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La NATIVITA' (secondo Katerina Emmerich)

Ultimo Aggiornamento: 03/01/2013 00:40
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03/01/2013 00:33
 
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82 - L'arrivo a Gerusalemme dei Magi - Erode è sconvolto

La carovana adesso aveva al seguito più di duecento persone. Si erano unite alla medesima anche alcuni personaggi distinti. Vidi i tre Re che sedevano sopra i cammelli a due gobbe, carichi di bagagli. Le persone distinte procedevano su cavalcature assai veloci; non so se fossero cavalli o asini1 guarniti di preziose gualdrappe e redini adornate di innumerevoli catenelle d'oro. Entrati a Gerusalemme, il popolo fu assai sorpreso nel vederli. Quando i Magi esposero il motivo della loro venuta, si accorsero che perfino in questa città nessuno era a conoscenza della stella e del Santo Bambino. Tutti si dimostrarono meravigliati di questa storia. Quando però i guardiani delle porte udirono l'offerta dei Magi di pagare lautamente l'ospitalità nella città, e che desideravano parlare al sovrano, mandarono subito ad avvertire Erode. Frattanto alcuni cittadini presero a deridere i Re. Tempo dopo, i Magi appresero con tremendo stupore che anche Erode mai aveva sentito parlare del Santo Neonato, allora la loro afflizione aumentò. Ma dopo aver pregato, si sentirono subito pieni di fede e di coraggio; allora si affidarono a Colui che per mezzo della stella li aveva condotti in quel luogo. La carovana fu infine fatta entrare per la porta vicina al monte Calvario; i Magi e il seguito furono condotti in un cortile rotondo con abitazioni. Abbeverarono le bestie e poi le condussero nelle stalle, mentre i bagagli dei Re e del loro seguito furono attentamente perquisiti. Vidi poi Theodeko condotto segretamente al castello di Erode su un'altura. Erano le ore ventidue quando fu ricevuto da un cortigiano di Erode in una grande sala al piano terra. Al castello c'era una festa, le sale erano illuminate e affollate di cortigiani, vidi donne in abbigliamento succinto. Il maggiore dei tre Magi espose tutto con naturalezza e pregò il cortigiano di domandare al suo sovrano se sapesse dove fosse il nuovo Re dei Giudei. Inoltre gli disse sinceramente che essi erano giunti fin qui per adorarlo, seguendo la stella inviata dalla Provvidenza celeste. Quando l'uomo informò Erode, questi ne fu assai spaventato. Dissimulando il proprio risentimento, il tiranno fece rispondere che non ne sapeva nulla ma avrebbe chiesto subito informazioni. Intanto i Santi Re, sconsolati, andarono per la città cercando di udire o vedere qualcosa, scrutando invano il cielo di Gerusalemme con la speranza di vedere la stella. Appena Theodeko si allontanò dal castello, Erode, rimasto sbigottito dalla notizia, fece convocare con urgenza i saggi e i sacerdoti. Era mezzanotte quando vidi i santoni con i libri della Legge recarsi al castello. Oltre venti eruditi e veggenti, vestiti di abiti sacerdotali orna-ti di piastre e con le cintole adorne di lettere, si erano riuniti intorno ad Erode per esaudirne la volontà. Costoro mostrarono al sovrano un passo di uno scritto antico e gli risposero: "Egli deve essere nato in Betlemme di Giuda, secondo le parole del profeta Michea: "Tu o Betlemme, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà il Re che deve reggere il mio popolo in Israele" (cfr. Mi 5,1); Allora il tiranno impallidì; lo vidi recarsi con alcuni sacerdoti sulla terrazza del palazzo per scrutare il cielo e cercare la stella di cui aveva parlato Theodeko. Non videro nulla. Il sovrano dei Giudei fu assalito da una viva inquietudine, i dottori e i sacerdoti cercarono di acquietarlo dicendogli di non credere alle fantasticherie di quei Re, della loro stella e del novello sovrano, se veramente fosse avvenuta una tal nascita i sacerdoti del tempio della città santa l'avrebbero già saputo.

83 - I tre Re si presentano ad Erode e ripartono per Betlemme. - Domenica 23 dicembre.

Questa mattina Erode fece venire al suo palazzo i Re che furono ricevuti in tutta segretezza sotto un atrio e poi introdotti in una sala. Quale segno di buona accoglienza, vidi vasi con ramoscelli verdi e alcuni rinfreschi. Attesero un tempo, e appena videro apparire il sovrano nella sala si inchinarono e gli chiesero se avesse avuto notizie del nuovo re dei Giudei. Erode, che era accompagnato da alcuni saggi, cercando di nascondere la sua agitazione interiore, pose a sua volta domande ai Magi su quello che avevano veduto. Mensor allora gli narrò dell'ultima immagine che era apparsa nella stella: cioè di una Vergine col Fanciullo dal cui fianco destro sporgeva un ramo che sosteneva all'estremità una torre con molte entrate. La torre si era a poco a poco ampliata fino a divenire una città, mentre il Bambino con la corona, la spada e lo scettro, era apparso sulla città stessa qua-le suo dominatore. Poi Mensor così concluse la descrizione di questa visione: "Allora noi vedemmo giungere in questo luogo tutti i sovrani della terra per prostrarsi e adorare il Bambino, perché Egli possiede un Regno che è superiore a tutti gli altri". Erode gli disse: "Esiste una profezia analoga, la quale determina il luogo di Efrata, intorno a Betlemme, in cui potreste tentare di trovare il Bambino e adorano in silenzio contemplativo e sincerità!". Poi il sovrano concluse manifestando il desiderio di udire la loro relazione quando fossero passati sulla strada del ritorno, "affinché egli pure potesse colà recarsi e prestare il suo omaggio" (cfr. Mt 2,8). I Magi, senza toccare i rinfreschi e i cibi preparati per loro, andarono via in fretta dopo essersi accomiatati da Erode. Essi ripresero subito il viaggio alla volta di Betlemme, seguendo le istruzioni della profezia accennata da Erode. Quando si misero in viaggio, siccome vidi ardere le fiaccole, suppongo che fosse prima dell'alba. Molti mendicanti, che avevano seguito la carovana, si erano dispersi per Gerusalemme e non proseguirono il viaggio al seguito dei Magi. Vidi il lungo corteo dei carri, cavalieri, cammelli e uomini a piedi, uscire dalla porta posta a mezzodì di Gerusalemme. Un gruppo di persone li seguì fino ad un ruscello vicino alla città. Passato il ruscello, i Re sostarono in attesa di vedere comparire la stella; quando dopo poco questa apparve luminosa essi lanciarono grida di gioia e con lieti canti proseguirono la via. La stella, che di notte splendeva come un globo di fuoco, ora si distingueva appena in forma rotonda come quando si mostra la luna in pieno giorno. Spesso la vidi offuscata dalle nubi. La via diretta che da Betlemme conduceva a Gerusalemme, formicolava di viaggiatori che portavano numerosi asini carichi di bagagli. Credo che fossero persone che facevano ritorno a Gerusalemme dopo aver pagato l'imposta a Betlemme, o che si recavano al mercato o al tempio di Gerusalemme. La strada secondaria che invece percorrevano i Santi Re, era laterale a quella principale, più lunga e solitaria. Fu certamente per volere di Dio che giunsero la sera a Betlemme senza eccitare troppo la pubblica curiosità. Vidi la carovana avanzare al tramonto del sole sempre mantenendo lo stesso ordine: Mensor precedeva con tutti i suoi, poi seguiva il moro Sair; infine Theodeko, il più anziano dei Re.

