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LA CHIESA DI FRONTE AI TOTALITARISMI

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2022 10:55
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24/08/2018 15:27
 
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Pacelli-von Galen: uno stretto legame

Ma Pio XII conobbe personalmente von Galen? Eugenio Pacelli era stato nunzio in Germania per dodici anni. Prima a Monaco, dal 1917 al 1925, e poi a Berlino fino al ’29. 
«È durante la sua permanenza a Berlino che Pacelli ebbe occasione di conoscere von Galen» ci spiega il gesuita tedesco Peter Gumpel, uno dei massimi esperti di Pio XII e relatore della sua causa di canonizzazione, «e già allora si era formato un’ottima idea di questo zelante e audace pastore d’anime, aperto alle necessità sociali del tempo». 
«Von Galen» spiega Gumpel «era cugino di Konrad von Preysing, l’uomo di fiducia di Pio XII in Germania. Von Preysing rappresentava certamente l’orientamento più fermo di opposizione al regime all’interno dell’episcopato tedesco. Von Preysing e von Galen, non solo erano parenti, erano legati da una stretta amicizia». «La considerazione e la fiducia di Pacelli verso von Galen, unitamente a quella verso lo stimatissimo von Preysing» continua Gumpel, «è tra l’altro testimoniata anche dalla loro presenza a Roma, nel gennaio del ’37, per la preparazione dell’enciclica Mit Brennender Sorge. Pacelli, che contribuì notevolmente alla stesura dell’enciclica di Pio XI, volendo essere ampiamente informato della situazione tedesca, chiese infatti di ascoltare il loro parere, oltre a quello dei cardinali tedeschi». 
Ma la sintonia con l’operato di von Galen da parte di Pacelli è provata già nel ’35. Durante la lotta contro Rosenberg. In quell’occasione, il segretario di Stato Pacelli inviò una severa nota al Ministero degli Esteri tedesco appellandosi alla base giuridica del Concordato, e il Vaticano sostenne massicciamente von Galen, tanto che L’Osservatore Romano, assecondando il volere del segretario di Stato, prese apertamente le difese del vescovo di Münster, attaccando Rosenberg come «il più rabbioso e sacrilego distruttore del cristianesimo»17. 
Riguardo invece alle famose tre prediche, non risulta che von Galen abbia ricevuto anticipatamente delle indicazioni da parte di Pio XII. Von Galen, come attestano le testimonianze processuali, agì di propria iniziativa, «ma sapeva» afferma Gumpel «d’incontrare il consenso del Papa. Pio XII ebbe a spiegare molto chiaramente, in una lettera del 30 aprile del ’43 a von Preysing, la sua posizione. Un intervento del Papa, in tempo di guerra, avrebbe potuto essere interpretato come una presa di posizione contro la Germania, con conseguenze negative per la Chiesa, già duramente perseguitata, e per il popolo tedesco. Lasciava quindi ai pastori sul posto di valutare, nelle circostanze, la scelta e la responsabilità delle decisioni. Incoraggiava così i vescovi nella linea seguita dalla Santa Sede dal tempo dell’enciclica di Pio XI, senza tuttavia imposizioni. Anche perché non è possibile ordinare il martirio». 
E quanto l’intrepida azione del “Leone di Münster” e «la forza della sua protesta» fossero state di consolazione al cuore di papa Pacelli lo dice il fatto che quelle famose prediche Pio XII volle leggerle personalmente persino ai suoi stessi familiari. Questo risulta dagli atti della causa di canonizzazione di von Galen. Nella sua deposizione, il sacerdote Heinrich Portmann, una delle migliori fonti del processo, dichiara di essere venuto a conoscenza di questo particolare da uno scritto del vescovo di Innsbruck indirizzato a von Galen il 18 settembre del ’41. In quello scritto il vescovo di Innsbruck riferisce che, durante un’udienza in Vaticano, il Papa, manifestando la sua profonda venerazione per il vescovo di Münster, gli confidò di aver letto le sue omelie ai propri cari. 
Von Galen alla finestra del Palazzo vescovile saluta un gruppo di giovani con le bandiere delle loro associazioni

