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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno C)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:17
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28/12/2012 07:23
 
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DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA

Letture: Siracide 3,3-7.14-17a
Colossesi 3,12-21
Luca 2,41-52

1. Gesú fra i dottori del tempio

Compiuti i dodici anni, si ferma a Gerusalemme; i genitori, non sapendo dove fosse, lo cercano con inquietudine, e non lo trovano. "Lo cercano tra i parenti prossimi", lo cercano tra i compagni di viaggio, lo cercano tra i conoscenti, ma non lo trovano presso tutte queste persone. Gesú è dunque cercato dai genitori, dal padre putativo che lo aveva accompagnato e custodito quando era disceso in Egitto; e tuttavia, pur cercato, non è subito trovato. Non si trova infatti Gesú tra i parenti e gli amici secondo la carne, non sta tra coloro che sono uniti a lui corporalmente. Il mio Gesú non può essere trovato nella folla.
Impara dove lo trovano coloro che lo cercano, in modo che anche tu, cercandolo insieme con Giuseppe e con Maria, lo possa trovare. Nel cercarlo - dice l`evangelista - "lo trovarono nel tempio". Non lo trovarono in un luogo qualunque, ma «nel tempio», e neppure semplicemente «nel tempio», ma "in mezzo ai dottori che egli ascoltava e interrogava". Cerca dunque anche tu Gesú «nel tempio» di Dio, cercalo in chiesa, cercalo presso i maestri che stanno nel tempio e non ne escono; se cosí lo avrai cercato, lo troverai. E inoltre, se qualcuno dice di essere un maestro e non possiede Gesú, egli ha soltanto il nome di maestro, ed è per questo che non si può trovare in lui Gesú, Verbo di Dio e sapienza di Dio.
Lo trovano - dice - «in mezzo ai dottori». Come in un altro passo sta scritto a proposito dai profeti, nello stesso senso devi intendere ora le parole «in mezzo ai dottori». Dice l`Apostolo: "Se un altro che è seduto riceve una rivelazione da fare, il primo taccia" (1Cor 14,30). Lo trovano «seduto in mezzo ai dottori», anzi mentre se ne sta non soltanto seduto, ma mentre «li ascolta e li interroga». Anche ora Gesú è presente, ci interroga e ci ascolta parlare.
Il testo continua: "E tutti erano ammirati". Che cosa ammiravano? Non le domande che egli faceva, anche se esse erano straordinarie, ma le "risposte". Una cosa è infatti interrogare, un`altra rispondere.
Gesú interrogava i maestri; ma siccome essi talvolta non erano capaci di rispondere, era lui a rispondere alle domande che egli stesso aveva poste. E poiché rispondere non significa soltanto parlare dopo chi ha parlato per primo, ma significa, secondo le sante Scritture, dare un insegnamento, ti auguro che sia la legge divina ad insegnartelo. "Mosè parlava, e Dio poi gli rispondeva con una voce" (Es 19,19); con queste risposte il Signore istruiva Mosè sulle cose ch`egli ignorava. Di tanto in tanto Gesú interroga, di tanto in tanto risponde, e, come abbiamo detto prima, sebbene siano straordinarie le sue domande, tuttavia molto piú straordinario è ciò che egli risponde. Se vogliamo dunque anche noi ascoltarlo, se vogliamo che egli proponga anche a noi delle domande che egli stesso risolverà, supplichiamolo, e cerchiamolo con tutta la fatica e il dolore: cosí potremo trovare colui che cerchiamo. Non a caso sta scritto infatti: "io e tuo padre addolorati ti cercavamo".
E` necessario che colui che cerca Gesú, lo cerchi non in modo negligente e trascurato e con impegno saltuario, come lo cercano alcuni che perciò non riescono a trovarlo. Per parte nostra invece diciamo: «ti cerchiamo addolorati».

