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Aspetti poco noti della cosiddetta "RIFORMA"

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2014 16:06
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12/01/2014 16:04
 
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§ 3. - Alberto Ritschl.


Reazione contro il soggettivismo di Schleiermacher. - Gli eccessi del soggettivismo dovevano necessariamente provocare una reazione in senso realista. Essa comincia verso il 1850 sotto l'energica spinta d'un pastore in rivolta contro la scuola di Baur, Alberto Ritschl, che col libro L'origine dell'antica Chiesa cattolica (1850) libera il metodo storico da tutti gli apriorismi della scuola di Baur e instaura risolutamente l'interpretazione realista della Bibbia, stabilendone il carattere sacro.


Per questo conviene dapprima disfarsi di tutte le pretese scoperte psicologiche dei Lessing e degli Schleiermacher sull'origine della religione. Le loro esperienze religiose del contatto immediato con Dio, del peccato, del nostro riscatto, della nostra salute, sono miti e pure illusioni. Non si deve ricorrere, in prima istanza, alla metafisica per spiegare un fenomeno che ha origini storielle. Schleiermacher costruì un superbo palazzo d'idee, ma basato sul vuoto. Il cristianesimo è un complesso di fatti oggettivi, che in determinate anime hanno prodotto nuove aspirazioni, certezze originali; però ridurre la realtà a queste aspirazioni significa mutilarla, cioè ridurla a queste certezze soggettive ignorando le loro condizioni oggettive. Cosi la Rivelazione, lungi dall'essere l'espansione della coscienza umana, è un fenomeno esteriore alla coscienza e che, imponendosi ad essa, la modella secondo i suoi precetti. È necessario dunque anzitutto considerare i fondamenti storici del cristianesimo, stabilire il vero carattere dei due Testamenti.


La nuova scuola di fronte ai due Testamenti. - Proprio qui il tentativo di Ritschl, che pareva scartare definitivamente le " illusioni " create dagli a priori, ricade anch'esso in un illogicismo identico. Ritschl infatti dichiara che il criterio della rivelazione è l'accordo reale dei due Testamenti, regola che sembrava salvaguardare i sacri testi, ma che in realtà sarà l'arma più terribile per scoronare il Nuovo Testamento. Per una crudele ironia, Ritschl giunse a ritenere come sospetto proprio quanto costituisce l'originalità, la ricchezza, l'incomunicabile caratteristica dell'insegnamento di Gesù. Là dove Gesù continua Mosè, Ritsdil ammette l'autenticità dei testi; ma il Discorso della montagna, che Mosè non aveva sospettato, sarà dichiarato sospetto I Tutta la scuola di Ritschl, fedele a questo principio, non ha fatto che impoverire il pensiero del Nuovo Testamento, la persona stessa di Gesù, riducendo ad apporti posteriori, a interpolazioni fraudolente le pagine più belle, le parole più creatrici del Vangelo.


Altro a priori non meno nocivo. Ritschl pretende che il Nuovo Testamento risulti dal confluire di elementi estranei, aggiunti all'autentico pensiero di Gesù: elementi d'origine rabbinica o ellenica o filoniana. Egli parla correntemente di azione del giudeo-cristianesimo, del cristianesimo ellenico e del cristianesimo paolino. Il che significa che gli sforzi congiunti di tanti operai ci rendono appena percettibile il cristianesimo autentico di Gesù, come ammette Ritschl stesso quando dichiara che possono percepirlo solo quelli che si mettono dal punto di vista della comunità, cioè della prima generazione cristiana. Principio pericoloso, che reintroduce nella critica del testo sacro proprio quel soggettivismo che Ritschl voleva evitare. Infatti il critico esperimenterà su se stesso l'azione delle parole attribuite a Gesù, e quelle che sono senza forza sulla sua coscienza verranno dichiarate estranee alla prima comunità e rigettate dalla rivelazione. Cosi si chiama il prammatismo a decidere dell'origine divina o umana del Testamento! Per eliminare come apocrifa questa o quella pagina del Vangelo basterà dichiararla estranea alla coscienza moderna. Neppure Schleiermacher aveva dato una regola più incerta, più relativista, più soggettiva e arbitraria.


Influsso di Ritschl sulla Riforma. - Queste le debolezze di tutta la scuola di Ritschl, che tuttavia esercitò un influsso preponderante sulla Riforma fino a questi ultimi anni, press'a poco fino alla reazione di Carlo Barth.


Da tale scuola provengono gli innumerevoli critici che hanno gareggiato d'ingegnosità nello studio dei testi sacri: un grande nome, Adolfo Harnack, e tutta una pleiade d'operai di valore ineguale, che specialmente dall'anno 1900 fino ai nostri giorni hanno lavorato al seguito di molteplici sottocoreghi, come G. Herman, Teodoro Haering, Wendt, Bauer, Bousset, Deissmann, Erbes, Lietzmann, Meyer, Weinck, Zahn, ecc. Minato da questi lavori, alcuni dei quali intendevano tuttavia consolidarne le basi, il luteranesimo attuale presenta solo più un'infinita varietà nella critica negativa ed ha malamente resistito all'urto dell'hitlerismo, che lo ha intaccato da tutte le parti.


