È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

CORSO BIBLICO SULL'APOCALISSE

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2012 20:44
Autore
Stampa | Notifica email    
16/11/2012 19:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Capitolo 2

 

I. EFESO

vv. 1-7 - lettura

"All'Angelo della Chiesa di Efeso scrivi....", sono parole di Cristo. Il Risorto parla alle sette Chiese Pensiamo al candelabro ebraico a sette bracci: è un'immagine bellissima della Chiesa. Il candelabro è uno ma è costituito da tutte le sette fiamme riunite, che però rimangono fiamme singole. Ecco le chiese particolari e la Chiesa universale.

Le sette lettere in realtà più che allo stile epistolare appartengono allo stile profetico, e in esse si sente la voce di Dio che giudica, che analizza, che mette in evidenza le cose positive e quelle negative.

L'introduzione è solenne: "Così parla Colui...". Sembra di sentire l'"Oracolo di Jahwe" dell'A.T. Sulle sette Chiese, come era avvenuto da parte dei profeti nei confronti di Israele, sono espressi una critica e un incitamento a proseguire.

Se notiamo bene, la maggior parte dei titoli dati al Signore è già presente nell'Introduzione. Ora nelle lettere i vari attributi divini vengono ripresi (es. "...Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro...") e sviluppati in un diverso contesto. Anche le immagini (es. "Al vincitore darò da mangiare...") sono un'anticipazione di quanto scritto negli ultimi capitoli apocalittici ove si parlerà della Gerusalemme celeste.

 

Perché le lettere sono indirizzate proprio alle Chiese di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardì, Filadelfia, Laodicea?

La risposta più ovvia è che in tali città erano presenti comunità cristiane.

Nelle nostre lettere sono contenuti precisi riferimenti religiosi, politici, geografici alle città in questione, che indicano che lo scrivente conosceva molto bene la regione in cui erano situate le comunità destinatarie degli scritti.

I messaggi alle Chiese fanno emergere tre aspetti:

1 - le tensioni esistenti all'interno delle comunità cristiane,

2 - le tensioni con il giudaismo,

3 - la tensione con il potere imperiale, con Roma.

 

Riprendiamo l'esame della prima lettera o, quanto meno, di alcuni versetti.

Efeso, uno dei centri religiosi più importanti dell'antichità, era una metropoli con 250.000 abitanti e con il celebre tempio di Artemide (Diana per i Romani), meta di grandi pellegrinaggi, considerata una delle sette meraviglie del mondo.

 

Chi è l'Angelo della Chiesa di Efeso? Secondo alcuni studiosi sarebbe lo spirito tutelare della comunità (idea diffusa nel tardo giudaismo), mentre per altri si tratterebbe del messaggero latore delle lettera (dal significato del termine greco).Per altri ancora sarebbe il ministro responsabile della comunità, che avrebbe letto poi il messaggio nell'assemblea liturgica. Secondo l'interpretazione più valida l'Angelo diventa una personificazione della comunità ecclesiale.

 

Cristo in questa prima lettera è presentato come il dominatore della Chiesa. Egli "cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro" e, quindi, è dinamico, cammina con la sua Chiesa. Ci accorgiamo di pagine bibliche in sottofondo: "cammina" ricorda innanzitutto l'Esodo, con il popolo che cammina nel deserto mentre la nube lo segue; e, inoltre, Dio che passeggia nel giardino mentre Adamo ed Eva, commesso il peccato, si nascondono perché nudi (Genesi 3, 8-10).

 

In questa I lettera pare si possa cogliere la descrizione di un peccato. Nel v. 5 Gesù parla al passato: "Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima".

Per capire bene il messaggio inviato alla Chiesa di Efeso è importante ripensare al peccato originale e leggere Genesi 2 e 3. L'episodio della caduta di Adamo ed Eva ci aiuta a capire il valore del premio finale, l'albero della vita. Infatti ai due in Genesi vengono proibiti l'albero della conoscenza del bene e del male e l'albero della vita. Adamo ed Eva mangiano del primo ma viene loro impedito, dall'arrivo di Dio, di nutrirsi dell'albero della vita.

Adesso il vincitore (v. 7) potrà mangiare dell'albero della vita perché Dio e l'uomo si sono perfettamente riconciliati.

