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L'EVOLUZIONE ALL'ESAME DI STUDIOSI CATTOLICI

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2017 19:57
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01/05/2013 18:13
 
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Il DNA artificiale. - Vediamo ora la portata degli ultimi esperimenti del 1967 di Arthur Kornberg e dei suoi collaboratori, frutto di 11 anni di ricerche. 

Già nel 1965 Sol Spiegelman aveva prodotto in laboratorio una catena attiva di acido nucleico, non però di DNA che è il vero portatore dei caratteri ereditari, ma di RNA che ha un'altra funzione subordinata (ed è caratterizzato, invece che dal Desossiribosio dalRibosio: da ciò l'iniziale R, invece di D). Il Kornberg a sua volta, insieme a Severo Ocha, nel 1959, era già riuscito a produrre una catena artificiale di DNA (ottenendo il premio Nobel); ma questo non risultò attivo, ossia non si moltiplicò, come quello del virus, entro le cellule. 

Ora invece, scelto appositamente un virus estremamente elementare, costituito da puro DNA, senza involucro, con molecole formate da spirale semplice (non doppia, come di consueto) chiusa ad anello, esso è stato isolato. A tale DNA sono stati poi aggiunti, in provetta, tutti gli opportuni ingredienti di enzimi cellulari che, per la moltiplicazione nahlrale, gli avrebbe fornito il corrispondente batterio vivente in cui il virus fosse penetrato. Questi scienziati sono riusciti in tal modo a riprodurre, prima parzialmente e poi completamente, questo DNA, secondo lo stampo del DNA naturale di partenza, attivocome quello, ossia capace come quello di riprodurre il virus nell'interno del batterio e di distruggere il batterio. Tutto ciò operando con tecniche mirabilmente raffinate. 
 
Due fatti dunque tecnicamente clamorosi sono avvenuti in laboratorio. Il primo è la produzione del DNA del virus in provetta, cioè fuori della cellula batterica (mentre naturalmente, come si è visto, esso si riproduce soltanto dentro il batterio). Il secondo è il fatto che questo DNA artificiale si è poi riprodotto attivamente entro la cellula batterica, come quello naturale (a differenza del DNA prodotto nel 1959). E' stata una produzione artificiale della vita?
 
Quanto al primo fatto, innanzi tutto, non si può parlare di sintesi totalmente artificiale del DNA avendo esso richiesto lo stampo iniziale del DNA naturale ed enzimi tratti da cellule vive. Inoltre tale DNA, così sintetizzato in modo parzialmente artificiale, non può in sé considerarsi - come si è visto sopra per ogni DNA - vivente. 

Quanto al secondo fatto, una volta che è stato riprodotto l'identico DNA del virus, era naturale che esso si riproducesse nel batterio come avrebbe fatto se vi fosse stato inoculato dal virus stesso. Ma tale riproduzione, come si è detto sopra, oltre a non avere i segni intrinseci della vera riproduzione d'un vivente, si è ottenuta in virtù della vitalità della cellula ospitante. 

Non si può quindi parlare di produzione della vita. 
 
Trascendenza invalicabile. - Infine è da ripensare se sia criticamente ammissibile l'ostinata ricerca della produzione chimica della vita e se non siamo di fronte a una situazione simile a quella dell'antica ricerca assillante del moto perpetuo che ha tormentato tante intelligenze e non è cessata se non quando si è dimostrato teoricamente - mediante la termodinamica - la sua impossibilità. 

In realtà si può dimostrare con analisi teoriche, ma fondate sulla esperienza, che il piano della vita supera essenzialmente il piano materiale puramente fisico-chimico e non può quindi mai riprodursi in base al puro impiego di forze fisico chimiche. 

L'affermazione attribuita da una rivista al Premio Nobel A. Kornberg, secondo cui «per uno scienziato la distinzione tra la materia vivente e la materia inanimata non è reale, non essendovi una linea di frattura netta», non è scientifica perché presuppone senza prove e aprioristicamente che tutta la realtà si risolva, in definitiva, nei fenomeni sperimentabili fisico chimici, il che, per non dire altro, obbligherebbe a livellare a tale piano anche il fenomeno del pensiero. 

Nell'ipotesi invece - che la serietà scientifica proibisce di escludere aprioristicamente - che il piano della vita, pur non raggiungendo la totale immaterialità spirituale, superi essenzialmente il puro piano fisico chimico, ogni ricerca sperimentale potrà bensì approfondire i fenomeni fisico chimici concomitanti e condizionanti la vita, ma non trovare l'essenza della vita. Analogamente, del resto, tali fenomeni concomitanti vi sono anche per il pensiero, in quanto si serve dello strumento del cervello, ma non costituiscono il pensiero. 
 
Per valutare criticamente la netta trascendenza del piano della vita dal piano puramente fisico chimico non è logico, d'altra parte, spingere la ricerca e l'analisi alle primordialissime forme di vita, perché in esse inevitabilmente i contorni si fanno più sfumati e le deduzioni più incerte.
 
