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L'AUTORITA' NELLA CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 07/06/2018 18:08
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06/08/2012 23:04
 
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2 - Neppure Saulo, divenuto Paolo, era del numero dei Dodici scelti
da Gesù durante la sua vita terrena. Tuttavia egli fu riconosciuto
Apostolo a pieno titolo. Egli considera la sua missione come un
incarico ricevuto direttamente dal Signore (cfr. Atti 9, 15; Galati
2, 7-10; 1 Corinzi 9, 1). Anche a lui era apparso il Risorto (cfr.
Atti 9, 3-5; 1 Corinzi 15, 8).Paolo poteva dire di essere
Apostolo "non per volere di uomo né per tramite d'uomo, ma per opera
di Gesù Cristo e di Dio Padre" (Ga- lati 1, 1; cfr. 1 Timoteo 2, 7; 2
Timoteo 1, 11; Tito 1, 1; 1 Tessalonicesi 2, 7).
3 - In seguito, nella misura in cui la fede si diffondeva anche fuori
la Palestina, e i testimoni oculari diminuivano sempre più, non vi fu
la preoccupazione di conservare il numero dei Dodici. L'essenziale
era la continuità della missione apostolica. Nessuno prese il posto
dell'Apostolo Giacomo, uno dei Dodici, fatto decapitare da Erode
(cfr. Atti 12, 2); ma molti dentro e fuori la Palestina continuarono
la sua missione in stretta collaborazione con gli Apostoli.
Nelle nuove comunità furono costituiti maestri e guide qualificate ed
autorevoli col compito di continuare ed estendere nel tempo e nello
spazio la testimonianza e la funzione dei Dodici. Comincia così la
catena dei collaboratori prima, e dei successori poi. Non più
condizionamento di numero, ma compito di annunciare la Parola, di
guidare le comunità e di presiedere l'Eucaristia. La catena non si è
mai interrotta attraverso i secoli. In questo modo comincia ad
attuarsi quella nota caratteristica della vera Chiesa di Cristo, che
è la sua apostolicità mediante la successione.
4 - Nella scelta dei Dodici possiamo e dobbiamo perciò distinguere
due aspetti o componenti.
Una personale, quindi irripetibile, finita con la morte dei Dodici. I
Dodici furono testimoni della risurrezione del Signore e fonte
diretta della Rivelazione da lui fatta all'umanità. Fin dal tempo
degli Apostoli la Lettera di Giuda esortava a combattere per la
fede, "che fu trasmessa ai credenti una volta per sempre" (Giuda 3).
L'altro aspetto o componente della scelta dei Dodici è la funzione
che essi hanno trasmesso ai loro successori: il compito di annunciare
il Vangelo, di guidare la comunità, di santificare i credenti coi
sacramenti.
L'una e l'altra cosa ci danno il vero significato di quella scelta.
I primi collaboratori dei Dodici
Ma vediamo come sono andate le cose seguendo fedelmente la Bibbia e
le più antiche testimonianze. Il Nuovo Testamento ci fa assistere fin
dall'età apostolica al sorgere e costituirsi d'una gerarchia di
governo che prolunga nel tempo la funzione degli Apostoli.
1 - A Gerusalemme, uno dei più noti collaboratori dei Dodici fu
Giacomo, detto il minore (cfr. Marco 15, 40). Lo vediamo a capo della
comunità di Gerusalemme forse anche a motivo della sua parentela con
Gesù. Era infatti figlio di quell'altra Maria (cfr. Matteo 27, 56;
Marco 15, 40), sorella o cugina della Madre di Gesù (cfr. Giovanni
19, 25). E' detto, assieme a Cefa (= Pietro) e Giovanni, "colonna
della Chiesa" (Galati 2, 9). Al concilio di Gerusalemme formulò le
decisioni da prendere dopo che Pietro, parlando per prime>, ebbe
esposto la questione (cfr. Atti 15, 6-21). Giacomo è comunemente
conosciuto come il primo Vescovo di Gerusalemme. Fu infatti capo di
quella chiesa dopo che Pietro fu costretto ad andare altrove (cfr.
Atti 12, 17).
2 - Un caso tipico è quello di Barnaba. Non era del numero dei Dodici
né ebbe una vocazione miracolosa come Paolo. Fu uno tra i primi
convertiti al Vangelo e, dopo questa scelta, si dedicò al servizio
del Signore a tempo pieno (cfr. Atti 4, 36-37). Ebbe perciò incarichi
di prim'ordine da parte degli Apostoli.
Barnaba fu inviato ad Antiochia in forma ufficiale, quale delegato di
Pietro e di Giovanni, per rendersi conto, approvare e incoraggiare la
nascita e la crescita di quella comunità: "Vi fu inviato Barnaba.
Arrivò, vide quel gran dono di Dio e ne gioì. Poi si diede a
esortarli a restar fedeli a Gesù con tutto lo slancio. Era un uomo
virtuoso, pieno di Spirito Santo e di fede, e una grande moltitudine
fu così guadagnata a Gesù" (Atti 11, 22-24).
Episcopi e presbiteri
Nell'opera degli Apostoli avente lo scopo di prolungare nel tempo la
loro funzione, accanto alle grandi figure di Giacomo e di Barnaba,
appaiono fin dalle origini gli episcopi e i presbiteri.
1 - Gli episcopi erano dei sorveglianti come indica la parola (greco
episkopein = sorvegliare). Ad essi vengono attribuite le funzioni di
pascere il gregge di Dio (cfr. Atti 20, 28; 1 Pietro 5, 1-3),
presiedere le assemblee (cfr. 1 Timoteo 3, 5; 5, 17), esercitare il
ministero della Parola con autorità (cfr. 1 Timoteo 5, 17; Tito 1, 9).
