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CORSO BIBLICO SUI PROFETI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2012 23:45
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15/11/2012 23:14
 
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Isaia

Il libro di Isaia si compone di 66 capitoli, nei quali compaiono persone ed epoche molto distanti tra loro. Infatti ~ nella prima parte sono indicati personaggi vissuti sicuramente nell' VIII secolo a.C.; più avanti si parla, invece, del re persiano Ciro e di Babilonia, mentre non vengono più citati gli Assiri; Gerusalemme non viene più nominata per diversi capitoli ed è poi indicata nei capitoli successivi.

Notiamo, quindi, apparenti contraddizioni alle quali si aggiungono notevoli differenze di stile nel testo originale ebraico. Se leggessimo il nostro libro cercando le sottolineature teologiche noteremmo ugualmente molte differenze. Ad esempio, dal cap. 40 in poi appare per la prima volta la grande sottolineatura di Dio come Dio della storia e della creazione, ed anche il concetto di "resto di Israele" molto diverso da quello del passato. Compaiono figure del tutto nuove come quella, particolarissima, del "servo di Jahve" .

Anticamente non era stata data molta importanza a queste differenze, a queste contraddizioni. Però, già nei secoli XI e XII alcuni commentatori ebrei avevano

introdotto 1'idea che il libro di Isaia potesse essere diviso in due parti: la prima, scritta dal profeta, dal cap. 1 al cap. 39, e la seconda, opera di un autore diverso, di un anonimo dell'epoca dell'esilio, dal cap. 40 al cap. 66.

Nel 1788 viene confermata questa impostazione ad opera di J.C. Eichhorn: il libro di Isaia è da dividere in due parti da attribuire a due autori diversi.

Circa un secolo più tardi, nel 1892, B. Duhm propose invece di suddividere il libro in tre parti:

capp.l-39 - capp.40-55 - capp.56-66.

Aveva infatti notato ulteriori differenze, anche di stile, nell'ambito della seconda parte (capp. 40-66).

La nuova impostazione diventa in seguito canonica (e lo è ancora oggi) con la particolarità che, mentre Duhm aveva sottolineato molto le differenze fra le tre parti, oggi vengono presi in considerazione anche gli elementi comuni alle parti stesse.

Ecco, allora, prendere corpo 1'ipotesi di tre libri, opera di tre autori diversi, ma rielaborati da un unico redattore che ha cercato di rendere omogenei i tre testi.

Notiamo negli ultimi due capitoli dei richiami al cap. 1 (eppure erano passati secoli). Inoltre, alcune immagini si ripetono in tutti i capitoli e certe idee appaiono costantemente nel sottofondo.

Riepiloghiamo:

I parte - capp. 1-39 opera certamente del profeta Isaia (secolo VIII a.C.);

II parte - capp. 40-55 opera di un profeta o di un gruppo profetico dell'epoca

della fine dell'esilio babilonese;

III parte - capp. 56-66 da attribuire a una vera e propria scuola profetica al ritorno dall'esilio.

Prendiamo ora in esame i primi 39 capitoli che sappiamo scritti da Isaia nel periodo in cui il regno del nord scompare dopo una fase di decadenza.

Il ministero profetico di Isaia è durato circa 40 anni in una situazione mutevole dal punto di vista economico, politico e sociale, in un periodo in cui si sono succeduti vari re. Lettura di Isaia 1,l.

Per conoscere in quale situazione abbia operato il nostro profeta leggiamo anche 2 Cronache cap. 26.

Nella descrizione contenuta nei primi versetti notiamo una notevole differenza fra i comportamenti di Ozia, re di Giuda, e quelli dei re del nord (Israele). Infatti regnava al sud un monarca che, almeno per qualche tempo, "...fece ciò che è retto agli occhi del Signore..." (v. 4). Ozia, favorito dal Signore, era un re che stava ampliando il territorio dello Stato e che aveva perfino dei vassalli che gli versavano tributi. Il regno di Giuda, quindi, attraversava un periodo di benessere e vi prosperava, in particolare, 1'agricoltura.

