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L'AUTORITA' NELLA CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 07/06/2018 18:08
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06/08/2012 23:06
 
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PARTE SECONDA
LA SUCCESSIONE APOSTOLICA
Verità da ricordare
Ricordiamo ancora alcune verità bibliche:
1 - Il Signore Gesù vuole che il suo Vangelo sia annunziato a tutte
le genti e assicura che in quest'opera universale e perenne egli sarà
sempre coi suoi inviati o apostoli fino alla fine dei mondo (cfr.
Matteo 28, 19-20; Marco 16, 15). In effetti con la scelta dei Dodici
e la missione loro affidata Gesù aveva fatto chiaramente capire che
quest'opera universale e perenne di salvezza si sarebbe realizzata
mediante il servizio di persone qualificate e autorizzate (cfr.
Matteo 28, 18-20; Marco 16, 15; Luca 24, 46-49; Giovanni 20, 20-23).
I Dodici hanno ricevuto questo mandato direttamente dal Maestro (cfr.
Marco 3, 14, e paralleli). Ma essi sono morti. Come può essere
continuato questo ministero qualificato voluto dal Maestro divino?
Come sarà perpetuata la struttura della comunità dei suoi discepoli
quale egli ha chiaramente indicata?
2 - Gli Apostoli hanno ben capito questa volontà del loro Maestro.
Perciò non solo ebbero la preoccupazione di predicare il Vangelo
anche fuori della Palestina, nel mondo allora conosciuto, ma si
circondarono di collaboratori, che potessero continuare la loro
missione. A questi essi trasmisero anche mediante un gesto visibile e
significativo, vale a dire con la imposizione delle mani l'autorità
che essi avevano ricevuto dal loro Maestro. In seguito diedero
disposizioni che, quando essi fossero morti, altri uomini fedeli ed
esimi, subentrassero al loro posto.
Abbiamo qui delineata quella che si chiama "successione apostolica",
cioè la continuità del ministero o servizio qualificato nella Chiesa
mediante uomini collegati ai Dodici senza interruzione, e mediante i
Dodici allo stesso divino Fondatore della Chiesa.
Giustifica la Bibbia questa continuità?
Giustificazione biblica
Un assertore esplicito della successione apostolica è, in modo
particolare, san Paolo. Non molto tempo prima della sua morte
scriveva a Timoteo: "Tu, dunque, figlio mio, fortificati nella grazia
che è in Cristo Gesù. Le cose che udisti da me con l'appoggio di
molti testimoni, affidale ad uomini fedeli, capaci di istruire altri
a loro volta" (2 Timoteo 2, 1-2).
Spiegazione:
1 - Quando Paolo scriveva queste parole ave- va poca o nessuna
speranza di ricuperare la libertà, di poter cioè vivere ancora a
lungo. Prevedendo prossima la sua fine si preoccupa di assicurare
la continuità nella trasmissione del Vangelo mediante ministri
fedeli e ben preparati. Timoteo era certamente uno di questi. A lui
Paolo, in una Lettera precedente, aveva raccomandato: "Non trascurare
il carisma che è in te e che ti fu dato per mezzo della profezia
insieme all'imposizione delle mani dei presbiteri" (1 Timoteo 4, 14).
Timoteo, dunque, può essere considerato il primo anello, dopo Paolo,
d'una lunga catena, che è la successione apostolica. Questo
significano le parole: "Le cose da me udite con l'appoggio di molti
testimoni". Si tratta d'una consegna, d'una trasmissione di poteri.
L'espressione allude a un particolare momento nella vita di Timoteo,
nel quale ricevette la missione di predicare il Vangelo con autorità.
La consegna era accompagnata da un rito, cioè la imposizione delle
mani (cfr. 1 Timoteo 4, 14; 6, 12).
2 - Ma Paolo guarda più avanti. Egli vuole che anche dopo Timoteo vi
siano nella Chiesa uomini fedeli e capaci di continuare la stessa
autorevole missione. Ad essi Timoteo deve trasmettere lo stesso
ministero che ha ricevuto da Paolo: "Le cose che udisti da me
affidale ad uomini fedeli, capaci".
Abbiamo qui il secondo anello della stessa catena: come Timoteo si
ricollega a Paolo nel servizio qualificato e autorevole della Parola,
così altri devono collegarsi a lui e, mediante lui, a Paolo, a
Cristo. Questo servizio non è perciò lasciato allo sbaraglio, alla
balìa di avventurieri, ma deve essere continuato mediante la
trasmissione da parte di coloro che a loro volta l'hanno ricevuto e
fedelmente esercitato.
3 - La catena continua. Gli uomini fedeli e capaci, a cui Timoteo ha
affidato le cose udite da Paolo, ossia il Vangelo autentico di
Cristo, devono fare lo stesso cammino, affidare cioè ad altri, fedeli
e capaci, quelle stesse cose, non altre.
