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PERCHE' CREDERE

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2013 11:46
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18/07/2013 11:42
 
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Credibilità dei racconti evangelici



39. A questo punto, ci resta un solo tassello da collocare nel mosaico della nostra ricerca. Sono credibili le cose che raccontano gli autori dei Vangeli?



40. Prima di rispondere dobbiamo ricordare che i Vangeli sono stati scritti essenzialmente per due ragioni:

- per informare tutti gli uomini di quanto era accaduto in Palestina in merito alle vicende che riguardavano Gesù di Nazareth;

- per convincere i lettori della necessità di fidarsi di Gesù, di avere fede nelle sue promesse e nei suoi insegnamenti.



41. I Vangeli avevano, ed hanno ancora, uno scopo preciso: guada­gnare anime a Gesù Cristo, convincere il maggior numero di uomini della necessità di credere nel Dio di Gesù Cristo per salvarsi, per ottenere la vita eterna, per guadagnarsi il Paradiso, il Regno dei Cieli.



42. Ora, ipotizziamo pure che gli Evangelisti avessero voluto, dopo previo accordo, falsificare la figura di Gesù. In realtà era solo un uomo, ma per renderlo interessante, degno di fede, lo avrebbero diviniz­zato, attribuendogli poteri - quello di far miracoli, per esempio - straor­dinari, unici, ma che in realtà non avrebbe posseduto.



43. Proprio qui sta il punto. Se gli autori dei Vangeli fossero stati disposti a mentire, per guadagnare adepti, avrebbero dovuto inventare un racconto molto diverso da quello che ci hanno tramandato. Ricordiamo che gli Ebrei si aspettavano un Messia dai tratti eroici, liberatore di popoli oppressi, Re e sovrano visibile e vincitore sul mondo. Invece, incomprensibilmente, di tutto questo nei Vangeli non vi è traccia.



44. In "Ipotesi su Gesù", di Vittorio Messori, è possibile trovare interi capitoli dedicati a illustrare queste stranezze: se i Vangeli, come abbiamo detto, hanno chiara funzione apologetica, vogliono convincere i lettori, soprattutto gli Ebrei, ma senza escludere i pagani, ciò che essi raccontano è quanto di meno ci si sarebbe aspettato. Questo dimostra che non possono essere stati inventati.



45. Come possiamo spiegare questo manifesto autolesionismo degli Evangelisti? Prima di rispondere, vediamo alcuni dei fatti che risul­tano incomprensibili se i Vangeli fossero invenzioni e non racconti di fatti realmente accaduti.



46. Per convincere gli Ebrei della bontà della persona di Gesù e della sua dottrina, l'ultima cosa che un falsificatore avrebbe pensato era quella di divinizzarlo. Per gli Ebrei, Dio è il totalmente "Altro" dal­l'uomo. Anche il suo nome non lo scrivono mai per intero, ma solo con il sacro tetragramma "JHWH". Ora, scrivere che Gesù di Nazareth, per quanto grande, era nientemeno che Dio fattosi uomo equivaleva letteral­mente a scrivere una bestemmia.



47. Scrivere che Gesù è Dio è un clamoroso autogoal. Per suscitare l'interesse degli Ebrei e guadagnarli alla causa della nuova Religione era più conveniente non divinizzare Gesù. Tuttavia, contro ogni logica di falsificazione o di invenzione, tutti gli Evangelisti concordano, senza nes­suna esitazione, nel credere alla divinità di Gesù. E lo scrivono.



48. Perché? Non vi è che una sola risposta plausibile. Perché avendo saputo e visto della sua divinità non potevano nasconderla, pronti anche a giocarsi il successo del loro messaggio apologetico piuttosto che mentire, falsificare, inventare.



49. Altri fatti risultano incomprensibili, se i Vangeli fossero una invenzione.



50. Gesù dice: "Bevete il mio sangue", infrangendo così uno dei tabù più rigidi dell'ebraismo. L'astensione dal sangue è un precetto ebraico. Se gli Evangelisti registrano queste parole di Gesù, pur così con­tro-producenti per la loro causa, è perché sono obbligati ad accettare un messaggio per certi versi sconvolgente e blasfemo. Obbligati, perché Cri­sto deve avere certamente pronunciato quelle parole.



51. Ancora. Tutto si poteva inventare per avere successo e guada­gnare discepoli tranne che la storia della morte in croce. Proprio il capo, proprio il fondatore di una nuova religione fa la fine meno invitante, che non può suscitare alcun interesse, una fine incapace di esercitare un sia pur minimo sentimento di stima per il condannato. Perché inventarla se gli Ebrei erano - sono ancora oggi - in attesa di un Messia vincitore e liberatore - e se per i Romani la morte di croce era la più ignobile?



52. Ancora. Tra i Cristiani era ferma convinzione che il messaggio di Gesù fosse destinato non solo agli Ebrei ma anche ai pagani. Ora, se i Vangeli fossero solo una serie di fatti inventati per motivi propagandi­stici, come si può spiegare l'incredibile autogoal causato dal maldestro tentativo di far credere che un uomo, dopo essere stato ucciso, sia anche risorto? Chi poteva credere una cosa del genere?



53. E infatti, quando Paolo si reca all'Areopago di Atene, i greci lo ascoltano parlare di Dio, ma lo respingono quando annuncia che i corpi risorgeranno. Per convincere i pagani, la Risurrezione non era certo argomento da mettere in campo, un evento da inventare.