 

La Chiesa di Efeso ha degli aspetti positivi come ad esempio le "opere" (in greco ta erga) che sono ritenute fondamentali nella tradizione giudaica. Un buon ebreo doveva conoscere la Torah e metterla in pratica: la preghiera e - come era chiamata dagli ebrei - l'elemosina. La sola preghiera e la sola elemosina non bastavano. E, al di là delle interpretazione date agli scritti di S.Paolo, la fede e le opere assieme sono indispensabili anche per noi cristiani. S. Giacomo afferma che senza le opere non c'è fede.

Noi andremo in Paradiso perché Cristo è morto per noi e perché abbiamo capito il senso di questa morte attraverso la quale si realizza la redenzione. Possiamo intendere la fede e le opere come "la tua fatica e la tua costanza" (v. 2).

Alla luce di altri passi del N.T., soprattutto di S. Paolo, "fatica" significa "sforzo apostolico", "annuncio del Vangelo", "fatiche dell'annuncio". La Chiesa di Efeso pratica le opere, annuncia il Vangelo ed è costante, cioè ha l'atteggiamento giusto del cristiano quando è perseguitato. Sono questi aspetti positivi notevoli. Ma la Chiesa di Efeso deve ritrovare il suo amore (agàpe) di un tempo verso Gesù, cioè deve recuperare quel rapporto di amore intenso e disinteressato che aveva prima con il Signore. L'agàpe èl'anima di ogni cosa e quando viene meno rimane l'egoismo.

Scopriamo poi che nella comunità cristiana di Efeso erano presenti dei falsi apostoli (v. 2) che, stando ai testi di S. Paolo, erano persone che si ritenevano super-apostoli (oratori che invece a Corinto riscuotevano grande successo), oppure che si spacciavano per apostoli ma non lo erano. Questa accusa veniva rivolta anche a S. Paolo perché egli non aveva condiviso la vita terrena di Gesù. Di fatto i falsi apostoli erano persone che mistificavano, che predicavano un falso Vangelo. Alcuni studiosi li identificano con coloro che nel v. 6 sono definiti "i Nicolaiti".

Secondo l'Apocalisse costoro di nutrivano delle carni immolate agli idoli. Noi ne abbiamo notizia dai Padri della Chiesa (in particolare da Ireneo e da Eusebio di Cesarea), i quali li fanno risalire a Nicola - uno dei sette diaconi - che aveva costituito un gruppo considerato eretico perché aveva tendenze libertine e lassiste e l'uso di consumare le carni sacrificate agli idoli.

Per altri studiosi il termine "Nicolaiti", che deriva comunque da "Nicola", è simbolico. "Nicola" significa "vincitore del popolo" ma in senso negativo vuol dire "imbroglione del popolo".

 

A colui che sopporta la persecuzione e che è vittorioso in questa Chiesa, Gesù Cristo promette "l'albero della vita che sta nel paradiso di Dio" (v. 7). Ciò significa che Cristo - il nuovo Adamo - permette la riconciliazione di coloro che il vecchio Adamo aveva separato: Dio e l'uomo. E quindi, grazie al nuovo Adamo, l'uomo riacquista la vita che aveva perso con il vecchio Adamo. S. Paolo scriveva: Cristo è il nuovo Adamo che ci ha liberato dal peccato.

 

II. Smirne

2, 8-11 - lettura -

Smirne era considerata la città più grande e più bella della provincia dell'Asia (corrispondente a circa l'attuale territorio della Turchia). Fino dall'epoca delle guerre cartaginesi fu una potentissima alleata di Roma e successivamente fu inglobata nell'Impero. Città di grandissima tradizione militare e politica, vantava due magnifici templi, uno dedicato alla dea Roma e l'altro all'imperatore Tiberio. Era sede di una numerosissima comunità giudaica ed era famosa anche per i giochi cruenti e incruenti che vi si praticavano.

 

In questa II lettera Cristo è definito "il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita" (v. 8 ). E' questo un attributo di Gesù già notato nell'Introduzione. Qualche studioso sostiene che il secondo titolo "che era morto ed è tornato alla vita" si riferirebbe a un'esperienza vissuta dalla città di Smirne, cioè la sua distruzione totale e la successiva rinascita nel II secolo a.C.

Gesù Cristo parlando alla Chiesa di Smirne dà un duplice incitamento:

1) a non aver paura,

2) a restare fedele.

Ci troviamo di fronte a una comunità che si sta preparando a una grande persecuzione (v. 10). L'espressione "la tua tribolazione, la tua povertà"(v. 9) ci riporta al periodo della schiavitù d'Egitto, quindi a un momento di oppressione (Esodo 3).