84 - La stella indica ai Magi la Grotta del Presepio

Era il crepuscolo di domenica quando la carovana si arrestò dinanzi allo stesso palazzo dove Maria e Giuseppe si erano fatti registrare. Vidi tra le altre case, una più grande di tutte, con un cortile chiuso e circondata da un prato e alcuni alberi, al centro del quale vi era un pozzo. Sulla piazza si trovavano alcuni soldati romani posti a guardia del palazzo dov'era l'ufficio delle imposte. Al giungere della carovana molti curiosi le si affollarono intorno. Frattanto la stella era sparita ed i Santi Re incominciarono ad inquietarsi. Altre persone, uscite dalle loro case, si erano fatte loro incontro festose, agitando dei rami ed offrendo ai Magi pani e bevande; poi cominciarono ad interrogarli, come era l'usanza del tempo alla vista di nobili viaggiatori. Frattanto gli animali si dissetavano alla fontana sotto gli alberi. Pensai che la causa di quel benvenuto era dovuto ai pezzetti d'oro che i Re distribuivano alla folla, mentre a Maria e Giuseppe, che non avevano potuto distribuire nulla o ben poco, era stata chiusa la porta in faccia. Dopo l'incontro con Erode, i Magi istintivamente non amavano più attirare la pubblica attenzione e chiesero solo dove porre il campo; venne consigliata loro la valle dei pastori. In quello stesso momento i Magi scorsero uno splendore scintillante nel cielo stellato, allora immediatamente risalirono sui cammelli. Seguendo la fossa della città e delle mura diroccate, aggirarono Betlemme per la parte meridionale avvicinandosi alla grotta dal lato in cui i pastori avevano avuto l'apparizione degli Angeli. Istruiti da alcuni pastori locali, esperti del terreno, la carovana pose l'accampamento dalla parte posteriore della caverna di Maraha. Già parte dell'accampamento era stato disposto quando, sulla collina del presepio, la stella apparve chiara e splendente come non mai; un raggio abbagliante di luce scendeva perpendicolarmente sulla grotta di Gesù. I Magi, che osservarono attenti il fenomeno miracoloso, videro formarsi in mezzo a quello splendore notturno l'immagine del Bambino, come già l'avevano visto un'altra volta nella stella.

