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ANNO DELLA FEDE - Pensiero del giorno - 15.1.2013‏

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2013 13:03
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15/02/2013 12:04
 
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La preghiera è fondamentale, sempre e comunque , ci avvicina a Dio, è quella che ci fa parlare con Dio.
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16/02/2013 12:24
 
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Prima si pensava e si credeva che, accantonando Dio ed essendo noi autonomi, seguendo solo le nostre idee, la nostra volontà, saremmo divenuti realmente liberi, potendo fare quanto volevamo senza che nessun altro potesse darci alcun ordine. Ma dove scompare Dio, l'uomo non diventa più grande; perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto. Alla fine risulta solo il prodotto di un'evoluzione cieca e, come tale, può essere usato e abusato. E' proprio quanto l'esperienza di questa nostra epoca ha confermato. Solo se Dio è grande, anche l'uomo è grande. Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così. Non dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio; far sì che Egli sia grande nella nostra vita; così anche noi diventiamo divini; tutto lo splendore della dignità divina è allora nostro. Applichiamo questo alla nostra vita. È importante che Dio sia grande tra di noi, nella vita pubblica e nella vita privata. Nella vita pubblica, è importante che Dio sia presente, ad esempio, mediante la Croce negli edifici pubblici, che Dio sia presente nella nostra vita comune, perché solo se Dio è presente abbiamo un orientamento, una strada comune; altrimenti i contrasti diventano inconciliabili, non essendoci più il riconoscimento della comune dignità. Rendiamo Dio grande nella vita pubblica e nella vita privata. Ciò vuol dire fare spazio ogni giorno a Dio nella nostra vita, cominciando dal mattino con la preghiera, e poi dando tempo a Dio, dando la domenica a Dio. Non perdiamo il nostro tempo libero se lo offriamo a Dio. Se Dio entra nel nostro tempo, tutto il tempo diventa più grande, più ampio, più ricco.

Omelia, Castel Gandolfo, 15 agosto 2005
16/02/2013 15:08
 
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Dio non deve sparire dalla nostra vita anzi esserci sempre più vicino, sempre accanto nella nostra vita, e tenerlo partecipe, farci abbracciare da lui, ed inondare del suo paterno amore e gioia.
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17/02/2013 11:58
 
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Guardiamo a Cristo trafitto in Croce! E' Lui la rivelazione più sconvolgente dell'amore di Dio, un amore in cui eros e agape, lungi dal contrapporsi, si illuminano a vicenda. Sulla Croce è Dio stesso che mendica l'amore della sua creatura: Egli ha sete dell'amore di ognuno di noi. L'apostolo Tommaso riconobbe Gesù come "Signore e Dio" quando mise la mano nella ferita del suo costato. Non sorprende che, tra i santi, molti abbiano trovato nel Cuore di Gesù l'espressione più commovente di questo mistero di amore. Si potrebbe addirittura dire che la rivelazione dell'eros di Dio verso l'uomo è, in realtà, l'espressione suprema della sua agape. In verità, solo l'amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un'ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti. Gesù ha detto: "Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,32). La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui. Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri: Cristo "mi attira a sé" per unirsi a me, perché impari ad amare i fratelli con il suo stesso amore.

Messaggio per la Quaresima 2007, dal Vaticano, 21 novembre 2006
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18/02/2013 08:31
 
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Se vogliamo che la Pentecoste non si riduca ad un semplice rito o ad una pur suggestiva commemorazione, ma sia evento attuale di salvezza, dobbiamo predisporci in religiosa attesa del dono di Dio mediante l'umile e silenzioso ascolto della sua Parola. Perché la Pentecoste si rinnovi nel nostro tempo, bisogna forse – senza nulla togliere alla libertà di Dio – che la Chiesa sia meno "affannata" per le attività e più dedita alla preghiera. Ce lo insegna la Madre della Chiesa, Maria Santissima, Sposa dello Spirito Santo. Quest'anno la Pentecoste ricorre proprio nell'ultimo giorno di maggio, in cui si celebra solitamente la festa della Visitazione. Anche quella fu una sorta di piccola "pentecoste", che fece sgorgare la gioia e la lode dai cuori di Elisabetta e di Maria, una sterile e l'altra vergine, divenute entrambe madri per straordinario intervento divino (cfr Lc 1,41-45).

