi l'esperienza « mistica » in rapporto alla spiritualità.
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