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PROFEZIE E RIVELAZIONI PRIVATE

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2022 19:04
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14/12/2012 15:43
 
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Beata Elisabetta Canori Mora (4/II): le profezie sulle calamità nella Santa Chiesa, tradimento contro di Essa e, infine, il trionfo di Dio

Madre di famiglia, nata: 21 novembre 1774 (a Roma); morta: 5 febbraio 1825 (a Roma). Beatificata: 24 aprile 1994.

Dall’opera "La mia vita nel cuore della Trinità – DIARIO della Beata Elisabetta Canori Mora, sposa e madre", Libreria Editrice Vaticana, 1996, 776 pp.



PREFAZIONE:

In questo tempo di crisi generale dei valori familiari, la testimonianza di vita e il messaggio di Elisabetta Canori Mora, sposa e madre di famiglia, ci vengono offerti come un regalo di Dio-Trinità alla sua Chiesa. (…)

Per collocarla sugli altari e proporla come modello al mondo cattolico, mancava il riconoscimento di un miracolo attribuito alla sua intercessione. Eppure, nell’archivio di San Carlino [dei Padri Trinitari della piccola e bella chiesa di Roma san Carlo alle Quattro Fontane, nota come San Carlino], ce n’era registrato uno in attesa dal 1900, al quale nessuno aveva fatto attenzione fino ad allora per proporlo quale prova per la beatificazione. Solo nel 1992 viene reso noto. Si scopre che il processo apostolico su una guarigione miracolosa, avvenuta nel 1877, era stato fatto alla perfezione. In poco tempo vengono espletate le pratiche presso la Santa Sede, sicché il 6 luglio 1993 alla presenza del Santo Padre fu letto il decreto di approvazione del miracolo. Dopo di che, il 24 aprile 1994 Giovanni Paolo II la dichiarò Beata, presentandola a tutto il popolo cristiano "come sposa e madre esemplare, impegnata in una fedeltà sacrificata, nei valori più esigenti e permanenti del Vangelo". Speriamo di poterla invocare presto come Santa.

Ora, con l’edizione del presente DIARIO, scritto da Elisabetta per pura obbedienza al suo confessore, ha inizio una nuova tappa. La Libreria Editrice Vaticana ha preso atto del suo straordinario valore per i nostri tempi. Gli studiosi di spiritualità dicono che è di una "grande ricchezza e originalità". Certamente, è un documento unico nel suo genere, dal quale veniamo a conoscere in profondità le meraviglie operate da Dio nell’anima della sua serva Elisabetta a beneficio della Chiesa e della società.

Notiamo che non si tratta d’una persona segregata dal mondo, né d’una celibe, né d’una vedova, né d’una religiosa chiusa nel chiostro, ma di una sposa e madre di famiglia romana de Roma, che appartiene ad una famiglia nobile e ricca, e che, in seguito, per rovesci di fortuna, a cui non fu estraneo il marito Cristoforo, è ridotta in estrema povertà. (pp. 5-6) (…)

Dopo aver conosciuto i segni che, in modo mirabile, Dio ci mostra nella beata Elisabetta Canori Mora, non dubitiamo affatto che la presente pubblicazione avrà una favorevole accoglienza ed un’ampia diffusione nel popolo di Dio. In questo nostro tempo di grande confusione, il DIARIO della beata Elisabetta può essere un faro orientativo. (…)

Roma, 14 febbraio 1996, festa di S. Giovanni Battista della Concezione

P. Fr. José Hernández Sánchez, O.SS.T.

(pp. 5, 6 e 8)

PROFILO BIOGRAFICO (di Luigi Filosomi S.I.)

(…)

Il dono del consiglio e della profezia

La sua casa a Roma, come ad Albano e a Marino, era frequentata da ogni ceto di persone, gente semplice e cardinali, principi, superiori di Ordini religiosi e altre personalità ricorrevano a lei per consiglio e per cercare la pace nelle famiglie.

Tutti ammiravano non solo la dolcezza e la carità di Elisabetta, ma anche la prudenza e la saggezza delle sue risposte.