Omelia, Basilica Vaticana, 31 maggio 2009
18/02/2013 13:15
 
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divenute entrambe madri per straordinario intervento divino.L'intervento divino opera sempre grandi cose in noi, bacioni
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19/02/2013 08:27
 
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Societas Spiritus, società dello Spirito: così sant'Agostino chiama la Chiesa in un suo sermone (71, 19, 32: PL 38, 462). Ma già prima di lui sant'Ireneo aveva formulato una verità che mi piace qui ricordare: dov'è la Chiesa, là c'è lo Spirito di Dio, e dov'è lo Spirito di Dio, là c'è la Chiesa ed ogni grazia, e lo Spirito è la verità; allontanarsi dalla Chiesa è rifiutare lo Spirito e perciò escludersi dalla vita (Adv. Haer. III, 24, 1). A partire dall'evento di Pentecoste si manifesta pienamente questo connubio tra lo Spirito di Cristo e il mistico Corpo di Lui, cioè la Chiesa. […] Nell'evento di Pentecoste si rende chiaro che alla Chiesa appartengono molteplici lingue e culture diverse; nella fede esse possono comprendersi e fecondarsi a vicenda. San Luca vuole chiaramente trasmettere un'idea fondamentale, che cioè all'atto stesso della sua nascita la Chiesa è già cattolica, universale. Essa parla fin dall'inizio tutte le lingue, perché il Vangelo che le è affidato è destinato a tutti i popoli, secondo la volontà e il mandato di Cristo risorto (cfr Mt 28,19). La Chiesa che nasce a Pentecoste non è anzitutto una Comunità particolare – la Chiesa di Gerusalemme – ma la Chiesa universale, che parla le lingue di tutti i popoli. Da essa nasceranno poi altre Comunità in ogni parte del mondo, Chiese particolari che sono tutte e sempre attuazioni della sola ed unica Chiesa di Cristo. La Chiesa cattolica non è pertanto una federazione di Chiese, ma un'unica realtà: la priorità ontologica spetta alla Chiesa universale. Una comunità che non fosse in questo senso cattolica non sarebbe nemmeno Chiesa.

OMELIA, Basilica Vaticana, 11 maggio 2008
19/02/2013 15:05
 
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La chiesa deve sempre riunire queste culture, cosi diverse , tra di loro
[Modificato da ladymira 19/02/2013 15:05]
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20/02/2013 08:29
 
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È nel mistero della Croce che si rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste. Per riconquistare l'amore della sua creatura, Egli ha accettato di pagare un prezzo altissimo: il sangue del suo Unigenito Figlio. La morte, che per il primo Adamo era segno estremo di solitudine e di impotenza, si è così trasformata nel supremo atto d'amore e di libertà del nuovo Adamo. Ben si può allora affermare, con san Massimo il Confessore, che Cristo "morì, se così si può dire, divinamente, poiché morì liberamente" (Ambigua, 91, 1056). Nella Croce si manifesta l'eros di Dio per noi. Eros è infatti - come si esprime lo Pseudo Dionigi - quella forza "che non permette all'amante di rimanere in se stesso, ma lo spinge a unirsi all'amato" (De divinis nominibus, IV, 13: PG 3, 712). Quale più "folle eros" (N. Cabasilas, Vita in Cristo, 648) di quello che ha portato il Figlio di Dio ad unirsi a noi fino al punto di soffrire come proprie le conseguenze dei nostri delitti?

Messaggio per la Quaresima 2007, dal Vaticano, 21 novembre 2006
20/02/2013 14:25
 
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La croce è simbolo di misericordia!, della bontà del padre verso i suoi figli, amore incondizionato, senza riserve.
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21/02/2013 08:44
 
