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CORSO BIBLICO SUI PROFETI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2012 23:45
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15/11/2012 23:19
 
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Geremia

 

Viene definito il profeta più vicino a Cristo non tanto per il suo messaggio ma soprattutto per la sua vita travagliata, contraddistinta da incomprensioni e da persecuzioni dovute non solo alla sua opera ma anche al periodo storico in cui si trovò a vivere.

Potremmo dire che la vita di Geremia si svolse durante due periodi della storia del regno di Giuda; periodi fra loro separati dal 609 a.C., anno della morte di Giosia.

Gli anni precedenti al 609 e coincidenti con il regno di Giosia furono caratterizzati dall'ottimismo, dalla riforma religiosa, dall'espansionismo con la riconquista dei territori perduti e di gran parte del regno del nord.

Negli anni successivi alla morte di Giosia si verificò una rapidissima decadenza del regno di Giuda perché cominciava ad affacciarsi sullo scenario politico del Medio Oriente una nuova grande potenza: il regno di Babilonia. Contemporaneamente declinava la potenza di Assiria e di questo approfittarono soprattutto i Babilonesi, tanto che il faraone d'Egitto decise di intervenire in soccorso degli Assiri che fino a quel momento erano stati i loro nemici storici.

Nel piccolo regno di Giuda era subentrata una situazione di grande disordine con corruzione, disfacimento dell'esercito, ingiustizie sociali e decadenza religiosa. Vennero meno gradualmente gli effetti della riforma di Giosia che non si era sufficientemente consolidata, anche se era stata estesa ai territori occupati del regno del nord.

Lettura di 2 Re, 28-37

Con poche parole è narrato un dramma. Giosia, re intelligente e acuto, avendo compreso lo sviluppo degli eventi a favore dei babilonesi, con il suo piccolo esercito cercò di impedire il transito nella pianura di Meghiddo alle forti e numerose truppe egiziane guidate dal faraone Necao, sbarcate per andare in soccorso sull'Eufrate al re di Assiria. Meghiddo era una fortezza strategica collocata nell'omonima pianura e atta a impedire il transito di qualunque esercito che, giunto dal mare, volesse seguire la via più breve per raggiungere 1'Assiria.

Giosia viene subito sconfitto da Necao il quale è, a sua volta, sconfitto dai babilonesi e, dopo il fallimento dell'impresa, rientra in Palestina con i resti del suo esercito. Qui il faraone depone e imprigiona il figlio e successore di Giosia, Ioacaz (che regnò solo per tre mesi) e lo sostituisce con il fratello Eliakim al quale cambia addirittura il nome in Ioiakim.

Il regno di Giuda, governato da un re "fantoccio" imposto da Necao, costituisce così un baluardo per 1'Egitto. Il re empio è costretto a una politica fiscale vessatoria per poter pagare il tributo imposto dall'Egitto. Ioiakim, che mantiene il potere grazie al faraone (ormai perdente), si inimica così il popolo.

Lettura di 2 Re 24, 1-17

Tutto quanto avviene ad opera dei babilonesi è voluto dal Signore.

Il vero protagonista non è, quindi, Nabucodonosor, che è solo uno strumento come pure lo sono le "...bande armate di Caldei, di Aramei, di Moabiti e di Ammoniti..." (v. 2) che portano disordine in Giuda.

Il Signore agisce attraverso i nemici di Giuda perché sta punendo i suoi re, e in particolare Manasse e la sua discendenza. Punisce anche il re Ioiakim "...a causa del sangue innocente versato quando aveva riempito di sangue innocente Gerusalemme..." (v. 4). Probabilmente qui si fa riferimento ad una rivolta popolare soffocata nel sangue. Re Ioiakim si sottomette a Nabucodonosor per soli tre anni e poi si ribella. Viene probabilmente ucciso a seguito di una congiura e al suo posto sale al trono il figlio Ioiachin, empio come suo padre.

Nabucodonosor conquista Gerusalemme, fa prigionieri il re con i familiari e con la corte, depreda il Tempio con tutti gli oggetti d'oro, deporta dalla città in Babilonia anche diecimila persone appartenenti alle classi sociali più elevate, i guerrieri e gli artigiani lasciando in Giuda "...solo la gente povera del Paese" (v. 14). Si tratta della prima deportazione (597 a.C.) che sottrae al paese tutte le energie vitali. Rimane, così, un popolo di schiavi.

