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La NATIVITA' (secondo Katerina Emmerich)

Ultimo Aggiornamento: 03/01/2013 00:40
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03/01/2013 00:28
 
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58 - L'ultimo tratto di cammino - L'arrivo a Betlemme

Visioni di venerdì 23 novembre.

Oggi, verso mezzogiorno, ho visto Giuseppe e Maria riprendere il cammino alla volta di Betlemme. La padrona della grande casa voleva intrattenere Maria perché era sicura che il momento del parto era prossimo; si preoccupava perché a Betlemme la Vergine certamente non avrebbe trovato alloggio a causa del censimento. Allora Maria disse che dovevano andar via senza indugio per motivi personali e che mancavano solo trentasei ore all'Evento. Quindi partirono. Vidi che Giuseppe prima di accomiatarsi parlò con il parente dell'asinella; gli disse qualcosa per giustificare il motivo per cui l'aveva portata con sé. Giuseppe era convinto, a torto, di trovare buona accoglienza a Betlemme perché aveva qui molti amici. Anche la gente più santa può sbagliarsi sulla realtà della vita! Il sole illuminava il colle tra Betania e Gerusalemme, il tempo era magnifico e per niente freddo. Vidi Maria scendere dall'asino per porsi in ordine le vesti, quando si trovarono alle porte di Betlemme dalla parte di ponente. La santa Coppia entrò in un grande edificio affollato che era posto a pochi minuti fuori dalla città. Davanti al medesimo vidi molti alberi e numerose tende dei nuovi arrivati. Quel palazzo era l'antica dimora davidica ed era appartenuto al padre di Giuseppe, vi abitavano ancora i parenti che trattarono Giuseppe freddamente, come uno straniero. Questo palazzo era stato fissato dalle autorità romane come sede per il pagamento dell'imposta. Giuseppe si fece annunciare ed ottenne un permesso per entrare in città. Vidi che teneva l'asino per la briglia, e Maria gli camminava a fianco, l'asinella non la vedevo più.

Dopo qualche pausa, l'estatica così riprese:

"L'asinella non li accompagnava più, adesso la vedo, corre sola nella città dalla parte di mezzogiorno dirigendosi verso una valle. Mentre Giuseppe entra nel palazzo per sbrigare le formalità del censimento, vedo Maria recarsi in una piccola casa ed intrattenersi con delle donne che la trattano cortesemente e le offrono del cibo. Le donne stanno preparando il cibo ai soldati... sono romani, li riconosco dalle corregge di cuoio che scendono sul mento. Il palazzo conta molte sale che sono piene di scrivani ed impiegati fra i quali alcuni di alto livello, romani e giudei. Nelle sale superiori vi sono solo romani, per la massima parte militari. Vedo Giuseppe che è in una grande sala ai piani superiori, gli domandano il nome, poi guardano in lunghe pergamene di cui numerose sono appese alle pareti. Infine spiegano sul lungo tavolo alcuni di questi rotoli e gli leggono l'elenco della famiglia cui appartiene, poi gli leggono anche la stirpe di Maria". Mi parve che Giuseppe non sapesse che Maria discendeva, come figlia di Gioacchino, dalla famiglia di Davide, e che egli stesso derivasse da un anteriore ramo davidico. Quell'impiegato gli disse che per il censimento non era necessaria la presenza della consorte. Egli non pagò imposte, perché quando fu interrogato dichiarò che non possedeva né case e neppure campi ma che viveva del proprio lavoro artigianale e di un sussidio che riceveva da sua suocera. Dopo altre dichiarazioni e trascrizioni, vidi Giuseppe lasciare la sala. Scese le scale ed incontrò in una stanza a pianterreno la Santa Vergine che, nonostante quanto avesse detto l'impiegato, era stata chiamata da uno scrivano. Mi parve che gli impiegati si beffassero di Giuseppe, confrontando la sua età con quella della giovane consorte gravida. Il sant'uomo si vergognava molto per queste offese, egli temeva che Maria notasse come nel suo paese natio fosse così poco rispettato. Poi vidi il numero sette, prima cinque dita e poi subito dopo due, compresi interiormente che il censimento e le imposte furono assai disordinate per sette anni a causa delle agitazioni popolari.

