Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

IL MANDATO E LA SUCCESSIONE APOSTOLICA

Ultimo Aggiornamento: 16/07/2020 14:19
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
05/07/2012 17:49
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

 l'Apostolo Paolo mette in guardia Tito dai FALSI DOTTORI, chiamandoli INSUBORDINATI E INGANNATORI  ( Tito 1,10 ) -.e  al verso 5 Paolo dice a Tito di averlo lasciato a Creta perchè METTESSE ORDINE ALLE QUESTIONI DI FEDE E PERCHE' LUI STABILISSE DEI PRESBITERI IN OGNI CITTA'. Paolo non dice come meglio Tito crede, ma, si noti bene,   SECONDO LE ISTRUZIONI DA ME RICEVUTE

E' la "Trasmissione ufficiale del Mandato" che la Chiesa chiama ancora oggi "Mandato apostolico"

Al cap. 2 Paolo dice ancora a Tito: " Tu però insegna CIO' CHE E' CONFORME ALLA SANA DOTTRINA".
Come possiamo leggere Paolo si preoccupa 
che Tito insegni FEDELMENTE LE DOTTRINE RICEVUTE.

Atti 15, 24:

Abbiamo saputo che alcuni fra noipartiti senza nessun mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre.

Sempre dalla 1Tim leggiamo:

Avvertimento contro le false dottrine
(1Ti 6:3-5, 20-21; Tt 3:9) Ga 3:10-12, 19-24; 5:6; Ti 2:10-14
3 Ti ripeto l'esortazione che ti feci mentre andavo in Macedonia, di rimanere a Efeso per ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse

occorre mantenere fede non solo a Paolo dunque che trasmetteva questi insegnamenti ma a loro volta i fedeli DOVEVANO OBBEDIENZA A TIMOTEO O A TITO A CRETA i quali si esprimevano CON LA STESSA AUTORITA' DELL'APOSTOLO il quale aveva dato loro il mandato (cfr.2Tim.1,6). Paolo non dice a Timoteo "hai lo spirito perchè Dio ti ha investito", ma dice che Timoteo ha il carisma di Dio perchè: " E' IN TE PER L'IMPOSIZIONE DELLE MIE MANI. E' proprio questo stesso elemento che caratterizza tutt'ora il MANDATO APOSTOLICO

Leggiamo ora Rom.16,17:

Ma sia ringraziato Dio perché eravate schiavi del peccato ma avete ubbidito di cuore a quella forma d'insegnamento che vi è stata trasmessa.

Paolo aveva scritto in 1Co 15,3:   Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto:...

Anche lo stesso Paolo ha ricevuto l'affidamento di un deposito da custodire e da trasmettere fedelmente e per tale motivo raccomanda a Timoteo:

2TIM.2.1 LE COSE CHE HAI UDITO DA ME…TRASMETTILE A PERSONE FIDATE CHE SIANO IN GRADO DI AMMESTRARE ANCHE GLI ALTRI.

2TIM.3.4 TU RIMANI SALDO IN QUELLO CHE HAI IMPARATO SAPENDO DA CHI L’HAI APPRESO.


Queste raccomandazioni ed attestazioni di Paolo fanno ben comprendere che la fede non è riducibile ad un sentimento, a una pretesa ispirazione spirituale o ad una soggettiva comprensione, bensì è la TRASMISSIONE fedele di quanto viene lasciato in affidamento da coloro che hanno ricevuto in precedenza il mandato di insegnare rettamente la vera dottrina di Cristo attraverso l'imposizione delle mani che conferisce lo Spirito Santo per esercitare nell'ambito del Popolo di Dio il ministero trasmesso dagli Apostoli.

[Modificato da Credente 05/07/2012 17:52]
OFFLINE
05/07/2012 17:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