Questo comportamento ricorda la politica degli ostaggi, con la deportazione dei giovani nobili appartenenti ai popoli sottomessi, seguita dagli Aztechi e dai Romani.

Come successore di Ioiachin, Nabucodonosor nomina re lo zio Mattania cambiandogli il nome in Sedecia.

Dopo la prima deportazione resta in Giuda una parvenza di indipendenza, ma Sedecia, pur essendo un re "fantoccio" come il suo predecessore, ad un certo momento si ribella al re di Babilonia.

Lettura di 2 Re 25

Il secondo assedio di Gerusalemme, compiuto da Nabucodonosor e conclusosi con il saccheggio della città e con la seconda deportazione, ci ricorda un altro assedio, quello attuato dai romani nel 71 d.C. - e descritto da Giuseppe Flavio - durante il quale si verificarono episodi di cannibalismo. Al re Sedecia furono uccisi, in sua presenza, i figli e, quindi, egli stesso fu accecato e deportato in catene in Babilonia.

La seconda deportazione risulta definitiva. Rimangono in Giuda soltanto "...alcuni fra i più poveri del paese come i vignaiuoli e come i campagnoli.". (v. 12)

Gerusalemme cessa di esistere come entità autonoma e a capo del territorio viene nominató un governatore babilonese.

In un periodo storico così tragico opera Geremia.

Il nostro profeta nasce ad Anatot, cittadina a 6 Km da Gerusalemme. Apparteneva a quella parte della tribù di Beniamino (situata al nord) che si era stanziata nel regno di Giuda (al sud). Sappiamo anche che Geremia proveniva da una famiglia sacerdotale e questo spiegherebbe - secondo alcuni studiosi - la sua formazione e il suo rigore. Certamente la sua origine dalla tribù di Beniamino spiega perché:

1 ) non risultano per lui importanti due aspetti del profetismo del sud, cioè 1'elezione di Gerusalemme e il messianismo regale. Infatti queste due tematiche sono lasciate molto al margine dal nostro profeta;

2) ha grandissima importanza per Geremia la rilettura dell'Esodo, inteso non tanto come liberazione dall'Egitto quanto come cammino nel deserto per arrivare alla terra

promessa. Se pensiamo agli anni tragici in cui egli vive, riusciamo a immaginare il motivo: quei tempi erano come un deserto nel quale il popolo rischiava di smarrirsi, di perire. Ecco, allora, la speranza della terra promessa, della salvezza.

Geremia sicuramente non esercitò mai la funzione sacerdotale e ricevette la vocazione profetica nel 627-626 a.C.

Lettura di Geremia 1, 1-3 - "Titolo".

In questo brano è sintetizzato il periodo storico in cui si è svolta 1'attività di Geremia che noi conosciamo meglio di altri profeti per le notizie autobiografiche (con accenni storici) contenute nel suo libro. Per alcuni anni della sua vita, però, possiamo avanzare soltanto delle congetture.

Si possono distinguere nella vita di Geremia quattro periodi:

- il primo periodo corrisponde al regno di Giosia (dal 627-626, anno della vocazione, al 609, anno della morte di Giosia stesso).

Uno solo oracolo è sicuramente riferito a questi anni - dei quali non si hanno, quasi, notizie - ed è quello inserito in Ger 3, 6-13 ("L'Israele del nord invitato alla conversione"): lettura.

Il ritrovamento del testo del Deuteronomio avviene nel 622, quando Geremia profetava già da diversi anni. Perché, allora, Giosia - come abbiamo detto nella precedente lezione - si rivolge alla profetessa Culda e non al nostro profeta per chiedere pareri sul da farsi? Geremia non era sicuramente contrario alla riforma, come potrebbero far pensare alcuni suoi oracoli (interpretati come rigetto della riforma, considerata semplicemente come strumento di potere), ma era favorevole, come risulta da altri suoi oracoli, tanto che 1'unico sovrano del quale egli parla bene è proprio il riformatore Giosia.