(Origene, In Luc., 18, 2-5)


2. «Noi ti cercavamo addolorati»

Dice il Vangelo che «cresceva». Si era infatti "umiliato assumendo la natura del servo" (Fil 2,7), e con la stessa potenza con la quale «si era umiliato» cresce. Era apparso debole, perché aveva assunto un corpo debole, ed è proprio per questo che nuovamente si fortifica. Il Figlio di Dio si era umiliato e per questo è poi ricolmato di sapienza. «E la grazia di Dio era su di lui». Egli aveva la grazia di Dio non quando raggiunse l`adolescenza, non quando insegnava apertamente, ma anche quando era ancora fanciullo; e come ogni cosa in lui era ammirabile, cosí lo fu anche la sua fanciullezza, fino al punto da possedere la pienezza della sapienza di Dio.
"Andavano dunque i suoi genitori, secondo la consuetudine, a Gerusalemme per celebrare il giorno della Pasqua. Gesú aveva dodici anni" (Lc 2,41-42). Osserva con attenzione che, prima di aver compiuto i dodici anni, era ricolmato della sapienza di Dio e degli altri doni di cui si parla nel Vangelo. Quando ebbe dunque compiuto - come abbiamo detto - i dodici anni, e furono celebrati, secondo il costume, i giorni della solennità, e quando i parenti erano sulla via del ritorno, "il fanciullo rimase a Gerusalemme senza che i suoi genitori se ne accorgessero" (Lc 2,43). Comprendi che qui c`è qualcosa di sublime che varca i limiti della natura umana. Infatti non «rimase» semplicemente mentre i suoi genitori non sapevano dove fosse; ma, allo stesso modo in cui nel Vangelo di Giovanni (cf.Gv 8,59; 10,39) è detto che allorquando i Giudei lo insidiavano egli sfuggí di mezzo a loro senza farsi vedere, così credo che ora il fanciullo sia rimasto a Gerusalemme, mentre i suoi genitori non sapevano dove fosse rimasto. E non dobbiamo stupirci di sentir chiamare genitori coloro che avevano meritato il titolo di madre e padre, l`una per averlo partorito, e l`altro per la devozione paterna.
Continua: «Noi ti cercavamo addolorati». Non credo che essi si siano addolorati perché credevano che il fanciullo si fosse perduto o fosse morto. Non poteva accadere che Maria, la quale sapeva di averlo concepito dallo Spirito Santo, che era stata testimone delle parole dell`angelo, della premura dei pastori e della profezia di Simeone, nutrisse il timore di aver perduto il fanciullo che si era smarrito. Si deve assolutamente scartare un simile timore dalla mente di Giuseppe al quale l`angelo aveva ordinato di prendere il fanciullo e di andare in Egitto, di Giuseppe che aveva sentito le parole: "Non temere di prendere Maria in sposa, perché colui che è nato da lei è frutto dello Spirito Santo" (Mt 1,20): non poteva temere di aver perduto il fanciullo, che sapeva essere Dio. Il dolore e la sofferenza dei genitori ci suggeriscono un senso diverso da quello che può intendere il lettore comune.
Così come tu, se qualche volta leggi la Scrittura, ne cerchi il significato con dolore e tormento, non perché pensi che la Scrittura abbia sbagliato, oppure che essa contenga qualcosa di falso, ma perché essa ha in sé una verità spirituale e tu non sei capace di scoprire questa verità; ebbene è proprio in questo modo che essi cercavano Gesú, temendo che egli si fosse allontanato da loro, che li avesse abbandonati e fosse andato altrove, e che -questa soprattutto è la mia opinione - fosse tornato in cielo per discenderne di nuovo un`altra volta quando gli fosse piaciuto.
«Addolorati», dunque, cercavano il Figlio di Dio. E cercandolo, non lo trovarono «tra i parenti». La famiglia umana non poteva infatti contenere il Figlio di Dio. Non lo trovarono tra i conoscenti, perché la potenza divina sorpassa qualsiasi conoscenza e scienza umana. Dove lo trovano dunque? «Nel tempio»; lì si trova infatti il Figlio di Dio. Quando anche tu cercherai il Figlio di Dio, cercalo dapprima nel tempio, affrettati ad andare nel tempio, ed ivi troverai il Cristo, Verbo e Sapienza, cioè Figlio di Dio.
Siccome era ancora piccolo, è trovato «in mezzo ai dottori» mentre li santificava e li ammaestrava. Siccome, ripeto, era piccolo, egli sta «in mezzo» a loro, non insegnando, ma interrogando, e fa così perché noi, considerando la sua età, apprendiamo che ai fanciulli conviene - anche se sono sapienti ed eruditi - ascoltare i maestri piuttosto che voler insegnare loro, evitando cioè di mettersi in mostra con vana ostentazione. Interrogava i maestri - io dico - non per imparare qualche cosa, ma per istruirli interrogandoli. Dalla stessa sorgente della dottrina derivano infatti sia l`interrogare che il rispondere sapientemente; è caratteristica della stessa scienza sapere che cosa chiedere e che cosa rispondere. Era necessario che dapprima il Salvatore c`insegnasse come porre sagge domande, e poi come rispondere alle questioni secondo la sapienza e la Parola di Dio.