54. Ricorda Messori: perché se si voleva a tutti i costi convincere i lettori della verità della Risurrezione, i Vangeli narrano che la prima apparizione del Risorto sia stata riservata a delle donne? Non sapevano gli Evangelisti - tutti Ebrei - che "nessuno in Israele, daigiudici di tribu­nale all'ultimo contadino, ammetteva alcun valore alla testimonianza femminile?" (VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, XV ed., Sei, Torino 1977, p. 199).



55. Ecco un altro dato incomprensibile se i Vangeli fossero una invenzione. Gli Evangelisti chiedono che i lettori prestino fiducia alle loro parole. Ci raccontano che Cristo ha fondato la sua Chiesa su Pietro e questi, con il collegio apostolico, ha il compito di evangelizzare il mondo intero.



56. Che cosa ci si aspetta, logicalmente, a questo punto? Che i Vangeli descrivano gli Apostoli come uomini coraggiosi, virtuosi, teme­rari, forti, leaders capaci di guidare il popolo e di infondere speranze e certezze.



57. Invece, niente di tutto questo. Dai Vangeli emergono dati inquietanti. Pietro, il Capo degli Apostoli, la colonna della Chiesa, rin­nega per tre volte Gesù. Tutti gli altri, escluso Giovanni, scappano al momento della prova. Uno, Giuda Iscariota, scelto personalmente da Gesù, lo tradisce per denaro. Due di loro, Giacomo e Giovanni, sono scoperti a litigare fra loro per questioni futili. Infine, più volte, Cristo ha rimproverato gli Apostoli di essere gente di poca fede.



58. Come poteva incrementare la fiducia dei lettori nella Chiesa tutto ciò che è stato scritto nei Vangeli, se gli Apostoli erano uomini di tal fatta? Eppure, se i Vangeli ci parlano così di loro, rischiando l'insuc­cesso, la ragione non può che essere una sola: le cose sono andate vera­mente così e non si potevano modificare, pena - tra le altre cose - il peri­colo di essere smentiti da testimoni oculari.



59. Sentiamo ancora Vittorio Messori: "Nel Vangelo di Luca, nel proemio che ha giusto il compito di situare nel tempo e nei luoghi l'inizio della predicazione di Gesù, il testo enumera ben sette distinti capi religiosi e politici, tutti con i loro nomi e titoli e tutti trovati rigorosamente esatti: "L'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, essendo governatore della Giudea Ponzio Pilato, tetrarca della Galilea Erode, tetrarca dell'Itu­rea e del territorio della Traconitide suo fratello Filippo e tetrarca dell'Abi­lene Lisania, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio fu su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto..." (V. MESSORI, Ipotesi su Gesù, XV ed., Sei, Torino 1977, p. 220).



60. Un bel coraggio, quello di Luca, se avesse avuto in mente di raccontare una favola per pie donne, quello di storicizzare così dettagliatamente gli episodi di cui si proclama narratore. A meno che, sapendo bene di non mentire, egli non temeva di fornire dati storici che potevano tranquillamente essere verificati da chiunque lo avesse voluto.



Conclusione



61. Siamo giunti al termine di un cammino durato gli ultimi tre capitoli. Abbiamo constatato che i Vangeli sono documenti autentici, scritti nel primo secolo da testimoni attendibili, tramandati fino a noi integralmente, e soprattutto sono racconti credibili, perché veritieri, per­ché narrano fatti realmente accaduti soltanto pochi anni prima della loro redazione.

"Stando alla datazione che sinora fa testo quasi ovun­que, Marco sarebbe stato composto verso l'anno 70, data cruciale perché è quella della distruzione di Gerusa­lemme da parte dei romani, con la conseguente spari­zione di quel mondo ebraico che era stato quello di Gesù e dei suoi primi discepoli; Matteo e Luca tra l'80 e il 90; Giovanni alla fine del secolo (anche se qualcuno si era spinto addirittura sino all'anno 170...). Osservava Car­mignac (e con lui Robinson, Tresmontant ed altri ese­geti che spuntano qua e là) che già attorno all'anno 50 il cristianesimo esplode fuori dall'ambito palestinese. Dunque, a partire da allora sarebbe stato inutile, anzi dannoso, scrivere in una lingua locale i documenti della fede. Se l'originale dei Vangeli è davvero semita, è perché sono stati scritti subito, tra il 30 (data probabile della morte di Gesù) e il 50 o poco più". (VITTORIO MESSORI, Inchiesta sul Cristianesimo, Oscar Mon­dadori, 1993, p 133)



62. Il cattolico si deve far forte di queste argomentazioni. A chi non crede ma desidera conoscere la verità di quanto accaduto intorno alla persona di Gesù di Nazareth, a chi si definisce ateo e non vede all'o­rizzonte un esplicito atto di Fede che dia inizio alla sua conversione, il cattolico non manchi di proporre la credibilità, documentata storica­mente, del racconto evangelico.



63. Tutti sanno che per credere non basta il risultato positivo di una indagine sulla storicità dei Vangeli. Ma ciò non toglie che questo risultato possa fungere da stimolo per ulteriori ricerche, per nuove domande, per messe in discussione di posizioni acquisite. Tutto ciò che può contribuire alla conversione di atei ed agnostici, il cattolico lo deve utilizzare nella sua battaglia per la gloria di Dio, la salvezza delle anime e la cristianizzazione della società.

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