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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno C)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:17
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02/05/2013 08:15
 
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VI DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 15,1-2.22-29
Apocalisse 21,10-14.22-23
Giovanni 14,23-29

1. La presenza dello Spirito

Lo Spirito Santo stesso è amore. Perciò Giovanni dice: "Dio è amore" (1Gv 4,8). Chi con tutto il cuore cerca Dio, ha già colui che ama. E nessuno potrebbe amare Dio, se non possedesse colui che ama. Ma, ecco, se a uno di voi si domandasse se egli ami Dio, egli fiduciosamente e con sicurezza risponderebbe di sí. Però a principio della lettura avete sentito che la Verità dice: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola" (Gv 14,23). La prova dell`amore è l`azione. Perciò Giovanni nella sua epistola dice anche: "Chi dice di amar Dio, ma non ne osserva i precetti, è bugiardo" (1Gv 4,20). Allora veramente amiamo Dio, quando restringiamo il nostro piacere a norma dei suoi comandamenti. Infatti chi corre ancora dietro a piaceri illeciti, non può dire d`amar Dio, alla cui volontà poi contraddice.
"E il Padre mio amerà lui, e verremo e metteremo casa presso di lui" (Gv 14,23). Pensate che festa, fratelli carissimi; avere in casa Dio! Certo, se venisse a casa vostra un ricco o un amico molto importante, voi vi affrettereste a pulir tutto, perché nulla ne turbi lo sguardo. Purifichi, dunque, le macchie delle opere, chi prepara a Dio la casa nella sua anima. Ma guardate meglio le parole: "Verremo e metteremo casa presso di lui". In alcuni, cioè, Dio vi entra, ma non vi si ferma, perché questi, attraverso la compunzione, fanno posto a Dio, ma, al momento della tentazione, si dimenticano della loro compunzione, e tornano al peccato, come se non l`avessero mai detestato. Invece colui che ama veramente Dio, ne osserva i comandamenti, e Dio entra nel suo cuore e vi rimane, perché l`amor di Dio riempie talmente il suo cuore, che al tempo della tentazione, non si muove. Questo, allora, ama davvero, poiché un piacere illecito non ne cambia la mente. Tanto piú uno si allontana dall`amore celeste, quanto piú s`ingolfa nei piaceri terrestri. Perciò è detto ancora: "Chi non mi ama, non osserva i miei comandamenti" (Gv 14,24). Rientrate in voi stessi, fratelli; esaminate se veramente amate Dio, ma non credete a voi stessi, se non avete la prova delle azioni. Guardate se con la lingua, col pensiero, con le azioni amate davvero il Creatore. L`amor di Dio non è mai ozioso. Se c`è, fa cose grandi; se non ci son le opere, non c`è amore.
"E le parole che avete udito, non son mie, ma del Padre che mi ha mandato" (Gv 14,24). Sapete, fratelli che chi parla è il Verbo del Padre, e perciò le parole che dice il Figlio, in realtà, son del Padre, perché il Figlio è Verbo del Padre. "Ho detto queste cose, mentre ero presso di voi"; come non starebbe presso di loro colui che, prima di salire al cielo, promette: "Sarò con voi fino alla fine del mondo" (Mt 28,20)? Il Verbo incarnato rimane e se ne va; se ne va col corpo, rimane con la divinità. Dice che sarebbe rimasto, perché sarebbe stato sempre presente col suo invisibile potere, ma se ne sarebbe andato con la sua visibilità corporale.
"Lo Spirito Santo Paraclito, che il Padre manderà nel mio nome, v`insegnerà tutto e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto"(Gv 14,26). Sapete quasi tutti che la parola greca Paraclito, in latino significa avvocato o consolatore. E lo chiama avvocato, perché interviene presso il Padre in favore dei nostri delitti. Questo Spirito, che è una sola sostanza col Padre e con il Figlio, intercede per i peccatori, ed è lui stesso che intercede perché coloro che lui stesso ha riempito di sé, li muove a chiedere perdono. Perciò Paolo dice: "Lo stesso Spirito supplica per noi con gemiti indescrivibili" (Rm 8,26). Ma chi prega è inferiore a colui che è pregato; e come può lo Spirito pregare, se non è inferiore? Ma lo Spirito prega, perché spinge a pregare coloro che ha ripieni. Il medesimo Spirito è chiamato consolatore, perché mentre dispone i peccatori alla speranza del perdono, ne solleva l`animo dalla tristezza. Di questo Spirito poi giustamente si dice: "V`insegnerà ogni cosa", perché se lo Spirito non è vicino al cuore di chi ascolta, il discorso di chi insegna, non ha effetto. Non attribuite al maestro ciò che comprendete, perché se non sta dentro colui che insegna la lingua del maestro si agita a vuoto. Ecco voi sentite ugualmente la voce di uno che parla, ma non percepite tutti ugualmente il senso di ciò che è detto. Se dunque la parola è sempre la stessa, perché nei vostri cuori ve n`è una diversa intelligenza? Certo perché c`è un maestro interiore il quale istruisce alcuni in modo speciale. E di questa istruzione lo Spirito dice attraverso Giovanni: "Egli v`insegnerà tutto" (1Gv 2,27). La parola, quindi, non istruisce, se non interviene lo Spirito. Ma perché diciamo queste cose a proposito dell`istruzione data dagli uomini, quando lo stesso Creatore non istruisce gli uomini, se non attraverso lo Spirito? Certo, Caino, prima di uccidere il fratello, sentí la voce di Dio (Gen 4,7). Ma perché, a motivo delle sue colpe, sentì la voce, ma non ebbe l`unzione dello Spirito, udì la Parola di Dio, ma non la osservò. Bisogna ancora domandarsi perché del medesimo Spirito si dice: "Vi suggerirà tutto", se il suggerire è cosa di un inferiore? Ma poiché per suggerire a volte intendiamo somministrare, l`azione del suggerire è attribuita allo Spirito, non in quanto venga dal basso, ma perché viene dal buio. "Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace". Qui lascio li do. La lascio a quelli che seguono, la do a quelli che arrivano.

