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L'EVOLUZIONE ALL'ESAME DI STUDIOSI CATTOLICI

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2017 19:57
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01/05/2013 18:09
 
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LA PROVA FONDAMENTALE 
 
Ricordiamo la famosa prova fondamentale del trasformismo evoluzionista. La Palentologia ha scoperto che le specie viventi quali sono state conservate negli strati fossili, sono comparse sulla terra secondo una fondamentale progressività di perfezione: alghe e funghi, invertebrati senza scheletro, invertebrati con scheletro, vertebrati nella successione di pesci senza mandibola e poi con mandibola, anfibi, rettili, uccelli, mammiferi fino all'uomo. «Ma può essere - dice T. - è un'illusione, la distribuzione ordinata, organizzata, ineluttabile, degli esseri viventi attraverso il tempo e lo spazio? Questo, lo nego con tutta la forza [!] della mia esperienza paleontologica» (Le paradoxe transformiste, 1925); 

«dal più piccolo particolare ai più vasti sistemi, il nostro universo vivente (come il nostro universo materiale) ha una struttura. E questa struttura non può essere dovuta che a un fenomeno di crescita. Ecco la grande prova del trasformismo, e la misura di quello che questa teoria ha definitivamente [!] acquisito» (Comment se pose aujourd'hui la question du transformisme, 1921). 
La prova fondamentale è dunque doppia: rassomiglianza e anzi uguaglianza dellastruttura fondamentale di ogni vivente (la cellula, dal minimo vivente all'uomo) eprogressività di organizzazione. 

Ebbene: tutto ciò non prova niente, visto che, ovviamente, le cose si sarebbero dovute svolgere nello stesso modo anche nell'ipotesi dell'intervento creativo di Dionei gradini almeno dei principali passaggi da specie a specie. Era ovvio infatti che il sapiente Creatore strutturasse le specie secondo un piano comune (corrispondente alla comune dimora) e regolasse i successivi interventi in armonia alla progressivamodificazione dell'ambiente. Una madre di quindici figli li pose ordinatamente nel dormitorio nei loro proporzionati letti, secondo l'età e l'altezza: nessuno, entrando, dedusse che il più grande era derivato dal più piccolo. 

Indotto dalla suggestione dell'esperienza sensibile, T. incalza, respingendo la prospettiva delle creazioni istantanee. Nessuno - dice - guardando questa pietra sognerebbe che sia stata creata in questo momento: «Una creazione istantanea(proprio come la creazione di un oggetto isolato) mi parrebbe un'assurdità filosofica» (Lettera al de Solage, 1935). Invece, avrebbe dovuto pensare che il fatto è certamente avvenuto al principio dei tempi e che avviene continuamente per la creazione di ogni nuova anima umana. 
 
Limitiamoci a queste sole considerazioni. Si può, su tali basi, parlare di una dottrina seria e solida? Eppure notammo la lirica certezza del T. (cui fanno eco tanti evoluzionisti): come per la «successiva aggregazione delle particelle nel seno di un cristallo o di una stalagmite, così non si deve dubitare, nemmeno per un istante, dell'origine della vita per evoluzione della materia» (Le Phén. Hum., 1940, ed. 1955, 150); v'è una «evidenza al di sopra di ogni verifica e al riparo da ogni ulteriore smentita dell'esperienza» (ivi 151); non si può nemmeno accettare una discussione in proposito perché tout court «non esiste più la questione trasformista» (ivi 152) e «gli scienziati sono tutti oggi d'accordo» (ivi 152 n.); tale dottrina «s'imponeirresistibilmente» (ivi 200); è «con­dizione generale per rendere pensabili e vere tutte le teorie... luce che illumina tutti i fatti» (ivi 242); è «certezza, che elimina ogni dubbio ragionevole» (L'App. de l'H., ed. 1956, p. 13); «certezza del radar» (ivi 340). 

Difetto di senso critico? Fanatismo pseudoscientifico? Moda di pensiero? 

Che dire poi, se si considerano le prove sperimentali, sia indirette che dirette, controquesto evoluzionismo? 

Le ricorderò subito. 
 
L'ESPERIENZA CONTRO L'EVOLUZIONISMO 

Spesso la preoccupazione critica di scienziati cattolici e di teologi si esaurisce nell'affermare che l'evoluzione delle specie viventi, anche se dovesse ritenersi probabile, non è ancora provata. Nel paragrafo precedente ho accennato appunto alla ben poca consistenza dei principali argomenti in favore. Ma se si potesse invece provare, anche sperimentalmente, la sua inammissibilità? 