Nel v. 10 leggiamo "tribolazione per dieci giorni" che può indicare sia un breve periodo di tempo sia un numero molto importante nella Bibbia (i Comandamenti o le piaghe d'Egitto). Abbiamo, quindi, sia un numero importante che il senso della brevità. Questa espressione allora significa che la persecuzione sarà breve ma molto intensa.

 

 

 

v. 9 - lettura -

"... e la calunnia da parte di quelli che si proclamano giudei e non lo sono ma appartengono alla sinagoga di satana".

Sappiamo che S. Paolo, da buon ebreo, si pone il problema del destino del popolo ebraico che, di fatto, non aveva riconosciuto Gesù (anche se aveva ricevuto la Legge). Nelle sue lettere per indicare la Chiesa S. Paolo usa raramente l'espressione "il popolo di Dio" perché di esso fa ancora parte Israele.

Come interpretare l'espressione riportata?

Innanzitutto notiamo che il termine greco blasfemian, tradotto in italiano con "calunnia", ha in realtà il significato più forte di bestemmia. Ritroveremo questo termine nell'Apocalisse nel brano in cui si parla della lotta della bestia contro Dio (dalla bocca della bestia escono bestemmie) oppure lo vedremo ancora là dove si parla dell'uomo che rifiuta di convertirsi; Allora quell'uomo stesso è una bestemmia vivente, incarnata, perché ha visto Dio e l'ha rifiutato.

 

Chi erano "quelli che si proclamano giudei e non lo sono"? Erano forse falsi ebrei?

Per la risposta è illuminante un brano di S. Giustino (ebreo convertito), uno dei primi Padri della Chiesa, filosofo, apologista e martire, il quale afferma che la stirpe vera, spirituale, siamo noi; noi che siano stati condotti a Dio per mezzo del Cristo crocifisso. Allora gli ebrei non sarebbero realmente il popolo di Dio ma lo sarebbero i cristiani. Conseguentemente a questa ipotesi si arriva a quell'affermazione "...appartengono alla sinagoga di satana". Secondo Giustino sarebbero gli ebrei non convertiti la bestemmia fatta persona e di conseguenza l'assemblea di satana. Questa ipotesi sicuramente non sarebbe stata condivisa da S.Paolo.

In ogni caso il nemico più pericoloso per la chiesa di Smirne è il diavolo, satana, l'avversario e l'accusatore.

 

v. 10 - lettura .

"...ti darò la corona della vita". Nell'antichità era il diadema portato dal re o, più semplicemente, la corona assegnata al vincitore.

E in una città sede di giochi era ben chiaro a tutti il significato del termine corona. Addirittura a Smirne l'acropoli (la città alta difesa dalle mura) era chiamata "corona".

La "corona della vita" è la vita eterna che non conoscerà la "seconda morte", cioè la morte spirituale, la dannazione eterna ("...il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte" v. 11). E qui viene subito in mente il "Cantico delle creature" di S. Francesco là dove parla della morte e auspica che non avvenga nei peccati mortali perché, in tal modo, la morte seconda non farà male.

 

 

Capitolo 2 (continuazione)

 

 

III. Pergamo

lettura 2,12-17.

Pergamo era la città più insigne e famosa della zona, centro di grande cultura, che possedeva una biblioteca nella quale erano conservati più di 200.000 volumi. Era la città in cui, come dice il nome, fu inventata la pergamena, in sostituzione del fragile papiro.

Secondo l'Apocalisse Pergamo era sede di satana, perché vi risiedeva il proconsole romano della provincia asiatica, ossia il rappresentante più alto dell'impero romano.

 

v. 12b - lettura

L'autore insiste sulla "spada affilata a due tagli", il gladio, in quanto il proconsole romano esercitava lo ius gladii - il diritto di usare il gladio - cioè di comminare la pena di

morte. Infatti solo l'autorità romana poteva infliggere ufficialmente tale sanzione (come avvenne di fatto per Gesù). Ricordiamo che proprio perché l'autorità ebraica non poteva stabilire la condanna a morte, l'uccisione di S. Stefano avvenne per linciaggio.