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Maria desidera che Dio sia grande nel mondo, sia grande nella sua vita, sia presente tra tutti noi. Non ha paura che Dio possa essere un "concorrente" nella nostra vita, che possa toglierci qualcosa della nostra libertà, del nostro spazio vitale con la sua grandezza. Ella sa che, se Dio è grande, anche noi siamo grandi. La nostra vita non viene oppressa, ma viene elevata e allargata: proprio allora diventa grande nello splendore di Dio. Il fatto che i nostri progenitori pensassero il contrario fu il nucleo del peccato originale. Temevano che, se Dio fosse stato troppo grande, avrebbe tolto qualcosa alla loro vita. Pensavano di dover accantonare Dio per avere spazio per loro stessi. Questa è stata anche la grande tentazione dell'epoca moderna, degli ultimi tre-quattro secoli. Sempre più si è pensato ed anche si è detto: "Ma questo Dio non ci lascia la nostra libertà, rende stretto lo spazio della nostra vita con tutti i suoi comandamenti. Dio deve dunque scomparire; vogliamo essere autonomi, indipendenti. Senza questo Dio noi stessi saremo dei, facendo quel che vogliamo noi". Era questo il pensiero anche del figlio prodigo, il quale non capì che, proprio per il fatto di essere nella casa del padre, era "libero". Andò via in paesi lontani e consumò la sostanza della sua vita. Alla fine capì che, proprio per essersi allontanato dal padre, invece che libero, era divenuto schiavo; capì che solo ritornando alla casa del padre avrebbe potuto essere libero davvero, in tutta la bellezza della vita.

Omelia, Castel Gandolfo, 15 agosto 2005
21/02/2013 14:11
 
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Dio impreziosisce la vita, non ci toglie nulla , seguirlo è sempre una gioia [SM=g7423]
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22/02/2013 10:18
 
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La figura mitologica di Prometeo, […] richiama un aspetto caratteristico dell'uomo moderno. Impossessatosi delle energie del cosmo – il "fuoco" – l'essere umano sembra oggi affermare se stesso come dio e voler trasformare il mondo escludendo, mettendo da parte o addirittura rifiutando il Creatore dell'universo. L'uomo non vuole più essere immagine di Dio, ma 53di se stesso; si dichiara autonomo, libero, adulto. Evidentemente tale atteggiamento rivela un rapporto non autentico con Dio, conseguenza di una falsa immagine che di Lui si è costruita, come il figlio prodigo della parabola evangelica che crede di realizzare se stesso allontanandosi dalla casa del padre. Nelle mani di un uomo così, il "fuoco" e le sue enormi potenzialità diventano pericolosi: possono ritorcersi contro la vita e l'umanità stessa, come dimostra purtroppo la storia. A perenne monito rimangono le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, dove l'energia atomica, utilizzata per scopi bellici, ha finito per seminare morte in proporzioni inaudite. Si potrebbero in verità trovare molti esempi, meno gravi eppure altrettanto sintomatici, nella realtà di ogni giorno. La Sacra Scrittura ci rivela che l'energia capace di muovere il mondo non è una forza anonima e cieca, ma è l'azione dello "spirito di Dio che aleggiava sulle acque" (Gn 1,2) all'inizio della creazione. E Gesù Cristo ha "portato sulla terra" non la forza vitale, che già vi abitava, ma lo Spirito Santo, cioè l'amore di Dio che "rinnova la faccia della terra" purificandola dal male e liberandola dal dominio della morte (cfr Sal 103/104,29-30). Questo "fuoco" puro, essenziale e personale, il fuoco dell'amore, è disceso sugli Apostoli, riuniti in preghiera con Maria nel Cenacolo, per fare della Chiesa il prolungamento dell'opera rinnovatrice di Cristo.

Omelia, Basilica Vaticana, 31 maggio 2009
22/02/2013 16:10
 
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Dio a parere mio, non si deve escludere, purtroppo la società di oggi , lo fà!
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23/02/2013 12:23
 