L'analisi va portata invece sulle forme della vita pienamente organizzate e superiori, dove le sue caratteristiche risultano più chiare. L'evoluzionista che crede alla produzione puramente chimica della vita non può, d'altra parte, non supporre che per tale via la vita si sia svolta fino alle forme superiori. Qualunque sia cioè il lungo itinerario evolutivo, anche queste ultime deriverebbero, in definitiva, dalla pura attività fisico chimica. Quindi se questa attività spiegasse la vita semplice dovrebbe spiegare anche quella superiore; se non può spiegare la superiore non può spiegare nemmeno la semplice.
 
Sotto tre aspetti fondamentali pertanto - come si è visto nel paragrafo precedente e possiamo più attentamente considerare - la vita trascende il puro piano fisico chimico: per la organizzazione finalistica delle parti e delle funzioni, per l'attività immanente, per il suo equilibrio di complessificazione. Non sono aspetti che indichino soltanto un di più nel piano stesso delle attività fisico chimiche, ma una specifica trascendenza, un superiore piano di attività. 
 
Quanto all'organizzazione, il vivente si presenta più complesso e meraviglioso (già nella cellula e tanto più chiaramente nel vivente superiore maturo) della più meravigliosa macchina. Come questa pertanto non può essere il risultato del puro cieco dinamismo fisico chimico, così e tanto meno può esserlo la macchina vivente. 

Da questo punto di vista, anche supposto che tutta la vita si risolvesse in pure forze fisico-chimiche, apparirebbe indispensabile che, almeno inizialmente, un principio superiore le abbia così intelligentemente ordinate e finalizzate. 

Dato però che tale finalizzazione deve continuamente attualizzarsi nello sviluppo dell'individuo vivente e nel continuo rinnovamento della sua materia, cioè nel continuometabolismo (dal gr. «metabolé, mutazione»), è abbastanza naturale pensare che nel vivente vi sia permanentemente, oltre la pura materialità fisico chimica, un principio immanente, animatore (anima vegetativa) che non si aggiunga, nel loro stesso piano, alle attività fisico chimiche (e quindi non ne modifichi i bilanci energetici), ma le trascenda (non essendo quindi direttamente sperimentabile) e le guidi, quale immanente e inconsapevole depositario del piano finalistico organizzativo dato al vivente da Dio. 
 
Quanto all'immanenza (già implicata dall'esistenza del suddetto principio animatore), essa risalta subito dal confronto appunto con una perfettissima macchina, sia pure completamente automatizzata con i moderni mezzi elettronici. L'immanenza è caratterizzata infatti dal conservarsi della stessa individualità nella generazione, nutrizione, crescita, riparazione, nel metabolismo, nel movimento.
 
La macchina solo metaforicamente può dirsi una; in realtà è stata costruita e resta formata per pura giustapposizione di parti; similmente sono giustapposti gli eventuali autocontrolli elettronici. N ella cellula germi naie del vivente è virtualmente precontenuto l'individuo maturo, le cui caratteristiche sono appunto scritte, per misterioso dinamismo vitale, nella sequenza del DNA; nel primo pezzo di ferro della macchina invece non è precontenuto e non è scritto niente. 

L'immanenza del vivente risalta anche quanto agli interscambi con la restante materia, nei confronti con le pure reazioni chimiche, nelle quali i due componenti si trasformano nel composto; il vivente invece si accre­sce e si conserva in base a molteplici reazioni chimiche, trasformando però tutto nelle antecedenti sostanze proprie. 
 
Infine, quanto alla complessificazione, mentre le interazioni puramente fisico chimiche tendono alla degradazione energetica, alla semplificazione e stabilità maggiore (statisticamente parlando, a stati più probabili), l'attività vitale solleva la materia a stati più complessi e delicati, a partire dalla delicatissima cellula germinale (la solleva, statisticamente parlando, verso stati meno probabili). E questo fa l'attività vitale pur mantenendosi la consueta degradazione energetica nelle varie reazioni fisico chimiche sollecitate dalla vita e concomitanti alla vita. 
 
Questa organizzazione, immanenza e complessificazione, contrapponendosi agli equilibri fondamentali fisico chimici, non può derivare da essi e deve trascenderli. 

Tanto più poi si dovrà parlare di trascendenza per la vita sensitiva e intellettiva, pur non mancando anche per esse l'attività concomitante fisico chimica. 
 
Il radicale evoluzionismo di Teilhard de Chardin si sbriga con molta disinvoltura degli invalicabili gradini della vita vegetati va, sensitiva e intellettiva postulando, semplicemente e gratuitamente, l'esistenza, al di là delle note proprietà fisico chimiche della materia, di altre sue spontanee proprietà, che si andrebbero via via manifestando, come, per es., della complessificazione, della concentrazione e della riflessione cosciente. 

Ma non è che un superficiale modo di evadere dal problema. Sono parole e niente più. Lo vedemmo nella prima parte del libro.
 
Supponiamo comunque che esistessero tali proprietà. Resterebbe sempre vero che esse trascendono le pure attività fisico chimiche che specificano i corpi materiali in quanto tali e che soltanto possono essere direttamente sperimentabili e utilizzabili in laboratorio. Tali ulteriori proprietà quindi non possono essere sgorgate dalle pure attività fisico-chimiche. Vuol dire dunque che queste attività non potranno mai produrre artificialmente quelle altre e che nemmeno le potranno produrre naturalmente, partendo soltanto dal piano fisico chimico. 

Bisognerebbe sempre cercare chi abbia eventualmente infuso alla materia anche quelle altre proprietà. 

 
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