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CORSO BIBLICO SUI PROFETI

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2012 23:45
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15/11/2012 23:10
 
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I profeti scrittori

Amos

Per dare un'inquadratura storica al nostro profeta scrittore leggiamo 2 Re 14.23-29.

Geroboamo II riconquista la Galilea e altri territori -fino al Mar Morto - che, durante un periodo di grande instabilità politica, il re Cazael di Aram (Siria) aveva sottratto al re d'Israele. Il re malvagio Geroboamo II serve al progetto di Dio che aveva sentito i lamenti degli israeliti sottoposti alla dominazione dei Siriani. Con tale sovrano, infatti, il regno di Israele raggiunge il suo maggior sviluppo con una potenza militare e una ricchezza mai conosciuta prima. In particolare si accresce moltissimo 1'industria tessile e di conseguenza quella della tintura dei tessuti.

Contemporameamente avviene una "decomposizione sociale" in quanto soprattutto i piccoli proprietari terrieri soccombono, oberati dai debiti. Si sviluppa 1'industria, i capitali ricavati sono investiti nei latifondi, mentre i piccoli proprietari vengono soffocati ed hanno necessità di ottenere prestiti, concessi ad alti tassi. Non essendo in grado di onorare i debiti contratti di solito finiscono in schiavitù o, quanto meno, nella condizione di salariati. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Altro fatto negativo è costituito dalla corruzione dei giudici che favoriscono con le loro sentenze i ricchi, mentre i poveri non hanno alcuna garanzia giuridica.

Per ultimo, ci troviamo di fronte a una grande ostentazione di ricchezza.

Dal punto di vista religioso siamo in presenza di santuari sontuosi e assai frequentati. Ma in molti di questi, anche importanti, lo jahvismo risulta ormai contaminato soprattutto dalla religione dei popoli cananei e dai relativi culti legati alla fertilità; culti che avevano come conseguenza la prostituzione sacra.

Il culto di Israele sta, ormai, diventando ibrido, una sorta di sincretismo religioso. Anche nei santuari rimasti esclusivamente jahvisti il culto praticato è essenzialmente esteriore e non incide, quindi, nella vita. (Il culto per essere autentico, infatti, deve incidere nella nostra vita). Si instaura sempre più 1'idea - cosa gravissima - che si possa ottenere la benevolenza della divinità con i sacrifici: se offro, ad esempio, un grosso bue, per un anno mi è consentito commettere qualunque violazione della Legge. Si snatura, così, completamente il senso di Dio, del Dio che ci ha dato la Legge, del Dio dell'Alleanza.

Tutto il popolo vive in una presunzione fatale, che deriva dall'essere il "popolo eletto" (Dio mi ha scelto e, poiché Egli è fedele, posso agire come credo, tanto sono 1'eletto).

Si diffonde 1'idea che il "giorno di Jahve" debba essere inteso non come giorno dell'ira (Dies irae) ma come quello della venuta di Jahve per sottomettere tutti i popoli. Di conseguenza il "giorno di Jahve" era considerato il giorno della punizione di tutti gli altri popoli: finalmente si sarebbe celebrato il trionfo del popolo eletto.

In un periodo di prosperità in cui, per mezzo dell'esercito, non soltanto erano stati riconquistati i territori perduti ma erano anche stati amplificati i confini del regno con la conquista di altre terre, Israele viene tentato dalla megalomania. Ciò si riflette anche sul piano religioso: Jahve per noi instaurerà il "nostro" regno e non il "Suo". Si vuole far coincidere il regno di Dio con quello terreno che si identifica, però, con gli "ayatollah" di turno e che, quindi, non corrisponde al reale governo del Signore (teocrazia).

Con Amos siamo a una svolta del profetismo.

