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Aspetti poco noti della cosiddetta "RIFORMA"

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2014 16:06
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29/07/2012 15:59
 
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Chiesa e Stato nella teologia protestante d’oggi

Nel secondo dopoguerra, la formazione di Stati atei e persecutori e insieme la fioritura di Stati indipendenti da zone pagane e musulmane hanno sollecitato la teologia pro­testante a rivedere le idee sui rapporti tra Chiesa e Stato. Tale revisione dal Niemóller è stata definita nel 1945 una « interessante scoperta » dovuta alle amare constatazioni fatte sotto il regime nazista, mentre definiva « errata e da riformare » la concezione di Lutero. Tra i revisori c'era stato nel passato, per tutti, Kierkegaard; ma la critica ora si fa con ben altra portata e positive applicazioni.

Molti studiosi acattolici riconoscono le conseguenze causate dalla concezione luterana soprattutto sotto il na­zismo. Alcuni sono arrivati a delineare una discendenza logica diretta di Hitler da Lutero. Se tale discendenza fu asserita satiricamente, sotto la «resistenza», da Paul Va-léry, essa fu dimostrata storicamente, dopo la guerra, a Oxford in un raccolta di testi, intitolata From Luther to Hitler (Da Lutero a Hitler).

<8) Riportato in Thè Tablet, }uly 17 th, 19.54, p. 56.

Un teologo protestante tedesco, emigrato negli Stati Uniti, E. Heimann, nel suo libro Freedom and Order, ha fatto vedere come Lutero per disimpegnare la religione dalla politica, distaccasse la politica dalla religione, conferendo allo Stato « una sua dignità religiosa » derivata da Dio, « indi­pendente dagli obiettivi giusti o ingiusti della sua politica.... Cosi a una libertà cristiana non politica corrispose un ordine politico non cristiano, sanzionato come tale dalla religione ». DI là dice l'autore pullulò con il tempo la peste del totalitarismo. E conclude : < Fu l'educazione all'ordine lu­terano senza libertà a spianare la strada al nazismo».

Per essa, le chiese luterane non potevano opporsi a Hitler, secondo quanto ebbe, ancora nel 1958, ad affermare uno dei più noti teologi protestanti moderni, Paul Tillich: «: Le chiese luterane in Germania furono indifferenti verso gli eventi politici persino dopo che Hitler venne al potere, e sin quando i poteri politici non interferirono con la Chiesa. Non un momento prima esse pronunziarono una parola di protesta contro la persecuzione degli ebrei o contro I crimini di Hitler » (i).

Un teologo protestante di riconosciuto valore, Oscar Cullmann, in una dissertazione su «: Dio e Cesare », tradotta anche in italiano (1957) interpretò in ben altro modo il co­mando di Gesù: «: date a Cesare quel ch'è di Cesare... ».

Lo Stato dice (secondo il Vangelo) « non ha va­lore definitivo... Viene respinta ogni pretesa totalitaria dello Stato... Se lo Stato pretendesse ciò che è di Dio, se vi im­pedisse di annunciare il Regno di Dio, resistetegli. In questa parola di Gesù sta il leitmotif di tutta la complessa posizione neotestamentaria verso lo Stato».

Ribadiva, nel settembre 1960, il « Consiglio cristiano della Nigeria », in vista del prossimo accesso di 35 milioni di cittadini all'indipendenza: occorre la sottomissione allo Stato « in tutte le cose che sono in armonia con la legge di Cristo».

(1) ]. cogley,ed. Relif^ion in America; originai essays.. New York, Meri-dian booics, 1958, p. 277.

Dunque non in quelle che sono in disarmonia. E qui gli acattolici di Nigeria s'incontrano con altri degli Stati Uniti, dove una Commissione speciale, presieduta da Alford Carleton di Boston, ha riaffermato che sola base salda, su cui lo Stato possa fondar la giustizia, è l'obbedienza dell’ uomo a Dio. « Certo, I cristiani vedono nello Stato uno strumento di Dio per l'ordine e la giustizia. Tuttavia, bisogna vigilare, perché lo Stato può divenire strumento del diavolo».