Abbiamo qui il terzo anello della catena. E' implicito nel pensiero
di Paolo che su questi altri incombe lo stesso dovere, vale a dire di
non spezzare la catena, ma continuarla affidando ad altri ancora lo
stesso qualificato e autorevole servizio della Parola. E cosi fino
alla fine dei tempi.
4 - In questa chiara esposizione dell'Apostolo sono ben delineati i
connotati di quella che si chiama "la successione apostolica". E' una
catena ininterrotta - ripetiamo - che dal Signore Gesù, mediante gli
Apostoli da lui scelti, autorizzati, inviati, e mediante i loro
legittimi successori, deve continuare fino alla fine del mondo (cfr.
Matteo 28, 20). Chi si pone fuori di questa catena non ha nessuna
autorità, nessun diritto, nessuna garanzia di annunciare il Vangelo
eterno del Figlio di Dio. Il Signore Gesù ha assicurato la sua
presenza, cioè la sua assistenza, ai suoi Apostoli, non ad altri,
fino alla fine del mondo.
Commenta un biblista:
"La "successione apostolica" è qui chiaramente delineata (...).
L'Apostolo si preoccupa che Timoteo stesso si prepari dei
collaboratori nell'insegnamento, tra i quali, ovviamente, qualcuno
avrebbe dovuto prendere il suo posto quando il discepolo stesso
sarebbe morto. "Quelle cose da me udite davanti a molti testimoni,
affidale in custodia ad uomini sicuri, i quali siano capaci di
ammaestrare anche altri" (2 Timoteo 2, 2). Come Cristo si è creato i
suoi rappresentanti legittimi, cioè gli Apostoli, così questi si
scelgono e designano dei successori, i quali a loro volta designano
altri; e così fino alla fine dei tempi. C'è una "legittimità" di
rappresentanza, la quale non può prescindere, oltre che da specifiche
doti umane e spirituali, quali l'apostolo ripetutamente enumera,
anche da un autentico e ben chiaro rapporto di ascendenza che, in
qualche maniera, ricolleghi a colui o a coloro dai quali viene
gestita la rappresentanza".
0 Timoteo, custodisci il deposito (1Timoteo 6, 20)
Noi arriveremo alla stessa conclusione esaminando ciò che Paolo
scrive ancora a Timoteo nella prima Lettera: "0 Timoteo, custodisci
il deposito" (1 Timoteo 6, 20).
Quando Paolo scriveva questa Lettera, dense nubi si addensavano
all'orizzonte della sua vita. Infatti, dopo appena due anni, arriverà
per lui il tempo di levare l'ancora (cfr. 2 Timoteo 4, 6), e verserà
il suo sangue come offerta a Dio gradita.
In questo contesto, le parole sopra citate a Timoteo, che era stato
preposto alla guida della chiesa di Efeso, hanno tutto il sapore di
un testamento. Al discepolo, che aveva tutte le caratteristiche di un
Vescovo, Paolo raccomanda di custodire il deposito. Nel linguaggio
giuridico del tempo deposito era qualcosa consegnata a una persona di
fiducia, che contraeva il diritto-dovere di custodire la cosa
consegnata nella sua integrità per riconsegnarla a suo tempo
sostanzialmente immutata.
Al di là della metafora, le cose sono chiare senza possibile dubbio.
Cristo ha affidato il deposito del Vangelo agli Apostoli. Paolo si
sentiva ed era Apostolo di Cristo a tutti gli effetti. Come i Dodici
egli sentiva di essere un depositario della Parola di Dio.
Presentendo vicina la sua fine terrena, affidava tale deposito a
persona qualificata e di fiducia quale era appunto Timoteo.
Trattandosi di un deposito, Timoteo a sua volta dovrà fare lo stesso,
finché il tesoro depositato si conservi integro fino al ritorno del
Depositante, che è Cristo Signore. Si forma così una catena
ininterrotta di depositari, che garantiscono la custodia integra kl
deposito conforme alla volontà del Padrone.
"Come Paolo ha ricevuto gli insegnamenti che ha tra- smesso ai suoi
discepoli (cfr. 1 Corinzi 11, 2 e 23; 15, 1-3; Galati 2, 2.9), così
dovrà fare a sua volta Timoteo il deposito (cfr. 1 Timoteo 6, 20) è
da custodirsi e insieme trasmettersi. Canale di questa trasmissione è
Timoteo insieme ad altri, perché non udì da solo gli insegnamenti di
Paolo, ma fra molti testimoni (cfr. 1 Timoteo 6, 12). Timoteo e i
testimoni insieme formano come una sola vox populi del cristianesimo
che è la vox Dei, ed essi a loro volta trasmetteranno quella unica
voce ad uomini fedeli".
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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