Si sostiene, secondo un'opinione verosimile, che Geremia fosse favorevole alla riforma non solo perché condivideva 1'operato del re, ma anche perché era legato alla famiglia di Safàn, uno dei promotori principali della riforma stessa, che lo aveva più volte salvato dalla morte.

Molto probabilmente Geremia non era in Giuda in quel periodo, ma si trovava nel regno del nord proprio per diffondere la riforma (e 1'oracolo ora letto è significativo al riguardo).

Con un'espressione moderna potremmo dire che il nostro profeta era stato mandato a evangelizzare un popolo che, a causa delle varie invasioni, aveva abbandonato la religione jahvista. Geremia, diventa, perciò, "1'uomo di punta" della riforma in un territorio dove da più di un secolo si era sedimentata 1'eresia.

Ci troviamo di fronte a una dimensione abbastanza sconosciuta ma fondamentale in Geremia che come missionario non si limita a predicare in Giuda, ma cerca di ricondurre altre popolazioni alla condizione di popolo privilegiato di Jahve.

Ecco il motivo per il quale Geremia, essendo impegnato per circa diciotto anni al nord, non cita molto nei suoi scritti tutti i fatti conseguenti al rinvenimento del testo del Deuteronomio.

Lettura di alcune frasi del discorso pronunciato recentemente dal Papa in Messico: "Poiché alcuni potenti hanno voltato le spalle a Cristo, questo secolo che si conclude assiste impotente alla morte per fame di milioni di esseri umani...; rinuncia a promuovere i valori morali, progressivamente erosi da fenomeni come...il consumismo sfrenato e il diffuso edonismo; contempla inerme il crescente abisso fra i paesi poveri e indebitati e altri forti e opulenti; continua a ignorare la perversione intrinseca e le terribili conseguenze della cultura della morte; promuove 1'ecologia, ma ignora che le radici profonde di qualsiasi attentato alla natura sono il disordine morale e il disprezzo dell'uomo per 1'uomo."

Queste taglienti parole sono subito temperate dalla convinzione che 1'umanità possa e debba voltare pagina, ritornando a quel Cristo che per tutti "ha parole di vita eterna".

Geremia - continuazione

Ricordiamo 1'oracolo del cap.3, 6-13 sicuramente riferito al periodo in cui Geremia svolge la sua missione nei territori già appartenenti al regno del nord e conquistati da re Giosia. Anche il cap. 2 contiene probabilmente degli elementi riguardanti quel tempo.

Lettura di Ger 2, 13-14

Ecco un popolo (quello del nord) che rifiuta la sorgente di acqua viva e si costruisce "...cisterne screpolate, che non tengono 1'acqua." (v. 13).

Questo brano ha una notevole attualità: rispecchia la situazione religiosa odierna. Io dico, con un paragone molto semplice, che è come se si rifiutasse 1'acqua limpida di un laghetto alpino per scegliere 1'acqua limacciosa di una palude.

Lo scorso anno con gli alunni del liceo ho condotto un'indagine sull'importanza di dieci valori (quali la famiglia, Dio, la solidarietà, la scuola, 1'amicizia, il divertimento...). Mi sono stupito nel rilevare che, nell'ordine, Dio era stato collocato prevalentemente soltanto al terzo posto, preceduto al primo e al secondo posto, rispettivamente, dalla famiglia e dall'amicizia. Ciò indica la presenza di una notevole problematica perché, conoscendo i nomi dei ragazzi che avevano risposto al questionario, mi sono chiesto a quale Dio pensassero; non di certo al nostro.

Probabilmente pensano a un "valore" astratto che può dare gioia, serenità, aiuto; a un "valore" buono che, magari, ha creato il mondo. Anche molti di quegli alunni che avevano indicato Dio al primo posto nella scala dei valori avevano smesso di praticare la religione dopo aver ricevuto la Cresima. Eppure, Dio è importante.

Il risultato dell'indagine apre alla speranza e ci stimola all'impegno: se per quei ragazzi è così importante Dio (sia pure dopo la famiglia e 1'amicizia), per noi diventa una responsabilità annunciare il Dio vero, la sorgente di acqua viva. Non permettiamo che si costruiscano "cisterne screpolate, che non tengono 1'acqua".