IL FONDAMENTO BIBLICO DELLA SUCCESSIONE APOSTOLICA

Da dove ci viene la garanzia che la Chiesa di oggi sia la stessa di quella fondata da Gesù Cristo? Questa certezza ci viene dalla Successione Apostolica. La Sacra scrittura ci offre vari riferimenti riguardo a questo tema, ma uno di quelli che ci sembra più significativo è quel passo nel libro degli Atti in cui Pietro deve affrontare il problema della sostituzione di Giuda dopo la sua morte (At 1,15-26). Gesù era appena tornato al Padre: i dodici li aveva nominati lui, e come Figlio di Dio aveva l'autorità per farlo. Nessuno fino a quel momento si era permesso, con Gesù ancora sulla terra, di nominare degli apostoli. Ma ora era necessario, altrimenti la Chiesa si sarebbe gradatamente estinta. Pietro allora decise di consultare le Scritture, e fu ispirato dallo Spirito Santo a considerare il Salmo 109, ove numerosi versi si adattavano benissimo alla situazione di Giuda ("sebbene io li abbia amati essi mi accusano senza pietà, mi hanno ripagato male per bene, odio in cambio di amore", Sl 109,4-5). Ebbene tramite questo salmo Dio gli indicò quale doveva essere il destino dell'empio cui è stato donato un bene che poi rinnega: "il suo ufficio lo prenda un altro". E quindi Pietro, forte del fatto che Cristo gli aveva trasmesso il potere di aprire e di chiudere, di legare e di sciogliere (Mt 16,19) si alzò in piedi davanti a un'assemblea di 120 persone, lesse il passo di questo salmo, e aggiunse che occorreva scegliere "uno tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo in cui dimorò tra noi il Signore Gesù" (At 1,21). La Chiesa apostolica scelse dunque Mattia, "per prendere il posto di questo ministero e apostolato, da cui prevaricò Giuda" (At 1,25).

Non tutti si rendono conto dello spessore teologico di questo brano: si tratta dell'inizio storico della successione apostolica. Queste righe contengono la prova scritturale della continuità della Chiesa. Inoltre, le parole "ufficio" e "ministero" danno testimonianza che gli apostoli avevano la perfetta consapevolezza di non essere solo dei credenti come tutti gli altri discepoli, ma di avere una precisa investitura, di avere ricevuto da Cristo un effettivo mandato, e che tale mandato poteva, anzi doveva, essere trasmesso come in una successione.

Fino allora le successioni erano unicamente di natura temporale, per esempio quelle dei padri verso i figli. Col Cristianesimo invece la successione è di natura spirituale, anche se deriva ugualmente da un "capostipite" storico che è Cristo, e da una madre in grado di generare figli che è la Chiesa.

Il Concilio Vaticano II a tal proposito ha affermato: "Come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli Apostoli" (SC 6). E aggiunge: "Affinché il Vangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, gli Apostoli lasciarono come successori i Vescovi, ad essi affidando il proprio compito di magistero" (DV 7).

Ed anche il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea: "Donando lo Spirito Santo agli Apostoli, Cristo risorto conferisce loro il proprio potere di santificazione: diventano segni sacramentali di Cristo. Per la potenza dello stesso Spirito Santo, essi conferiscono tale potere ai loro successori. Questa successione apostolica struttura tutta la vita liturgica della Chiesa; essa stessa è sacramentale, trasmessa attraverso il sacramento dell'Ordine." (CCC 1087).

La successione apostolica è dunque il tramite dello Spirito Santo, che attraverso di essa dà vita alla liturgia e forma alla Tradizione.

Stefano Biavaschi

OFFLINE
05/07/2012 17:58
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Dice Paolo ai Colossesi 1,22-24:
 
21 E anche voi, che un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate, 22 ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto23 purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunziato ad ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato ministro.

Paolo ricorda l'importanza di RESTARE ANCORATI ALLA FEDE DEL VANGELO  ASCOLTATOa seguito dell'annuncio orale fatto in ogni luogo possibile.

in Lc.22,35 leggiamo che Gesù dice a Pietro: .....ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai ravveduto, conferma gli altri nella fede....
.....
Paolo lo ha fatto anche lui....ma a sua volta venne CONFERMATO DA PIETRO GIACOMO E  GIOVANNI:
Gal.2,9-10:
9 e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. 10Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.

Quella destra data in segno di comunione da coloro che Paolo stesso, insieme alla chiesa nascente definisce le COLONNE,  conferisce il riconoscimento ufficiale dell'opera evangelizzatrice di Paolo al quale, in segno di fedeltà comunionale, viene richiesto solamente di 
provvedere ai poveri. Questo minimo gesto di fedeltà che gli viene richiesta, e la mano in segno di comunione, sono il segno della fedeltà di Paolo agli Apostoli, per non CORRERE INVANO (Gal 2,2), pur avendo ricevuto un esplicito mandato da parte di Cristo stesso sotto forma di Rivelazione privata.
Paolo ritiene infatti necessario anche il RICONOSCIMENTO FORMALE DEGLI APOSTOLI per rendere efficace il suo ministero. Non basta pensare soggettivamente di avere lo Spirito Santo; occorre che ogni carisma sia sottoposto al discernimento e al riconoscimento di coloro che hanno la responsabilità della GUIDA nell'ambito del popolo di Dio.
OFFLINE
05/07/2012 17:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

MINISTERI NELLA CHIESA NASCENTE:  Gli episcopi e i presbiteri.