(Gregorio Magno, Hom., 30, 1)


2. Il dono della pace

"La pace" - prosegue il Signore - "io vi lascio, io vi do la mia pace" (Gv 14,27).
Questo è ciò che leggiamo nel Profeta: «Aggiungo pace a pace»; egli andandosene ci lascia la pace, e la pace ci darà tornando alla fine dei secoli. La pace ci lascia in questo mondo, e la pace sua ci darà nel futuro regno. Ci lascia la pace, affinché noi, che restiamo qui, possiamo vincere i nostri nemici; e la pace ci darà laddove potremo vivere senza temere gli assalti dei nemici. Ci lascia qui la pace, affinché ci amiamo a vicenda; ci darà la sua pace lassú, dove non ci sarà alcun motivo di lite fra noi. Ci lascia la pace, affinché non giudichiamo a vicenda le nostre anime, finché siamo in questo mondo; e la sua pace ci darà quando egli scoprirà i piú segreti pensieri di ciascuno, e ciascuno riceverà allora da Dio le lodi che gli spetteranno (cf. 1Cor 4,5). Ebbene, è in lui e da lui che viene questa pace, sia quella che ci lascia per andare al Padre, sia quella che ci darà quando ci condurrà dal Padre. Ma cos`è che ci ha lasciato andandosene da noi, se non se stesso, che mai si allontanerà da noi? Egli stesso è infatti la nostra pace, egli che di due popoli ne fece uno solo (cf. Ef 2,14). Egli è per noi la pace, sia quando crediamo che egli è, sia quando lo vedremo qual è (cf. 1Gv 3,2). Se infatti egli non abbandona noi che peregriniamo in questo mondo lontani da lui, che siamo prigionieri di questo corpo corruttibile che appesantisce l`anima (cf. Sap 9,15), e che camminiamo verso di lui per mezzo della fede e non perché di lui abbiamo la chiara visione (cf. 2Cor 5,6-7), quanto maggiormente ci ricolmerà di sé, quando alfine perverremo a vederlo quale è? Ma perché, quando dice: «Vi lascio la pace», non dice: «la mia pace», mentre aggiunge «mia» quando dice: «vi do la mia pace»? Forse che il possessivo «mia» si deve intendere sottinteso, in modo che esso, che il Signore dice una volta sola, si possa riferire a tutte e due le volte che egli pronunzia la parola «pace»? Oppure in questo dettaglio è nascosto qualche significato misterioso, che si deve cercare, in modo che, bussando, ci venga aperto? Forse ha voluto che per sua pace, si intendesse solo quella che egli ha in sé? Quanto alla pace che egli ci ha lasciata in questo mondo, essa è piú nostra che sua. Egli, in se stesso, non ha alcun motivo di contesa, poiché assolutamente non ha in sé alcun peccato, mentre noi avremo una tale pace solo ora, finché diremo: "Rimetti a noi i nostri debiti" (Mt 6,12). Noi abbiamo quindi una certa pace, quando, nel nostro intimo, troviamo gioia nell`obbedire alla legge di Dio: ma questa pace non è piena, in quanto ci rendiamo conto che nelle nostre membra c`è un`altra legge, che è opposta alla legge della nostra anima (cf. Rm 7,22-23). E questa pace regna tra noi e in noi, quando crediamo all`amore reciproco e di questo amore ci amiamo l`un l`altro; ma questa pace non è piena, perché non possiamo vedere l`uno nell`intimo dei pensieri dell`altro, e perché ci formiamo un`opinione buona o cattiva di ciò che non è realmente in noi. Orbene, questa pace, sebbene ci sia stata lasciata dal Signore, è veramente la nostra: se non fosse per lui, non avremmo neppure questa pace, ma non è quella che egli ha. Se però tale la conserveremo sino alla fine, quale l`abbiamo ricevuta, avremo quella pace che egli ha, e in cui non avremo, tra noi e in noi, alcun motivo di contesa, e niente ci sarà nascosto all`uno e all`altro di quanto sta ora celato nei nostri cuori.