E su « la politica il diavolo » s'è svolto un vivace di­battito, tra il noto teologo protestante sviz­zero, Karl Barth, e un raduno di studenti tra cui rappresen­tanti cattolici di Pax Romana, a Strasburgo.

Da anni dall'epoca della Riforma erano stati spe­cialmente i teologi acattolici a mettere in rilievo il « demo­niaco nella politica » (titolo d'un libro tedesco del Ritter nel dopoguerra). E difatti, nella terza tentazione, il diavolo pro­mise a Cristo il possesso di tutti i regni, qualora si fosse prestato a quello che ora è stato chiamato « il culto della personalità ».

Naturalmente, questo ripensamento teorico, con le con­seguenze pratiche, non procedette ne procede senza contrasti. Già sul finire della guerra, i tradizionalisti insor­sero, negli stessi Stati Uniti. Ivi il luterano Martin Schroeder chiamò amaro e blasfemo il giudizio dell'anglicano William R. Inge, secondo cui Lutero sarebbe stato « il peggiore genio del male in Germania». Ma anche Schroeder ammise che Lutero aveva reso la Chiesa serva dello Stato e insegnato che le leggi vanno obbedite anche se inique.

Il contegno del coraggioso vescovo luterano di Berlino Otto Dibelius, che si distinse per la sua critica e la sua re­sistenza al nazismo, ha suscitato lunghe polemiche tra i suoi correligionari. Un suo scritto, su « Le autorità », ha scatenato reazioni di non pochi circoli della sua denomina­zione ; per esempio, delle « Fraternite » (Kirchiiche Bruder-schaften) del Wùrtemberg, di Hesse, del Palatmato e di Baden...

« Le Sante Scritture hanno affermato costoro, in una lettera aperta, pubblicata sulla Neue Zeit di Berlino-Est, riprendendo la teoria fatalista delle origini, c'inse­gnano che qualsiasi uomo di Stato è uno strumento di Dio » (quindi anche Kadar, e Uibricht, e anche Hitler e Stalin). Poiché Dibelius s'era posto il quesito se il concetto d'auto­rità potesse applicarsi senza restrizioni a uno Stato ateo, la lettera delle Fraternite rispondeva: «Qualunque sia lo Stato, In cui noi viviamo, noi siamo sottoposti alla legge di Dio. Per questo motivo i cristiani nella Repubblica demo­cratica tedesca non possono rifiutarsi di riconoscere il loro governo più che non possano rifiutarsi I cristiani della Ger­mania dell'Ovest di riconoscere il loro governo ».

« In caso di necessità, I cristiani devono mostrare con la loro sofferenza di anteporre l'obbedienza a Dio all'obbedienza agli uomini ».

E', come si vede, un atteggiamento di passività e di compromesso, che rimena la teologia luterana a una più o meno fatalistica accettazione del regime; e suona biasimo del contegno di superiore libertà di Dibelius.

Ma questa lettera aperta, a sua volta, ha sollevato pro­teste vivaci.

Il vescovo luterano di Hannover, Hanns Lilje, ha par­lato di «malafede» dei firmatari: malafede in quanto pre­sumono basare il loro giudizio sulle Scritture. E cosi, viene anche lui a mostrare l'inconveniente per non dir altrodel libero esame, in forza del quale gli stessi testi scrittura1i finiscono con il prescrivere due atteggiamenti opposti, nel­l'ambito d'una stessa comunità.

Conferme al riesame in corso, nobili resistenze alla politica o vessatoria o anticristiana dei governi si sono avute da esponenti autorevoli del protestantesimo, nei paesi sa­telliti ,In Europa, e negli stessi paesi considerati protestanti, come nel Sud-Africa, dove, opponendosi ^apartheid, qualche vescovo anglicano s'è trovato a condannare con i vescovi cattolici le idee razzistiche dello Stato, e, implicita­mente, l'acquiescenza di certe chiese «: riformate » del luogo.

Questa rielaborazione teologica porta pure, contro la consuetudine antica di considerare la Chiesa dipendente dallo Stato, ad auspicare la separazione tra i due poteri, pur nella fiducia reciproca e nella collaborazione.

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