Abbiamo visto che, con il passare del tempo, la riforma di Giosia perde forza. E' un fatto abbastanza normale, avvenuto, del resto, anche nella storia della Chiesa per tante riforme attuate, che con il tempo hanno perso slancio. In questo senso sono concepibili alcuni attacchi di Geremia a questa riforma ormai in decadenza.

Lettura di Ger 5, 1-9

Il primo versetto richiama il mercanteggiamento di Abramo con il Signore per tentare di evitare la distruzione di Sodoma. Geremia dialoga stupendamente con Dio. L'immoralità dilaga; ognuno cerca il proprio interesse; il diritto divino non è più riconosciuto né dalla gente di bassa condizione né da coloro che dovrebbero guidare il popolo.

Dopo alcuni anni la riforma e il conseguente risveglio religioso perdono vitalità, si torna all'adorazione degli idoli, si commettono angherie verso il popolo.

Il II periodo della vita di Geremia corrisponde al regno di Joiakim.

Lettura di 7, 1-11

Siamo in un tempo di decadenza morale.

Il re si comporta esattamente come il nonno Manasse e si discosta, quindi, dalla via intrapresa da Giosia, suo padre.

Si tratta del primo grande attacco di Geremia alla sicurezza che il popolo aveva nella sua elezione da parte del Signore, a una religiosità ferma ad alcuni fatti materiali, a una sicurezza che è data dal tempio di Gerusalemme.

Geremia non è un dissacratore. Egli vuole soltanto mettere in guardia dall'uso sbagliato dei cardini della religiosità ebraica.

Che significa avere il tempio del Signore in Gerusalemme? Significa doversi purificare ogni volta che vi si entra; significa ricordarsi che Jahve vi è presente e ci giudica.

Allora, Geremia non sostiene che il tempio deve essere demolito, ma che non bisogna avere una fiducia quasi superstiziosa in quelle pietre (è questa una parte del messaggio di Gesù). Non sarà per rispetto al suo tempio (che di per sé non vale nulla) che Dio salverà Gerusalemme dalla distruzione.

In pratica, il Signore ci chiede un comportamento coerente con la nostra fede.

Alla luce di quanto detto è possibile comprendere correttamente il significato delle critiche di Geremia al tempio.

Lettura di Ger. 22, 13-19 ("Contro Joiakim")

Per capire 1'importanza del tempio e della reggia a Gerusalemme, pensiamo alle nostre città medioevali nelle quali i due edifici più importanti erano, da una parte, la cattedrale e, dall'altra, il palazzo del Comune o della Signoria, che rappresentavano rispettivamente il potere religioso e il potere civile.

Dopo il tempio il nostro profeta critica il re. Geremia si scaglia prima contro 1'emblema di una potenza, la reggia, e poi, più direttamente contro il re Ioiakim soprattutto per mezzo del paragone con il comportamento di suo padre Giosia. Notiamo, ancora una volta, che il profeta non ha riguardo alcuno per i potenti.

Lettura di Ger. 19, 1-11

Siamo davanti a uno dei tanti gesti simbolici dei profeti.

Lettura di Ger. 20, 1-6

Sono importanti questi due ultimi brani che si riferiscono al tempo in cui Geremia cominciava a parlare di Babilonia durante il regno di Ioiakim.

Ricordiamo che i Babilonesi, dopo aver sconfitto gli Egiziani, stavano ormai soppiantando gli Assiri e il profeta ritiene, quindi, imminente lo scontro fra il regno di Giuda e la crescente potenza babilonese.

Geremia capisce che la minaccia babilonese è sottovalutata anche per il fatto che Giuda sta attraversando un periodo di stabilità politica. Ecco perché, oltre al tempio e al re, Geremia critica i dirigenti politici che sottovalutano il pericolo incombente.

Allora, i tre grandi filoni della predicazione di Geremia durante il regno di Ioiakim sono: il tempio, il re, i dirigenti politici.

Comunque la sostanza del messaggio contenuto nelle parole del nostro profeta sta nell'invito alla conversione, poiché è imminente 1'arrivo di un castigo che sarà operato dai Babilonesi.

