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La vera vita cristiana

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2013 18:00
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02/05/2013 13:21
 
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LA VERA VITA CRISTIANA

"Non più io... ma Cristo"

di Watchman Nee


CAP. I

IL SANGUE DEL CRISTO
In che cosa consiste la vera vita cristiana? Faremmo bene a considerare questa domanda fin da adesso. Lo scopo di questi studi è di dimostrare quanto essa sia differente dalla vita della maggior parte dei Cristiani. Infatti, una meditazione della Parola scritta di Dio - ad esempio, del Sermone sul Monte - dovrebbe spingerci a chiederci se una tale vita sia mai stata davvero vissuta sulla terra, fuorché dal Figlio di Dio stesso. La risposta si trova proprio in quest'ultima affermazione.

L'apostolo Paolo ci dà la sua definizione della vita cristiana nella lettera ai Galati, al capitolo 2, verso 20: "Sono stato crocifisso col Cristo, e non sono più io che vivo, ma è il Cristo che vive in me". L'apostolo, qui, non espone una maniera di vivere particolare, un cristianesimo ad alto livello; ma presenta semplicemente quello che Dio chiede ad ogni cristiano.

Dio ci rivela chiaramente nella sua Parola che Egli ha soltanto una risposta per ogni necessità umana: il suo Figliuolo Gesù Cristo. In ogni sua relazione con noi Egli opera mettendoci da parte e ponendo il Cristo al nostro posto.

Il Figlio di Dio è morto in vece nostra per il nostro perdono, e vive, in vece nostra, per la nostra liberazione. Possiamo così parlare di due sostituzioni: un Sostituto sulla Croce che ci procura il perdono, ed un Sostituto dentro di noi che ci assicura la vittoria. Saremo grandemente aiutati e protetti da molte confusioni, se ci ricorderemo sempre di questo fatto: Dio risolverà tutti i nostri problemi in un modo ed in un modo solo, cioè con la rivelazione sempre più profonda del suo Figliuolo.

IL NOSTRO DUPLICE PROBLEMA: I PECCATI ED IL PECCATO
Prenderemo come punto di partenza per il nostro studio sulla vera vita cristiana il grande insegnamento che ci è presentato nei primi otto capitoli dell'epistola ai Romani, ed affronteremo il nostro soggetto da un punto di vista pratico. Sarà utile, innanzitutto, far risaltare la divisione naturale di questo brano biblico in due parti, e considerare quelle che emergono nei soggetti trattati in ciascuna di esse.

I primi otto capitoli della lettera ai Romani costituiscono un tutto a sé stante. I primi quattro, coi versetti 1-11 del quinto, formano la prima parte, e gli altri tre capitoli e mezzo (5:12 - 8:39) formano la seconda parte di questo insieme. Una lettura attenta ci mostrerà che l'argomento trattato nella prima metà è diverso da quello trattato nella seconda. Per esempio, nella prima metà possiamo rilevare l'uso preponderante della parola "peccati" al plurale. Nella seconda metà, invece, non è più così, perché mentre la parola "peccati" appare soltanto una volta, la parola "peccato" al singolare si ripete molte volte e costituisce il principale soggetto trattato. Perché accade questo?

Perché nella prima parte si tratta dei peccati che io ho commesso davanti a Dio, peccati numerosi e che possono essere contati; mentre nella seconda il peccato viene preso in esame come il principio che opera in me. Qualunque sia il numero di peccati che io commetto, quello che agisce in me è sempre lo stesso principio di peccato. Ho bisogno di perdono per i miei peccati, ma ho anche bisogno di essere liberato dalla potenza del peccato. Il perdono concerne la mia coscienza, la liberazione concerne la mia vita. Posso ricevere il perdono di tutti i miei peccati, ma, a causa del "mio" peccato non trovo pace duratura nel mio spirito.

Quando la luce di Dio è penetrata per la prima volta nel mio cuore, il mio primo desiderio è stato quello di essere perdonato, perché ho compreso di aver peccato davanti a Lui; ma dopo aver ricevuto il perdono dei peccati ho fatto una nuova scoperta, quella del peccato, e mi sono reso conto, non soltanto di aver commesso peccati davanti a Dio, ma che c'è qualche cosa di ingiusto in me.

Ho scoperto la mia natura di peccatore. Esiste in me una tendenza naturale al peccato, una potenza interiore che mi trascina al peccato. Quando questa forza malefica si manifesta, io commetto peccati. Posso cercare e ricevere il perdono, ma peccherò ancora. La mia vita continua così in un cerchio vizioso: pecco, sono perdonato, ma pecco di nuovo. Mi rallegro considerando la benedizione del perdono di Dio, ma mi occorre qualche cosa di più: mi occorre la liberazione. Ho bisogno del perdono per quello che ho fatto, ma ho bisogno anche di essere liberato da quello che sono.

IL DUPLICE RIMEDIO DI DIO: IL SANGUE E LA CROCE
Dunque gli otto primi capitoli dell'Epistola ai Romani ci presentano due aspetti della salvezza: prima il perdono dei nostri peccati, e poi la liberazione dal peccato. Ma ora, tenendo conto di questo fatto, dobbiamo considerare un'ulteriore differenza.

Nella prima parte di Romani 1-8 (versi da 1:1 a 5:11, N.d.T.) è fatta menzione per due volte del sangue del Signore Gesù, e cioè nel verso 3:25 e nel verso 5:9. Nella seconda parte (versi da 5:12 a 8:38, N.d.T.) è introdotta, al verso 6:6, un'idea nuova, quando ci vien detto che noi siamo stati "crocifissi" con Cristo. Il soggetto trattato nella prima sezione, si concentra su quell'aspetto dell'opera del Signore Gesù, che è rappresentato dal "sangue" versato per la nostra giustificazione attraverso la "remissione dei peccati". Questa terminologia non è però più adoperata nella seconda sezione, dove il soggetto si concentra sull'aspetto della sua opera, rappresentato dalla "Croce", cioè dalla nostra unione col Cristo nella sua morte, nella sua sepoltura e nella sua resurrezione. Questa distinzione ha un grande valore. Vedremo così che il sangue riguarda ciò che abbiamo fatto, mentre la Croce riguarda ciò che siamo. Il sangue cancella i nostri peccati, mentre la Croce colpisce all'origine la nostra natura peccaminosa. Quest'ultimo aspetto formerà la sostanza della nostra meditazione, nei capitoli che seguono.

Continua...

[Modificato da Perdonato 02/05/2013 13:23]
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