Sappiamo che Pergamo era una grande capitale religiosa. Vi avevano sede il famosissimo tempio di Zeus, il Giove dei romani, e i templi di Atena, di Dionisio e di Esculapio (il dio della medicina). Già la presenza del tempio dedicato a Dionisi, il dio dei culti orgiastici, il Bacco dei latini, è indicativo della dubbia moralità della città. Inoltre Pergamo fu la prima a ricevere da Roma il permesso di erigere un tempio alla dea Roma e uno alla memoria di Giulio Cesare. Dalla religione tradizionale si passava, così, a quell'artificio che Roma usava per affermare il suo potere, uguale per tutti: il culto della dea Roma e, in seguito, la divinizzazione dell'imperatore. E' facile immaginare la città come luogo di scontri per i cristiani a causa della presenza del proconsole romano e dell'espressione dei vari culti idolatrici.

Ecco perché Cristo è il giudice che sottopone la comunità cristiana al giudizio della sua parola (la spada a due tagli che esce dalla sua bocca) proprio in contrapposizione allo ius gladii del proconsole.

 

v. 13 - lettura.

La comunità di Pergamo tiene "saldo il mio nome" (nel significato di conservare e di credere), cioè è riuscita a mantenersi fedele in un contesto difficile e nonostante abbia avuto anche un martire, Antipa, a noi sconosciuto.

 

 

 

v. 14 - lettura

Fra i cristiani di quella città erano presenti alcuni problemi dottrinali. Nel nostro brano si usa il termine tecnico didaché (da didasco, insegno) per dire di dottrine che non erano in linea con l'insegnamento apostolico. Sono citati i Nicolaiti (v. 15) e Balaam. A proposito di quest'ultimo si rimanda al libro dei Numeri 22, 23, 24. Balaam era un indovino pagano entrato al servizio di Jahwe, quasi a significare che lo spirito di Dio non si ferma mai alle cose costituite.

 

"fornicazione": la parola nella Bibbia indica quasi sempre il culto idolatrico.

 

v. 17 - lettura.

1) "manna nascosta". Secondo un Targum molto diffuso all'epoca (si tratta di un commento ufficiale della Bibbia fatto dai grandi rabbini, che in realtà parafrasavano solo il testo sacro) e secondo alcuni libri apocrifi, la manna che il popolo aveva conosciuto solamente durante l'esodo, era riservata ai tempi messianici. Sarebbe infatti ricomparsa con l'avvento del Messia. La manna era nascosta ma adesso ricompare perché siamo ai tempi ultimi, perché è arrivato il Messia. Gesù Cristo glorioso ha inaugurato i tempi nuovi. In proposito sarebbe opportuno leggere Numeri 11 in cui si parla proprio della manna.

 

2) "una pietruzza bianca". Sul suo significato della piccola pietra si possono fare alcune ipotesi. Infatti la pietruzza potrebbe:

a) avere un valore giudiziario, cioè rappresentare i sassolini che il giudici mettevano nell'urna per stabilire, a seconda del colore, se l'imputato era da ritenere colpevole o innocente;

b) significare il biglietto d'ingresso ai giochi del circo (quindi un "qualcosa" che indica l'ingresso in una realtà);

c) essere una sorta di gettone per l'acquisto dei viveri.

Importante è il colore. Il bianco nell'Apocalisse indica sempre il mondo del risorto, il mondo dei salvati. Potremmo dire che questa pietruzza è il pegno della salvezza.

 

3) "un nome nuovo". L'espressione potrebbe riferirsi al vittorioso cui viene cambiato il nome oppure a Cristo stesso, secondo quanto ritengono i maggiori interpreti. Ciò significa che la conoscenza autentica di Gesù è riservata a chi manifesta fede e costanza nella persecuzione e non a quelli, come sostenevano gli gnostici; che Dio stesso aveva scelto anche se non avevano meritato. Per la conoscenza intima del Signore, quindi, bisogna aver la fede e soprattutto la costanza nella persecuzione; solo allora si riceverà il premio.

 

 

 

IV. Tiatira

Lettura 2, 18-28.

E' la lettera centrale, la quarta su sette (tante quante sono le Chiese). Siamo di fronte al messaggio più importante, indirizzato, seconda la logica divina; alla città meno conosciuta della zona. Viene facile il parallelo con Nazareth di cui non parla mai l'A.T. ma che Dio sceglie per la vita terrena del Figlio (Gesù è detto "il Nazareno"). Fra l'altro la nostra lettera sembra essere unica per tutte le Chiese; infatti al v. 23 si dice: "Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini".

"Gli affetti e i pensieri degli uomini". La traduzione letterale dal greco sarebbe: "i reni e i cuori degli uomini". Ricordiamo che per l'ebraismo ogni organo umano è sede di alcune facoltà".