59 - La Grotta del Presepio

Entrarono quindi a Betlemme attraverso un muro diroccato. Vidi che Maria si era fermata con l'asino all'inizio della strada mentre Giuseppe cercava alloggio tra le prime case del luogo, ma anche questa volta senza ottenere alcun risultato. Betlemme in quei giorni brulicava di stranieri. Andarono verso il centro, per le contrade, e dall'altra parte del paese, ma ogni sforzo fu vano. Maria attendeva paziente con l'asino per molto tempo all'angolo delle strade, mentre Giuseppe faceva ritorno da Lei ogni volta sempre più scoraggiato. Vidi la Santa Vergine che camminava al fianco di Giuseppe mentre l'asino veniva condotto per la briglia da lui, poi giunti ad un certo punto si diressero verso il lato sud di Betlemme. La contrada sembrava più una via di campagna che una strada di città, le case erano costruite sulla sommità delle piccole colline che costeggiavano la via stessa. Anche in questo luogo periferico la ricerca di un alloggio fu vana. Tutti i conoscenti, gli amici ed i parenti, sembravano non riconoscere più Giuseppe. Anzi, quand'egli li implorava chiedendo asilo per Maria, vidi che questa gente si inaspriva e diventava ancor più dura. Costoro non sapevano che scacciavano il Redentore, la Grazia dell'umanità! La santa Coppia si mosse allora verso un altro quartiere, arrivarono in un luogo aperto, un grande piazzale dove le case erano disseminate dappertutto. Al centro vi si vedeva un albero assai grande, che simile ad un tiglio diffondeva un'ombra spaziosa. Giuseppe sistemò la Santa Vergine sotto quest'albero, preparandole con i ramoscelli una specie di sedile. L'asino fu legato con il capo rivolto al tronco. Così egli continuò la ricerca di ospitalità nelle case dei dintorni. Maria, rimasta sola, fu presto oggetto di curiosità da parte dei passanti. Molte persone si erano fermate a guardarla, attratte da quella santa bellezza e dal contegno umile e fiducioso della Vergine; appariva affaticata, ma tranquilla e paziente. La Madonna era seduta sulle proprie ginocchia piegate all'insotto, aveva il capo chinato e teneva le mani congiunte sul petto in attesa della volontà del Signore. La candida e lunga veste senza legacci o cinture le scendeva libera fin sotto i piedi, un bianco velo le copriva il capo. Qualcuno, spinto dal forte curiosità, giunse perfino a domandarLe chi fosse. Giuseppe frattanto era tornato ancora una volta sfinito, addolorato e pallido in volto: tutti gli avevano negato un alloggio, anche chi lo conosceva e si ricordava di lui. Vidi il sant'uomo scoppiare in lacrime. Perdute anche le ultime speranze di trovare una sistemazione a Betlemme, la santa Coppia iniziò a pensare di uscire dalla città. L'unica soluzione fu quella di cercare alloggio in un ricovero di pastori dove Giuseppe si era nascosto nella sua gioventù. Si misero quindi di nuovo in cammino, e questa volta verso oriente. Uscendo da Betlemme presero un sentiero solitario che volgeva a sinistra. Il sentiero era fiancheggiato da mura, fosse e bastioni diroccati. Dopo essere saliti su un colle, scesero dal pendio e raggiunsero una prateria amena su cui crescevano diversi alberi. Questa prateria si trovava appena fuori di Betlemme, dalla parte di levante, e terminava con una collina circondata da una specie di antica muraglia. Sul campo verdissimo vi erano abeti, pini, cedri e terebinti, ne vidi anche altri dalle foglie piccole come il nostro albero cosiddetto "semprevivo". Il paesaggio era tipico della periferia di un piccolo borgo di campagna. Sul versante meridionale delle colline, ai piedi di una di esse, si snodava un sentiero tortuoso che conduceva verso l'alto, qui si trovavano numerose caverne tra cui anche quella che Giuseppe conosceva e dove aveva pensato di alloggiare con la Santa Vergine. La caverna, scavata nella parete