(Origene, In Luc, 19, 2-7)


3. Crescere in età, sapienza e grazia

Apprendiamo, figli, ad essere sottomessi ai nostri genitori. Qui il piú grande si sottomette al piú piccolo. Infatti, vedendo che Giuseppe è piú anziano di lui, Gesú lo onora del rispetto che si deve a un padre, dando a tutti i figli un esempio di sottomissione al genitore, oppure, se sono orfani, a coloro che detengono l`autorità paterna.
Ma perché parlo dei genitori e dei figli? Se Gesú, il Figlio di Dio, è sottomesso a Giuseppe e a Maria, io non dovrei essere sottomesso al vescovo che Dio mi ha dato per padre? Non dovrei essere sottomesso al sacerdote preposto dalla scelta del Signore?
Penso che Giuseppe comprendeva che Gesú era a lui superiore, pur essendogli sottomesso; e, sapendo che il sottoposto era maggiore di lui, gli dava ordini con timore e moderazione. Rifletta ciascuno su tutto questo: spesso un uomo di poco valore è posto al di sopra di persone migliori di lui, e talvolta accade che l`inferiore vale di piú di colui che sembra comandarlo. Se chi detiene elevate dignità comprenderà tutto questo, non si gonfierà d`orgoglio a causa del suo rango piú alto, ma saprà che il suo inferiore può essere migliore di lui, nello stesso modo in cui Gesú era sottomesso a Giuseppe.
Continua poi: "Maria conservava tutte queste parole nel suo cuore" (Lc 2,51). Ella sospettava che ci fosse qualche cosa che andava al di là dell`uomo. Per questo «conservava nel suo cuore tutte le parole di lui», non come le parole di un fanciullo di dodici anni, ma come le parole di colui che era stato concepito di Spirito Santo, di colui che ella vedeva "progredire in sapienza e in grazia agli occhi di Dio e degli uomini" (Lc 2,52).
Gesú «progrediva in sapienza» e di anno in anno appariva sempre piú sapiente. Forse che non era sapiente, cosí che doveva progredire nella sapienza? o piuttosto, "poiché si era annientato, prendendo la forma del servo" (Fil 2,7), riprendeva ciò che aveva perduto e si arricchiva della pienezza della virtù che sembrava aver abbandonato prima assumendo un corpo umano?
«Progrediva» non soltanto «in sapienza», ma anche in età. C`è infatti anche un progresso nell`età. La Scrittura ci parla di due generi di età: l`età fisica che non è in nostro potere, ma dipende dalla legge della natura; e l`età spirituale che è veramente in nostro potere e nella quale, se lo vogliamo, possiamo crescere ogni giorno.
Crescere e pervenire fino alla perfezione di essa: "Tanto da non essere piú dei piccoli fanciulli fluttuanti in balia di ogni vento di dottrina" (Ef 4,14); ma, cessando di essere fanciulli, cominciare a divenire uomini e poter dire: "Divenuto uomo, ho fatto scomparire le cose che appartenevano all`infanzia" (1Cor 13,11). Il progresso di questa età, che si risolve in una crescita spirituale, dipende da noi. Ma se non basta questa prima testimonianza, prendiamo da Paolo un altro esempio: "Fino a quando tutti noi perveniamo allo stato di uomo perfetto, alla misura dell`età e della pienezza del corpo di Cristo" (Ef 4,13). E` dunque in nostro potere «pervenire alla misura dell`età del corpo di Cristo», e, se ciò è in nostro potere, lavoriamo con tutte le nostre forze a spogliare e a distruggere quel che in noi appartiene all`infanzia, per raggiungere le successive età e potere anche noi ascoltar queste parole: "Tu andrai in pace dai tuoi padri, avendo vissuto una buona vecchiaia" (Gen 15,15), -vecchiaia certamente spirituale, che è veramente la buona vecchiaia, vecchiaia canuta (cf. Sap 4,8-9) e che raggiunge il suo fine in Gesú Cristo.

(Origene, In Luc., 20, 5-7)
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