Nella chiesa nascente,  non era ancora definita la distinzione dei ruoli e delle funzioni, almeno per quanto riguarda gli episcopi e ipresbiterisegno evidente, questo, che siamo all'inizio della regolamentazione della gerarchia della chiesa, che si conoscerà sicuramente fissata nei suoi tre gradi  con S. Ignazio di Antiochia (cf Magn. 6,1; Troll. 7,2; Philad. 7,1).

Così, ad esempio, mentre si ricorda a Tito che egli è stato lasciato a Creta per stabilire dei presbiteri nelle varie città (1,5), subito dopo si dice:bisogna infatti che l'episcopo sia irreprensibile (1,7). C'è anche qui lo stesso scambio linguistico che incontriamo nel discorso di S. Paolo agli anziani di Efeso, i quali subito dopo vengono chiamati episcopi: Attendete a voi stessi e a tutto il gregge sul quale lo Spirito Santo vi ha stabilito episcopi, per pascere la chiesa di Dio (20,28).

Sembra dunque che gli uni siano inglobati negli altri.

La stessa impressione che i due termini si inglobino reciprocamente si ha dal fatto che in ITm 3,1-15, parlandosi dei doveri dei responsabili delle varie chiese, si passa direttamente dagli episcopi ai diaconi (vv. 8-13), saltando i presbiteri; mentre il fenomeno inverso capita in ITm 5,17-19, dove non sono nominati gli episcopi.

A differenza però di Atti 20,28 e di Filippesi 1,1( La lettera è indirizzata a tutti i santi... che sono in Filippi, insieme agli episcopi e ai diaconi), nelle Pastorali il termine "episcopos" è sempre adoperato al singolare (ITm 3,2; Tt 1,7).

Si ha pertanto la fondata impressione che, già a questo tempo, mentre i presbiteri sono molti, l'episcopo è uno solo; niente lo differenzia dagli altri presbiteri, salvo il fatto di essere stato preposto a capo del " collegio presbiterale " (In ITm 4,14 si. parla dipresbiterio, cioè del collegio dei presbiteri.), e, conseguentemente, di tutta la comunità.

Non sappiamo in qual modo uno dei presbiteri fosse designato a tale ufficio di presidenza: forse si faceva a turno, oppure veniva eletto chi avesse particolari doti o attitudini al comando. Sta di fatto, però, che non doveva essere un posto molto appetibile, se S. Paolo esorta quelli che erano fomiti delle doti necessarie a porre la propria candidatura: Se qualcuno aspira all'episcopato (episcopes), desidera un nobile lavoro(ITm 3,1). Si doveva dunque trattare di un " primus inter pares " con molte incombenze e con poca libertà di iniziativa, dato che forse era il " presbiterio " il solo responsabile dell'andamento della comunità.

 

Non si dimentichi, però, che di fatto il responsabile vero delle comunità di Efeso e di Creta, così come pure di tutte le comunità che aveva fondato, era S. Paolo che, pur lontano, le dirigeva e le governava mediante i suoi diretti collaboratori, Tito e Timoteo.

(Tito1,5 Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato…,

2Co 11,28 E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese.)

 

Niente di strano, perciò, che, quando l'Apostolo o i suoi collaboratori non ci saranno più, uno dei presbiteri, che poteva essere l'episcopo di cui parlano le Pastorali, diventasse il capo permanente e legittimo della comunità, però, in questo caso, non tanto come espressione dei poteri del "presbiterio ", quanto come legittimo erede dei poteri apostolici di Paolo, o di Tito, o di Timoteo o di altri apostoli, venuti a mancare. Ecco quindi in che modo è venuta a determinarsi la figura dei nostri attuali vescovi, con i poteri che riconosce loro S. Ignazio d'Antiochia e che sono da considerare già comunemente riconosciuti al momento in cui egli scriveva: dall'Episcopos del Nuovo Testamento trarrebbero il nome, la funzione sarebbe mutuata dalla loro legittima successione apostolica, come eredi dei poteri degli Apostoli al momento della loro morte.