rocciosa dei monti, era alquanto profonda. Dalla parte settentrionale iniziava con uno stretto corridoio di pareti rocciose e finiva all'interno in modo molto irregolare: per una metà con uno spazio mezzo rotondo e per l'altra angolare, le cui estremità mostravano tre angoli che finivano sul versante meridionale. La caverna era rocciosa ed era rimasta naturale e grezza; solo dalla parte meridionale, dove la via dava sulla valle dei pastori, alcune parti delle pareti erano state rafforzate o direi rifinite come un muro rudimentale. Sempre da questo lato vi era un'altra entrata otturata da grosse pietre. Giuseppe liberò quest'ingresso e lo restituì all'antica funzione. Sul lato sinistro di quest'accesso, si affacciava un'altra caverna dall'ingresso più largo della prima, il quale immetteva in un profondo e angusto tugurio, in posizione sottoelevata a quella del Presepio. L'ingresso settentrionale della Grotta del Presepio, quello usato normalmente dai pastori nel periodo estivo e primaverile, si affacciava su alcuni tetti e torri della periferia di Betlemme. Da questo lato, a destra della grotta, si trovava ancora un'altra caverna profonda in cui l'oscurità era l'assoluta padrona e nella quale vidi una volta la Santa Vergine nascondersi. Dalla parte meridionale la grotta aveva tre aperture in alto che servivano a dare aria e luce all'interno. La pianta della Grotta del Presepio potrebbe paragonarsi ad una testa umana col relativo collo. Vidi una specie di piccolo locale laterale dove Giuseppe soleva accendere il fuoco per gli usi quotidiani. Verso il lato di settentrione era stato scavato nella rupe un locale adibito a stalla, largo abbastanza per l'asino; era pieno di avena, di fieno e di altri foraggi per gli animali. Quando la "Luce dell'universo" fu partorito dalla Santa Vergine, e giunsero i Magi ad offrirLe i doni, Maria era assisa davanti al presepe con il bambino Gesù alla parete di mezzogiorno. Giuseppe si era costruito per sé una piccola stanza con tavole di vimini vicino all'ingresso che aveva riaperto. Lungo la parte meridionale della grotta, la via volgeva verso la valle dei pastori e si vedevano numerose case, sparse per le colline e sulla distesa dei campi. La collina dove si trovava la grotta, era costeggiata da una valle profonda, larga circa un quarto d'ora di cammino. Sul pendio della medesima vi erano cespugli, alberi, giardini e immensi prati. Attraversando un ruscello, che scorreva in mezzo all'erba rigogliosa del prato, e scendendo in direzione sud-est dalla Grotta del Presepio, si arrivava ad un'altra grotta chiamata comunemente Grotta del Latte o della nutrice, perché vi era stata sepolta la nutrice di Abramo, Maraha. In questa trovò rifugio in varie occasioni la Santa Vergine col bambino Gesù. Al disopra vi era un grande albero che dominava Betlemme. Nell'antica caverna accaddero vari avvenimenti al tempo dell'Antico Testamento, così vidi che Eva vi concepì e generò Seth, il figlio della promessa, dopo aver trascorso sette anni in penitenza. Fu in questo medesimo luogo che l'Angelo disse ad Eva che Dio le accordava Seth, quasi per consolarla del perduto Abele. Fu anche qui che Seth venne nutrito e allevato, mentre i fratelli lo perseguitavano, come fecero con Giuseppe gli altri figli di Giacobbe. Ho visto spesso che nei tempi primitivi, qui intorno gli abitanti delle caverne erano soliti scavare degli spazi appositi in cui dormivano con i loro fanciulli sull'erba o sulle pelli di animali. Nelle mie meditazioni vidi Gesù che, subito dopo il battesimo, visitò la Grotta del Presepio dov'era nato. Era un sabato ed il Signore ne celebrava il ricordo. I pastori l'avevano tramutata in luogo di preghiera; Egli disse loro che questo santo luogo era stato fissato dal Padre Celeste quando nacque la Vergine Santissima.