L'esercito potente era ben strutturato e dipendeva da comandanti locali, mentre il potere centrale forniva 1'armamento assicurandosi così la partecipazione di quegli eserciti alle guerre intraprese dal sovrano. Dal v. 16 cambia il comportamento di Ozia, che si insuperbisce e va incontro alla rovina.

Nella seconda parte del cap. 26 è narrato un contrasto fra il monarca e il potere sacerdotale, perché il re stesso aveva tentato di attribuirsi alcune funzioni sacerdotali. Ozia si ammala di lebbra e viene di conseguenza isolato ed escluso dal tempio fino alla morte. Negli ultimi anni del suo regno divenne reggente il figlio Iotam.

Da alcuni studiosi sappiamo che nella Bibbia venivano considerate lebbrose tutte le persone affette da qualsiasi malattia della pelle. Quindi anche la macchia spuntata sulla fronte del re mentre nel tempio "...sfogava la sua collera contro i sacerdoti..." (v. 19) sarebbe potuta essere la manifestazione di una malattia della pelle diversa dalla lebbra. L'isolamento del monarca è comunque giustificato dal fatto che, per ragioni di sicurezza, tutte le persone affette da malattie della pelle - dalla semplice dermatosi alla lebbra ­venivano considerate impure e, quindi, isolate per preservare il popolo dal contagio.

Nel Pentateuco si può leggere di tutti gli accertamenti che i sacerdoti compivano al manifestarsi di simili malattie per stabilire se si trattasse o meno di vera lebbra. Per questo motivo Gesù quando guarisce dei lebbrosi li invita ad andare a mostrarsi ai sacerdoti nel tempio perché accertino la scomparsa della malattia (Lc. 5,12-14; Lc. 17,11-19; Mt. 8,1-4).

Con tutta probabilità Isaia inizia il suo ministero alla morte di re Ozia.

Lettura di 2 Cronache 28,1-5 in cui si parla di Acaz il quale "Non fece ciò che è retto agli occhi del Signore, come Davide suo antenato seguì le strade dei re d'Israele....bruciò i suoi figli nel fuoco..." (vv. 1-3).

Questo re idolatra disconosce completamente la legge divina e arriva a compiere il gesto più abominevole sacrificando a favore di Baal i suoi figli. Sappiamo che nella Bibbia la condanna dei sacrifici umani è sempre fermissima.

Una delle chiavi di lettura del mancato sacrificio di Isacco viene fornita proprio dalla polemica, allora assai vivace, nei confronti delle religioni dei popoli che praticavano sacrifici umani.

Lettura di 2 Cronache 28,16-27.

Nel brano letto è presente un accenno all'idolatria politica che si manifesta nel comportamento di Acaz, il quale chiede aiuto al re di Assiria pagandogli un tributo, senza peraltro ottenere un corrispettivo.

Ai vv. 20-21 è scritto: "Anche Tiglat-Pilèzer, re di Assiria, venne contro di lui e lo oppresse anziché aiutarlo. Acaz spogliò il tempio, il palazzo del re e dei principi e consegnò tutto all'Assiria, ma non ricevette alcun aiuto.".

Acaz, re empio, pur di conservare il potere pensa di sostenersi alleandosi con i re di Assiria e di Aram (Siria) e considera più potenti di Jahve le divinità alle quali offre sacrifici e brucia incenso. .

Secondo alcuni studiosi, una analoga motivazione sarebbe alla base del comportamento dell'imperatore Costantino quando questi decise di riconoscere il cristianesimo tra le religioni lecite dell'impero. Infatti, egli avrebbe ritenuto il Dio dei cristiani più potente degli altri dei in quanto lo aveva aiutato a conseguire la vittoria.