 

La figura e i compiti del vescovo sarebbero quindi da ricavare da quanto S. Paolo ordina a Timoteo e a Tito, suoi intimi collaboratori e prossimi successori.

Nel caso della lettera di Clemente notiamo alcuni dettagli:

Vi è un caso di ribellione da parte dei credenti nei confronti dei presbiteri legittimamente ordinati.

Per tale situazione di caos, nessuno nell’intera regione si sente investito dell’autorità per intervenire e decidere sulle decisioni da prendere.

Clemente, al momento in cui scrive dice di aver tardato a intervenire a causa dei molti problemi avuti a causa delle persecuzioni, ma il modo con cui interviene fa comprendere il carattere autorevole e decisivo della sua lettera.

Probabilmente NESSUNO in quel momento storico era visto come autorevole rispetto alle singole chiese locali, salvo la Chiesa di Roma che rivendicava in quel momento il diritto dovere di intervenire.

Quindi è possibile che nel momento della transizione subito dopo il tempo della morte degli apostoli, in mancanza di essi l’unica autorità superiore era Roma. La lettera appare importante soprattutto per questo fatto.

Se a Corinto o nella regione vi fosse stato un rappresentante investito di autorità come quello del vescovo come lo descrive Ignazio, il problema sarebbe stato risolto prima che diventasse così forte. E questo ci fa comprendere una esigenza importante che le Chiese dovettero avere in quel momento. L’esigenza cioè di poter dirimere le questioni senza aspettare che per ogni cosa si muovesse la Chiesa di Roma.

Ora, se pensiamo che la nomina dei diaconi avvenne a seguito di una esigenza della chiesa primitiva e cioè quando gli apostoli si resero conto di star facendo un servizio che poteva essere delegato ad altri, anche se Gesù non aveva comandato e neanche accennato di eleggere dei diaconi, quindi ci si organizzò per fronteggiare una situazione emergente, che prima non c’era, così dopo la morte degli apostoli si venne a determinare che la loro posizione di preminenza risultò vacante con la conseguente esigenza di rimpiazzarla.

Dov’è dunque il problema se la figura del vescovo assunse la preminenza che prima avevano gli apostoli?

Se l’organizzazione viene adeguata all’esigenza da fronteggiare si fa forse torto alla dottrina, che resta immutata?

E’ chiaro quindi che, la Chiesa sotto la guida dello Spirito, ad un certo momento ha ritenuto di dare ai vescovi questa maggiore responsabilità che in Ignazio troviamo già documentata.

Si può forse dire con questo che Clemente la pensasse diversamente da Ignazio?

No assolutamente.

Perché Clemente documenta e fotografa la situazione che al suo tempo l’autorità posto al di sopra delle parti era proprio lui e non la figura di un vescovo della zona di Corinto.

Ignazio documenta che ogni comunità poteva e doveva fare riferimento al suo vescovo come figura di riferimento per ogni problema.

Clemente non ha mai discusso con Ignazio circa l’opportunità di dare maggiore responsabilità alla figura del vescovo. Se vi fosse stata tale figura, probabilmente egli stesso non avrebbe dovuto affrontare da tanto lontano e con tale ritardo una questione tanto urgente e si sarebbe accorto dell’esigenza inderogabile di assegnare al vescovo i compiti che gli vediamo assegnati e riconosciuti subito dopo. E’ possibile quindi che nel frattempo, situazioni come quelle sorte a Corinto abbiano fatto capire alla Chiesa di allora, che era opportuno assegnare un ruolo di coordinamento in ciascun territorio a una persona designata a tale scopo, così come prima veniva svolto da Paolo, da Tito o da Timoteo.

