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LA QUESTIONE DELLE IMMAGINI

Ultimo Aggiornamento: 27/01/2022 19:39
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05/01/2014 18:45
 
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Abbiamo visto precedentemente come l'avere delle immagini non è di per sé vietato, l'immagine è vietata quando si attribuisce all'immagine stessa le proprietà e gli attributi di Dio, allora comprendiamo che Dio non vieta le immagini in quanto tali, ma le vieta quando ad esse ne viene attribuita l'adorazione come divinità, quell'adorazione che spetta esclusivamente a Lui.

Abbiamo fatto anche l'esempio del serpente di rame, il quale fin quanto è stato usato secondo il comando di Dio era lecito averlo, ma quando le fu attribuita l’adorazione con sacrifici offerti eccetera, allora quell'immagine è stata distrutta.

Allora comprendiamo la necessità di dare una giusta interpretazione ai termini, poiché, se non comprendiamo il significato dei termini ci rimane difficile comprendere ciò che termini stessi ci vogliono trasmettere.

In quanto al termine “adorazione”, ben sappiamo che tale termine sta ad indicare il riconoscimento totale, la propria dipendenza da Dio, e non mi pare che ci siano eccessive difficoltà nel comprendere tale termine, ciò che invece dobbiamo comprendere, e lo dobbiamo comprendere molto bene, è il significato della parola “Iconodulia”, tale parola è composta da icona e dulia, la prima significa immagine la quale si può affermare in senso generale, poiché per immagine si intende sia ciò che è raffigurato in un quadro, in un affresco, o in una statua.

La seconda Dulia indica venerazione, ma anche su tale termine sembra esserci una certa incertezza sul suo significato , cerchiamo dunque di comprendere la definizione di Dulia.

Tale termine indica “venerazione dovuta alle persone”, il quale è ben distinto dal termine Latria il quale indica “adorazione dovuta a Dio”, allora, se il termine Dulia indica venerazione e non adorazione, dobbiamo comprendere cosa significhi il termine venerazione.
Venerare significa fare oggetto di devozione, un profondo ossequio, grande rispetto, rendere omaggio.

Tale termine venerare ci sembrerà strano, ma lo adoperiamo molto ma molto spesso, facciamo qualche esempio.
A volte riferendoci una persona diciamo, venerabile maestro, oppure, quante volte diciamo alla nostra fidanzata o alla nostra amata moglie, ti venero, oppure usiamo l'esclamazione, nonostante che io ti venero su questo punto non siamo d'accordo, oppure, venerabile vecchietto, eccetera, allora si comprende bene che quando usiamo il termine venerare non lo si indica come il termine adorazione ma lo si indica come un qualcosa che mettiamo sopra a noi stessi, riconosciamo a questa persona quelle facoltà che possono aiutarci.

Allora comprendiamo bene l'attribuzione di questi due termini, latria il quale indica un esclusivo riferimento a Dio come colui che deve essere adorato, Dulia il quale termine indica venerazione, viene attribuito esclusivamente alle persone.
La differenza di questi due termini è sostanziale, non possiamo attribuire ad un termine il significato che proprio dell'altro, ciò, non è possibile.

Ora ci inoltreremo in quello che è l'argomentazione delle immagini nelle prime comunità cristiane, e come tale immagine venivano e vengono considerate dai cristiani.

Le prime comunità cristiane furono formate da persone ebraiche, ed essendo quindi ebree ben sapevano l’uso che se ne facevano di tali immagini, i primi cristiani ebrei frequentavano regolarmente il tempio, la sinagoga, l'osservanza delle varie leggi, delle norme, quindi non si creavano problemi quando entrando nel tempio lo vedevano arricchito di belle immagini, di angeli, di animali, di vegetali, comprendiamo anche che presso il popolo ebraico era sconosciuto il termine venerazione, ogni loro atto aveva come finalità l’adorazione, il motivo principale per cui non si poteva fare un'immagine di Dio in quanto nessuno ha mai visto Dio, e quindi Dio non può essere rappresentato, ma questo fino alla nascita di Cristo.

Dio il figlio, assumendo la natura umana ha permesso all'uomo di vedere Dio pur nella natura umana, e nella natura umana i primi cristiani rappresentavano l'immagine di Cristo la quale veicolava il cristiano all’adorazione del figlio di Dio che è Dio.

umentato dall'archeologia, in modo particolare nelle catacombe, luogo di sepoltura dei cristiani (e non di rifugio), interessante che, le raffigurazioni su Cristo erano espresse come il “Buon Pastore con l'agnello sulle spalle”, molte immagini su l'apostolo Pietro e Paolo, una rappresentazione numericamente maggiore è data dall'immagine della Madonna, sempre raffigurata con il bambino Gesù in braccio, una particolarità, la caratteristica che fa comprendere che tale immagine si riferisce alla Madonna è il fatto che il bambino è sempre rivolto con la faccia in avanti, verso colui che osserva.