85 - Gioia e commozione dei Magi alla presenza della Beata Vergine

Commossi dalla gioia, essi si scoprirono il capo attestando l'alta venerazione in cui erano stati compresi; poi, salendo la collina, rinvennero finalmente l'ingresso della grotta. Mensor ne aprì la porta e fu inondato da una luce fulgente; in fondo alla caverna c'era la Vergine seduta col Bambino, proprio nel modo in cui l'aveva vista nelle sue contemplazioni. Emozionato nel più profondo del cuore, corse dai compagni annunciando loro il portento. Giuseppe ed un vecchio pastore uscirono ad incontrarli; i Santi Re gli dissero che erano venuti con i doni ad adorare il Pargoletto Celeste, Re dei Giudei, condotti da una stella. Giuseppe accolse i Magi con molta cordialità. Essi, però, vollero ritornare subito al campo ad abbigliarsi per l'occasione di ampi mantelli di candido colore, ornati di ricami d'un bel giallo risplendente come la seta grezza. I mantelli erano leggerissimi ed il loro strascico toccava il suolo; i Santi Re li indossavano solo in occasione delle grandi solennità religiose. Portavano alla cintura borse appese con catenelle d'oro; sottobraccio tenevano cofanetti preziosi coperti da manti. Ciascun sovrano aveva un seguito di quattro parenti. Alcuni servi di Mensor portavano un tavolino rotondo, un tappeto con frange ed alcuni preziosi oggetti. Giuseppe li guidò fino all'ingresso, qui ricoprirono la tavoletta col ricco tappeto, la colmarono di astucci, di vasi e di altri oggetti che ciascuno si levava dalla cintola; erano i doni che i Magi offrivano in comunione. Quando tutti si tolsero i sandali, Giuseppe aprì la porta della grotta: allora due servi di Mensor stesero al suolo un tappeto ed egli entrò, seguito da altri due paggetti con i doni. Giunto al cospetto della Santa Vergine, il Re s'inginocchiò e, ricevendo dalle mani dei servi i doni, li pose umilmente su un piccolo sgabello ai piedi di Maria. Poi i servi si ritirarono. I quattro accompagnatori di Mensor, umilmente inginocchiati, stavano presso quest'ultimo, mentre gli altri due Re col loro seguito si erano fermati all'ingresso sotto la tettoia. I Magi furono presi da grande emozione, invasi dal timore e dalla profonda venerazione. Li vidi abbacinati dal vivo e celeste chiarore della caverna, eppure altra luce non v'era che quella della lanterna. Difronte all'ingresso, nel luogo stesso dov'era nato, si trovava un cestello sull'alto piedistallo, su questo giaceva la "Luce del mondo" avvQlto in un panno. Quando i Re entrarono timorosi, la Santa Vergine si velò e prese in grembo il bambino Gesù. Mensor, in ginocchio e a capo scoperto, offrì i doni e pronunciò sommesse parole di omaggio. Intanto Maria Santissima, togliendo al Pargoletto la fascia color bianco e rosso che avvolgeva la parte superiore del corpicino, lasciava scorgere l'amabile figura mentre con una mano gli teneva sollevata la testolina e con l'altra gli circondava il corpo. Il Bambino, quasi in atteggiamento di adorazione, teneva le mani incrociate sul petto. Era spendente di graziosa bellezza. Contemplando i tre Magi mi sentii profondamente commuovere dall'innocenza dei loro cuori. Quanto sono beate e sincere nella preghiera queste pie persone che, partite da levante, sono andate ad adorare Gesù. Mi sembrano veramente dei fanciulli! Io mi sento di essere uno spirito vacante, sospesa nell'aria, altrimenti non li vedrei così; eppure in questo momento esisto sulla terra! Mentre ero assorta in questa contemplazione una voce mi disse: "Che t'importa di ciò che sei? Alzati e loda il Signore che èeterno e tutto comprende". Allora vidi Mensor estrarre da una borsa che gli pendeva dalla cintola un pugno di bastoncini d'oro scintillanti, lunghi circa un dito. Egli li depose vicino al Fanciullo divino. Maria accettò con semplice affabilità l'oro. Mensor offriva questi bastoncini d'oro puro animato da divi-no amore e da pie intenzioni, compresi che aveva sempre cercato di raggiungere la verità di tutte le cose. Mensor e le quattro persone che l'accompagnavano si ritirarono, lasciando che avanzasse Sair con i suoi seguaci. Questi pure si inginocchiò e con umili accenti offrì il suo dono, consistente in un'aurea navicella ripiena di piccoli grani verdognoli di resina, che depose sulla tavoletta dinanzi al Bambino. Offriva l'incenso delicato perché, volonteroso e pio, sapeva adattarsi e seguire la Volontà Divina. Prima di ritirarsi rimase genuflesso lungo tempo, assorto in profonda commozione. Avanzò dunque Theodeko, alto e corpulento, non potendo inginocchiarsi si inchinò, presentando sulla tavola un vaso d'oro contenente un'erba fine e di color verde che sembrava portasse ancora le radici. Era questo un alberello dalle foglie increspate e lucide, i cui verdi rami erano diritti e portavano dei bei fiorellini bianchi. Theodeko offriva la mirra quale simbolo della mortificazione e del trionfo sulle passioni, infatti quell'uomo pio aveva combattuto e vinto molte tentazioni mosse dal culto degli idoli, dell'irascibilità e della poligamia. Egli e tutto il suo seguito, stettero per molto tempo genuflessi in grande commozione innanzi a Gesù. Io intanto sentivo compassione per tutti i servi che erano rimasti fuori dalla grotta in attesa di poter adorare per ultimi il bambino Gesù e la Madonna. Immensa fu l'ingenuità e la semplicità delle parole dei Santi Re e dei loro seguaci. Ecco approssimativamente il senso delle loro parole, mentre genuflessi presentavano i doni: "Noi abbiamo veduto la sua stella ed abbiamo saputo che Egli è il Re dei re, perciò veniamo ad adorarlo ed a porgergli l'offerta dei nostri doni". Poi cantarono inni di lode ed iniziarono a pregare con l'umiltà più profonda; vidi lacrime di gioia scorrere sulle loro guance, riempiendoli di grazia. La Madre Divina aveva accettato umilmente i doni che le erano stati fatti, e sebbene non parlasse, pure il segreto movimento del velo tradiva la commozione da cui era agitata. Il nudo corpicino di Gesù si mostrava raggiante dal velo entro cui era avvolto. Dopo che i Santi Re ebbero presentato i propri omaggi la Madonna, pronunciando alcune umili parole di ringraziamento a ciascuno di essi, ritirò alquanto il velo dalla sua persona. Allora io mi sentii istruita sull'accettazione dei doni del cuore e sull'amore sincero. Ebbi innanzi tutto conoscenza della vera dimensione della bontà di Giuseppe e di Maria; Essi non riterranno quei doni tutti per loro ma li divideranno con i poveri ed i pastori. Prima di ritirarsi, i Re incensarono, con pieno sentimento devozionale, Gesù, Giuseppe, la Madonna e la grotta. Poi con i mantelli leggeri avvolti attorno al loro corpo, vidi i Magi abbandonare la grotta insieme ai nobili del seguito per far ritorno al loro alloggio. Entrarono quindi nella grotta i servi, che nel frattempo avevano alzato le tende, sistemato gli animali e preparato il campo, infine avevano atteso umilmente fuori della grotta. Erano circa in trenta e conducevano con loro una schiera di fanciulli, i quali avevano la testa coperta e indossavano solo un semplice mantelletto. Li vidi entrare nella grotta cinque per volta, erano introdotti da un capogruppo. Appena varcavano l'ingresso si genuflettevano innanzi al Bambino e L'adoravano silenziosi. Alla fine entrarono tutti i fanciulli e, inginocchiatisi, innalzarono con fervore innocente e gioioso la loro preghiera al Bambino celeste. I servi non si fermarono a lungo dinanzi al Presepio a causa delle gravose incombenze che li attendevano. Vidi Maria Santissima e Giuseppe commossi fino alle lacrime per questa solenne adorazione tributata al Figliolo Divino. I servi e la Santa Famiglia avevano unito le loro preghiere a quelle dei Magi e fino alle vallate dei dintorni risuonava l'armonico abbraccio della grazia. Con l'omaggio dei tre Santi Re venuti da lontano, quei genitori avevano visto il compimento della grande attesa. Quando tutti lasciarono la grotta, le stelle riempivano il firmamento celeste della scena notturna. Il seguito dei Magi si era radunato intorno ai fuochi che circondavano l'albero di terebinto presso la grotta di Maraha. Udii allora dal campo dei Santi Re levarsi i canti solenni del rito religioso dedicato alle stelle.