Altro carisma: la profezia. Al marito, ancora immischiato nella sua peccaminosa relazione, profetizza che un giorno avrebbe detto la messa; alla figlia predice che si sarebbe fatta suora; ma le profezie più importanti sono quelle sulla Chiesa; per esempio quelle dei capitoli [10 – Le calamità della Santa Chiesa; 30 – Tradimento contro la Santa Chiesa] 73, 74. La Beata vede cinque alberi di smisurata grandezza, nei quali sono preannunciate le cinque eresie del nostro tempo, per molti il modernismo, debellato ai tempi di san Pio X. (p. 19)



NOTA METODOLOGICA

Finora il DIARIO, autografo, di Elisabetta Canori Mora è rimasto inedito, per cui, purtroppo, è un tesoro nascosto per quasi tutti, anche per i conoscitori della mistica e della Chiesa dell’Ottocento. D. Antonio Pagani ne fece un uso discreto per la sua nota "Biografia della Ven. Serva di Dio Elisabetta Canori Mora" (Roma 1911); qualche altro biografo ed alcuni frati trinitari di San Carlino vi si erano affacciati frettolosamente. Nessun altro studioso l’aveva preso in considerazione. (…)

Il desiderio della massima fedeltà al pensiero della Beata ci ha spinto a verificare con cura la completezza e l’esattezza della trascrizione del manoscritto, prendendo in considerazione al riguardo sia le pagine in brutta o della bozza autografa di Elisabetta ancora esistenti (un centinaio) sia le numerose citazioni del DIARIO, riportate dalla figlia Lucina (Suor Maria Giuseppina Mora della Santissima Trinità) nella sua biografia della mamma (biografia ancora inedita, conservata nell’Archivio di San Carlino, in due versioni originali: una prima molto estesa, in cui si riprende letteralmente circa un terzo del DIARIO, e una seconda più ristretta).

Per quanto concerne la forma letteraria e il linguaggio, abbiamo corretto gli errori grammaticali e di scrittura, nonché ammodernato le espressioni in disuso di difficile comprensione per il lettore medio di oggi. (pag. 75-76). (…)

* * *

Dal DIARIO:

(…)

Cap. 9 – Un Dio glorioso cerca la vita dalle sue creature

(…)

SITUAZIONE INFELICE DEL MONDO [nel 1814]

Il 2 febbraio 1814 nel ricevere la santa comunione sono stata trasportata in un luogo dove ho veduto la situazione infelice del mondo. Vedevo immenso popolo guidato dalle proprie passioni, senza ordine, senza subordinazione. Erano deformi i loro volti, a seconda delle passioni predominanti. Di quanto dolore mi fu vedere tanto popolo così sconcertato! Vedevo molte anime fedeli al Signore; queste si distinguevano da preziosa gioia che sulla loro fronte risplendeva, più o meno a seconda della perfezione che possedevano. Questo mi fu di molta consolazione: vedere quanto bene regolate erano da Dio queste anime.

Ho sollevato lo sguardo al cielo e con mio sommo timore ho veduto il flagello di Dio che pendeva dal suo onnipossente braccio. Era già per scagliare sopra quegli infelici che ho detto sopra. Oh portento prodigioso! Ecco vedo venire la gran Madre di Dio, riccamente vestita, accompagnata da immenso stuolo di angeli, si presenta al trono immenso di Dio. Vedo tre angeli che separano i buoni dai cattivi. Oh terrore, oh consolazione! Era già arrivato il momento che Dio voleva castigare questi infelici, ma questa divina Signora ha fatto dolce violenza a Dio medesimo: ha mandato sopra questi infelici i raggi del suo prezioso manto, così ci ha sottratto dalla giustizia di Dio.

Guai a noi se abusiamo della clemenza di questa divina Signora! La sua clemenza resterà esacerbata dalla nostra ingratitudine: guai a noi se ciò accadesse! (pag. 161-162). (…)

CAP. 10 – LE CALAMITÀ DELLA SANTA CHIESA

Il 22 febbraio 1814, giorno ultimo di carnevale, mi portai a Santa Maria Maggiore per visitare il santissimo sacramento esposto e, per comando del mio padre spirituale, raccomandai la santa Chiesa e i suoi bisogni, quando vedo apparire tre messaggeri celesti con torce accese. Questi mi obbligano di andare con loro, mi conducono in luogo sotterraneo, dove vedo le calamità della santa Chiesa, ma tanto in confuso che niente posso dire, solo dirò che questa vista mi cagionò somma pena, sommo dolore.