Isaia - continuazione

Letture di 2 Cronache 29,1-2

Ezechia, figlio di Acaz, è un altro re del quale al v. 2 si dice: "... fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto Davide suo antenato." Egli inizia una grande riforma religiosa e si preoccupa di restaurare la religione dei padri dopo quanto era avvenuto sotto il regno di Acaz. E 1'opera di restaurazione viene attuato da Ezechia mediante:

1 - la purificazione del tempio profanato da Acaz che pare avesse introdotto sacrifici a divinità straniere;

2 - il sacrificio espiatorio per tutti i peccati commessi dal padre Acaz;

3 - la ripresa del culto autentico a Jahve;

4 - la convocazione di un grande pellegrinaggio, che coinvolge Giuda e Israele, in occasione della Pasqua e degli Azimi (cap. 30);

5 - la riforma del culto (cap. 31 - lettura v. 1)

6 - la restaurazione del sacerdozio (cap. 31 - lettura v. 2).

Tutte queste opere sembrerebbero poter preludere a grandi benefici da parte di Dio. Invece, sappiamo che durante il regno di Ezechia avvenne 1'invasione di Giuda da parte di Sennàcherib, re di Assiria.

Lettura di 2 Cronache 32,1-8

Il re di Giuda ordina di ostruire tutte le sorgenti fuori della città per privare d'acqua il nemico e predispone la fortificazione di Gerusalemme ricostruendo le mura diroccate ed erigendone di nuove. Riorganizza, inoltre, 1'esercito e, a differenza del re Acaz, ripone la sua fiducia nel Signore ("...con noi c'è il Signore nostro Dio per aiutarci e per combattere le nostre battaglie." v.8)

Per i motivi ora esposti Isaia quando parla nel libro dell'Emmanuele (Dio con noi) intende, almeno per 1'immediato, Ezechia, figlio di Acab.

Abbiamo tutti presente la profezia ` : "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele" (Isaia 7,14).

Ezechia dimostra con il suo comportamento che anche il re può essere fedele al Signore. Questo uomo potrebbe essere considerato come un cristiano ante litteram, il quale sa che la sua vittoria non verrà, comunque, dagli apprestamenti difensivi dell'esercito ma dal Signore.

Lettura di 2 Cronache 32,9-27

Qui appare la tracotanza del re assiro Sennàcherib, forte del suo potere, ma senza fede nel Dio vivente.

Al v. 20 entra in scena Ezechia che, pregando con Isaia, ottiene dal Signore lo sterminio di tutto 1'esercito di Sennàcherib il quale, tornato sconifitto in patria, viene ucciso dai suoi stessi figli.

Dopo aver ottenuto dal Signore la guarigione da una malattia mortale, Ezechia si insuperbì ma di fronte all'ira divina "...si umiliò della superbia del suo cuore e a lui si associarono gli abitanti di Gerusalemme; per questo 1'ira del Signore non si abbatté su di essi finché Ezechia restò in vita.". (v. 26)

Lettura di 2 Re 19,20-34. L'intervento di Isaia.

In questi versetti viene narrato 1'intervento del profeta a favore di Ezechia. Ma chi è questo profeta?

Possiamo desumere alcune notizie dal libro dello stesso Isaia. E' un uomo di grande cultura. Lo confermano lo stile sobrio, sintetico ma stupendo, di alta poesia dei suoi scritti e i riferimenti geografici riportati nel libro. Probabilmente si tratta di una persona che aveva viaggiato molto, che alcuni considerano, addirittura, un ambasciatore o un dignitario di corte che ha compiuto missioni diplomatiche.

Quasi sicuramente Isaia cresce e vive a Gerusalemme, perché troviamo nei suoi scritti due tematiche che lo distinguono nettamente dai profeti del regno del nord (istituito da una dinastia di usurpatori):

1) 1'elezione di Gerusalemme, cioè la scelta operata da Dio per centralizzare il culto nella città santa. Di conseguenza i vari santuari e i luoghi di culto eretti nel passato vengono eliminati;

2) la centralità della dinastia davidica.