86 - Giuseppe alloggia i tre Re

Mai potrei descrivere quanto fosse commovente udire quel canto nel silenzio della valle. Gli antenati dei Magi avevano pregato ed elevato i loro inni alle stelle per molti secoli finché questa sera ogni attesa era stata ripagata, e gli animi erano stati inondati di gioia e di riconoscenza. Intanto Giuseppe, aiutato da due anziani pastori, aveva preparato nelle tende dei Magi un pasto frugale. Sopra una bassa tavola disposero dei piatti con pani, frutta, favi di miele ed erbe, oltre a vari fiaschetti di balsamo. Questi cibi erano stati preparati da Giuseppe quando Maria gli aveva annunciato l'arrivo dei Re. Finito il canto notturno, tutti tornarono alle loro tende per desinare, e Giuseppe consumò il pasto frugale assieme ai Magi. All'inizio si dimostrò timido di fronte ai Re, ma poi entrò sempre più in comunione con costoro. Nell'avere queste visioni mi ricordai di mio padre, un povero contadino, che in occasione della mia vestizione nel chiostro si trovò assiso a tavola in mezzo a molte distinte persone. All'inizio del banchetto l'umiltà e l'ingenuità lo resero timido, in seguito però divenne giulivo e fu il protagonista della festa. Giuseppe si ritirò nella grotta subito dopo il banchetto, mentre alcuni dei ricchi della carovana si recarono in un albergo di Betlemme; altri invece si stesero sui giacigli che erano stati disposti intorno alla tenda maggiore e si riposarono. Quando Giuseppe fu di ritorno alla grotta, collocò i doni ricevuti dai Magi dietro ad una parete mobile. Né Giuseppe, né l'ancella e tantomeno Maria avevano contemplato i doni con compiacenza mondana; li distribuirono ai poveri. Quando la carovana era giunta a Betlemme, vidi che intorno vi era nato un trambusto e una certa agitazione. Un gruppo di persone aveva seguito la carovana e veduto dove questa si dirigeva. Giunti fino alla valle dei pastori, i curiosi erano ritornati a Betlemme. Alcuni Giudei però erano rimasti nascosti nella campagna e avevano spiato quegli incontri gioiosi, poi erano tornati in città a riferire calunnie su ipotetici riti magici. Piansi amaramente quando ebbi quelle visioni; mi addolora sempre constatare che quando Dio si avvicina a qualche anima, molti vengono spinti dall'invidia e inventano ogni specie di falsità. Che compassione ho per questi ciechi che respingono la grazia e la salvezza! I Magi, invece, hanno sopportato un così lungo cammino per trovare la salvezza.

87 - L'inquietudine di Erode

Frattanto Erode a Gerusalemme era molto inquieto, convocati di nuovo i dottori, consultava i libri sacri e discuteva sulle parole dei Magi e gli avvenimenti collegati. Dopo un battibecco con i savi dottori, vidi spegnersi le fiaccole e tutto scese nel silenzio. Mi sembrò che il sovrano avesse ordinato ai saggi e ai fedelissimi di lasciar cadere il fatto nell'assoluta dimenticanza. Nei giorni seguenti Erode fu invaso dall'ira per un altro problema: egli si trovava nel suo castello di Gerico, da cui aveva preso il controllo sul tempio facendo uccidere tutti gli oppositori. il giorno 25 casleu, si era recato a Gerusalemme per celebrarvi la solennità della Dedicazione; in quell'occasione aveva offeso gravemente i sacerdoti facendo porre sulla porta del tempio "il capretto d'oro". Un sacerdote, che non aveva saputo resistere a tanta provocazione, aveva rovesciato a terra l'idolo ed era stato incarcerato. Ne era nato un gran tumulto. Mentre Erode si trovava in questa disposizione d'animo particolare, lo raggiunsero confusamente voci sulla nascita di Cristo. Nella Giudea si era fatta viva la voce della prossima venuta del Messia. Notizie di eventi miracolosi avevano accompagnato la nascita di Gesù e circolavano particolarmente ad opera dei pastori. I ricchi ed i dotti erano invece convinti che tutto ciò fosse un'invenzione favolosa. Quando la cosa giunse alle orecchie di Ero-de, egli fece fare delle indagini segrete a Betlemme e dintorni. I suoi spioni giunsero alla grotta, parlarono con San Giuseppe e constatarono di avere a che fare con gente povera. Riferirono dunque al loro sovrano che non vi era nulla da temere da gente così miserabile. Per apprendere la verità su questo novello re, suo temibile concorrente, Erode aveva fatto credere ai Magi di voler adorare anch'egli il Santo Bambino. Il tiranno cercava di agire con la massima prudenza: egli non voleva provocare il popolo adoperando violenza visibile contro i nascituri, e non voleva nemmeno che la massa credesse che il loro sovrano avesse paura del nuovo re. Quando i Magi non ripassarono per Gerusalemme, Erode li additò in pubblico come fanatici ingannatori. Più tardi, avendo forti sospetti su quella miserabile famiglia nella grotta, Erode ordinò che nessuno dovesse frequentarla e tantomeno dare adito a voci di presunte santità prive di senso. Quando la Sacra Famiglia ritornò a Nazareth, quindici giorni dopo il parto, ben presto il caso fu generalizzato e cadde in dimenticanza. Per la massa del popolo tutto ciò era stato un avvenimento oscuro; però le pie persone tacquero, ancora piene di speranza. Tutto ritornò così nel silenzio. Quando Erode pensò che, siccome nessuno ne parlava più, era giunto il momento di disfarsi di Gesù, seppe che la Santa Famiglia lo aveva prevenuto abbandonando Nazareth. Furioso, il sovrano di Gerusalemme fece fare delle ricerche e delle lunghe indagini; quando svanì ogni speranza di ritrovare il Bambino, abbracciò la disperata idea di far uccidere tutti i fanciulli. Perciò organizzò gruppi di guardie armate, per prevenire tumulti e per controllare che nessun bambino potesse sfuggire dal suo regno.