Secondo una certa interpretazione, che a mio parere può essere condivisa solo in parte, siamo arrivati con Amos ad avere un atteggiamento completamente diverso rispetto a quello di Elia e di Eliseo, i quali intendevano riformare le istituzioni allora vigenti (monarchia e sacerdozio). Il nostro profeta si rende conto che la monarchia e il sacerdozio devono essere addirittura eliminati. per permettere al popolo di Israele di tornare ad essere il "popolo di Dio".

Mi sembra che questa interpretazione sia un po' troppo radicale, anche se ha in sé del vero in quanto la corruzione delle due istituzioni considerate si era assai aggravata. E' vero, invece, che i profeti non sostengono 1'abolizione della monarchia e del sacerdozio, ma desiderano che questi tornino al ruolo che Jahve aveva previsto.

Una annotazione non marginale: evitiamo di interpretare i profeti solamente in chiave sociologica.

Amos nasce a Tekòa, un villaggio a sud di Gerusalemme. E', quindi, un uomo del sud emigrato al nord per profetizzare. E proprio dal regno del nord verrà espulso e rimandato nei territori meridionali.

Il nostro profeta era, perciò, un giudeo ed esercitava il mestiere di "pastore e raccoglitore di sicomori" (Amos 7,14). Non si sa se fosse proprietario di un gregge oppure un salariato. Nella prima ipotesi egli avrebbe potuto essere uno dei tanti piccoli proprietari rovinati dalla congiuntura economica, mentre nella seconda ipotesi avrebbe potuto condividere la vita della gente povera. Un fatto appare certo: se Amos raccoglie i sicomori deve viaggiare molto, perché quei frutti crescono lungo le rive del Mar Morto e non vicino a Gerusalemme, dove egli abita.

I viaggi, che sicuramente si effettuavano nella zona di confine tra i due regni, avevano permesso al nostro profeta di avere contatti con popolazioni di diversa etnia, tanto è vero che nel suo libro egli dimostra di conoscere bene non soltanto gli usi e i costumi ma, anche, la situazione politica dei popoli vicini (del regno di Israele e delle città-stato della costa). E' chiaro che Amos conosce perfettamente la condizione religiosa del regno d'Israele.

Il linguaggio di Amos ci appare estremamente duro e la sua esposizione ricca di esempi concreti. Egli predica prevalentemente nei luoghi in cui si concentrano il potere religioso e quello politico e cioè a Betel e Galgala - i due grandi santuari - e a Samaria (la capitale). La predicazione profetica di Amos prosegue imo allo scontro con il sacerdote Amasia, che lo fa cacciare dal regno.

Leggere il libro di Amos.

VIII lezione

Amos - continuazione

Leggiamo ora il libro del profeta Amos in modo inconsueto, cioè iniziando dall'ultima parte e precisamente dal cap. 7 ("Le visioni") vv.l-9, in cui si parla delle prime tre visioni: le cavallette, la siccità, il piombino.

Passiamo poi al cap. 8,1-3 (Quarta visione: il canestro di frutta matura) e al cap.9.1-4 (Quinta visione: caduta del santuario).

Notiamo che nelle prime due visioni Amos intercede - così come fece Abramo per Sodoma - e prega Dio che esaudisca le sue richieste.

In una precedente lezione abbiamo detto che uno dei ruoli fondamentali del profeta è proprio 1'intercessione. Il profeta intercede per il popolo davanti al Signore. In proposito ricordiamo anche la grande intercessione di Mosè per evitare che Dio sterminasse tutto il popolo. Qui potremmo aprire una parentesi e riflettere sulla nostra preghiera di intercessione, che è fondamentale: chi non prega per le altre persone non manifesta una grande fede, non si fida della parola di Gesù ("Chiedete e vi sarà dato..." Lc 11,9) e non crede nella potenza della preghiera. Alcune persone affermano di non chiedere mai nulla in quanto sostengono che il Signore conosca sicuramente ciò che è bene per loro. E' vero. Però Gesù stesso ci ha invitato a chiedere e ci ha perfino insegnato il modello di preghiera. Pensiamo a Gesù nel Getsemani dove prega chiedendo, anche se nel sottofondo della sua richiesta è presente un "sia fatta la tua volontà".