MOLTI SACERDOTI INFEDELI

Il 24 febbraio 1814 dopo la santa comunione mi si presentarono nuovamente i tre santi angeli, m’invitarono di andare con loro, mi conducono al surriferito sotterraneo. Questi, per mezzo delle torce accese che tenevano nelle loro mani, mi facevano vedere quello che si faceva nel buio di questo luogo.

Vedevo molti ministri del Signore che si spogliavano gli uni con gli altri, molti rabbiosamente si strappavano i paramenti sacri, vedevo rovesciare i sacri altari dagli stessi ministri del Signore, vedevo da questi conculcare con i loro piedi con molto disprezzo i paramenti sacri. Per mezzo di un piccolo finestrino ho veduto il misero stato dei popoli: qual confusione, quale scempio, qual rovina, io non ho maniera di spiegarlo!

Sono stata condotta in altro luogo, dove vedevo pochi ministri del Signore, con loro il capo della santa Chiesa, e questi, uniti nella carità di Gesù Cristo, gli rendevano sommo onore; uniti a questi vedevo pochi secolari dell’uno e dell’altro sesso che, per essere uniti al loro capo, rendevano sommo culto al Signore. (pag. 164) (…)

CAP. 13 – Un sole più bello del nostro

(…)

PREGATE PER LA POVERA CITTÀ DI ROMA

Il 19 giugno, nella santa comunione, vidi questo santo pontefice [Pio VI] davanti al trono augustissimo del sommo Dio. Rivolta a lui lo pregai di intercedere per noi: "Santo pontefice", gli disse, "pregate per la santa Chiesa, particolarmente vi sia a cuore la povera città di Roma". Unisco le mie povere preghiere con le fervide preghiere di questo santo pontefice. Dio ci mostra il suo sdegno giustissimo contro tanti peccati enormissimi che l’offendono, particolarmente ci mostra Roma ingrata, e qual è il castigo preparato per questa ingrata città: dopo molte afflizioni di ogni sorta, è il togliere a questa il grande onore di possedere la Santa Sede.

Oh quante miglia distante da te, o misera città, si sarebbe allontanata la Santa Sede, se le fervide preghiere di questo santo pontefice non avessero interceduto la grazia!

Rallègrati, dunque, che la Santa Sede non partirà da te; ma non sarai immune dal flagello che Dio è per mandare sopra la terra, per la inosservanza dei suoi comandamenti. Se non mutiamo costumi, guai a noi, guai a noi, guai a noi! (pag. 197) (…)

CAP. 25 – Preziosa gemma dal Cuore di Maria

(…)

LE GRAVI AFFLIZIONI DELLA CHIESA

Il 7 giugno 1815 nella santa comunione fui condotta in solitario luogo, dove fui notiziata delle molte afflizioni che dovrà soffrire la nostra santa Madre, la Chiesa. Oh quante pene oh, quante dovremo noi patire! Dio vuole rinnovare tutto il mondo. Questo non si può fare senza una grande strage. Padre mio, è meglio tacere che parlare di questo.

Il 7 giugno 1815, giorno del ritorno del nostro Santo Padre in Roma, tutta la città era in grande allegria e il mio spirito era in grande malinconia. Mi furono dimostrate le gravi afflizioni che dovrà patire la nostra Madre, la santa Chiesa, da quelli che sotto nome di bene e di vantaggio cercano di rovinarla, per esser questi lupi rapaci che, sotto il manto di agnelli, cercano la sua totale distruzione. Questi, sebbene non lo compariscono, sono acerrimi persecutori di Gesù crocifisso e della sua sposa, la santa Chiesa.

Mi pareva dunque di vedere tutto il mondo in scompiglio, particolarmente la città di Roma. Conoscevo la varietà delle false opinioni, che si nascondono sotto il manto della vera religione cattolica. Conoscevo la diversità dei partiti, i quali cospiravano gli uni contro gli altri; questi miseri si laceravano nella fama, si vituperavano nell’onore, si ammazzavano senza pietà.