88 - Un Angelo avverte i Santi Re del pericolo erodiano. - Visioni di lunedì 24 dicembre.

Di buon mattino vidi i Magi, accompagnati da molte persone del loro seguito, recarsi a visitare nuovamente il Bambino e la Santa Vergine. Poi si occuparono di sistemare il campo. Li vidi pieni di gioia prodigarsi nell'offerta di doni. Agivano sempre così quando accadeva qualche lieto avvenimento. I pastori che servivano i Re ed il loro seguito furono pure generosamente ricompensati. Vidi molti poveri andarsene ricolmi di doni. I Magi coprirono con le pellicce le spalle di alcune povere vecchiette che, misere e curve sotto il peso degli anni, si erano trascinate fino all'accampamento. Molti componenti della carovana si unirono in matrimonio con i figli o le figlie dei pastori e stabilirono la loro dimora in quelle valli. Avevano chiesto il permesso ai Re, ed ottennero di essere congedati insieme a vistosi regali. Costoro ricevettero dai Magi tappeti, vasi e grani d'oro, perfino le cavalcature. I Magi dispensavano anche molto pane. Al pensiero dove mai potessero prenderne in tanta quantità, mi sovvenne di aver visto i servi e i carovanieri dei Magi preparare certi pani di forma schiacciata con la farina, che poi cuocevano in vasi di ferro. Vidi poi che li impacchettavano strettamente l'uno sopra l'altro in scatole di cuoio che portavano appese al fianco degli asini. Ho visto venire da Betlemme molti mendicanti che avevano iniziato ad importunare i Re chiedendo loro doni, accampando richieste pretestuose e manomettendo perfino i bagagli del seguito. Erano certamente provocatori. I Magi decisero di accomiatarsi e di fare ritorno ai loro paesi. Essi avevano intenzione di passare per Gerusalemme e mettere al corrente Erode della cosa. Questa volta però volevano partire in silenzio, a piccoli gruppi, per non allarmare la regione e la popolazione locale. Essi avevano compreso l'errore fatto nel venire, quando il loro trionfalismo aveva rotto l'incantesimo del silenzio. Ammaestrati dall'esperienza, adesso avevano pensato di porvi rimedio. La sera vidi Mensor entrare nella grotta per il commiato, Maria gli porse il Santo Pargoletto tra le braccia; vidi il Re raggiante di gioia. Dopo Mensor, seguirono gli altri due che si accomiatarono piangendo di commozione. In quest'occasione, essi fecero alla Sacra Famiglia nuovi doni: molti pezzi di stoffa grezza, dei panni rossi e a fiorami, bellissimi tappeti, e vi lasciarono perfino gli ampi e finissimi mantelli; donarono pure astucci contenenti dei grani e una cesta che conteneva dei vasi da cui crescevano certe erbette verdi assai fini che davano dei fiorellini bianchi. Era mirra. A Giuseppe diedero in dono anche delle alte ceste contenenti uccelli. I Magi, nel congedarsi definitivamente dalla Madonna e dal Bambino, piansero commossi. La Santa Vergine, frattanto, era rimasta in piedi dinanzi a loro e teneva il Bambino fra le braccia avvolto in un velo. Ella accompagnò per alcuni passi i Santi Re verso l'ingresso della grotta, poi si fermò e diede a Mensor il sottile velo di stoffa color giallo che portava sul capo, affinché questi potesse avere un ricordo dell'avvenimento. Inchinatosi riverenti, i Magi accettarono con gioia quel dono prezioso della Madonna, mentre il cuore batteva dentro di loro gonfio di riconoscenza e di santo timore. Da quel momento il velo fu per loro la reliquia più sacra conservata gelosamente. Maria aveva accettato quei sentimenti devozionali con sincera umiltà, con quella stessa espressione di amore che ebbe per Giuseppe quando era disperato per non aver trovato un luogo per la notte. La Vergine era più addolorata di lui perché comprendeva nella profondità dell'animo come fosse grande la sua umiliazione. Questo è il vero amore che scaturisce dalle profondità del cuore. Quindi alla luce delle fiaccole, i Santi Re si recarono sotto il grande terebinto per tenervi la cerimonia religiosa. Una fiaccola ardeva sotto l'albero, mentre essi iniziarono a pregare e a cantare dolcemente sotto lo scintillio luminoso degli astri del firmamento celeste. Le voci dei fanciulli del seguito si sentivano risuonare armoniose e innocenti nel coro. Terminato il rito, mangiarono un pasto frugale; poi mentre alcuni fecero ritorno all'albergo di Betlemme, gli altri si coricarono nell'accampamento. A mezzanotte vidi improvvisamente apparire un segno celeste: mentre i Re dormivano tranquillamente, radunati sotto la tenda più grande, vidi un giovane circondato da una luce meravigliosa; era un Angelo che li ammoni di non passare per Gerusalemme, bensì costeggiare il mar Morto e prendere il cammino del deserto. A quel sogno tutti balzarono dai giacigli, andarono a svegliare i servi e si recarono alla grotta a destare Giuseppe, il quale corse subito a Betlemme a chiamare coloro che vi passavano la notte. Frattanto questi ultimi, avendo avuto anch'essi contemporaneamente uguale apparizione, si erano già messi in cammino verso l'accampamento e avevano incontrato Giuseppe. In pochissimo tempo fu levato il campo e, tolte le tende e preparati i bagagli, fu disposta ogni cosa per l'immediata partenza. I Re si congedarono da Giuseppe abbracciandolo per l'ultima volta; subito dopo la carovana, divisa in piccoli drappelli, mosse a passo celere verso il deserto d'Engaddi. I Magi avevano pregato la Santa Famiglia di fuggire con loro; poi avevano esortato Maria a nascondersi con il Bambino per ovviare all'imminente pericolo. L'Angelo indicava la via ai Magi, che ben presto furono fuori dalla vista di Giuseppe. I piccoli drappelli, sgravati dal carico del viaggio d'andata, distavano circa un quarto d'ora l'uno dall'altro. Dapprima la marcia volse a levante, poi si diresse verso il sud. Questa fu la stessa strada percorsa da Gesù, quando ritornò dall'Egitto.

