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LA CHIESA DI FRONTE AI TOTALITARISMI

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2022 10:55
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19/03/2017 19:15
 
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L’odio del Duce per il cristianesimo,
instaurò un’ideologia pagana

mussolini ateoIl Novecento è stato definito l’“Età dei totalitarismi” in quanto vide l’avvento del fascismo, del nazismo e del comunismo. Sebbene questi movimenti professassero concetti differenti, avevano tuttavia in comune l’obiettivo di realizzare l’Uomo Nuovo attraverso il controllo dell’individuo in ogni aspetto della società.

Queste ideologie, facendosi portavoce di una visione del mondo antitetica a quella cristiana, finirono inevitabilmente per scontrasi con la Chiesa Cattolica. Ciò è particolarmente evidente nei casi della Russia Comunista e della Germania nazista dove si giunse a vere e proprie persecuzioni nei confronti delle confessioni cristiane ma lo fu, anche se in misura minore, per quanto riguarda l’Italia fascista.

La ragione di questa minore ostilità è dovuta al fatto che il fascismo non riuscì a mai a diventare completamente “totalitario” in quanto dovette fare i conti con altri poteri forti compresa la stessa Chiesa. In realtà, quando nel 23 marzo 1919 Benito Mussolini costituì a Milano il movimento dei Fasci di combattimento, non nascose la sua inclinazione anticlericale, tanto che uno dei propositi del partito prevedeva «il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione delle mense vescovili che costituiscono un’enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi». Lo stesso Duce inneggiò pubblicamente nel 1919 alla nuova modernità pagana dichiarando: «Noi, che detestiamo dal profondo tutti i cristianesimi, da quello di Gesù a quello di Marx, guardiamo con simpatia straordinaria a questo “riprendere” della vita moderna nelle forme pagane del culto, della forza e dell’audacia». Valori che, nonostante la svolta successiva, il fascismo non rinnegherà mai.

Difatti, dopo la disastrosa sconfitta subita nelle elezioni del novembre 1919, Mussolini comprese che per raccogliere consensi era indispensabile presentarsi come difensore dell’ordine e della società contro il pericolo di una rivoluzione socialista, e per motivi politici iniziò quindi a mutare la sua posizione nei confronti del cattolicesimo, come spiegò in un discorso tenuto al terzo congresso dei Fasci di combattimento nel maggio 1920: «Quanto al Papato bisogna intendersi: il Vaticano rappresenta quattrocento milioni di uomini sparsi in tutto il mondo e una politica intelligente dovrebbe usare ai fini dell’espansionismo proprio questa forza colossale. Io sono, oggi, completamente al di fuori di ogni religione, ma i problemi politici sono problemi politici» (Emilio Gentile, Contro Cesare, Milano 2010 p. 87-89).

Mussolini iniziò perciò una politica tesa a trovare l’appoggio della Chiesa, il cui culmine fu raggiunto nel 1929 con la soluzione della Questione Romana attraverso la stipula dei Patti Lateranensi. Nonostante la politica conciliativa, però, il fascismo non abbandonò il suo proposito di subordinare a sé gli individui in ogni aspetto della società, e il dittatore rimarcò la preminenza dell’ideologia fascista sul cattolicesimo: «Lo stato fascista rivendica in pieno il suo carattere di eticità, è cattolico, ma è fascista, anzi è sopratutto, esclusivamente, essenzialmente fascista» dichiarò nel discorso tenuto alla Camera nel maggio del 1929.

Il carattere totalitario del regime si manifestò a pieno con la questione riguardante l’educazione della gioventù dove i fascisti sciolsero le organizzazioni cattoliche ed effettuarono feroci attacchi contro l’Azione Cattolica (definita “pupilla degli occhi del papa” da Pio XI). Lo scontro per la formazione dei giovani spinse il pontefice a pubblicare nel 1931 l’enciclica “Non abbiamo Bisogno” in cui accusava il fascismo di promuovere «un’ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana in pieno contrasto con i diritti naturali della famiglia che coi diritti sopranaturali della Chiesa»; rimarcando che: «Una concezione dello stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all’età adulta, non è conciliabile per un cattolico con la dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto naturale della famiglia».

Sebbene il conflitto con l’Azione Cattolica venne risolto con un compromesso tra le due parti, stipulato il 2 settembre 1931, il dissidio tra Chiesa e fascismo sarebbe riemerso quando quest’ultimo, verso la fine degli anni ’30, iniziò ad accentuare la sua politica totalitaria arrivando al punto di introdurre in Italia nel ’38 le leggi razziali antisemite e a scatenare un nuovo conflitto contro l’Azione Cattolica (conclusosi con un compromesso ritenuto dallo stesso Duce solamente provvisorio). La minaccia totalitaria era aggravata anche dall’azione del segretario del Pnf, Achille Starace, ritenuto dagli ambienti vaticani “un pericoloso pagano”. Durante gli anni in cui quest’ultimo tenne la segreteria, l’attività religiosa presso i giovani venne infatti spesso ostacolata dalle gerarchie fasciste e l’insegnamento religioso nelle scuole spesso non fu effettuato. Era ormai chiaro a Pio XI che, dietro l’apparente politica di collaborazione, si profilava un’inevitabile scontro tra la Chiesa e il regime, dovuto alla natura stessa del fascismo (Contro Cesare p. 426-427).

L’avversione tra Chiesa e regime si sarebbe acuita negli anni successivi con l’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, in particolare, durante gli anni della Repubblica di Salò. In definitiva, non è errato concludere che, nonostante accordi e compromessi, la strada tra la Santa Sede e il fascismo era destinata al conflitto in quanto quest’ultimo si faceva portavoce di un’ideologia dai valori dichiaratamente anticristiani.


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