Personalmente ho visitato in modo particolare la catacomba di Santa Priscilla (accedendo anche su parti non disponibili per il pubblico), la quale è ubicata alle porte di Roma in via salaria, interessante anche che, in questa catacomba viene raffigurata un'immagine della Madonna con il bambino la quale è stata datata come la più antica, risalente al secondo secolo dopo Cristo, e nelle catacombe abbiamo altre raffigurazioni nei primi cristiani, e queste lo possiamo vedere oltre alla catacomba di Santa Priscilla anche alle altre catacombe, come quella di San Sebastiano, di San Calisto e le altre la quale si trovano nelle zone limitrofe di Roma, si possono vedere nelle lastre che coprono i loculi le varie iconografie e simbolismi.

Da ciò si comprende che la raffigurazione e l'uso delle immagini da parte dei primi cristiani era un aspetto o quotidiano della loro vita
per comprendere ancora meglio la relazione che c'era tra le immagine e il loro uso da parte dei cristiani bisogna tener conto non solo delle scritture ma anche di ciò che è la Tradizione apostolica, non si può separare il Kerygma gesuano con ciò che è il vissuto quotidiano dei cristiani, il quale si innesta oltre nella scrittura ma anche nella liturgia, la quale risale al comando di Gesù quando disse “fate questo in memoria di me”.

L'immagine era dunque un aspetto quotidiano dei cristiano l'immagine era usata sia per adornare le tombe sia nell'aspetto liturgico quale poteva essere ad esempio l'uso del calice, ad esempio il filosofo cristiano Tertulliano il quale è vissuto 155 e 222 d.C. ebbe a dire come i cristiani adornavano i calici con le immagini del buon pastore, il quale fa riferimento a Gesù Cristo. (De pudicitia. 7,10).

Lo storico Eusebio di Cesarea vissuto tra il 265 e il 340 d.C. si dice di aver visto con i propri occhi le immagini dipinte di Gesù e dei santi apostoli Pietro e Paolo. (Historia ecclesiastica, VII, 18).
Evidentemente, i cristiani di quel tempo - e siamo in tempi antichissimi - utilizzavano le immagini di Gesù e dei santi. (santo= colui al quale gli sono state riconosciute le sue straordinarie virtù morali e religiose- vedremo meglio più avanti)

Siamo in epoca antichissima e già i cristiani si facevano immagini di Gesù Buon Pastore. Ma allora, questo vuoi dire che quando nelle nostre chiese fanno bella figura dipinti e statue di Gesù Buon Pastore, noi cattolici (ma anche gli ortodossi con le loro icone) non facciamo altro che imitare i primi cristiani, come è già stato detto, l’avere delle immagini non è di per se vietato, come d’altra parte non erano vietate nel culto divino del primo e secondo Tempio.

Presumo che fino a questo punto il non cattolico possa essere d’accordo, la questione dibattuta risulta essere la “Iconodulia”, cioè, rendere “Venerazione all’immagine”, ma anche su questo punto vedremo come tale termine è stato spesso mal interpretato.

Sappiamo che nel mondo protestante, ed in modo particolare dal terzo protestantesimo viene contestata come forma puramente inventata.
Nella riforma protestante, in modo particolare Zwingli e Calvino contestarono una pratica che fino ad allora era da tutti accettata, ritenendola non biblica a motivo della “Sola Scriptura” e rifiutando ciò che era la “Traditio”, la quale ha prodotto sia la Scrittura sia la Liturgia, se si dovesse assumere la sola scriptura allora si potrebbero giustificare o condannare aspetti del vissuto quotidiano i quali non erano riportati nella scrittura.

Cominciamo con il dire che nella Bibbia sono chiamati “santi” tutti quelli che hanno fatto la scelta cristiana, tutti i membri della comunità di Cristo. Tutti siamo santi perché Dio ci ha scelti, chiamandoci alla fede, separandoci dal mondo e dagli altri uomini. Santo vuoi dire infatti “separato”.
La nostra argomentazione sulla santità verde su coloro i quali si trovano in cielo, uomini e donne i quali hanno praticato delle virtù cristiane in modo straordinarie.

Si pone dunque la domanda se, sia lecito “Venerare=Dulia” questi santi oppure si va contro la volontà di Dio e cadere automaticamente nell’ido-latria.