89 - Misure delle autorità di Betlemme contro i Magi. Zaccaria di Juta visita la Sacra Famiglia.

Visioni di martedì 25 dicembre.

Quando scattò l'ordine di cattura da parte degli erodiani, i Magi erano già a Engaddi. L'Angelo aveva ammonito i Re veramente in tempo. Nella stessa notte della loro partenza le autorità di Betlemme avevano inviato le guardie a prelevare i Magi nel sonno per rinchiuderli nei sotterranei della sinagoga, con l'accusa di perturbare l'ordine del paese. Ma quando le guardie erano giunte nella valle in cui i Santi Re avevano tenuto l'accampamento, meno qualche palo servito a sostenere le tende e l'erba calpestata, non trovarono che la quiete più silenziosa. Al mattino, quando si apprese che i Magi erano fuggiti nella notte, tra la popolazione di Betlemme Iniziò a serpeggiare una grande agitazione: presero a circolare le opinioni più confuse e diverse, in tutta la città e nei dintorni. Molti si erano pentiti di non aver voluto alloggiare Giuseppe; altri si perdevano in chiacchiere inutili, descrivendo i Re quali fanatici avventurieri. Vidi la piazza centrale di Betlemme ricolma di popolo. Da uno scalone del palazzo del governo, vicino alla sinagoga dov'era una grande fontana ombreggiata da piante, un uomo circondato da altri leggeva un proclama. Tutti erano assorti nell'ascolto. Nel proclama si vietava ai cittadini di Betlemme e dintorni di frequentare la grotta della collina perché era origine di dicerie e falsità che compromettevano l'ordine pubblico. Vidi poi il popolo ritornare alle proprie abitazioni, mentre San Giuseppe, scortato da due persone, veniva condotto in quello stesso palazzo per essere interrogato da funzionari del governo erodiano. Lo vidi poi far ritorno alla grotta e recarsi una seconda volta da questi vecchi Giudei. Aveva un sacco sulle spalle che depositò su un banco alla loro presenza; scaricò da questo una buona parte dell'oro che aveva avuto in dono dai Re. Allora i vecchi giudici lo rimisero subito in libertà. Mi sembrò che quel processo fosse stato intentato a soli fini speculativi. La Santa Famiglia adesso era sospettata e isolata dalla popolazione dei dintorni. Giuseppe frattanto aveva provveduto a nascondere i doni e il resto dell'oro dei Magi nella caverna di Maraha ed in un'altra grotta della collina. Questa sera ho visto arrivare Zaccaria da Hebron per fare una visita alla Sacra Famiglia. Egli, pieno di commozione e di gioia, ha abbracciato il Santo Bambino elevando al Cielo un cantico di lode. Avevo già udito cantare dal vecchio sacerdote un inno simile in occasione della circoncisione di Giovanni.

90 - La Sacra Famiglia si nasconde. - Visioni di mercoledì 26 dicembre.