(Agostino, Comment. in Ioan., 77, 3 s.)


3. La pace è la tranquillità dell`ordine

Perciò, la pace del corpo è l`armonico concatenamento delle sue parti; la pace dell`anima irrazionale è la quiete ben regolata dei suoi appetiti; la pace dell`anima razionale è l`accordo ben ordinato di pensiero e azione; la pace dell`anima e del corpo è la vita e la sanità ben ordinate dell`essere animato; la pace dell`uomo mortale con Dio è l`obbedienza ben ordinata nella fede sotto la legge eterna; la pace degli uomini è la loro ordinata concordia; la pace della casa è la concordia unanime dei suoi abitanti nel comandamento e nell`obbedienza; la pace della città è la concordia ben ordinata dei cittadini nella legge e nell`obbedienza; la pace della città celeste è la comunità perfettamente ordinata e perfettamente armonica nel godimento di Dio e nella mutua gioia in Dio; la pace di tutte le cose è la tranquillità dell`ordine. L`ordine è la disposizione di esseri eguali e ineguali, che stabilisce a ciascuno il posto che gli conviene.

(Agostino, De civit. Dei, 19, 13)


4. Lo Spirito Santo, Dono dl Dio alla Chiesa

E` alla Chiesa come tale, in effetti, che è stato dato il "Dono di Dio" (Gv 4,10), così come lo era stato il soffio per l`opera modellata (cf. Gen 2,7), affinché tutte le membra possano avervi parte ed esserne vivificate; è in essa che è stata deposta la comunione con Cristo, cioè lo Spirito Santo, caparra dell`incorruttibilità (cf. Ef 1,14; 2Cor 1,22), conferma della nostra fede (cf.Col 2,7) e scala della nostra ascensione a Dio (cf. Gen 28,12): infatti, come è detto, "nella Chiesa Dio ha posto gli uni come apostoli gli altri come profeti, ed altri ancora come dottori" (1Cor 1,12) e tutto il resto dell`opera dello Spirito (cf. 1Cor 12,11). Da questo Spirito sono dunque esclusi quanti, rifiutando di accorrere alla Chiesa, si privano da se stessi della vita con le loro false dottrine e le loro azioni riprovevoli. Infatti, là dove è la Chiesa, lí è del pari lo Spirito di Dio; e là dove è lo Spirito di Dio, lí è anche la Chiesa e tutte le grazie. E lo Spirito è Verità (cf. Gv 5,6).

(Ireneo di Lione, Adv. haer., 3, 24)
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