Prima di andare avanti mi pare giusto fare un distinguo.
L’argomentazione è valida solo se si crede all’Immortalità dell’Anima, è altresì evidente che varie religioni come i, Testimoni di Geova, gli Avventisti e qualche altri, non credono all’anima immortale, ma, oggettivamente non avrebbero nulla da ridire al fatto di avere delle immagini come decorazione, come d’altra parte non dovrebbero avere nulla da ridire sulle immagini decorative situate nel primo e secondo Tempio.

Ma, per chi crede all’immortalità dell’anima, crede anche che persone la cui vita è vissuta in santità siano in cielo con Dio, e di questo parliamo.

Nelle prime comunità cristiane emerse un aspetto molto particolare, ed esso era il “Martirio”. cioè il donare la vita per la fede, era considerato come la massima espressione dell’amore a Dio e della fede. Il martire era considerato un eroe della fede e tutta la comunità cristiana circondava di venerazione.

Il Libro degli Atti degli Apostoli, che possiamo considerare, oltre che Libro Sacro, anche la prima storia della Chiesa, narra, al capitolo 8, che dopo il martirio di Santo Stefano, “Persone pie seppellirono Stefano e fecero grande lutto per lui”.
Nella chiesa primitiva, proprio come facciamo noi cattolici, veniva ricordato l’anniversario della morte del martire e lo si pregava perché intercedesse presso Dio in favore dei vivi.

Non mancano i documenti, il primo che la storia ci ha tramandato ricorda il ‘giorno del martirio” di San Policarpo, che fu martirizzato il 23 febbraio dell’anno 155 a Smirne, nell’odierna Turchia.
Questo documento è stato scritto probabilmente nell’anno 177 dalla Comunità di Smirne e si intitola "Martirio di San Policarpo". E’ un documento che chiarisce bene la distinzione tra la adorazione da tributare a Cristo, perché è Dio e la venerazione da tributare ai martiri, perché sono stati discepoli e imitatori di Cristo.

Leggiamo, “Noi adoriamo lui [il Cristo] perché è Figlio di Dio, i martiri invece li amiamo come discepoli e imitatori del Signore(….). Pertanto il centurione, visto l’accanimento dei Giudei nella contesa, fece portare in mezzo il corpo e lo fece bruciare secondo costume pagano. Così non solo più tardi potemmo raccogliere le sue ossa, più preziose delle gemme più insigni e più stimabili dell’oro, e le collocammo in luogo conveniente. Quivi per quanto ci sarà possibile, ci raduneremo con gioia e allegrezza, per celebrare, con l’aiuto del Signore, il giorno natalizio del suo martirio, per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi, e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta” (Dal martirio di San Policarpo, cc. 17 e 18).

Da questo prezioso e antichissimo documento appare chiaramente che nei primissimi tempi - siamo poco dopo la metà dei secondo secolo – i cristiani veneravano i martiri. i santi, raccoglievano e custodivano le loro reliquie, proprio come facciamo oggi noi cattolici.

I cristiani dei primi tempi raccoglievano. con religiosa pietà, quando ere possibile, le sacre spoglie dei martiri per seppellirle onoratamente, e poi celebravano il “dìes natalis”, cioè il giorno del martirio, con la Messa.

Lo storico Eusebio di Cesarea ci racconta che il senatore romano Astirio, presente al martirio del soldato Marino, “si pose sopra e spalle il cadavere, lo avvolse in scintillante e preziosa veste e con magnifica pompa lo collocò in una tomba conveniente” (Hist. Eccl., VII; 16).

A Cartagine i cristiani, dopo la morte di San Cipriano , presero di notte il corpo del martire e lo accompagnarono fra ceri e fiaccole con preghiere in solenne corteo fino al sepolcro.
I cristiani si radunavano sulla tomba, o, se questo non era possibile per via della persecuzione o per altre ragioni, per commemorare i martiri con la celebrazione eucaristica e con altri riti liturgici.

San Cipriano voleva che si tenesse conto del giorno della morte dei confessori della fede per celebrare la loro memoria. Si sa del martire Pionio arrestato in casa mentre celebrava il natalizio di San Policarpo.

Si comprende che tutti questi Santi/Martiri erano in una condizione di Grazia al cospetto di Dio, essi erano nella posizione di intercedere a nostro favore per i seguenti motivi.

Primo
Il sacrificio di Gesù Cristo ha reso possibile la redenzione del genere umano.
Secondo
La redenzione dell’uomo eleva l’uomo ad essere figlio di Dio
Terzo
La redenzione dell’uomo eleva l’uomo a Dio(Figlio) facendolo un suo fratello, facendosi carne ed assumendo la natura umana, il Figlio di Dio rende partecipe l’uomo alla filiazione di Dio, rendendo Dio/Figlio suo fratello “Primogenito”.

