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LA FUNZIONE PETRINA

Ultimo Aggiornamento: 11/07/2014 15:05
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16/06/2012 22:32
 
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dal libro "Lettura pastorale del Vangelo di Matteo" di Jean Rademakers - Ed EDB

Rivelazione del Padre o rivelazione della carne e del sangue: Pietro-roccia (16, 13-20)


Attraccando all'altra riva del lago, Gesù " viene " (v. 13) in un territorio pagano, nella regione di Cesarea di Filippo; alla fine del capitolo, Mt ci dirà che bisogna vedere il " figlio dell'uomo "che viene" nel suo regno " (v. 28): la realtà fisica è il simbolo della realtà profonda. Per la fede, infatti, si tratta dello stesso passo, ma compreso a due livelli. E' ciò che deve far percepire la formazione intensiva cui Gesù sottoporrà i discepoli.
E' lui infatti che prende l'iniziativa di interrogarli: " Gli uomini, chi dicono che sia il figlio dell'uomo? " (v. 13). E' questa la domanda unica e decisiva, sulla quale si gioca il destino di ogni uomo: dire chi è Gesù è collocare al tempo stesso la propria esistenza su un terreno solido, incrollabile.
La risposta dei discepoli dipende da una buona informazione: Erode vedeva in lui Giovanni Battista risuscitato (14,2); altri lo prendevano per il profeta dei tempi messianici, Elia (cf. MI 3,23-24); altri ancora come una delle grandi figure profetiche della storia passata. Mt solo parla di Geremia (cf. 2, 17), forse per il suo carattere forte e nascosto al tempo stesso, contestatore e contestato. Ma è notevole che tutti si riferiscano al passato. Da nessuno Gesù è considerato come colui che adempie la promessa, ancor meno come colui che è la promessa adempiuta.
La risposta di Pietro è netta, e Mt si compiace di illustrarla tramite una rivelazione di Gesù, che gli esegeti e i teologi ecclesiologici non hanno mancato di scrutare in tutti i sensi.33 Nel dialogo che si svolge tra Gesù e il porta parola dei discepoli, limitiamoci a mettere in risalto alcuni punti che il testo medesimo pone in luce.
Anzitutto, come nelle beatitudini (cf. 5, 11), Gesù passa dalla terza persona: " Gli uomini, chi dicono che sia il figlio dell'uomo? " (v. 13), alla seconda: " Ma voi, chi dite... " e alla prima: " ... che io sia? " (v. 15). Notiamo che il verbo dire in una concezione semita significa ben più che il nostro dire; è anche fare; donde la gravita di una parola che non realizzi ciò che dice (cf. 12, 36). Dicendo a Gesù: " Tu sei il Cristo, il figlio del Dio il vivente " (v. 16), Pietro accetta che Gesù sia, nella sua vita, e messia e figlio di Dio. L'articolo,ripetuto da Mt davanti a ognuno dei quattro termini, indica che egli ha di mira ben più che un'affermazione di messianicità; si tratta piuttosto del riconoscimento della divinità di Gesù (cf. 26,63). " Messia " non è quindi più un titolo, o un personaggio proiettato in un futuro indeterminato: è il figlio del Dio vivente, lui che è chiamato Gesù di Nazaret. Questa dichiarazione è carica di conseguenze: significa che Gesù, come figlio di Dio, ha l'iniziativa assoluta e ultima; il suo modo di vivere e di salvare gli uomini si impone assolutamente. Servo sofferente e giudice dei segni dei tempi, egli è veramente " il figlio dell'uomo ".
La risposta di Gesù si apre con una " beatitudine " in seconda persona, che rivela a Pietro la portata di ciò che ha appena confessato. Il suo discernimento, e la scelta che ha fatto, non derivano " dalla carne e dal sangue " (v. 17), cioè dalle sue proprie forze (cf. Sir 14, 18), ma dal fatto che ha accolto in sé la fede che il Padre dona; la benedizione di Gesù (11,25.27) si realizza in questo uomo di poca fede (14,31; cf. 16,8), ma che si apre alla comprensione (cf. 15, 16; 16, 12). D'altronde è in forza di questa accoglienza che Pietro è da Gesù costituito " roccia " (petra) della sua chiesa; la casa fondata sulla roccia (7, 24) comincia a prendere il suo vero significato.
Il nome di qualcuno esprime, per un ebreo, la realtà più fondamentale del suo essere, la sua personalità profonda: Simone (cioè colui che obbedisce: Shim'on) era figlio di Giona (cioè della "colomba"): d'ora in avanti è costituito " roccia " del popolo da Dio convocato.34 Il nome del profeta " Giona " simboleggiava la comunità ebraica immersa nella diaspora a predicare la parola di Dio; infedele alla sua missione, essa la riscopre attraverso il naufragio nel mare, che evoca la potenza del male e della morte. Il segno di Giona, che Gesù applica a se stesso (16,4; 12,38-39), è quello del passaggio attraverso la morte. A sua volta, Simone, figlio di Giona, dovrà passare attraverso la morte e essere salvato dal Cristo risorto (cf. 14,30-31) per essere consacrato discepolo e divenire con Gesù figlio del Padre (cf. 12, 50). (...)

E' senza dubbio legittimo chiedersi se Pietro era pienamente cosciente di ciò che diceva e di ciò che gli veniva rivelato; dal v. 22 si capirà che non lo era affatto. E' chiaro infatti che non si possono pienamente accogliere la persona e la vita di Gesù, se non dopo il suo passaggio attraverso la morte e la risurrezione (v. 21). Inoltre, ogni vita, quella di Pietro come la nostra, è la storia di una libertà, fatta di impegni legati gli uni agli altri. L'impegno di Pietro, in nome di tutti i discepoli, approfondisce il loro rapporto con Gesù; questa accoglienza prepara il futuro nel quale dovrà essere confermato. Ma la chiesa primitiva, scoprendosi felice della rivelazione del Padre che legge nella risurrezione di Gesù, è in diritto di riconoscere le sue radici nella confessione di Cesarea.
Infine, si sa che più di un critico ha posto in dubbio l'autenticità matteana di questo testo (vv. 17-19).34 Così, per esempio, pare che Ireneo (verso il 180) non avesse nel suo vangelo il v. 18; tuttavia questa lacuna non gli impediva, basandosi sull'insieme del vangelo, di considerare la successione apostolica come un'istituzione voluta dal Cristo, tant'è vero che il carattere ecclesiale di Mt non si fonda unicamente su questo passo. Gli esegeti si trovano d'accordo nello scoprirvi un sapore molto semitico, e in esso alcuni leggono l'aramaico di Gesù; se è un'aggiunta al vangelo, è essa anteriore o posteriore al redattore matteano? La questione rimane aperta; finora non sono state portate delle prove decisive contro l'autenticità. Checché ne sia di questo problema, si può capire come la comunità cristiana, riconoscendosi nello Spirito come la comunità apostolica di Gesù Cristo, abbia scoperto in questo loghion un'espressione autentica dell'intenzione di Gesù riguardo alla propria esistenza ecclesiale

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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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