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L'INFERNO: Cosa insegna la Scrittura e la Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2012 16:34
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14/12/2012 16:30
 
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LA COMPARSA DEL PECCATO

I1 primo uomo peccò, e i suoi discendenti l'hanno imita­to, ma Dio rimane misericordioso. "Se noi manchiamo di fe­de, Egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso" (2Tm 2,13). La Chiesa si rallegra per questa fedeltà misericordiosa di Dio: "E quando, per la sua disobbedienza, l'uomo perse la tua amicizia, tu non l'hai abbandonato in po­tere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare. Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza, e per mez­zo dei Profeti hai insegnato a sperare nella salvezza".

Nella Genesi, il racconto del primo peccato si conclu­de con la profezia di una redenzione divina. Lì vediamo Dio che si rivolge al tentatore e gli dice: "Io porrò inimi­cizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gn 3,15). La fede della Chiesa ha visto in queste parole la prima di tutte le profezie, secondo cui Cristo sarebbe venuto a sal­varci. Gesù è la "stirpe" o la "progenie" della donna, e "la ragione per cui è apparso il Figlio di Dio fu per distrug­gere le opere del diavolo" (1 Gv 3,8).

Lungo i secoli della storia della salvezza anteriori a Cristo, Dio ha ripetutamente chiamato gli uomini al pen­timento, ad una rinnovata grandezza, e alla salvezza. Non ha mai dimenticato di essere stato Lui che ha creato l'uomo, e ha fatto l'uomo non solo perché fos­se la sua creatura, ma anche perché partecipasse della Sua vita divina e della Sua amicizia. Più e più volte si parla del Suo amore per il Suo popolo eletto, para­gonandolo all'amore di un marito per la sua sposa, un amore che perdura anche se costei lo tradisce; il Suo è un amore insondabile ed eterno, che alla fine la porterà alla fedeltà: "Io la attirerò a me... parlerò al suo cuore... essa risponderà come nei gior­ni della sua giovinezza... E ti fidanzerò a Me per sempre; ti fidanzerò a Me nella giustizia e nel diritto, nella bene­volenza e nell'amore" (Os 2, 16-17, 21).

Dio, intendendo e preparando nel suo grande amore la salvezza del genere umano, si scelse con singolare dise­gno un popolo, al quale affidare le sue promesse. Infatti dapprima concluse un'Alleanza con Abramo e poi col po­polo d'Israele per mezzo di Mosè. Con questa Alleanza, Dio si è impegnato di assisterli e di salvarli; in cambio ri­chiese che impegnassero se stessi ad essergli fedeli.

Dopo averli liberati dalla schiavitù dell'Egitto, Dio parlò loro per mezzo di Mosè: "Voi stessi avete visto... come ho sollevato voi su ali di aquila e vi ho fatto veni­re fino a Me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e cu­stodirete la mia Alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli (Es 19,4-5). E quando Mosè "riferì tutte queste cose, come gli aveva ordinato il Signore, tutto il popolo rispose insieme e disse: Tutto quanto il Signore ha detto noi lo faremo" (Es 19,7-8). E, tuttavia, essi e i loro discendenti caddero ripetute volte nel peccato, e fe­cero l'amara esperienza delle pene e dei castighi, conse­guenze del peccato. Ma la misericordia incessante di Dio diede loro possibilità di pentimento, e rinnovò l'Allean­za, sempre di nuovo: con Giosuè, con Davide, al tempo di Esdra. Le Alleanze di Dio con gli uomini sono un se­gno della libertà e della ricchezza del Suo amore. Con es­se il Signore di tutta la creazione liberamente lega se stes­so agli uomini. Egli entra in alleanza con coloro che li­beramente decide di favorire con speciali doni. Allo stes­so tempo, tuttavia, il suo amore permane universale: è ri­volto a tutti. Anche a quelli che ha scelto in modo parti­colare. Egli dichiara apertamente che sono stati scelti per essere coloro per mezzo dei quali Egli vuol portare la sal­vezza a tutti. Così, Egli disse ad Abramo: "Io ti benedirò... e per la tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra" (Gn 22,17- 18).

Dio, per mezzo dei profeti da Lui inviati, ha inse­gnato al suo popolo la maniera di vivere in attesa della sua misericordia redentrice. "Israele, parlando Dio stesso per bocca dei profeti, comprese il suo piano con sempre maggiore profondità e chiarezza". Questi profe­ti non erano solo uomini sinceri ed entusiasti. Erano i rappresentanti di Dio. Dio li aveva chiamati e poteva far sì che gli altri li riconoscessero come suoi profeti. Tut­tavia le parole dei Profeti non furono sempre bene ac­colte, perché essi richiedevano la fede personale e la conversione interiore, e insistevano sulla fedeltà a tutta la legge di Dio. I Profeti insegnarono agli uomini a spera­re nella salvezza che il Messia avrebbe portato. Difatti, il Vangelo, che Cristo ingiunse agli apostoli di predica­re, era stato prima promesso per mezzo dei Profeti. Co­si, i profeti dei tempi antichi parlarono della grazia del­la salvezza futura, la Buona Notizia di Cristo, che era già la salvezza per coloro che aspettavano fedelmente il lo­ro Salvatore.

La salvezza di questi ultimi è menzionata nel Nuovo Testamento, nella Lettera agli Ebrei, dove è detto di quel­li che furono favoriti col dono della fede nel tempo del­l'Antico Testamento: "Nella fede morirono tutti costo­ro, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma aven­doli solo veduti e salutati di lontano... Per questo Dio non disdegna di essere chiamato loro Dio: ha preparato, in­fatti, per loro una città" (Eb 11, 13-16).

Fin dai primordi della Chiesa, il compimento delle pro­fezie dell'Antico Testamento ha guidato gli uomini verso la fede, o ha confermato la loro credenza. Tale compi­mento non è solo la realizzazione, nella vita di Cristo, di eventi particolari predetti dai Profeti.

È l'Antico Testamento nel suo insieme: sono tutte le sue promesse e le sue attese che si vedono realizzate in Cristo. Il compimento supera di molto le attese; non sa­rebbe possibile avere un quadro dettagliato del mistero di Cristo soltanto dalle promesse dell'Antico Testamento. Ma se alla luce della venuta di Cristo si getta uno sguar­do retrospettivo sull'Antico Testamento, ci si rende con­to quanto sovrabbondantemente si siano realizzate in Lui tutte le promesse e tutte le speranze.

Non si può negare che nella profezia ci sia una certa oscurità, perché essa tratta di un mistero e si rivolge alla fede. Inoltre, il linguaggio dei Profeti è sovente un lin­guaggio di simboli e di immagini poetiche. Ma anche co­sì, durante i secoli anteriori alla venuta di Cristo, le pro­messe profetiche di questo evento confermavano il popo­lo nella speranza, e, al tempo di questa venuta, diedero testimonianza a Cristo. La Chiesa insegna che le profezie dell'Antico Testamento riguardanti Cristo, come le pro­fezie proprie di Gesù nei Vangeli, sono "segni certissimi della divina rivelazione".

 

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