Comprendiamo dunque che l’intercessione di un Santo si fonda sempre sul sacrificio di Cristo e sulla sua filiazione di Dio.
Venerare un Santo significa rendergli omaggio, onore, riconoscimento, d’altra parte sono cose che facciamo quotidianamente anche ora, con vari personaggi che secondo noi sono in grado di aiutarci.

Venerare un Santo significa chiedergli di intercedere per noi, riflettiamo, se questo è vero nella nostra vita, non lo è in misura infinitamente maggiore nell’altra vita, la quale è la realtà e la nostra l’ombra?, se troviamo normale nella nostra vita chiedere a un personaggio importante di intercedere per noi presso tal dei tali, sicuri che sarà ascoltato tanto più lo sarà quel Santo che perorerà la nostra richiesta.

Quando il vescovo Ignazio d’Antiochia fu portato a Roma per essere martirizzato, egli chiese un’intercessione presso i cristiani di Roma, Ignazio ben sapeva che i cristiani di Roma avrebbero intercesso presso le autorità imperiali per salvargli la vita, ma, Ignazio non voleva essere salvato, quindi prega i fratelli di Roma di non intervenire, poiché voleva essere pasto per le belve affinché divenisse pane per Cristo.

San Paolo richiese spesso preghiere a suo favore dai vari fratelli, intercedere l’uno per l’altro era una consuetudine.

Efesini 6:18
“pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza. Pregate per tutti i santi”

Colossesi 4:3
“Pregate nello stesso tempo anche per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola, perché possiamo annunciare il mistero di Cristo, a motivo del quale mi trovo prigioniero”

1Tessalonicesi 5:25
“Fratelli, pregate per noi”.

Giacomo 5:16
“Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia”.

Se dunque intercedere l’uno per l’altro era richiesto dal Signore, non ha più valore l’intercessione dei Santi, di coloro i quali già sono con Dio e che quindi si trovano in una posizione più eccelsa?
Un errore che spesso si fa è quello di pensare che pregando l’immagine si attribuisca alla medesima chissà quali proprietà, niente di più errato.

Dobbiamo comprendere prima di tutto che l’immagine raffigura sempre una persona vissuta, reale, e non qualcosa di fantasioso, immaginario, inoltre l’immagine ci ricorda la persona, stimola la nostra mente al ricordo delle sue virtù, all’amore manifestato verso Dio.
L’immagine è come il serpente di rame, “il Mezzo”, con il quale ci rapportiamo a colui il quale “Mezzo” rappresenta, facciamo un piccolo esempio per comprendere ciò.

Quanti di noi hanno delle foto dei propri cari morti, possono essere genitori, figli coniugi ecc. e dove poggiamo queste foto esse sono sempre ben visibili, in modo particolare di persone della cerchia famigliare, e ditemi, quante volte le avete prese, vi siete soffermati a guardarle, mentre nella vostra mente riemergevano i loro ricordi, ma contemporaneamente il vostro cuore vi suscitava emozioni intense, spingendovi in un atto d’amore a baciare l’immagine dei vostri cari.

Se qualcuno vi dicesse che non ci si rivolge all’immagine per venerarla, voi rispondeste che non baciate l’immagine in quanto immagine, ma baciate l’immagine in quanto ciò che l’immagine stessa rappresenta, ossia, i vostri cari, dunque, il bacio, l’affetto, le carezze date all'immagine sono date in realtà ai vostri cari la quale immagine rappresenta.

Ora, poniamo per amore dell’argomento, che un vostro caro, il coniuge, un figlio, un genitore, sia stato nella vita una persona di elevate virtù, una persona amante della famiglia, di Dio e discepolo di Cristo, non sarebbe questo vostro caro il quale ora è con Dio nella condizione più eccelsa di poter offrire a Dio le vostre preghiere?, se ciò è possibile qui nella nostra vita quotidiana lo sarà ancor maggiormente possibile per chi ora è in cielo con Dio.

Queste persone di elevata virtù, questi Santi potranno intercedere a vostro favore, come la Mamma di Gesù pregò suo figlio alle nozze di Cana in favore degli sposi rimasti senza vino.

Molti altri esempi si potrebbero portare, resta un fatto, con il quale terminiamo la nostra conversazione, utilizzare immagini sacre, venerare i santi che vi sono rappresentati è cosa gradita a Dio, non contraria all'insegnamento della Bibbia e in sintonia con quello che i cristiani hanno sempre fatto, fin dai tempi della Chiesa primitiva.
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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