Lettura di Ger. 5, 12-13

Il popolo sta perdendo la fiducia nel Signore e nei suoi inviati e cerca la sicurezza nelle cose materiali.

Lettura di Ger. 17, 5-13

Forse è proprio 1'ambiente della steppa e del deserto (che si estende verso il Mar Morto) che Geremia ha presente nella stesura del v. 6.

Il nostro profeta non condanna i ricchi in quanto tali, ma critica coloro che accumulano ricchezze opprimendo il prossimo e che, quindi, non praticano la giustizia.

I responsabili di questa grave situazione di ingiustizia si possono ricondurre a tre categorie:

I - il re (primo responsabile) - vedi cap. 21, 11-12

II - i falsi profeti (cioè coloro che per servilismo dicono al re e al popolo soltanto quanto è loro gradito) - vedi cap. 23, 9-32

III - i sacerdoti (che usano il culto come strumento di potere personale e come mezzo di arricchimento) - vedi il cap. precedente.

Leggere cap. 16 v. 13 che si riferisce espressamente ai profeti e ai sacerdoti.

I re, i falsi profeti e i sacerdoti costituiscono una struttura che non permette al popolo di convertirsi, anzi lo induce a credere che la condotta iniqua intrapresa sia quella giusta. Questa situazione non consente di capire i desideri di Dio e rende inevitabile il castigo che sarà inflitto per mezzo dei Babilonesi.

Secondo i profeti nella commistione tra situazioni civili, religiose e politiche, tutto va letto alla luce divina, persino la scelta delle alleanze.

Il terzo periodo della vita di Geremia corrisponde al regno di Sedecia.

Come aveva previsto il profeta, avviene la seconda invasione da parte dei Babilonesi, quando ormai da alcuni anni una parte del popolo (le classi socialmente più elevate) non era più presente in Giudea a causa della prima deportazione.

La nuova situazione pone al profeta due interrogativi:

1 - la parte del popolo eletto rimasta in Giuda si rende conto, ora, che la sua elezione non è sufficiente per la salvezza?

2 - i deportati in Babilonia in quale Dio arriveranno a credere? Perderanno la fiducia in Jahve che li ha abbandonati?

Ma i rimasti in Giuda non intendono convertirsi, perché si ritengono i migliori in quanto salvati dalla deportazione. Da parte loro i deportati si sentono abbandonati dal Signore e si demoralizzano. Ecco, allora, la duplice reazione di Geremia:

1 - i rimproveri e gli incitamenti alla conversione per i superstiti nel territorio di Giuda;

2 - le lettere ai deportati; lettere di consolazione e di speranza nella fine dell'esilio.

Lettura di Ger. 24, 1-8 ("I due canestri di fichi").

Sedecia e il popolo rimasto in Giuda ritenevano che i fichi cattivi simboleggiassero i deportati in Babilonia; per il Signore, invece, i fichi buoni rappresenterebbero gli esiliati, mentre i fichi cattivi sarebbero costituiti proprio dal re e dal popolo in Giuda.

Lettura di Ger. 28, 1-17 ("L'alterco con il profeta Anania").

Sedecia è indotto alla ribellione contro il re di Babilonia ma Geremia si oppone.

In questo brano appare chiaramente la constatazione che tutto viene da Dio. Infatti, il re babilonese è uno strumento del Signore così come il re di Persia, Ciro, che liberò gli esuli (vedi Isaia). Dio si serve di Nabucodonosor per castigare i suoi figli ribelli con la distruzione del regno giudaico.

La motivazione di Geremia non è politica ma, prima di tutto, teologica. Nabucodonosor gode del favore di Dio che chiede la sottomissione di Giuda alla potenza babilonese. Molti hanno accusato il nostro profeta di essere al soldo dei babilonesi, ma ciò non appare proprio vero in quanto Geremia ha solo una visione teologica della realtà.

Il profeta, dopo la seconda deportazione, rimane in Giuda, visto con molto favore dai babilonesi. Contro i suoi consigli, il governatore Godolia viene ucciso da Ismaele e per timore di rappresaglie i congiurati fuggirono poi in Egitto portando con sé Geremia, del quale non si avranno più notizie.

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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