La preghiera di richiesta costituisce per noi una grande professione di umiltà.

Il battesimo ci ha reso profeti. Cerchiamo, allora, di riscoprire il nostro ruolo di intercessori che, tra 1'altro, ci aiuta ad aprire tanto il cuore. E' importante.

Davanti ai castighi delle prime due visioni Amos intercede per il popolo d'Israele. Nelle successive visioni ciò non accadrà e le parole del Signore saranno sempre più dure. Abbiamo iniziato a leggere il nostro libro dalla parte finale perché - secondo vari studiosi - queste visioni riassumono tutto 1'itinerario del profeta, il cammino che egli compie nella consapevolezza del suo ministero.

Amos, cioè, si rende conto che Israele è impenitente, che, nonostante gli interventi operati da Dio a suo favore, non si converte.

Il profeta si convince che questo Israele è un muro ormai non più a piombo, è un cesto di frutta matura pronta per essere consumata, un santuario che sta per crollare. Dopo la terza visione, nella quale Amos non intercede più per il popolo, è collocato nel nostro libro il conflitto con Amasia, sacerdote di Betel, che caccia il profeta verso il paese di Giuda. Ciò significa che le strutture portanti della società, il sacerdozio e la monarchia, sono ormai "marce", non possono più sostenere alcun muro e che il popolo, seguendo la via della perdizione, è diventato "un canestro di frutta matura" (Os 8,1 ) comunque destinato a finire perché va consumato altrimenti marcisce.

Nella precedente lezione si è detto che in Israele si era diffusa 1'idea che "il giorno di Iahve" avrebbe portato non un giudizio ma un dominio di Israele stesso su tutti i popoli della terra in quanto popolo eletto.

Vediamo come Amos ci parla del "giorno di Jahve". Un accenno è contenuto nel cap.8 vv. 9-10 (lettura) ove si parla di un giorno di lutto e di lamento.

Pensiamo pure a quanto di questo concetto ritroviamo nella tradizione cristiana (il giudizio di Dio è un fatto terribile, ecc.), ma non dimentichiamo il contesto nel quale questi oracoli sono stati pronunciati, ossia il contesto di un popolo che risponde negativamente a tutte le sollecitazioni a cambiare il modo di vivere.

Lettura del cap. 5.18-20.

Qui il profeta è ancora più sferzante.

Ecco, il "giorno di Jahve", secondo Amos, sarà il giorno del giudizio sul popolo ribelle.

In un contesto di opulenza, di grande sviluppo economico, accompagnato, però, dalla povertà di alcuni ceti sociali, Amos è da definire "profeta di sventura".

Di tutto quel benessere, di tutta quella ricchezza quarant'anni dopo non rimarrà più nulla.

Amos lancia delle provocazioni. ' I temi più importanti affrontati dal nostro profeta si possono così riassumere:

A - la constatazione che Israele è ormai completamente pervertito perché si è ribellato al Signore e non ha ascoltato i suoi richiami.

Si comprendono, allora, le cinque visioni con le loro previsioni: Israele è destinato a perire;

B - il castigo è motivato da quattro peccati fondamentali che il popolo ha commessi e che il profeta denuncia:

1 - il lusso

- Lettura di Amos 3.15 (lusso edilizio). Notiamo un accenno alle seconde case. - Lettura del cap. 6.4-7 (lusso alimentare).

La gente che vive nel lusso commette uno dei peccati più gravi: la mancanza di solidarietà. A questo proposito rileggiamo in Lc 16,19 la parabola del ricco epulone. L'evangelista non condanna i ricchi in quanto tali, ma coloro che non sono solidali con i poveri. La figura antagonista del ricco cattivo è Zaccheo che nel momento in cui incontra Gesù diventa solidale e dona la metà dei suoi beni ai poveri.

Il Vangelo dice che il ricco deve condividere i suoi beni con coloro che non ne dispongono, perché ciò che egli possiede non è suo ma gli è stato donato; di conseguenza non può goderne in modo esclusivo.