60 - La "Grotta del Latte o dei lattanti"

Abramo aveva avuto come nutrice una donna che egli venerava molto, si chiamava Maraha. Costei raggiunse un'età molto avanzata e seguiva sempre Abramo sul cammello quand'egli si recava da un luogo all'altro. Fu in Sukkoth che Maraha passò gran parte della sua esistenza presso Abramo; trascorse il resto della vita nella valle dei pastori quando Abramo eresse le sue tende nelle vicinanze di queste caverne. Maraha aveva oltre cento anni, e quando giunse il momento di transitare all'altra vita chiese di essere sepolta in una caverna che chiamò con il nome di Grotta del Latte o dei lattanti. La caverna della tomba della nutrice era in una relazione biblica con la Madre del Salvatore che pure allattava il neonato mentre era perseguitata ed inseguita. Infatti anche nella storia dell'infanzia di Abramo si fa menzione alla persecuzione, per salvarlo dalla quale Maraha lo aveva trasportato nella caverna. Vidi il re del paese di Abramo che sognò, o apprese dalle profezie, che sarebbe nato un fanciullo per lui pericoloso, allora diede gli ordini necessari per prevenire ogni danno contro la sua potenza. Per questo motivo la gravidanza della madre di Abramo rimase segreta e partorì in questa caverna, il bambino rimase poi nascosto con la nutrice Maraha. Costei visse come povera schiava, lavorando in solitudine presso la caverna in cui allattava Abramo. Quando i genitori ripresero il loro fanciullo, lo trovarono forte e robusto. Divenuto giovinetto, le sue espressioni e il suo modo di agire meraviglioso diedero adito a forti sospetti da parte degli emissari del re. Maraha dovette allora fuggire di nuovo nascondendo Abramo sotto il suo ampio mantello. Fu ricercato in ogni luogo e numerosi giovinetti della sua età vennero trucidati senza pietà. Fin da quei tempi remoti questa grotta diventò un luogo devozionale, specialmente per le madri che avevano lattanti e volevano chiedere per essi una grazia. Più tardi, esse venerarono nella nutrice di Abramo il simbolo della Santa Vergine nel modo stesso in cui Elia, scorgendola nella nube gravida d'acqua, fece erigere sul Carmelo un luogo di preghiera. Maraha dunque, allattando il fondatore della stirpe della Madonna, aveva cooperato alla venuta del Messia. Vidi un pozzo profondo nelle vicinanze della grotta in cui si attinse finché ne sgorgò un'acqua limpidissima. Al di sopra della grotta cresceva un albero meraviglioso, assomigliava ad un tiglio che spargeva un'ombra spaziosa, aguzzo in cima e largo alla radice. Questo era probabilmente un terebinto grosso e antico che produceva della frutta oleosa gradita al palato. Vidi Abramo e Melchisedeck sotto quest'albero. I pastori, i viaggiatori, ed in generale tutto il popolo, tenevano in gran venerazione l'albero e spesso si radunavano sotto il suo fresco fogliame, sia per riposare che per pregare. Mi sembra di aver visto una volta che l'albero ha qualche relazione con Abramo, o forse lo ha piantato egli stesso. Presso il terebinto si usava accendere il fuoco che si copriva con le pietre; solo in una determinata stagione i pastori potevano attingere dal pozzo l'acqua considerata santa. Ai due lati si vedevano delle capanne libere per chi voleva trascorrervi la notte. Una siepe circondava l'albero, il pozzo e le capanne.

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