Nuovo orientamento con Karl Bartk. - Intanto un robusto teologo, Carlo Barth, nato nel 1886, tentò d'arrestare la corsa verso l'abisso, e si può dire che con la sua grande influenza determinò un mutamento radicale. La critica dei principi distruttivi di Schleiermacher, di Ritschl e di Harnack rimane la parte più potente della sua opera. Egli afferma che questi " teologi " non prendevano la Bibbia sul serio: la loro teologia non era che un presuntuoso a umanismo ". La parola di Dio va presa in tutta la sua tremenda serietà (1).


(1) Ecco il giudizio di un eminente teologo cattolico su Carlo Barth: i In mezzo a un protestantesimo svuotato, naturalista, pragmatista, in cui Rousseau col suo immanentismo aveva da molto tempo detronizzato Calvino e il suo trascendentalismo, e che, durante la sanguinosa catastrofe della prima guerra mondiale, non aveva da proporre se non il suo ottimismo irrisorio, il suo cristianesimo all'acqua di rose, Barth, solo o quasi, è apparso improvvisamente come un profeta degli splendori della rivelazione biblica, come l'araldo d'un Messaggio inaudito al quale gli uomini erano ridivenuti sordi. Con una capacità prodigiosa di rinnovamento e una ricchezza culturale poco comune, che gli attiravano l'attenzione di tutti gli ambienti, egli ha confessato, in maniera spesso lacerante, il dogma della trascendenza incomprensibile di Dio, il dogma della divinità di Cristo, Signore e Salvatore degli uomini, il dogma del regno escatologico e dei destini gloriosi del nostro pianeta sfigurato e. sanguinante. E tutto ciò in una scrittura liberatrice, che egli volle costantemente dura e sarcastica di fronte ad una letteratura scipita, pietistica, moralizzante - o al contrario troppo accorta e modernizzante - che lo irritava come aveva irritato Nietzsche. Saremmo lieti di poter credere che la trascendenza del Soli Dea Gloria è quella stessa che è rivelata nella Scrittura e che rapisce in estasi il cuore dei santi. Ma incrinature, talvolta appena percettibili, ci inquietano e ci obbligano a rivedere e riesaminare attentamente la cosa. Non è la vera trascendenza cristiana di Dio quella che Barth glorifica; è una sorta di trascendenza musulmana che si manifesta non nel si dell'uomo - a cui Dio darebbe di donarsi a Lui - ma sproposito dell'uomo, e che si stabilisce sulla rovina delle relazioni di reciprocità e d'amicizia tra Dio e l'uomo. Non è la trascendenza evangelica del Cristo Redentore, che associa, in una certa misura, alla sua preghiera, alla sua opera, alla sua passione e morte per la salvezza del mondo, la Chiesa ch'è suo corpo; è la trascendenza luterana d'un Cristo Redentore che, lasciando la sua Chiesa nel peccato sino alla fine del mondo, consente tuttavia a considerarla simultaneamente come giustificata e santificata. Non è la trascendenza giovannea e paolina d'un regno di Dio, d'una Gerusalemme celeste già inaugurata nel cuore del tempo dalla grazia; è la trascendenza riformata d'un regno di-Dio, d'una Gerusalemme celeste che la Chiesa terrena non può annunciare se non a guisa di un puro segno, che essa non potrebbe inaugurare, e da cui differisce come il peccato differisce dalla gloria, come ciò che è prima dell'ultimo differisce dall'atomo. Quindi è sempre una trascendenza che non ammette di fronte a sé se non il peccato dell'uomo-e che, lungi dal far nascere la partecipazione, la elimina come un rivale " C. Journet, L'Èglise du Verbe Incarni, voi. II, pp. 116.6-1169, Desclée de Brouwer 1951.


 


Certo, il liberalismo non è morto, ma esso non gode più il favore d'un tempo. Un movimento nuovo, orientato verso la teologia biblica, è già in atto in molte facoltà protestanti; si tratta di un ritorno ad una Sacra Scrittura, accettata come norma esteriore dello spirito umano, come ordine di Dio all'umanità e non più come prolungamento di una esperienza psicologica. Si potrebbe anche ricordare qui la cosidetta " Scuola di Lund " (Svezia) la quale, con Aulen, Nygren e alcuni altri, ha dato lavori seri sulla storia del domma e si riallaccia all'insegnamento dei Padri più che non alla scolastica luterana degli ultimi tre secoli. Tutto sommato, pare stia delineandosi un nuovo orientamento.


Tanto più che questo coincide con un inconstestabile rinnovamento della liturgia luterana. Numerosi pastori sono sedotti e trascinati dalla bellezza della liturgia cattolica; si adornano i templi per onorare il divino Visitatore; le cerimonie infine rivestono una certa maestà col lusso degli ornamenti che si usano; sono riorganizzati gruppi d'azione cristiana e questo comporta la riabilitazione delle opere; raggruppamenti di pietà, il che comporta un modo di concepire la salute diverso da quello mediante la sola fede nella mediazione di Cristo e nel valore unico della sua passione. Si sono visti pastori pregare per i defunti, cantare dei Requiem, parlare di purgatorio e di purificazione necessaria dopo la morte; s'è visto offrire alla venerazione dei fedeli la Croce, ed è caduta l'accusa di empietà contro chi piega le ginocchia davanti ad essa. Sintomi d'un ritorno a una vita animata dalla pietà cattolica?


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