Questo è ancora oggi un messaggio sconvolgente;

2 - 1'ingiustizia

Lettura di:

- cap. 2,6-7 (oracolo contro Israele);

- cap. 3,9-10 (le ricchezze sono frutto di violenza e di rapina);

- cap. 5,10-13 (i poveri non sono aiutati neppure dai giudici i quali dovrebbero decidere non in nome del re, ma in nome di Dio che è la fonte primaria del diritto);

-- cap. 8,4-7 (Amos parla delle frodi alimentari, ben note anche ai nostri giorni). Il peccato dell'ingiustizia permette di accumulare ricchezze frodando il popolo

 

3 - il falso culto di Dio

Lettura di:

- cap. 4.4-5 (condanna del culto esteriore);

- cap. 5,21-27 (il culto esteriore è sempre in agguato).

Un culto separato dalla vita diventa la tentazione tremenda di considerarci i salvatori di noi stessi tendendo a sconfinare nella superstizione. E, allora, è erroneo pensare che ciò che ci permette di avere la benevolenza di Dio consista soltanto nell'eseguire in modo giusto determinati gesti di culto nei quali dovrebbe essere racchiuso il nostro potere sul Signore. Secondo questo modo di pensare la preghiera diventerebbe un gesto magico. Constatiamo che immoralità e religiosità non sono compatibili, perché la persona religiosa dovrebbe essere anche persona morale per la quale la legge di Dio diventa veramente regola di vita;

4 - la falsa sicurezza religiosa

Lettura di:

- cap. 3.1-2 - La condizione di popolo eletto non costituisce una sorta di "pedaggio" già pagato per la salvezza, ma diventa - al contrario - una responsabilità che il popolo d'Israele non ha saputo affrontare (a chi più è dato più è richiesto). Infatti il popolo eletto è venuto meno ai doveri conseguenti alla sua condizione e dovrà scontare il suo comportamento.

Assistiamo qui a un capovolgimento della mentalità del tempo: 1'elezione non costituisce una condizione di cui vantarsi, ma è un dono di Dio che deve essere utilizzato nel migliore dei modi .

- cap. 2,9-15 - Nonostante tutto, il popolo ingrato ha "fatto bere il vino ai nazirei", ossia ai consacrati al Signore, fra i quali il più famoso era Sansone, che perse la sua forza perché venuto meno al voto di non bere il vino e di non tagliarsi i capelli.

- cap. 9,7-10 - Il Signore, attraverso il profeta, avverte che potrebbe considerare Israele alla stregua di tutti gli altri popoli, anziché come popolo eletto.

Amos è profeta di sventura che richiama continuamente alla conversione e che, se minaccia dei castighi, vuole solo riportare il popolo sulla retta via. Il nostro è anche un profeta nel quale la speranza è viva in quanto Dio rimane ancora il padre del suo popolo;

- cap. 5.4-6 (alla conversione è legata la speranza e viceversa)

- cap. 5.14-15. In queste due ultime letture sono evidenti gli accenni alla speranza che introducono al successivo

- cap. 9 e, in particolare, ai vv.l1-15.

E' bello concludere con un sorriso. Dopo le sofferenze ecco la gioia: Dio non dimentica il suo popolo, è fedele anche se non lo è il popolo.

Nonostante questa apertura - quasi una visione messianica - al paradiso, non dimentichiamo che in quell'epoca non si aveva ancora una concezione ultraterrena. In Amos si intende parlare, come nel nostro caso, di salvezza essenzialmente terrena.

Con le ultime letture abbiamo concluso il libro di Amos, profeta del castigo, della conversione e della speranza, che denuncia senza pietà i quattro peccati del popolo ­invitato a cambiare condotta - e che è polemico nei confronti, soprattutto, del falso culto. Amos, come profeta anche della speranza, con la sua affermazione che Dio rimane fedele ci introduce al libro del profeta Osea.

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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