Innanzi tutto bisogna tener presente che la vera concezione evoluzionista, seguita dalla scienza moderna (con la quale alcuni teologi si preoccupano di armonizzare), è caratterizzata in realtà dalla esclusione di estrinseci interventi (dopo l'impulso iniziale), anche per i gradini fondamentali: della comparsa della vita (vegetali) e poi del senso (animali) e poi dell'intelligenza (uomini). Ammesso infatti l'intervento divino in tali punti culminanti, perché dovrebbe essere escluso almeno negli altri più importanti passaggi da specie a specie superiore? Un primo scacco positivo all'evoluzionismo delle specie risulterà dunque dalla eventuale netta dimostrazione della necessità dell'intervento estrinseco in quei tre punti culminanti, a cominciare dallo sprigionarsi della vita. 

La dimostrazione di questa necessità, però, non può cercarsi, come molti pretenderebbero, nelle esperienze di laboratorio. Sarebbe questo un grande errore critico, rassomigliante a quello, per es., degli innumerevoli e secolari tentativi che furono fatti, a suo tempo, per ottenere il moto perpetuo (ossia una macchina capace di seguitare a muoversi sempre, senza bisogno di alcuna alimentazione energetica), tentativi che terminarono solo dopo la dimostrazione non sperimentale, ma teorica, della sua impossibilità, data dalla termodinamica nel s. XIX (impossibilità teorica che era stata però già intuita e solennemente proclamata dall'Accademia delle scienze di Parigi, nel 1775). 

Nel nostro caso l'impossibilità dello sprigionarsi spontaneo della vita (e poi, ancor più, del senso e della intelligenza) risulta dalla meditazione filosofica delle proprietà primarie della materia non vivente (cioè della materia considerata nella sua pura realtà fisico-chimica), confrontate con quelle della materia vivente. Basta rilevare anche solo l'eterogeneità essenziale che intercorre, rispettivamente, tra le attività fisico-chimiche, transitive, che modificano il soggetto e fanno scendere la materia verso stati più uniformi e stabili (secondo la crescita dell'entropia) e le attività vitali,immanenti, che conservano il soggetto e fanno per esso salire la materia verso stati più differenziati e instabili. 

Qualunque scoperta di laboratorio di composti e fattori fisico-chimici caratteristici della vita (per es. l'acido desossiribonucleico, DNA), riguarderà necessariamente gli elementi che accompagnano e condizionano, ma non costituiscono la vita. Quanto agli altri due gradini, vi sarà poi l'impossibilità della spontanea elevazione della materia al piano sensitivo e infine l'impossibilità, assolutamente radicale, dello spontaneo prodursi del pensiero, non potendo la materia produrre un'attività totalmente immateriale, quale è il pensiero (anche se bisognosa del concorsostrumentale della materia: il cervello per pensare). 

Comunque, dato anche e non concesso che in laboratorio sì potesse produrre un grumetto di materia vivente, resterebbe ancora essenzialmente invalicabile il gradino all'effettivo regno della vita, quale risulta concretamente nel cosmo. Questo rilievo, sul quale purtroppo si suole sorvolare, è insieme elementare e di suprema importanza. 

Non v'è infatti soltanto da considerare il passaggio dalla materia amorfa alla minimaorganizzazione della materia vivente, ma alla stupefacente organizzazione dei viventisuperiori. Non si tratta più solo della sproporzione tra attività fisico-chimica e attività vitale, immanente, ma tra caotico disordine e mirabile ordine di parti e organi funzionali; ed essendo questo ordine mirabilmente finalizzato, costituendo cioè un'opera mirabilmente intelligente, richiede un artefice mirabilmente intelligente, necessariamente estrinseco alla cieca materia. 

Non si tratta di maggiore o minore probabilità, ma d'impossibilità metafisica e quindi assoluta che un'opera intelligente nasca da una causa non intelligente, impossibilità che resta integralmente, qualsiasi ipotesi venga fatta circa la durata della evoluzione. Dalle cieche forze fisico-chimiche, per es., mai potrà sgorgare la meraviglia dell'occhio umano, e così via. L'appello al cieco caso potrebbe valere per una disordinata, sia pur complessa, combinazione, non per una ordinata combinazione. Facendo un mucchio disordinato di tutte le parole della Divina Commedia, non ripugna metafisicamenteche il cieco caso riproduca tale mucchio, ma ripugna che le riordini secondo l'intelligenza della Divina Commedia (8).

Siccome il fatto della superiore attività immanente e della mirabile organizzazionedella vita (come pure della trascendenza del senso e dell'intelligenza) risulta dall'analisi filosofica di osservazioni sperimentali, già quanto ho detto si può considerare, in un certo senso, una prova sperimentale, benché indiretta, contro l'evoluzionismo delle specie viventi. 

Ma v'è una prova direttamente sperimentale (anche se di tipo negativo), che nasce proprio dalla paleontologia. Se fosse vero infatti il trasformismo evolutivo delle specie (qualunque sia il modo di concepirlo e di spiegarlo, o si tratti di evoluzione continua o di improvvise mutazioni, e qualunque sia la distanza tra l'una e l'altra specie), tra l'una e l'altra specie perfetta si dovrebbero trovare delle forme intermedie, in fase di sviluppo e quindi rudimentali, rispetto a quelle perfette poi raggiunte. 