Oggi Zaccaria è ripartito, mentre Anna, la figlia maggiore, il secondo marito e l'ancella hanno fatto ritorno alla grotta. La figlia di Anna mi sembrava più vecchia di sua madre. Il secondo marito di Anna, Eliud, era molto più anziano e di costituzione fisica più robusta di Gioacchino. La Santa Madre aveva avuto da lui una figlia che si chiamava pure Maria; quando nacque Gesù questa aveva all'incirca sette anni. Alla morte di Eliud, Anna, seguendo la volontà divina, prese un terzo marito da cui ebbe ancora un figlio; questi fu chiamato "il fratello di Cristo" dalla voce del popolo. Vedevo che Maria Santissima, piena di grazia e irrorata di gioia, affidava spesso il Bambino nelle braccia di Anna. Le due sante donne Gli strofinavano la testolina e poi la coprivano con un panno. La Santa Famiglia trattava sempre il Bambino Divino con un rispetto devoto e profondo, ma ogni atto era semplice ed ingenuo come dovrebbe essere ogni azione dell'uomo che vive nella grazia dello Spirito Santo. Il Bambino Divino mostrava un amore eccezionale per sua madre. Quando Maria raccontò ad Anna tutti i particolari della visita dei Magi, ella si commosse al pensiero che Dio avesse chiamato gente così lontana ad adorare il Figlio della Promessa. Poi la Madonna mostrò alla madre i doni portati dai Santi Re, nascosti in un vano della parete. Le sante donne li contemplarono commosse, come testimonianza sincera della devozione dei Magi per il loro Prediletto. Anna aiutò Maria a distribuire i doni e a disporre le faccende domestiche. Intorno alla grotta regnava la quiete più profonda; le autorità avevano fatto sbarrare tutte le strade di accesso. Per evitare ogni contatto pubblico, Giuseppe non andava più a Betlemme per gli acquisti; i pastori dei dintorni provvedevano a tutto. Essendo il luogo divenuto insicuro e molto osservato dalle guardie erodiane, la Santa Famiglia aveva pensato di mettere in salvo tutto i propri averi. Ho visto quindi Eliud e l'ancella di Anna partire con un asino pieno di bagagli. Anche l'ancella portava due involti, l'uno sul dorso e l'altro appeso al collo. I bagagli contenevano tutto il restante delle offerte dei Santi Re, come le stoffe e i vasi d'oro che più tardi furono adoperati nelle cerimonie religiose cristiane. Pare che i due domestici avessero il compito di portare quei beni solo fino ad un certo punto, dove altri servi di fiducia di Anna avrebbero proseguito il cammino fino a Nazareth. Alcune volte ebbi la visione di Anna e Maria Santissima che, nella caverna laterale, ricamavano o tessevano un tappeto assai grande. Vedo la Grotta del Presepio vuota, solo l'asino si trova dietro la parete di vimini. Oggi sono venuti di nuovo alcuni ufficiali di Erode e li ho visti cercare il Neonato dappertutto. La permanenza in questo luogo diventa sempre più pericolosa. Una ricca ebrea che aveva appena dato alla luce un figlio fu sottoposta a numerose angherie e maltrattamenti; Erode era invaso sempre più dal timore di perdere il trono. Infatti due vecchi pastori avvertirono Giuseppe di essere più prudente di fronte all'incombente pericolo erodiano. Allora i nostri si rifugiarono definitivamente nella caverna di Maraha. Li vidi attraversare la valle nella notte seguendo la debole luce di una lanterna. A questo punto ebbi una magnifica visione: vidi il Santo Bambino, mentre riposava tra le braccia di Anna, circondato da un'aureola formata da sette figure di Angeli intrecciati insieme. Numerose altre figure indistinte, ma luminosissime, conducevano per il braccio Anna, Giuseppe e Maria.

91 - De lacte Sanctissimae Virginis Mariae (il miracolo del latte di Maria)

Visioni di giovedì 27 dicembre.

Vidi due pastori correre nella caverna di Maraha per avvertire la Santa Vergine di un pericolo incombente: di nuovo guardie erodiane venivano alla ricerca del suo Figliolo. Maria allora, invasa dal timore, consegnò il Bambino a Giuseppe, che lo avvolse subito nel suo mantello e lo portò via. Maria rimase sola e angosciata per oltre mezza giornata. Giunta l'ora in cui soleva allattare il Bambino, fece come tutte le buone madri in queste situazioni: premette dal suo seno addolorato il latte, che fluì in un'incavatura bianca scavata nella spelonca. Maria narrò questo fatto ad vecchio pastore, venuto per condurla dal Bambino, allora l'uomo subito tolse il latte verginale che era ancor tiepido dall'incavatura e lo portò a sua moglie che non poteva allattare il figlioletto; fece questo con la più ingenua sponaneità e profonda fede. La buona consorte bevve il nutrimento con viva fiducia e subito, ricompensata per la sua fede, fu in grado di allattare il proprio bambino. Da quando avvenne questo fatto, anche la semplice pietra bianca della spelonca, su cui Maria aveva lasciato scorrere il suo latte, possedette tale facoltà. Ancor attualmente gli infedeli maomettani la considerano come un rimedio salutare per le madri che non possono dare latte. Il suolo della "Grotta del santo latte" fu sempre tenuto in grande venerazione da chi visitò i luoghi santi. I devoti pellegrini hanno l'usanza di mettere la terra di questo suolo in piccoli astucci su cui vi scrivono esteriormente: De lacte Sanctissimae Virginis Mariae, poi li spediscono come reliquie e santi ricordi nei paesi della Cristianità.

92 - Celebrazione della ricorrenza delle nozze di Maria Santissima

Giuseppe non si tenne nascosto nella caverna di Maraha; lo vidi con i pastori intrecciare ghirlande ed addobbare la Grotta del Presepio per celebrarvi la commemorazione delle sue nozze. Quando tutto fu pronto, Giuseppe andò a prendere la Vergine col Bambino ed Anna per condurli nella grotta adornata a festa. Qui li aspettavano già Eliud, l'ancella ed i tre anziani pastori. Le pareti erano state tutte abbellite da corone di fiori ed in mezzo alla caverna vi era un piano su cui si vedevano dei cibi. Al suolo erano stati stesi alcuni tra i migliori tappeti, scelti tra quelli donati dai Santi Re. Al centro della tavola vidi che si ergeva un mazzo piramidale di foglie e fiori, sulla dma del medesimo vi era un ramo su cui riposava una colomba, che credo fosse finta. Vidi la grotta intrisa di splendore e di gioia. Sopra un piccolo banco era stata posta la culla in cui giaceva il Santo Bambino, mentre Maria e Giuseppe, incoronati di ghirlande, gli stavano al fianco e bevevano nelle coppe. Erano presenti anche alcuni pastori. Dapprima cantarono lietamente i salmi, poi incominciarono un pasto assai frugale. Vidi gli Angeli entrare nella grotta e percepii la mano di Dio presiedere quella scena di gioia. Finita la festa, la Santa Vergine insieme ad Anna ed al Bambino, lasciò subito la grotta per ifugiarsi di nuovo nella caverna di Maraha. Tutti rimasero commossi e dolcemente rapiti nella grazia di Dio.

93 - Preparativi per la partenza. - Visioni da venerdì 28 a domenica 30 dicembre.