OFFLINE
30/07/2012 12:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Dice Rudolf Pesch:
" Nel capitolo di Gv.21 è innanzi tutto descritto il conferimento del tutto singolare a Pietro nel suo specifico ministero pastorale, insieme all'anticipazione del suo martirio a Roma. Giovanni senza preamboli sottolinea la preminenza di Pietro per un servizio diverso, egli deve raffigurare L'UNITA' di tutta la Chiesa: egli trae a terra la rete che non si strappa, simbolo di unità alla quale deve prestare il suo ministero; a lui è chiesto se lo "ama più di costoro" e lui risponde che lo "ama più di costoro". Il Canone intero ci dà un'indicazione su come deve essere intesa anche la successione dei Libri che compongono il N.T. la chiusura di Giovanni che chiude i Vangeli acquista così una rilevanza importante e più incisiva rispetto proprio a Matteo 16,16-19; e fa emergere il significato delle due lettere di Pt o a lui comunque attribuite.Un lettore attento e scrupoloso non può non cogliere nel Canone l'immagine diun'impressionante INTRECCIO di testimoni APOSTOLICI, che viene tenuto insieme da Pietro come fosse un "centro" verso il quale rivolgersi, così come farà lo stesso Paolo Gal.1,18-19. "Dopo tre anni di predicazione, salii a Gerusalemme PER PRENDERE CONTATTI CON CEFA e mi trattenni presso di lui quindici giorni".
Di solito nelle Lettere Apostoliche, così come nei Vangeli non ci sono indicazioni precise di datazione storica, ma si fanno riferimenti precisi proprio per accreditare la storia stessa come testimone principali dei fatti. Qui Paolo dice che sono trascorsi tre anni, difficile sarà dunque stipulare una esatta cronologia dei fatti, ma ciò che balza all'attenzione del lettore è quel "recarsi in Gerusalemme per prendere CONTATTI CON CEFA". Ritorna così ad emergere la figura di Pietro che viene chiamato da Paolo, in questa occasione CEFA  e non Simon Pietro come altre volte ha fatto. Subito al capitolo 2 Paolo dopo 14 anni ritorna a Gerusalemme con Barnaba, con lui c'è anche Tito, vi andò IN SEGUITO AD UNA RIVELAZIONE, ed espone IN PRIVATO ai "notabili del Vangelo"; per evitare il rischio di correre o di aver corso invano.
La questione spinosa riporta alla circoncisione.
Paolo ha bisogno di CONFERMARSI AGLI ALTRI, ne sente la necessità, a seguito di una rivelazione vuole capire fino in fondo per non rischiare di correre invano.
Segue un particolare importante: Paolo spiega al vv.5 del medesimo capito 2 di Galati che "non cedettero" spiegando la sua posizione e dice vv.7 ", ma anzi, al contrario, vedendo che a me è stato affidato il vangeli dei NON Giudei COME A PIETRO quello dei Giudei - colui infatti che assistè CON LA SUA FORZA Pietro nell'apostolato tra i circoncisi, assistè ANCHE ME tra i pagani - e conosciuta la grazia DATA A ME, GIACOMO E CEFA E GIOVANNI, che erano stimati le colonne, DIEDERO LA DESTRA A ME e a Barnaba IN SEGNO DI UNIONE".
La questione è aperta su che tipo di Vangelo Paolo stesse predicando...E SONO NECESSARIE DELLE CONFERME...Paolo lo chiama Pietro nel momento in cui stabilsce il Vangelo UNICO CHE ENTRAMBI PREDICANOma lo chiama CEFA quando dice che da loro, "le colonne" gli danno la destra IN SEGNO DI UNITA'....
Subito dopo al versetto 11 c'è un altro particolare, anche qui Paolo lo chiama CEFA, per presentare un problema: "Quando però venne CEFA ad Antiochiami opposi a lui affrontandolo direttamente, a viso aperto, perchè si era messo dalla parte del torto".
 
Se facciamo una analisi un attimo prima Paolo sostiene che: colui infatti che assistè CON LA SUA FORZA Pietro nell'apostolato tra i circoncisi, assistè ANCHE ME tra i pagani .......Poi dice: e conosciuta la grazia DATA A ME, GIACOMO E CEFA E GIOVANNI, che erano stimati le colonne, DIEDERO LA DESTRA A ME e a Barnaba IN SEGNO DI UNIONE.......Ora c'è di nuovo un problema, ma non nella predicazione del Vangelo, ma in un modo diverso di accodliere i convertiti.....qui CEFA (Pietro) è identificato come COLUI CHE DEVE PRENDERE UNA DECISIONE PER METTERE TUTTI D'ACCORDO.....
Dice infatti Paolo al v.14 "Or quando mi accorsi che NON camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, DISSI A CEFA DAVANTI A TUTTI....."
Attenzione ad un particolare....NON è solo Pietro ad "essersi messo dalla parte del torto" secondo Paolo.....al v. 13 dice " Presero il suo atteggiamento falso anche altri giudei, cossicchè PERFINO BARNABA SI LASCIO' SEDURRE alla loro simulazione", ma Paolo SI RIVOLGE A CEFA e non a "Pietro" PER RISOLVERE LA QUESTIONE......perchè non rivolgersi direttamente a Barnaba per far capire l'errore?
 