Questi temi sono sconosciuti, per ovvi motivi, ai profeti del regno del nord. I re di Giuda, a differenza dei monarchi del nord, sono tutti discendenti di Davide.

Con Isaia inizia - e ciò appare fondamentale - la tematica del messianismo regale che si svilupperà per tutta la storia del popolo ebraico: il Messia sarà un discendente del re Davide. Ricordiamo che Matteo al cap. 1 ce ne presenta la genealogia per dimostrare che Gesù è discendente di re Davide.

Sappiamo che quando Gerusalemme venne distrutta dai romani 1'imperatore, onde evitare di aver problemi in futuro con un nuovo Messia, ordinò 1'uccisione di tutti i discendenti di Davide.

Grande tema di Isaia collegato alla centralità di Gerusalemme ed alla discendenza davidica, è la fedeltà di Dio. Dio è fedele alle promesse fatte a Davide. Ne troviamo conferma in 2 Samuele 7.

Nei versetti 11-13 il Signore promette a Davide che manterrà sul trono la sua discendenza e che il Messia sarà un suo discendente.

Ecco, Isaia è il primo profeta che tiene vivo il sentimento di un messianismo regale nella linea di discendenza davidica.

Dio rimane fedele anche se il re attualmente al potere è indegno. Siamo in un sistema in cui è fondamentale la fedeltà al Signore - e non solo verso il popolo -.

Lettura di Isaia 6,1-13 - "Vocazione di Isaia"

Questo capitolo ci fornisce notizie autobiografiche e ci aiuta a comprendere tutto il libro di Isaia in quanto vi sono contenuti in sintesi i temi sviluppati nei 39 capitoli.

Siamo abituati, se abbiamo presenti le narrazioni della Bibbia, a situazioni fuori dal comune come quella della travagliata vocazione di Mosè, che viene descritta nell'episodio del roveto ardente che non si consuma mai: Dio impiega molto tempo (ben due capitoli dell'Esodo) per convincere il patriarca a recarsi in Egitto.

Anche Geremia accetta la sua vocazione con tanti dubbi e difficoltà.

Isaia, invece, si offre con una disponibilità totale e immediata, che ci ricorda le vocazioni degli Apostoli descritte nel Vangelo. La visione del nostro profeta contiene potenzialmente tutti i temi che verranno successivamente sviluppati nel libro. Certamente siamo ad una svolta per Isaia che prende piena coscienza almeno di quattro realtà:

1) La santità di Dio: Dio è il "tre volte santo".

E, poiché tre è il numero della perfezione, Dio è la santità perfetta. "Santo" significa "separato" e, quindi, Dio è totalmente "altro" e del tutto separato, staccato dall'uomo. E' il Signore onnipotente degli eserciti

,

2) la coscienza del peccato personale e collettivo.

"...perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito..." (Is 6,5);

3) la necessità di un castigo per il popolo.

Questo popolo dalle labbra impure merita un castigo;

4) la speranza della salvezza.

Ed è una speranza tutta particolare.

Alla fine del racconto della sua vocazione, Isaia ci parla di una sorta di decimazione del popolo: "Ne rimarrà una decima parte..." (6,13a).

A seguito di una ulteriore distruzione "...resta il ceppo." (6,13b). Il profeta, infatti, paragona il popolo a una grande pianta della quale rimarrà solo il ceppo, "...progenie santa...". E' ciò che noi chiameremo "tema del resto di Israele" o "tema del resto" .

Nel secondo Isaia sembrerà a un certo punto che questo "resto" coincida con il Messia che, quindi, non sarebbe più una persona singola ma una comunità. Si tratta, però, di un'intuizione che non avrà sviluppo.

