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Aspetti poco noti della cosiddetta "RIFORMA"

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2014 16:06
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29/07/2012 15:55
 
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Le conseguenze politiche

Come con la frattura dell'arianesimo, così ora, con il dissìdio luterano, fu agevole giustificare le aggressioni mili­tari, viste come guerre di religione, dato che la gente moriva più facilmente e si lasciava depredare con minori resistenze dove si sbandieravano ideali evangelici.

Nella divisione assunsero uno sviluppo più libero i particolarismi del nascente nazionalismo, rappresentati dalle favelle volgari in formazione, dai sentimenti nazionali e di­nastici, dalla gelosia germanica verso la latinità, dagli odi tra slavi e tedeschi, e dalle differenze di casta e classe. La protesta del 1517 contro le indulgenze coperse, con le teorie della religione, un composito movimento sociale, economico e politico, in testa a cui si affermò l'assolutismo aristocratico delle dinastie puntellate dalla nobiltà, secondo il canone ri­tirato fuori da Lutero : « I principi sono dèi, la massa è Satana s>.

Lutero volle menare ogni cosa alla vita della grazia, ri­fiutando le libertà e scartando le gradazioni da terra a cielo; per questo al Discorso della montagna antepose il Decalogo come espressione del diritto naturale, e al radicalismo del messaggio di Gesù preferì l'etica religiosa nazionale dello antico Israele. Per spiritualizzare la Chiesa, la sottrasse alla gerarchla, riuscendo a sublimare di fatto l'amministrazione civile semideificata e, in ogni caso, sovrapposta al potere ec­clesiastico.

Assegnando alla Chiesa solo l'interiorità spirituale con la cura della salvezza eterna, e assegnando allo Stato, non solo i compiti politici, ma tutti, senza limite, i compiti di benessere sociale, separò anche nelle strutture la fede dalle opere, lo spirito dalla materia. Quando lo Stato poi slittò nel laicismo, tutta la sua azione risultò separata dall'etica cristiana. Della deificazione assegnatagli nel luteranesimo lo Stato laicizzato conservò l'autoritarismo.

 

Quando nel 1524, Erasmo, dopo aver per anni resistito alle sollecitazioni che d'ogni parte della cristianità gli erano giunte perché prendesse posizione di fronte al movimento della Riforma, si decise a intervenire, colpì il punto di maggior differenza: quello della libertà, problema centrale della dialettica di bene e di male, di divino e di umano, di verità e di errore, di grazia e responsabilità. Pure nella sua de­bolezza di carattere, portato dalla logica umana e dalla fede divina, nello scritto De libero arbitrio, dimostrò come filo­sofia e ragione, rivelazione e disciplina esigessero la libertà del volere.

E con pari precisione, Lutero, nella risposta, centrò la differenza sostanziale fra la sua eresia e il cattolicesimo, affermando fanaticamente il determinismo, nel De servo ar­bitrio, Era lo scontro tra libertà e servitù, tra amore e odio. Lutero difatti partiva dall'« eterno odio di dio contro gli uomini, odio che esisteva anche prima che il mondo fosse creato ».

Ha scritto Benedetto Croce:

« Eretico Lutero per la Chiesa cattolica, egli questa di­chiarava a sua volta eretica rispetto al puro cristianesimo del Vangelo e della Chiesa primitiva. Ma c'è un'eresia ve­ramente grave che egli compì alla quale i suoi avversari cattolici non sogliono dar rilievo, un'eresia morale, una vera deviazione e perversione introdotta nella civiltà umana, uno sconoscimento della unità dello spirito, che è ancor oggi un danno presente e persistente; quella onde Lutero non sem­plicemente distinse, ma divise la vita religiosa dalla politica, e tolse tra le due ogni ricambio e ogni comunicazione. Lutero inquadrò religiosamente l'acquiescenza e servilità poli­tica tedesca verso i principi... I cattolici stanno ancora a vituperare quel pio frate agostiniano... ; ma la civiltà mo­derna deve, per proprio conto, addebitargli questo grosso tradimento che», egli commise contro la civiltà umana, de­primendo il sentimento della libertà politica» (i). Il rilievo centrale di Croce è giusto

 

Lutero insorse contro Roma in nome del libero esame, e cioè affermando la libertà massima per sé, ma finì con il negare la libertà anche minima a chi non la pensava come lui. Alla parola di Dio associò presto il braccio secolare. Impose il suo verbo, e propugnò l'intervento dello Stato per metter fine alle eresie: alle eresie nate dal libero esame. E così impose una repressione crudele perché fossero stermi­nati anche gli « zwingliani, spezzatori dei sacramenti, fanatici e anabattisti». Avendo voluto una religione di sola spiri­tualità, legittimò una commistione di Vangelo e di polizia, di prediche e di galere, la quale non riformò, ma aggravò il sistema medievale.

Partito così dalla libertà, finì col potenziare la dispotia, come fulcro di un ordine autoritario conservatore. orientato verso il paternalismo. Al potere politico accordò un crisma d'infallibilità con facoltà di compressione illimi­tata, giustificata con il peccato originale, per cui le masse erano abbassate a una degradazione ignota al Medio Evo.

Volle purificare i costumi, e per questo anche ruppe con la Chiesa di Roma; ma di fronte al potere politico, cedette sino a legittimare la bigamia del langravio di Hesse. La legittimò, perché si trattava d'un monarca: non l'avrebbe tollerata per un contadino; che nel monarca vedeva un mi­nistro diretto del Signore, tale che ogni suo atto era d'ispirazione divina, giustificato a priori, sempre. E la tumefazione del potere politico risultava già favorita dalla giusti­ficazione di ogni evento come voluto da Dio; e cioè da un fatalismo, che divenne totale nel campo politico, dove ogni azione del governo fu legittimata e dove anche l'impiccare, il decapitare e ogni genere di castigo, come ogni guerra, ap­parvero servizio di Dio. Donde una sterilità nel luterane­simo, che risultò un nullismo sociale nel secolo dell'illumi­nismo. Donde la negazione d'ogni sforzo per uscire dal pro­prio stato e migliorare la propria posizione, con la passività verso l'ingiustizia e la tirannide.

<1) benedetto croce, L'eresia morale di Lutero (in < Quaderni della Cri­tica », die. 1945, n. 3).

L'etica economica del luteranesimo, quindi, fu giudi­cata dal Troeltsch «interamente reazionaria».

Essa produsse un quietismo spirituale; perché, per non contaminare il cristianesimo col mondo, lo separò dalla vita, almeno dalla vita collettiva, limitandolo alla vita infe­riore dell'individuo e sottomettendo la Chiesa allo Stato (per quanto Lutero, al contatto con la realtà, negli ultimi anni, dovesse decidersi a occuparsi, piuttosto male, di politica). Dove il cattolicesimo coordina quelle operazioni subordi­nando la natura alla soprannatura, il luteranesimo abban­donò il mondo al diavolo. E invece Cristo ha vinto il mondo : segno che ha combattuto con esso: e cioè ha redento, libe­rato l'umanità, nel tratto che vive sul mondo.

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