Von Galen alla finestra del Palazzo vescovile saluta un gruppo di giovani con le bandiere delle loro associazioni

Sì, Pio XII lo riteneva un eroe. Lo disse esplicitamente ricevendo alcuni sacerdoti della Westfalia nel dicembre del ’45. Anche questa testimonianza, fornita dal sacerdote Eberhard Brand, è agli atti: «Il Santo Padre ci disse: “Il vescovo von Galen verrà presto a Roma. Poi aggiunse a voce alta: è un eroe”»18. 
Del resto il segno più eloquente dell’alta stima per «i meriti incalcolabili» acquisiti nella strenua difesa della Chiesa e dei diritti umani dalla violenza del nazismo è la porpora cardinalizia, che proprio papa Pacelli gli conferì il 18 febbraio del ’46. Von Galen fu «il vero eroe di quel concistoro», ebbe a commentare l’arcivescovo di Colonia.
La Radio Vaticana aveva reso nota la nomina del vescovo di Münster a principe della Chiesa alla vigilia del Natale del ’45, insieme a 32 nuovi porporati. Tra questi anche altri due presuli tedeschi che si erano distinti nel fronteggiare il terrore nazista: l’arcivescovo di Colonia Joseph Frings e il vescovo di Berlino Konrad von Preysing. Per l’episcopato e il popolo tedesco quelle nomine erano «la dimostrazione che il Papa non era disposto a partecipare alle voci di odio che in quei tempi sorgevano ovunque contro i tedeschi», e al tempo stesso erano «il segno di un giusto premio per la resistenza coraggiosa che proprio uomini come questi avevano fatto, e tra di essi, il primo posto spettava certamente al vescovo di Münster»19. In una dettagliata relazione della solenne cerimonia per la consegna della berretta cardinalizia, il sacerdote che era stato designato caudatario di von Galen attesta: «Quando, all’entrata dei cardinali in San Pietro, Clemens August comparve sulla porta, un mormorio passò tra la folla dei presenti: “Eccolo, è lui”. Dato che, come caudatario, camminavo immediatamente dietro al cardinale, potevo sentire cosa la gente diceva, e mentre la sua gigantesca figura attraversava la navata centrale si alzò un uragano di entusiasmo. L’applauso giunse al culmine nel momento in cui il cardinale salì verso il trono del Santo Padre. “La benedico. Benedico la sua patria” gli disse Pio XII. Un noto giornale romano scrisse il giorno seguente: “Particolarmente lungo e forte l’applauso per il cardinale von Galen, l’eroico vescovo di Münster, propugnatore dell’antinazismo, che il Papa tenne presso di sé chiaramente più a lungo rispetto agli altri”»20. 
La stampa, dunque, riportava ciò che in quel momento era a tutti evidente: von Galen era il simbolo di quell’altra Germania che non si era fatta uniformare, e riconosceva nel conferimento della dignità cardinalizia «un’onorificenza di quel virile difensore della verità cristiana e dei diritti inalienabili dell’uomo che nello Stato totalitario dovevano essere estirpati»21. Così scriveva il settimale tedesco Die Zeit il giorno della sua morte, avvenuta appena un mese dopo il ricevimento della porpora, definendo von Galen «un combattente per la giustizia, un grande benefattore dell’umanità». Al suo funerale a Münster partecipò una folla di oltre cinquantamila persone.
Quando l’ultimo ambasciatore del Reich in Vaticano, Ernst von Weizsäcker, che nel ’46, ritiratosi dalla vita politica, viveva ancora a Roma, inviò alla Santa Sede le condoglianze per la morte di von Galen, l’allora sostituto alla Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini, il 28 marzo 1946 lo ringraziò a nome di Pio XII con queste parole: «Con la morte di questo prelato, il suo Paese ha perso una delle più grandi personalità del nostro tempo». 

continua

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