Il salto improvviso e totale di tutto il gradino tra una specie e l'altra non è ammesso infatti da nessun evoluzionista. Di solito si cercano, a conferma dell'evoluzione, i gradini intermedi di altre specie perfette; ma queste darebbero solo la prova dell'esistenza di un maggior numero di gradini, senza provar niente quanto allo spontaneo passaggio dall'uno all'altro. Probanti invece sarebbero le suddette specie intermedie rudimentali (gambe ancora non bene idonee a camminare, polmoni ancora incapaci di adeguata respirazione, ecc.). La loro esistenza pertanto, corrispondendo a una esigenza assolutamente generale dell'evoluzione, supposta vera, dovrebbe essere generalissima e non potrebbe non aver lasciato traccia nel grande museo della storia dei viventi, che sono gli strati geologici, studiati appunto, a tale scopo, dalla paleontologia; anzi dovrebbe presumibilmente trovarsene traccia anche tra le attuali specie viventi. 

Invece assolutamente niente: non si trova che una scala di diversi gradi di perfezione, ma tutte perfezioni (perfetto nel suo genere il mo­scerino, perfetta l'aquila, ecc.). 

Alcuni citano tra i rudimentali viventi l'ornitorinco. E, certo, se aspetti rudimentali si dovessero trovare, sarebbero proprio da attendersi in questo paradossale animale australiano che congiunge in sé le più disparate caratteristiche, a cominciare da quella di essere un mammifero che fa le uova e che allatta i piccoli senza mammelle. Ma invece si resta stupiti a considerare la sua perfetta adeguazione istintiva, anatomica e fisiologica all'ambiente. Basta, per es., pensare all'ermetica possibile chiusura delle sue narici, degli occhi e degli orecchi che gli permette di stare parecchi minuti sott'acqua a cercare sui fondali sabbiosi e melmosi vermi, molluschi, ecc. di cui si nutre, magnificamente aiutato per questa ricerca dal largo becco d'anatra che, contro le apparenze, ha un rivestimento non corneo ma di pelle morbidissima e sensibilissima che costituisce per la ricerca stessa un prezioso organo sensorio. Ma i particolari mirabili sono innumerevoli. 

Comunque il fenomeno non dovrebbe ridursi a casi isolati, ma dovrebbe essere generale. Il simbolo di un reale processo evolutivo sarebbe una fabbrica di automobili nei cui successivi padiglioni si vedessero, per es., prima i telai senza ruote, poi con le ruote senza pneumatici, poi con i pneumatici, ecc. Invece nei vari padiglioni della natura è come se si vedessero prima biciclette, poi motociclette, poi automobili, tutte macchine perfette: non fabbrica trasformatrice, ma sale di esposizione.

Teilhard ha cercato di evadere da questa radicale osservazione antievoluzionista, adducendo, come motivo per la sparizione di quegli stadi non perfetti ossia rudimentali, la loro debole consistenza, similmente a quella, per es., dei germi e degli embrioni degli individui maturi di oggi, e similmente a quella di tutte le civiltà iniziali, certamente esistite, ma delle quali non si conserva alcuna traccia (cfr. Le Phén. Hum.,129; L'App. de l'H., 192): 

«Che si tratti d'un individuo o di un gruppo, di una città o d'una civilizzazione, gli embrioni non si fossilizzano» (Le Groupe zoologique humain, 1949, 82). Ma, con il suo consueto sempli­cismo critico, nutrito di pure analogie, pare che non abbia riflettuto che nel caso dello sbocciare di nuovi individui si hanno entità molli, ovviamente distruttibili, mentre nel caso del transito verso specie superiori si hanno le robuste basi delle specie di partenza (quanto poi al paragone delle nuove civiltà è falso, perché molte tracce dei loro albori si sono ritrovate benissimo). 

Si riuniscano ora insieme i precedenti rilievi circa rinconsistenza dei principali argomenti evoluzionisti e questi rilievi antievoluzionisti, fondati sulla obiettiva esperienza e si rifletta se è il caso, per i pensatori cattolici, di prendere tanto sul serio questa così detta verità scientifica e di sacrificare per essa solide e classiche dottrine teologiche.

L'evoluzionismo, ovviamente, non può non costituire la strada obbligata per tutti coloro che partono dall'idea preconcetta del non intervento e della non esistenza di Dio. Chi crede in Dio e guarda spregiudicatamente all'esperienza, non ha invece nessuna necessità d'imboccarla. 

La verità non è democratica. Non dipende dalla maggioranza, non è creata dalla moda, neanche quando questa assume nome di scienza. 
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