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Tra i popoli rappresentati a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste, Luca cita anche gli stranieri di Roma (At 2,10). In quel momento Roma era ancora lontana, straniera per la Chiesa nascente: essa era simbolo del mondo pagano in generale. Ma la forza dello Spirito Santo guiderà i passi dei testimoni fino agli estremi confini della terra (At 1,8), fino a Roma. Il libro degli Atti degli Apostoli termina proprio quando san Paolo, attraverso un disegno provvidenziale, giunge alla capitale dell'impero e vi annuncia il Vangelo (cfr At 28,30-31). Così il cammino della Parola di Dio, iniziato a Gerusalemme, giunge alla sua meta, perché Roma rappresenta il mondo intero ed incarna perciò l'idea lucana della cattolicità. Si è realizzata la Chiesa universale, la Chiesa cattolica, che è il proseguimento del popolo dell'elezione e ne fa propria la storia e la missione. […] Il Vangelo di Giovanni ci offre una parola, che si accorda molto bene con il mistero della Chiesa creata dallo Spirito. La parola uscita per due volte dalla bocca di Gesù risorto quando apparve in mezzo ai discepoli nel Cenacolo, la sera di Pasqua: Shalom – pace a voi! (Gv 20, 19.21). L'espressione shalom non è un semplice saluto; è molto di più: è il dono della pace promessa (cfr Gv 14,27) e conquistata da Gesù a prezzo del suo sangue, è il frutto della sua vittoria nella lotta contro lo spirito del male. E' dunque una pace non come la dà il mondo, ma come solo Dio può darla.

OMELIA, Basilica Vaticana, 11 maggio 2008
23/02/2013 13:46
 
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Shalom , è la più bella parola che ci sia al mondo, dà proprio la pace e secondo me è meglio di ogni altro saluto [SM=g3228773]
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24/02/2013 20:42
 
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Più l'uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini. Lo vediamo in Maria. Il fatto che ella sia totalmente presso Dio è la ragione per cui è anche così vicina agli uomini. Per questo può essere la Madre di ogni consolazione e di ogni aiuto, una Madre alla quale in qualsiasi necessità chiunque può osare rivolgersi nella propria debolezza e nel proprio peccato, perché ella ha comprensione per tutto ed è per tutti la forza aperta della bontà creativa. È in lei che Dio imprime la propria immagine, l'immagine di Colui che segue la pecorella smarrita fin nelle montagne e fin tra gli spini e i pruni dei peccati di questo mondo, lasciandosi ferire dalla corona di spine di questi peccati, per prendere la pecorella sulle sue spalle e portarla a casa. Come Madre che compatisce, Maria è la figura anticipata e il ritratto permanente del Figlio. E così vediamo che anche l'immagine dell'Addolorata, della Madre che condivide la sofferenza e l'amore, è una vera immagine dell'Immacolata. Il suo cuore, mediante l'essere e il sentire insieme con Dio, si è allargato. In lei la bontà di Dio si è avvicinata e si avvicina molto a noi. Così Maria sta davanti a noi come segno di consolazione, di incoraggiamento, di speranza. Ella si rivolge a noi dicendo: "Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui! Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, allora vedrai che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai!".

Omelia, Basilica Vaticana, 8 dicembre 2005
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25/02/2013 08:49
 
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Se noi vogliamo andare incontro a Gesù e poi camminare insieme con Lui sulla sua strada, dobbiamo però chiedere: Che via è quella su cui Egli intende guidarci? Che cosa ci aspettiamo da Lui? Che cosa Egli s'aspetta da noi? Per capire quello che avvenne nella Domenica delle Palme e sapere che cosa essa, oltre che per quell'ora, significa per ogni tempo, si rivela importante un particolare, che diventò anche per i suoi discepoli la chiave per la comprensione dell'evento quando, dopo la Pasqua, ripercorsero con uno sguardo nuovo quelle giornate tumultuose. Gesù entra nella Città Santa cavalcando un asino, l'animale cioè della semplice gente comune della campagna, e per di più un asino che non gli appartiene, ma che Egli, per questa occasione, chiede in prestito. Non arriva in una sfarzosa carrozza regale, non a cavallo come i grandi del mondo, ma su un asino preso in prestito. Giovanni ci racconta che in un primo momento i discepoli questo non lo capirono.

Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006
25/02/2013 15:07
 
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Più l'uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini. Lo vediamo in Maria. Il fatto che ella sia totalmente presso Dio è la ragione per cui è anche così vicina agli uomini.
Giustissimo, perchè se amo Dio di riflesso , amo le sue creature, ricordiamoci che ha creato tutto lui
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26/02/2013 10:39
 
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La Chiesa realizza il suo servizio alla pace di Cristo soprattutto nell'ordinaria presenza e azione in mezzo agli uomini, con la predicazione del Vangelo e con i segni di amore e di misericordia che la accompagnano (cfr Mc 16,20). Fra questi segni va naturalmente sottolineato principalmente il Sacramento della Riconciliazione, che Cristo risorto istituì nello stesso momento in cui fece dono ai discepoli della sua pace e del suo Spirito. Come abbiamo ascoltato nella pagina evangelica, Gesù alitò sugli apostoli e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi (Gv 20,21-23). Quanto importante e purtroppo non sufficientemente compreso è il dono della Riconciliazione, che pacifica i cuori! La pace di Cristo si diffonde solo tramite cuori rinnovati di uomini e donne riconciliati e fatti servi della giustizia, pronti a diffondere nel mondo la pace con la sola forza della verità, senza scendere a compromessi con la mentalità del mondo, perché il mondo non può dare la pace di Cristo: ecco come la Chiesa può essere fermento di quella riconciliazione che viene da Dio. Può esserlo solo se resta docile allo Spirito e rende testimonianza al Vangelo, solo se porta la Croce come e con Gesù. Proprio questo testimoniano i santi e le sante di ogni tempo!

OMELIA, Basilica Vaticana, 11 maggio 2008
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27/02/2013 09:44
 
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La grande esplosione della risurrezione ci ha afferrati nel Battesimo per attrarci. Così siamo associati ad una nuova dimensione della vita nella quale, in mezzo alle tribolazioni del nostro tempo, siamo già in qualche modo introdotti. Vivere la propria vita come un continuo entrare in questo spazio aperto: è questo il significato dell'essere battezzato, dell'essere cristiano. È questa la gioia della Veglia pasquale. La risurrezione non è passata, la risurrezione ci ha raggiunti ed afferrati. Ad essa, cioè al Signore risorto, ci aggrappiamo e sappiamo che Lui ci tiene saldamente anche quando le nostre mani si indeboliscono. Ci aggrappiamo alla sua mano, e così teniamo le mani anche gli uni degli altri, diventiamo un unico soggetto, non soltanto una cosa sola. Io, ma non più io: è questa la formula dell'esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo. Io, ma non più io: se viviamo in questo modo, trasformiamo il mondo. È la formula di contrasto con tutte le ideologie della violenza e il programma che s'oppone alla corruzione ed all'aspirazione al potere e al possesso.

Omelia, Basilica Vaticana, 15 aprile 2006
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28/02/2013 10:42
 
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Solo dopo Pasqua (i discepoli) si accorsero che Gesù, […] dava compimento agli annunci dei profeti, e capirono che il suo agire derivava dalla Parola di Dio e la portava al suo adempimento. Si ricordarono, dice Giovanni, che nel profeta Zaccaria si legge: "Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d'asina" (Gv 12, 15; cfr Zc 9, 9). Per comprendere il significato della profezia e così dello stesso agire di Gesù, dobbiamo ascoltare il testo intero di Zaccaria, che continua così: "Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme; l'arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti. Il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra" (9, 10). Con ciò il profeta afferma tre cose sul re venturo. In primo luogo dice che egli sarà un re dei poveri, un povero tra i poveri e per i poveri. La povertà s'intende in questo caso nel senso degli anawim d'Israele, di quelle anime credenti ed umili che incontriamo intorno a Gesù – nella prospettiva della prima Beatitudine del Discorso della montagna. Uno può essere materialmente povero, ma avere il cuore pieno di bramosia della ricchezza materiale e del potere che deriva dalla ricchezza. Proprio il fatto che egli vive nell'invidia e nella cupidigia dimostra che nel suo cuore appartiene ai ricchi. Desidera rovesciare la ripartizione dei beni, ma per arrivare ad essere lui stesso nella situazione dei ricchi di prima.

Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006
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01/03/2013 10:02
 
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Soprattutto la confessione della fede non è soltanto una cosa da capire, una cosa intellettuale, una cosa da memorizzare – certo, anche questo –, ma tocca anche l'intelletto, tocca anche il nostro vivere, soprattutto. E questo mi sembra molto importante. Non è una cosa intellettuale, una pura formula. È un dialogo di Dio con noi, un'azione di Dio con noi e una risposta nostra, è un cammino. La verità di Cristo si può capire soltanto se si è capita la sua via. Solo se accettiamo Cristo come via incominciamo realmente ad essere nella via di Cristo e possiamo anche capire la verità di Cristo. La verità non vissuta non si apre; solo la verità vissuta, la verità accettata come modo di vivere, come cammino, si apre anche come verità in tutta la sua ricchezza e profondità.Quindi, questa formula è una via, è espressione di una nostra conversione, di un'azione di Dio. E noi vogliamo realmente tenere presente questo anche in tutta la nostra vita: che siamo in comunione di cammino con Dio, con Cristo. E così siamo in comunione con la verità: vivendo la verità, la verità diventa vita e vivendo questa vita troviamo anche la verità.

"Lectio Divina", Basilica di San Giovanni in Laterano, 11 giugno 2012
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02/03/2013 12:05
 
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La povertà nel senso di Gesù – nel senso dei profeti – presuppone soprattutto la libertà interiore dall'avidità di possesso e dalla smania di potere. Si tratta di una realtà più grande di una semplice ripartizione diversa dei beni, che resterebbe però nel campo materiale, rendendo anzi i cuori più duri. Si tratta innanzitutto della purificazione del cuore, grazie alla quale si riconosce il possesso come responsabilità, come compito verso gli altri, mettendosi sotto gli occhi di Dio e lasciandosi guidare da Cristo che, essendo ricco, si è fatto povero per noi (cfr 2 Cor 8, 9). La libertà interiore è il presupposto per il superamento della corruzione e dell'avidità che ormai devastano il mondo; tale libertà può essere trovata soltanto se Dio diventa la nostra ricchezza; può essere trovata soltanto nella pazienza delle rinunce quotidiane, nelle quali essa si sviluppa come libertà vera. Al re che ci indica la via verso questa meta – Gesù – a Lui acclamiamo nella Domenica delle Palme; a Lui chiediamo di prenderci con sé sulla sua via.

Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006
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04/03/2013 11:45
 
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La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo. Vento e fuoco dello Spirito Santo devono senza sosta aprire quelle frontiere che noi uomini continuiamo ad innalzare fra di noi; dobbiamo sempre di nuovo passare da Babele, dalla chiusura in noi stessi, a Pentecoste. Dobbiamo perciò continuamente pregare che lo Spirito Santo ci apra, ci doni la grazia della comprensione, così da divenire il popolo di Dio proveniente da tutti i popoli – ancor più, ci dice San Paolo: in Cristo, che come unico pane nutre tutti noi nell'Eucaristia e ci attira a sé nel suo corpo straziato sulla croce, noi dobbiamo divenire un solo corpo e un solo spirito.

OMELIA, Basilica Vaticana, 15 maggio 2005
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04/03/2013 11:45
 
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Dio non è più molto lontano per noi, non è una realtà da discutere – se c'è o non c'è –, ma noi siamo in Dio e Dio è in noi. La priorità, la centralità di Dio nella nostra vita è una prima conseguenza del Battesimo. Alla questione: «C'è Dio?», la risposta è: «C'è ed è con noi; centra nella nostra vita questa vicinanza di Dio, questo essere in Dio stesso, che non è una stella lontana, ma è l'ambiente della mia vita». Questa sarebbe la prima conseguenza e quindi dovrebbe dirci che noi stessi dobbiamo tenere conto di questa presenza di Dio, vivere realmente nella sua presenza. […] noi non ci facciamo cristiani. Divenire cristiani non è una cosa che segue da una mia decisione: «Io adesso mi faccio cristiano». Certo, anche la mia decisione è necessaria, ma soprattutto è un'azione di Dio con me: non sono io che mi faccio cristiano, io sono assunto da Dio, preso in mano da Dio e così, dicendo «sì» a questa azione di Dio, divento cristiano. Divenire cristiani, in un certo senso, è passivo: io non mi faccio cristiano, ma Dio mi fa un suo uomo, Dio mi prende in mano e realizza la mia vita in una nuova dimensione. Come io non mi faccio vivere, ma la vita mi è data; sono nato non perché io mi sono fatto uomo, ma sono nato perché l'essere umano mi è donato. Così anche l'essere cristiano mi è donato, è un passivo per me, che diventa un attivo nella nostra, nella mia vita. E questo fatto del passivo, di non farsi da se stessi cristiani, ma di essere fatti cristiani da Dio, implica già un po' il mistero della Croce: solo morendo al mio egoismo, uscendo da me stesso, posso essere cristiano.