Nell'ebraismo troveremo una analogia a questa comunità messianica negli Esseni, cioè nella comunità destinata a preparare 1'avvento del Messia e, in certa misura, essa stessa segno dei tempi ultimi.

Sappiamo che egli Esseni costituivano un gruppo religioso sviluppatosi, in particolare, all'interno dell'ebraismo dopo la persecuzione di Antioco IV Epifane. Essi ritenevano di conservare nella loro comunità il giusto sommo sacerdote nei discendenti di Sadoc. Fondarono, caso inaudito per 1'ebraismo, una vera e propria comunità monastica con il voto di castità.

I c.d. "rotoli di Qumram" o "rotoli del Mar Morto" facevano parte della biblioteca di quella comunità, forte di circa cinquemila persone il cui . nucleo più consistente si era ritirato nel deserto.

Gli Esseni dovevano mantenersi puri perché, ritenendosi gli unici sacerdoti non contaminati dal sangue impuro di altri pretendenti al sacerdozio, avrebbero accolto al suo arrivo il Messia e con lui avrebbero celebrato il culto, finalmente purificato. Il voto di castità degli aderenti alla comunità essena derivava proprio dalla necessità di una purità cultuale. Oltre ai sacerdoti e agli adepti che si dedicavano allo studio della Torah, esisteva una comunità di simpatizzanti (paragoniamola - per capirci - al "Terzó . ordine francescano") che seguivano la spiritualità essena dall'esterno.

Negli anni fra il 1950 e 1960, quando si cominciarono a tradurre i rotoli ritrovati a Qumram, sembrò emergere una quasi perfetta consonanza tra il messaggio di Gesù e quello degli Esseni, tanto da far pensare che Gesù stesso fosse appartenuto a quella comunità. Ciò avrebbe spiegato alcuni aspetti della vita di Cristo, come, ad esempio, il fatto che egli non fosse sposato.

Con il procedere della traduzione dei rotoli, però, emersero alcune differenze fondamentali tra la dottrina degli Esseni e il messaggio di Gesù. Ad esempio, un esseno non avrebbe mai toccato un morto, nemmeno per resuscitarlo, e neppure avrebbe avuto contatti con un uomo piagato dalla lebbra perché tali atti lo avrebbero reso impuro.

A1 contrario dell'universalismo di Gesù, gli Esseni costituivano una setta molto chiusa, esclusiva, che attendeva un Messia sterminatore di tutti i non appartenenti alla loro comunità; questo Messia avrebbe portato, poi, il culto purificato in tutte le isole. Secondo un'ipotesi abbastanza plausibile, Giovanni il Battista avrebbe ricevuto la sua formazione nella comunità degli Esseni nel deserto, tanto è vero che la sua concezione del Messia risente molto delle loro idee.

Nella vocazione di Isaia sono presenti anche delle sfumature come ad esempio:

1) il Dio tre volte santo si mostra al profeta che resta vivo (v. 5). Infatti era diffusa 1'idea che non si potesse vedere il Signore pena la morte. In questo episodio invece, vediamo che il Dio tre volte santo ha una certa "vicinanza" con 1'umanità o, quanto, meno, con il profeta;

2) il peccato dell'impurità può esser cancellato. Vediamo (sempre in Is. 6)nei vv. 6 e 7 che uno dei serafini prende in mano il carbone e con questo purifica la bocca del profeta.

Leggeremo in seguito i bellissimi testi di Isaia a proposito di Dio che perdona il peccato.

I Serafini (serafino significa "bruciante") sono creature angeliche con sei ali, che non possono vedere il Signore. Con due ali si coprono il volto, con due ali si coprono i piedi (che in senso biblico sono i genitali) e con le altre due volano. Si tratta di creature superiori all'uomo e vicino Dio. Isaia è il primo profeta a parlarne.

Il nostro profeta era sposato ed aveva almeno due figli ai quali erano stati attribuiti nomi simbolici come ai figli di Osea.

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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