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Eunuchi per il regno dei cieli

Ultimo Aggiornamento: 06/02/2021 12:15
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12/07/2013 19:34
 
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Alcuni muovono queste obiezioni:
Pietro era anch’egli sposato (Mt 8,14); i ministri della Chiesa primitiva erano sposati (1Tm 3,2-5). Durante i primi mille anni del cristianesimo i preti e i vescovi potevano sposarsi. Infatti Tertulliano ricevette il sacerdozio quando ancora già era sposato. Dedica due suoi scritti alla moglie (anni 200 circa). Il Concilio di Nicea (325) respinse la richiesta di interdire il matrimonio dei preti, e il papa che regnava in quel tempo, Silvestro I (314), ordinò che ogni prete avesse la propria moglie.

Fu Papa Gregorio VII (1073-1085) che decretò di scegliere i sacerdoti tra i non sposati. Paolo VI (24/06/1967) ha riconfermato tale imposizione, ma la reazione che ne è seguita è talmente imponente da far prevedere qualche addolcimento di tali posizioni. E’ stata molto forte la reazione dell’episcopato olandese che in un documento afferma doversi trovare una via d’uscita alla situazione attuale, tanto per il benessere personale di numerosi preti che per l’avvenire del sacerdozio nella Chiesa.

SI risponde:

L’argomento del celibato ecclesiastico è molto importante e ci sforzeremo di essere chiari e precisi.
Con decreto della S. Congregazione dei Sacramenti (27 dicembre 1930) ogni candidato al sacerdozio è tenuto con giuramento ad attestare per iscritto che si astringe agli obblighi del celibato ecclesiastico con piena consapevolezza.
Le ottime ragioni degli sforzi dei Papi perché il celibato si affermasse non sono quelle male intraviste dal Montesquien, quando affermava che “altrimenti la loro potenza non sarebbe mai salita così in alto e non sarebbe mai stata duratura, se ogni prete avesse avuto a cuore una famiglia” (Riflessioni e pensieri inediti, Torino 1943), ma quelle addotte dall’Apostolo Paolo.
Il sacerdote è costituito per gli uomini in ciò che si riferisce a Dio, al fine di offrire doni e sacrifici, e solo il celibato permette il perfetto e totale compimento di tali doveri. Dovendo proseguire l’opera del Redentore il ministro sacro ha bisogno di libertà da preoccupazioni d’indole familiare.
L’individuo, nel sacerdote deve scomparire di fronte ai bisogni materiali e spirituali di tutta la famiglia umana, altrimenti rischia di diventare un professionista qualsiasi.
Il ministero sacerdotale, e in particolare la direzione delle coscienze, esige illimitata fiducia verso chi l’esercita e questa difficilmente l’ottiene il sacerdote che vive in compagnia di una donna che partecipa delle sue confidenze.
Le obiezioni contro il celibato non provengono tanto dalla nobiltà del suo programma, quanto dalla supposta impossibilità del suo esercizio.
La castità,  e la pretesa di dominare l’istinto si dice che siano impossibili.  
Questo errore la Chiesa l’ha condannato nel Concilio di Trento (sess. XXIV, can 9). La custodia della castità è compito della Grazia e la Chiesa non ha mai preteso che la natura possa trionfare dei suoi istinti abbandonata alle sole sue forze. Se, per casi particolari, abitudini inveterate e tare ereditarie assegnano alla virtù compiti quasi sovrumani, si tratta di esseri anormali, per i quali il sacerdozio non è indicato. La tesi poi che vuol presentare la castità come nociva alle esigenze dell’igiene e causa di nevrastenia è stata nettamente esclusa da fisiologi eminenti, che hanno dimostrato la perfetta compatibilità dell’astinenza di soddisfazioni sessuali con le leggi fisiologiche e morali. Dove si da il caso di nevrosi questo effetto è prodotto solamente in tipi dall’istinto genesiaco anormale.

La libellistica comune ama insistere sul fatto: la vita privata del prete non è e non è stata mai casta e in disordini nascosti egli cerca ciò che gli è pubblicamente interdetto. Ma gli scandali presenti e passati non costituiscono il passato né il presente della Chiesa. La prospettiva di insieme è molto più luminosa e al di là delle zone d’ombra essa può mostrare la sua realtà formata da santi ed eroi.
Oltre al celibato ecclesiastico esiste nella Chiesa, ed è sempre esistito, il celibato scelto dai laici liberamente e direttamente “per il regno dei cieli” (Mt 19,12), cioè per il motivo superiore dell’amore verso Dio e dell’apostolato.
Questa pubblica professione di vita perfetta e generosamente votata agli interessi di Dio, diventò così frequente nella varie Chiese, che coloro che la praticavano cominciarono a comparire in mezzo alla società come una classe a parte.
La storia, poi, ha dimostrato con un’evidenza di giorno in giorno maggiore l’aiuto molteplice e efficace, che i laici celibi possono recare alla Chiesa e alle anime mediante l’esempio vivente e il contatto immediato di una vita perfettamente consacrata alla santificazione, attuandola nei casi in cui la vita religiosa canonica è impossibile o poco adatta, esercitando l’apostolato in molteplici maniere e compiendo funzioni che il luogo, il tempo, le circostanze proibiscono o rendono impraticabili ai sacerdoti e ai religiosi.
Oggi la Chiesa ha superato tutte le difficoltà e si è mossa a riconoscere (oltre ai singoli) gli Istituti secolari dei laici.
 

[Modificato da Credente 06/02/2021 12:15]
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