"Lectio Divina", Basilica di San Giovanni in Laterano, 11 giugno 2012
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05/03/2013 08:39
 
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Il profeta (Zc 9, 10)ci mostra che questo re sarà un re di pace: egli farà sparire i carri da guerra e i cavalli da battaglia, spezzerà gli archi ed annuncerà la pace. Nella figura di Gesù questo si concretizza mediante il segno della Croce. Essa è l'arco spezzato, in certo qual modo il nuovo, vero arcobaleno di Dio, che congiunge il cielo e la terra e getta un ponte sugli abissi e tra i continenti. La nuova arma, che Gesù ci dà nelle mani, è la Croce – segno di riconciliazione, di perdono, segno dell'amore che è più forte della morte. Ogni volta che ci facciamo il segno della Croce dobbiamo ricordarci di non opporre all'ingiustizia un'altra ingiustizia, alla violenza un'altra violenza; ricordarci che possiamo vincere il male soltanto con il bene e mai rendendo male per male.

Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006
05/03/2013 16:10
 
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Solo il signore,ci puo liberare dalla guerra,portando la pace,DIo,DIo di pace

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06/03/2013 10:41
 
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Gesù Cristo ha costituito la Chiesa quale suo Corpo mistico, perché ne prolunghi la missione nella storia. "Ricevete lo Spirito Santo" – disse il Signore agli Apostoli la sera della risurrezione, accompagnando quelle parole con un gesto espressivo: "soffiò" su di loro (cfr Gv 20,22). Manifestò così che trasmetteva ad essi il suo Spirito, lo Spirito del Padre e del Figlio. […] la Scrittura ci dice ancora una volta come dev'essere la comunità, come dobbiamo essere noi per ricevere il dono dello Spirito Santo. Nel racconto, che descrive l'evento di Pentecoste, l'Autore sacro ricorda che i discepoli "si trovavano tutti insieme nello stesso luogo". Questo "luogo" è il Cenacolo, la "stanza al piano superiore" dove Gesù aveva fatto con i suoi Apostoli l'Ultima Cena, dove era apparso loro risorto; quella stanza che era diventata per così dire la "sede" della Chiesa nascente (cfr At 1,13). Gli Atti degli Apostoli tuttavia, più che insistere sul luogo fisico, intendono rimarcare l'atteggiamento interiore dei discepoli: "Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera" (At 1,14). Dunque, la concordia dei discepoli è la condizione perché venga lo Spirito Santo; e presupposto della concordia è la preghiera.

OMELIA, Basilica Vaticana, 31 maggio 2009
07/03/2013 10:27
 
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Zaccaria dice che il regno del re della pace si estende "da mare a mare… fino ai confini della terra". L'antica promessa della Terra, fatta ad Abramo e ai Padri, viene qui sostituita da una nuova visione: lo spazio del re messianico non è più un determinato paese che poi si separerebbe necessariamente dagli altri e quindi inevitabilmente prenderebbe anche posizione contro altri paesi. Il suo paese è la terra, il mondo intero. Superando ogni delimitazione Egli, nella molteplicità delle culture, crea unità. Penetrando con lo sguardo le nubi della storia che separavano il profeta da Gesù, vediamo in questa profezia emergere da lontano la rete delle comunità eucaristiche che abbraccia la terra, tutto il mondo – una rete di comunità che costituiscono il "Regno della pace" di Gesù da mare a mare fino ai confini della terra. In tutte le culture e in tutte le parti del mondo, ovunque nelle misere capanne e nelle povere campagne, come anche nello splendore delle cattedrali, Egli viene. Dappertutto Egli è lo stesso, l'Unico, e così tutti gli oranti radunati, nella comunione con Lui, sono anche tra di loro uniti insieme in un unico corpo. Cristo domina facendosi Egli stesso il nostro pane e donandosi a noi. È in questo modo che Egli costruisce il suo Regno.

Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006
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