Cosa dirò poi del sacro collegio? Questi per le varie opinioni erano chi dispersi, chi distrutti, chi spietatamente uccisi. In simile guisa e anche peggio era trattato il clero secolare e la nobiltà. Il clero regolare poi non soffriva la totale dispersione, ma era decimato di numero. Molti e senza numero erano gli uomini di ogni condizione che perivano in questa strage, ma non tutti erano riprovati. Molti erano uomini di buoni costumi, e molti altri di santa vita. Il mondo era in gravissima desolazione; il piccolo gregge di Gesù Cristo porgeva infuocate preghiere all’Altissimo, acciò si fosse degnato di sospendere tanta strage e tanta rovina. Ai voti di questo piccolo numero cessava la strage per parte degli uomini e incominciava quella per parte di Dio.

Il cielo si ammantò di nera caligine, scoppiando i fulmini più tremendi, dove incenerivano, dove bruciavano; la terra, non meno che il cielo, era sconvolta. I terremoti più orribili, le voragini più rovinose facevano le ultime stragi sopra la terra. In questa guisa furono separati i buoni cattolici dai falsi cristiani. Molti di quelli che negavano Dio lo confessavano e lo riconoscevano per quel Dio che egli è. Tutti lo stimavano, lo adoravano, lo amavano. Tutti osservavano la sua santa legge. Tutti i religiosi e religiose si sistemavano nella vera osservanza delle loro regole. Il clero secolare era l’edificazione della santa Chiesa. Nelle religioni fiorivano uomini di molta santità e dottrina, e di vita molto austera. Tutto il mondo era in pace. Scritto per obbedienza. (pag. 284, 285 e 286). (…)

CAP. 30 – Tradimento contro la Chiesa cattolica

Riporto un fatto che ho dimenticato, e che nel guardare il giornale ho trovato segnato, seguitomi il 4 ottobre 1815.

Mi trattenevo umile e rispettosa davanti al santissimo sacramento, quando improvvisamente fui condotta in luogo tetro e sotterraneo; tre santi angeli in questo tenebroso luogo mi conducevano, e per mezzo di torce accese, che tenevano nelle loro mani, mi mostravano il nero tradimento che si ordisce contro la santa Chiesa cattolica e i veri seguaci di essa. Che enormità, che delitti, che luttuose conseguenze apporteranno ai veri seguaci di Gesù Cristo le nere trame dei celati persecutori che, sotto nome di bene, cercano la sua totale distruzione!

Che temerità, che baldanza, che audacia infrangere l’immacolato Agnello, lacerare le carni sue verginali, calpestare il suo sangue prezioso! Che delitti, che enormità! Il mio spirito restò affatto sbigottito a tanta malizia.

Molto severa sarà la punizione di sì enorme audacia. Raccomandiamoci al Signore caldamente, acciò si degni mitigare il suo ben giusto furore.

Mi pareva che Dio si degnasse farmi questa dimostrazione, perché la povera anima mia non prenda a difendere l’eccessiva enormità dei delinquenti, ma solo prenda parte della sua divina giustizia, mostrandomi la sua eroica pazienza nel sopportarli; perché, quando sarà per punirli, io non mi opponga con la preghiera; compiacendomi nella sua giustizia, non mi rattristi, ma mi rallegri nel vedere l’empietà dal forte suo braccio. (pag. 321) (…)

CAP. 50 – Vittima di riconciliazione

(…)

E così per quel momento fu sospesa la giustizia di Dio, ma non placata; mentre, per le tante iniquità che si commettono, Dio ha stabilito di mandare un terribile castigo sopra la terra, per così lavare tante sozzure ed iniquità che si commettono. La preghiera delle anime che il Signore si degna per sua bontà chiamarle con il nome di sue predilette, queste con le loro preghiere vanno temporeggiando il tempo.