L'intreccio è evidente e viene tenuto UNITO da Cefa.....
 
Del resto non può essere diversamente da momento che nel giorno di Pentecoste è lui a prendere l'iniziativa di "parlare" per spiegare i fatti (At.2,14), quale "portavoce" è comunque Pietro ad annunciare e a formulare IL KERYGMA fondamentale della storia, morte e risurrezione di Gesù e della fondazione della "concorde EKKLESIA" per mezzo dello Spirito Santo. Di lui solo si dice " che al SUO PASSAGGIO fin anche la sua ombra era speranza di guarigione" (Cfr At.5,15)
 
Infine la questione di Galati è delicata perchè rientra in un contesto in cui Paolo viene messo a dura prova anche lui tanto da dover giustificare IL SUO COMPORTAMENTO....a causa di alcune infiltrazioni nella sua comunità che gettavano dubbi sul suo ruolo.....E' qui che Paolo parlerà di più di CEFA.....è qui che Paolo si reca da LUI per PARLARE E CONFRONTARSI è qui che Paolo dice "Per non correre il rischio di aver corso invano", ed è sempre qui che lo chiama Cefa circa il rapporto di CONFERMAZIONE DI UN MINISTERO e Pietro circa l'APOSTOLATO CHE HANNO IN COMUNE...........In sostanza, chiarito l'equivoco, Paolo ASSUME L'APOSTOLATO DI PIETRO.....presso i giudei come criterio per il suo, quale apostolo dei gentili. Qui si danno la mano i due Apostoli in segno di COMUNIONE, e Paolo rimarca appunto l'importanza di mettere davanti a tutto il VANGELO....
La dinamica è importante
1) NON è Pietro (Cefa) a doversi recare da Paolo per chiarire;
2) NON è Pietro (Cefa) a dover si tranquillizzare sul "rischio di aver corso invano";
3) NON è Pietro ad essere sospettato di NON essere degli Apostoli, ma bensì Paolo.....
4) Paolo ATTENDE le risposte e le decisioni di CEFA.....
5) NON è PAOLO "dare la destra a Pietro in segno di unità", ma il contrario....come ricorda Luca in 22,31
6) Non è Paolo a chiedere un'opera a favore dei poveri, come segno di comunione fraterna, ma è Pietro a chiederlo a Paolo. E già questo segno di subordinazione da parte di Paolo, è più che sufficiente a chiarire la sua posizione.
OFFLINE
15/07/2020 17:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Riepilogando:

La prima successione apostolica è menzionata da Atti 1:24, -
Gli apostoli confermano Mattia a succedere a Giuda Iscariota, che col suo tradimento e suicidio, era venuto meno alla sua chiamata ad essere partecipe del consesso apostolico. Gesù aveva voluto espressamente che fossero in numero di 12 e perciò uno dei primi atti che gli apostoli si premurano di fare, è quello di riportare il collegio nel numero voluto da Gesù, in modo da garantire alla chiesa nascente la guida necessaria dei "ministri della parola" e testimoni oculari della resurrezione, rappresentato in primo luogo dagli apostoli.

San Paolo ammonì i fedeli di Corinto che il successo dell'opera apostolica trova la sua causa prima nello Spirito Santo (1 Corinzi 3:6), che per il tramite dei Suoi servitori incide nel contesto terreno degli altri fedeli e dei convertiti.

2 Timoteo 1:6, chiarisce che la successione apostolica si trasmette per imposizione delle mani, segno storico distintivo e di riconoscimento dei riti di consacrazione episcopale, pur nella diversità della formule d'elezione che potevano essere pronunciate.

Atti 15:2 evidenzia che Paolo e Barnaba, essendo in disaccordo con alcuni, per risolvere la questione si sono recati dagli apostoli e dagli anziani. Atti 15:24 testimonia di annunziatori che, senza aver ricevuto alcun incarico, con i loro discorsi hanno sconvolto gli animi.