2 - I presbiteri erano persone anziane chiamate a compiere varie
funzioni in seno alle comunità dei cristiani. A Gerusalemme ricevono
ed amministrano gli aiuti mandati dai fratelli di Antiochia ai
fratelli della Palestina (cfr. Atti 11, 29-30). Sempre a Gerusalemme
gli anziani prendono parte al concilio, assieme agli Apostoli e a
Giacomo (cfr. Atti 15, 6.21-28).
Fuori della Palestina, nelle chiese fondate da Paolo, i presbiteri o
anziani sono incaricati di guidare le comunità locali (cfr. Atti 14,
23). Scrivendo a Tito, Paolo lo esorta a stabilire presbiteri in ogni
città (cfr. Tito 1, 5).
Le funzioni o compiti dei presbiteri erano diverse: presiedevano alle
comunità in qualità di pastori (cfr. Atti 20, 28), di amministratori
(cfr. Tito 1, 6-9; 1 Timoteo 3, 1-7; Atti 11, 29-30), di maestri,
cf. Atti 20, 28.32; 1 Timoteo 5, 17; Tito 1, 9). Ad essi spettava
pure l'esercizio di determinati riti liturgici come l'unzione degli
infermi (cfr. Giacomo 5, 14). Dai più antichi documenti sappiamo che
i presbiteri presiedevano alla "celebrazione del sacrificio
eucaristico".
3 - Episcopi e presbiteri spesso coincidono. In Atti 20, 18 sono
detti presbiteri quelli che poco dopo Paolo chiama episcopi. Agli uni
e agli altri vengono spesso attribuite le stesse funzioni (cfr. Atti
20, 28; 1 Pietro 5, 1-3; 1 Timoteo 3, 5; 5, 17; Tito 1, 9).
Tuttavia è da notare che nelle Lettere Pastorali il titolo di
episcopo appare solo al singolare e con l'articolo determinativo.
Paolo esorta Tito a stabilire presbiteri nelle singole città; poi,
subito dopo, dà istruzioni riguardanti l'episcopo (ton episkopon) al
singolare.
All'inizio pare che i termini presbiteri ed episcopi siano
equivalenti, nel senso che indicano gli anziani che guidano le
comunità. Con l'andare del tempo invece i compiti si specificano come
appare dalle Lettere Pastorali, e l'episcopo assume la direzione
della chiesa locale.
I grandi rappresentanti dell'Apostolo
Come nella Chiesa Madre di Gerusalemme, dove accanto alla figura di
Pietro e di Giovanni appare quella di Giacomo, così pure nelle chiese
fondate da Paolo emergono figure, il cui ruolo supera di molto quello
di un semplice responsabile locale. Tali sono soprattutto Timoteo e
Tito.
1 - Timoteo era nato da padre pagano e da madre giudea convertita al
cristianesimo (cfr. Atti 16, 1; 2 Timoteo 1, 5).Fu compagno di Paolo
nel secondo e terzo viaggio missionario (cfr. Atti 17, 14 ss.; 18, 5;
19, 22; 20, 4). A lui Paolo diede incarichi speciali di grande
fiducia (cfr. Atti 19, 22; 1 Corinzi 4, 17; 16, 10; 2 Corinzi 1, 9; 1
Tessalonicesi 3, 2-6).Segno di questa stretta collaborazione sono le
due Lettere indirizzate da Paolo a Timoteo, oltre a quelle
indirizzate dall'Apostolo alle varie chiese anche in nome di Timoteo
(cfr. Filippesi 1, 1; Colossesi 1, 1; 1 e 2 Tessalonicesi, esordio).
A un dato momento della sua vita, quasi certamente verso gli ultimi
anni, Paolo, prevedendo prossima la sua morte, affida a Timoteo la
cura o governo della Chiesa di Efeso:
"Quando partii per andare in Macedonia ti raccomandai di rimanere a
Efeso. Restaci ancora, ti prego, perché vi sono alcuni che insegnano
false dottrine e tu devi ordinare che la smettano" (i Timoteo 1, 3).
Le parole usate da Paolo hanno tutto il sapore di un affidamento più
che di una semplice e ordinaria collaborazione. E' qui indicato
chiaramente un caso di successione apostolica, cioè di trasmissione
di poteri apostolica per la continuità dell'annuncio genuino del
Vangelo conforme alla struttura della Chiesa voluta esplicitamente
dal Signore Gesù.
2 - Tito fu pure un immediato collaboratore di Paolo, che lo
chiama "mio vero figlio riguardo alla fede comune" (Tito 1, 4). Paolo
lo aveva generato in Cristo essendo stato lui lo strumento, di cui
Cristo si era servito, per dare a Tito la nuova vita nella fede (cfr.
Galati 4, 19; 1 Corinzi 4, 14-1 5; 2 Corinzi 6, 13).
Tito ebbe dall'Apostolo vari incarichi anche delicati (cfr. 2 Corinzi
2, 13; 7, 6; 8, 6-17; 12, 18; Romani 15, 26). In modo analogo a
quanto aveva fatto con Timoteo, Paolo affida a Tito la cura della
Chiesa di Creta coi potere di continuare l'opera sua.
"A Creta ti lasciai per questo scopo: perché tu dia l'ultima mano a
ciò che resta da fare e faccia in modo che in ogni città ci sia
qualche presbitero, secondo le disposizioni che ti ho dato" (Tito 1,
5).
E' chiaro che Tito riceve da Paolo la consegna della sua stessa
missione, che comportava non solo la vigilanza e la testimonianza
della sana dottrina, ma anche la scelta delle guide o pastori che
partecipassero e continuassero la stessa missione.
Abbiamo qui un altro caso di successione apostolica analogo a quello
di Timoteo.
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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