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PREGHIERE DEI FEDELI (dalla liturgia anno C)

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2017 22:41
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07/07/2013 07:25
 
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fr. Massimo Rossi
Commento su Isaia 66,10-14; Galati 6,14-18; Luca 10,1-12.17-20

Se avete ascoltato l'orazione che introduce le Letture, ne avrete colto tutto il valore e le implicazioni che discendono per la nostra vita e per la nostra vita, nostra e degli altri.
Ve la rileggo: O Dio, che nella vocazione battesimale ci chiami ad essere pienamente disponibili all'annunzio del tuo regno, donaci il coraggio apostolico e la libertà evangelica, perché rendiamo presente in ogni ambiente di vita la tua parola di amore e di pace. 
Basterebbero queste poche parole a darci spunti sufficienti alla riflessione odierna.
Tuttavia le letture non possono essere archiviate senza un minimo di analisi: la pagina di Isaia esprime un comando di Dio: Rallegratevi, esultate! Come, ai rigori dell'inverno segue sempre la bella stagione (?) così, dopo i giorni della tribolazione e del lutto, deve tornare la gioia!
Al contrario, la tristezza costituisce un reale impedimento a cogliere il bello della vita, l'energia positiva della fede. Fare pace con il nostro passato, chiuderlo definitivamente fuori dalla nostra mente e dal nostro cuore - cioè dalla nostra vita -, imparare anon farsi più ferire dai dolori del passato, è condizione necessaria per poterci abbeverare alla fonte di ogni consolazione, lo dichiara il profeta. "Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore", sono sempre parole di Isaia, il quale dà per scontato che la salvezza si mostrerà ai nostri occhi.
Certo, c'è modo e modo di guardare la realtà. I nostri sensi non sono autonomi dalla nostra mente, la quale orienta lo sguardo, selezionando le immagini, che successivamente rielaborerà, secondo un piano, chiamiamolo punto di vista, prospettiva individuale,...chiamiamolo mentalità.
Questo meccanismo, del quale non abbiamo sempre la percezione in tempo reale, ci informa che la realtà non si propone, tantomeno si impone, in modo oggettivo al nostro sguardo; casomai è il contrario: siamo noi che interpretiamo la realtà ricavandone un senso che risponda alla nostra forma mentis; la stessa storiografia si fonda su queste dinamiche; interrogate due storiografi di diversa ideologia politica, fate raccontare lo stesso fatto: ne ricaverete due narrazioni molto diverse... Qual è quella giusta? tutte e due, o nessuna delle due...
Dunque, per riconoscere i segni della salvezza, per i quali possiamo, anzi dobbiamo rallegrarci, è necessario indossare altre lenti, cambiare punto di osservazione, convertire la nostra mentalità... Vi prego di dare il giusto valore a queste affermazioni: non si tratta di una esortazione, non è un optional;dobbiamo imparare a guardare la realtà con occhi diversi, con gli occhi della fede.
E arriviamo a san Paolo: che cosa significa "vantarsi della croce di Cristo"? In un altro passo, l'apostolo dei pagani dichiara: "Quando venni tra voi, (...) ritenni di non saper altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso." (cfr. 1Cor 2,2).
La croce rappresentò per Gesù il passaggio necessario attraverso il quale diventò il Cristo.
Questa novità radicale che, ripeto, Gesù non avrebbe potuto sperimentare in altro modo che salendo sulla croce e morendovi, Paolo la percepisce come vocazione sua propria a vivere come creatura nuova. Non solo: l'autore della lettera ai Galati sente che questa vocazione non è solo per sé, ma per tutti i battezzati: la sua intima convinzione di fede - vivere come creatura nuova - diventa il contenuto del suo annuncio: "Non è infatti la circoncisione o la non circoncisione che conta! L'obbedienza esterna alla Legge antica, conformarsi alla tradizione, non è più sufficiente! peggio! non conta più! non conta niente!! la partecipazione ufficiale, l'iscrizione nel registro dei figli di Abramo - per noi, dei figli di Dio - è una pura formalità, se la vita non muta in modo sostanziale!".
Ricordiamoci che il nostro specchio, il criterio di discernimento, l'unità di misura della vita cristiana è l'Eucaristia: una volta che il pane e il vino sono stati trasformati nel corpo e nel sangue di Cristo, la loro sostanza è mutata per sempre, non si torna indietro!
Così anche noi, una volta che abbiamo aderito alla fede, non possiamo più vivere al vecchio modo, con la nostra vecchia mentalità, con le nostre vecchie abitudini...
Per questo, Gesù comanda, oggi, nel Vangelo, di scuotere anche la polvere del passato dai nostri piedi: non deve rimanere neanche un granello di quella polvere sotto le suole della scarpe!!
Al tempo stesso, la fede ci chiede la fatica di entrare in comunione con coloro ai quali siamo stati mandati ad annunciare il Vangelo; bando ad ogni integralismo!La vita cristiana è adesione integrale alla fede, non è integralismo; questo lo esige ancora il Signore, esortando i 72 discepoli ad accettare tutto e solo quello che sarà loro offerto: il Maestro di Nazareth lo ripete ben due volte in poche righe, segno che la nostra disponibilità, la nostra tolleranza è una testimonianza di fede decisiva.
La Chiesa è capace ad essere ricca con i ricchi e povera con i poveri... o forse è il contrario... ricca e generosa con i poveri, per innalzarli, povera e umile con i ricchi, per abbassarli...
"Magnificat docet".

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SI FACCIANO SUPPLICHE, PREGHIERE E RINGRAZIAMENTI PER TUTTI . (1Tim.2,1)


 
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