Atti 20,28 vengono indicati i vescovi come incaricati dallo stesso Spirito Santo, a guida delle comunità cristiane:
...Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue.
Tito 1,5 Paolo incarica Tito di eleggere dei presbiteri. Ciò mette in evidenza il fatto che Paolo aveva eletto Tito il quale avrebbe eletto altri a sua volta:
...Per questa ragione ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine nelle cose che rimangono da fare, e costituisca dei presbiteri in ogni città, secondo le mie istruzioni.

2Timoteo 2,2 Paolo raccomanda di affidare degli incarichi a persone fidate che avrebbero poi in seguito affidato ai loro continuatori l'incarico di insegnamento:
...le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri.

Luca 12,42 ss indica l'intenzione di Cristo di costituire un AMMINISTRATORE a capo di tutti gli altri servi, che avrebbe dovuto dispensare in ciascun tempo il cibo adatto, fino al suo ritorno.
... Il Signore rispose: «Chi è dunque l'amministratore fedele e prudente che il padrone costituirà sui suoi domestici per dar loro a suo tempo la loro porzione di viveri? 43 Beato quel servo che il padrone, al suo arrivo, troverà intento a far così.

Per quanto riguarda i nominativi dei successivi "amministratori" posti a capo della servitù, dopo la morte di Pietro. primo incricato di sciogliere e legare ogni cosa quale maggiordomo nella casa di Dio, la Scrittura non li menziona, ma a questo hanno provveduto le memorie di vari cristiani, tra cui Egesippo, Tertulliano, Ireneo di Lione, Eusebio.
Riporto qualche breve estratto dagli scritti dei primi cristiani:

"Può essere che ci siano eresie, le quali osino rifarsi all'età apostolica, sì da parer insegnate dagli apostoli per essere nate sotto di loro. Si può replicare ad esse: mettano fuori dunque le carte di nascita delle loro Chiese; sciorinino i cataloghi dei loro vescovi, mostranti sin dal principio la loro successione, sì da far vedere che quegli che fu il primo vescovo ricevette l`investitura e fu preceduto da uno degli apostoli o almeno da un uomo apostolico, che con gli apostoli avesse avuto costanti rapporti. Questo è il modo col quale le Chiese apostoliche esibiscono i propri titoli: così la Chiesa di Smirne mostra che Policarpo fu collocato su quella sede da Giovanni; così quella di Roma fa vedere che Clemente vi fu ordinato da Pietro; e così pure le altre esibiscono i vescovi che, costituiti nell`episcopato dagli apostoli, sono per loro i veicoli della semente apostolica".

"Dunque, dopo aver fondato ed edificato la Chiesa, i beati apostoli affidarono a Lino il servizio dell'episcopato; di quel Lino, Paolo fa menzione nelle lettere a Timoteo (cf. 2Tm 4, 21). A lui succede Anacleto. Dopo di lui, al terzo posto a partire dagli apostoli, riceve in sorte l'episcopato Clemente, il quale aveva visto gli apostoli stessi e si era incontrato con loro ed aveva ancora nelle orecchie la predicazione e davanti agli occhi la loro tradizione. E non era il solo, perché allora restavano ancora molti che erano stati ammaestrati dagli apostoli. Dunque, sotto questo Clemente, essendo sorto un contrasto non piccolo tra i fratelli di Corinto, la Chiesa di Roma inviò ai Corinzi un'importantissima lettera per riconciliarli nella pace, rinnovare la loro fede e annunciare l'insegnamento che aveva appena ricevuto dagli apostoli…

A questo Clemente succede Evaristo e, ad Evaristo, Alessandro; poi, come sesto a partire dagli apostoli, fu stabilito Sisto; dopo di lui Telesforo, che dette la sua testimonianza gloriosamente; poi Igino, quindi Pio e dopo di lui Aniceto. Dopo che ad Aniceto fu succeduto Sotere, ora, al dodicesimo posto a partire dagli apostoli, tiene la funzione dell'episcopato Eleutero. Con quest'ordine e queste successioni è giunta fino a noi la tradizione che nella Chiesa a partire dagli apostoli è la predicazione della verità.

E questa è la prova più completa che una e medesima è la fede vivificante degli apostoli, che è stata conservata e trasmessa nella verità".

Per i primi cristiani era chiaro che la "chiesa, colonna e fondamento della verità" (1Timoteo 3,15), lo si poteva individuare anzitutto attraverso la SUCCESSIONE APOSTOLICA.
[Modificato da Credente 16/07/2020 14:19]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:17. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com