Ma pur verrà questo tempo terribile e tremendo, Dio chiuderà le sue orecchie e non ascolterà preghiera alcuna, ma portato dallo zelo di vendicare i torti gravissimi che riceve la sua divina giustizia, che armata mano tutti tutti severamente punirà, senza che alcuno possa resistere né sfuggire dalla sua mano vendicatrice. Raccomandiamoci caldamente al Signore acciò si degni usarci misericordia.

Pregando un giorno, dopo passata la feste di Pentecoste del medesimo anno 1820, (…) ecco il sentimento che ne ebbe l’anima nella santa orazione, quando si trovava nel profondo della quiete e tutta assorta in Dio: non vi sarà precauzione che sia sufficiente per salvare la roba e le persone, perché la grande opera che è per fare il Signore non c’è chi possa resistere né salvarsi; sicché si renderà vana ogni prevenzione, ogni cautela. Quello che si deve fare è ricorrere all’Altissimo, acciò si degni per la sua infinita misericordia annoverarci nel numero di quelli che ha prescelti, i quali saranno annoverati sotto il glorioso stendardo della croce; questi saranno tutti salvi, unitamente a tutti i loro beni. Saranno annoverati sotto questo glorioso stendardo tutti quelli che conserveranno la fede di Gesù Cristo nel loro cuore, e che manterranno la buona coscienza, senza contaminarla nelle false massime presenti, che ne è pieno tutto il mondo. (pag. 486, 487). (…)

CAP. 54 – Gravi patimenti e favori divini

(…)

"Riformerò il mio popolo e la mia Chiesa"

Ecco le sue divine espressioni: "Mia diletta figlia, hai vinto! Il tuo sacrificio costante e forte ha fatto violenza alla mia irritata giustizia. Per l’amore che ti porto, altra determinazione prendo, e in luogo di castigare severamente tutto il mondo, come avevo determinato, sospendo per ora il severo castigo e do luogo alla mia misericordia. Mia diletta figlia, voglio compiacerti con l’appagare i tuoi santi desideri, voglio pagarti quello che patisti per amor mio. Rallègrati, o figlia, oggetto delle mie compiacenze. Non più disperso sarà il cristianesimo, né Roma priva sarà di possedere il tesoro della cattedra dell’infallibile verità di Chiesa santa. Io riformerò il mio popolo e la mia Chiesa. Manderò zelanti sacerdoti a predicare la mia fede, formerò un nuovo apostolato, manderò il mio divino Spirito a rinnovare la terra. Riformerò gli Ordini religiosi per mezzo di nuovi riformatori santi e dotti, e tutti possederanno lo spirito del mio diletto figlio Ignazio di Loyola. Darò un nuovo pastore alla mia Chiesa, dotto e santo, ripieno del mio spirito; con il suo santo zelo riformerà il gregge di Gesù Cristo".

Mi diede a conoscere molte altre cose concernenti questa riforma. Vari sovrani che sosterranno la santa Chiesa cattolica e saranno veri cattolici, depositando i loro scettri e corone ai piedi del Santo Padre, vicario di Gesù Cristo. Vari regni lasceranno i loro errori e torneranno nel seno della cattolica fede. Intere popolazioni si convertiranno e riconosceranno per vera religione la fede di Gesù Cristo. Cose tutte che in quei momenti potevo con chiarezza accennare, ma, siccome Dio non vuole che siano manifeste le sue divine determinazioni, fece sì che io in quel tempo non riconoscessi il mio proprio confessore e direttore, come in appresso dirò ed ho già detto nei passati fogli. (…)

Quello che posso dire, però, è che questa grande opera non si farà senza un grande sconvolgimento di tutto il mondo, di tutte le popolazioni, ancora di tutto il clero secolare e regolare, di tutte le corporazioni religiose dell’uno e dell’altro sesso, dovendo tutte essere riformate secondo lo Spirito del Signore ed i dettami delle primitive regole dei loro santi fondatori e istitutori.

Non dubito punto però che a suo tempo e luogo, quante volte a Dio piaccia, possa il mio spirito manifestare tutto ciò che Dio si degnò manifestarmi intorno a questa riforma, e allora, con umile e rispettosa soggezione, comunicherò a vostra paternità reverendissima i sentimenti dello Spirito del Signore. (pag. 524, 525, 526)
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