In questo tempo vidi San Giuseppe occuparsi dei preparativi per la prossima partenza. Egli donò ai pastori quasi tutto, comprese le pareti di vimini e tutti gli altri oggetti che aveva costruito per abbellire e per rendere più comoda la grotta. Oggi, dopo mezzogiorno, ho visto molte persone passare vicino alla grotta, ma siccome sembrava abbandonata, hanno continuato il loro cammino. Vedo la Santa Famiglia intenta negli ultimi preparativi per la partenza. Due asini sono stati caricati dei doni dei Santi Re: tappeti, pani e stoffe. Prima di mettersi in viaggio, la Sacra Famiglia celebra il sabato nella caverna del "santo latte". Nei dintorni tutto è tranquillo. Anna, Eliud ed i servi sono partiti per primi alla volta di Nazareth. Questa notte, per la seconda volta, ho visto Maria uscire dalla grotta di Maraha per recarsi in quella del presepio. Disteso il Bambino su un tappeto, sul posto dove era nato, Gli si è inginocchiata vicino e ha pregato. Allora improvvisamente, come quando è nato Gesù, ho visto tutta la caverna rifulgere di luce e l'adorabile Madre di Dio risplendere per quella luce straordinaria.

94 - Anna Caterina Emmerick: le reliquie dei tre Magi

Certamente per volere di Dio, le reliquie dei Santi e dei Martiri durante in secoli cristiani hanno santamente influenzato numerosi membri del Corpo Mistico di Gesù Cristo. Le grazie che provengono dalle reliquie, consistenti in un qualunque oggetto consacrato, furono molto evidenti nell'anima eletta della pia Emmerick. Al solo contatto, per esempio, con un pezzo di stoffa di una veste di un Santo, la Veggente era in condizione di narrare la vita di quest'ultimo fin nei minimi particolari. Tale grazia fu quasi ignorata dalle Commissioni ecclesiastiche che studiavano i ftnomeni mistici di Suor Emmerick. Dalle varie testimonianze e dal comportamento stesso della Veggente noi siamo persuasi che questo dono spirituale era in lei assai manfesto. Tale prodigiosa facoltà infatti fu confermata quando Anna Caterina ricevette un gran numero di oggetti sacri e fu in grado di riconoscerne immediatamente la loro origine. A causa della decadenza della fede e della soppressione di numerose chiese e conventi42, i preziosi ricordi custoditi in molte chiese andarono dispersi o ceduti ad antiquari. L'esistenza di molti santi ricordi abbandonati, comunque sparsi nei dintorni, fu segnalata dalla Veggente; infatti molti arredi e oggetti sacri furono poi rinvenuti grazie alle sue rivelazioni. Il reverendo Overberg, il suo confessore straordinario, le procurò così due vasi ricolmi di reliquie dei Santi, molte delle quali ritrovate in una chiesa antichissima demolita. Tra le medesime, c'erano pezzetti di stoffa appartenuta ai Re Magi. Suor Emmerick era persuasa che Anna fosse partita da Betlemme portando con sé qualche cosa che appartenesse a lei. Evidentemente alludeva alle stoffe che erano state donate dai Re alla Santa Famiglia e poi giunte, dopo circa milleottocento anni, nelle sue mani stigmatizzate. La Veggente, con templando due pezzi di stoffa, l'uno giallo di lana, l'altro di seta rosso-bruno, che erano stati parte dei mantelli dei Santi Re, disse:

Io devo possederne ancora un altro. Questi tre pezzetti di stoffa che posseggo appartennero a tre manti dei Magi: uno assai pesante per il cattivo tempo, un altro giallo, ed uno rosso di lana finissima e leggera. Nelle ricorrenze solenni però i Re vestivano manti di seta grezza molto lunghi e risplendenti d'oro; gli orli venivano sollevati dai paggi. Quando essi erano soli, e soffiava il vento, vedevo i loro mantelli muoversi formando larghe pieghe. Sento di aver vicina una simile reliquia e, per influenza di questa stessa, stanotte ho visto come si lavorava e si tesseva la seta..."

Così Suor Emmerick descrisse alcune visioni intorno alle donne che tessevano la seta in un paese posto a levante dei domini dei Magi, probabilmente dove si spinse anche San Tommaso.

"Il pellegrino", senza speczficarne la natura, le porse un involucro contenente alcune reliquie. Ella, quindi, palpando tra le mani un sottile nastro avvolto in un gomitolo di stoffa naturale, disse:

"Questo pezzetto è dì finissima lana, doveva appartenere certamente ad un mantello di Mensor. Quel mantello aveva i fori per passarvi le braccia ma era senza maniche". "Anche questi altri (così disse mentre prendeva due pezzetti di stoffa di lana color nanchino) appartennero ad un mantello che i Santi Re lasciarono ai pastori. Questo invece (un pezzetto di tappeto di stoffa rossa> stava davanti al santo Sepolcro nel tempo in cui i Cristiani possedevano Gerusalemme. Quando i Turchi espugnarono la città, i cavalieri cristiani si divisero il tappeto e così ognuno di essi ne ebbe un pezzetto come ricordo. Questa invece (un pezzetto quadrato di stoffa serica ornata di color giallo e bianco) apparteneva alla stola del santissimo prete Alessio, il quale credo fosse un cappuccino e pregava sempre sul santo Sepolcro. Quando i Turchi conquistarono Gerusalemme fecero entrare i loro cavalli nelle chiese cristiane; presero padre Alessio e lo maltrattarono assai: nel luogo in cui egli pregava gli posero vicino una vecchia turca. Ma siccome il santo prete non si lasciava intimidire e corrompere, lo murarono vivo nel sepolcro, incaricando la donna di passargli ogni tanto cibo e acqua in modo che non morisse subito". Poi palpando un pezzetto di seta color verde e bruno, Anna Caterina disse: "Non è propriamente una santa reliquia, però è un oggetto venerabile. Fu levata dalle panche della chiesa del santo Sepolcro su cui sedevano i principi e i cavalieri cristiani e fece parte della suddivisione fatta al tempo dell'invasione Turca". Infine parlando di un pezzo di carta ripiegato disse: "Contiene una pietruzza della cappella del santo Sepolcro e vi è unita anche una scheggia delle ossa del discepolo Silvano di Sichar".

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