 

v. 18 - lettura

E' l'unica volta nelle lettere in cui Gesù Cristo ha l'appellativo di "Figlio di Dio", che indica la potestà sulle nazioni (ci riallacciamo al Salmo 2 che parla del Messia).

 

v. 19 - lettura

Di positivo in questo messaggio troviamo le caratteristiche della Chiesa esemplare: la carità, la fede, il servizio e la costanza. Da notare in questo brano l'insistenza sulle opere, buone e cattive. Leggiamo nel v. 19 la parola chiave, la più bella della Bibbia: agápe, tradotta inesattamente con "carità".

In proposito leggere 1 Corinzi cap. 13 che banalmente viene definito "inno alla carità" o "inno all'amore" mentre è "Inno all'agápe" che è l'amore tipico di Dio, totalmente gratuito, al quale è chiamato anche il cristiano. E' l'amore di chi, pur essendo tradito, continua ad amare. E' l'amore di Cristo che sulla croce invoca: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno".

 

"il servizio", in greco diaconia: altro termine tecnico che designa i discepoli, in modo particolare gli Apostoli e, più tardi, i diaconi, cioè coloro che servono la comunità.

 

"la fede" e "la costanza", ossia la sopportazione con fortezza delle persecuzioni fino alla prigionia e alla morte.

La Chiesa di Tiatira è stupenda, quindi, anche se situata in una città poco importante.

 

v. 20 - lettura.

Gezabele era la perfida regina sposa di Acab, re di Israele. Di lei si scrive in

1° Re 16, 29-34

18, 1-4 e 17-19

19, 1-8

21, 1-26 (la vigna di Nabot).

Gezabele potrebbe essere anche un nome simbolico nell'Apocalisse; si tratta di una donna che conduce al peccato perché chi la segue compie le opere del male. Ma potrebbe essere un nome reale. E' chiaro il riferimento al personaggio dell'A.T.: una donna che porta lontano dalle strade divine con la prostituzione, cioè con l'idolatria..

 

v. 23 - lettura

Già abbiamo commentato questo versetto. Aggiungiamo solo una sottolineatura: la grande importanza attribuita alle opere ("e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere").

 

v. 24 - lettura

"le profondità di satana".

Secondo alcuni studiosi l'espressione potrebbe riferirsi all'esoterismo, cioè alla magia, oppure allo gnosticismo. Le profondità che alcuni credono di Dio in realtà sono le profondità di satana. Certamente si parla di conoscenza di rivelazioni occulte.

 

v. 27 - lettura.

Alla fine della lettera si cita direttamente il salmo 2, 8-9. Siamo di fronte alla questione del potere, dell'autorità, con una distinzione fra l'autorità dell'uomo e quella di Cristo. E' chiara la polemica con il potere imperiale. La Storia ci insegna che gli imperi umani passeranno tutti ma il potere di Cristo resterà sempre. L'unico che può dare autorità autentica è Cristo. E in questo senso dobbiamo leggere anche le attuali situazioni politiche.

Possiamo ricordare in proposito la concezione della Storia che aveva Polibio, grande storico greco affascinato dalla potenza romana, il quale sosteneva che, secondo i suoi studi, tutte le forme di governo passano attraverso queste fasi:

I - monarchia che degenera in tirannide,

II - ribellione al tiranno e avvento dell'aristocrazia (=governo dei migliori),

III- involuzione dell'aristocrazia e passaggio all'oligarchia (=governo di pochi),

IV - nuova ribellione e instaurazione della democrazia (=governo del popolo),

V - degenerazione della democrazia in anarchia (=nessun potere).

Alla fine il ciclo si ripete con l'avvento di un uomo forte, l'instaurazione della monarchia che degenera in tirannide e così via.

Tutto questo ci induce a pensare che i cristiani non dovrebbero legarsi a particolari forme politiche e non dovrebbero neppure instaurare una teocrazia come avviene, ad esempio, nei Paesi musulmani di stretta osservanza. Per certi aspetti rispondeva a questa tendenza la societas cristiana medievale.

 

v. 28 - lettura.

"...la stella del mattino". Secondo Numeri 24, 17 è l'immagine del Messia, mentre per Isaia 12 la stella che risplende è in contrapposizione al re di Babilonia (un astro caduto).In Daniele 12, 3 appare come simbolo dell'immortalità dei giusti.

 "...e darò a lui la stella del mattino" significa allora che il vincitore potrà contemplare la vittoria di Cristo "stella del mattino", sarà dalla parte dei giusti e sarà immortale.

 

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:14. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com