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LA FUNZIONE PETRINA

Ultimo Aggiornamento: 11/07/2014 15:05
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02/06/2012 09:49
 
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LA FUNZIONE PETRINA

 

La dottrina Cattolica sul primato papale si fonda su brani scritturali espliciti:

In primo luogo quello classico di MT.16,16ss, quando Gesù dice testualmente: “Tu sei Roccia (Cefa) e su questa roccia (cefa) io edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno mai contro di essa; a te darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato anche in cielo e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli”,

poi, prima della passione quando Gesù dice a Pietro e non agli altri pur preconoscendo il suo rinnegamento: “Tu una volta ravveduto (tornato), conferma i tuoi fratelli nella fede” .

 e infine, dopo la resurrezione quando conferisce e conferma a Pietro il mandato di pascere i suoi agnelli e pecorelle.

 

Sono questi i tre brani cardine per capire l'intenzione manifesta del Signore e a cui la Chiesa fa riferimento per affermare che la funzione di capo della chiesa sia stato istituito da Cristo e non dagli uomini.

Cristo aveva attribuito a Simone il nuovo nome “Cefa” che in aramaico significa “Roccia” e usa questo nome con il chiaro intento di costituirlo “fondamento”. Fermo restando che la Roccia in senso assoluto rimane pur sempre Cristo stesso, Pietro ne assume la funzione nel momento in cui la “Roccia” per antonomasia glie ne dà il mandato per supplire alla sua assenza fisica al momento del suo ritorno al Padre.

Questo nome include una funzione, un ruolo, un compito ben definito: che è quello appunto di essere pietra fondamentale nella costruzione della Chiesa di Cristo. Le varie sfumature di comprensione da parte dei padri della Chiesa non sono in contraddizione con questa interpretazione ma ci aiutano a capire meglio taluni particolari per ritenere fondata l’interpretazione cattolica.

Per quanto riguarda il "pasci i miei agnelli ...pasci le mie pecorelle " ripetuto a Pietro per tre volte, oltre a controbilanciare il suo triplice rinnegamento non può non avere anche e soprattutto il carattere di un preciso mandato, quello di essere pastore di tutto il gregge (rappresentante del Sommo ed unico vero Pastore).

Tuttavia, molti, pur riconoscendo a questi brani espliciti su cui la Chiesa fonda la dottrina sul primato del Papa, l’autenticità e la corretta interpretazione, si limitano a riconoscere al solo Pietro Apostolo questa funzione attribuitagli da Cristo, negandola ai successori. Tertulliano ad esempio dopo aver aderito al montanismo sosteneva che quelle parole dette da Cristo erano dirette solo a Pietro e non ai suoi successori. Anche il noto teologo O. Cullman, dopo aver dettagliatamente difeso la figura del primato di Pietro che emerge dal testo di Mt 16.18 conclude che tale mandato non è trasmissibile ad altri. Nell’arco della storia del Cristianesimo, vi sono stati molti e vari tentativi per demolire la figura della Roccia posta da Cristo a fondamento della sua Chiesa.

La Chiesa cattolica invece ritiene a ragion veduta, che la scomparsa di Pietro non poteva rendere effimera la funzione a lui affidata, per l’unità e la sussistenza stessa della Chiesa: Infatti il compito di legare e di sciogliere che secondo il linguaggio rabbinico significa “permettere o vietare”, “assolvere o condannare”, “accogliere o respingere” è un compito che occorre sempre svolgere per evitare il disordine e la disunione. Non poteva essere utile solo all’inizio della vita della Chiesa.

Chi avrebbe dovuto, in seguito confermare nella fede i fratelli più deboli, che il Signore chiamò teneramente “agnellini” e “pecorelline” in mezzo ai tanti lupi rapaci dei secoli avvenire e che Lui si era premurato di affidare specificamente a Pietro chiedendogli se egli lo amasse più degli altri proprio a tal fine?

Come mai avrebbe affidato questo compito solo per un tempo limitato dopo la sua ascensione e non per tutto il tempo futuro, fino al suo ritorno?

Solitamente per dichiarare la necessità della continuità del primato petrino si fa ricorso alla tradizione e adducendo appunto queste ragioni.

 

Però scorrendo il Vangelo si incontrano alcuni elementi che possono offrire un contributo per la comprensione dell’intenzione di Cristo, di dare continuità alle funzioni apostoliche da Lui istituite.

 

Esaminiamo al riguardo il testo di Luca 12,42 ss: si parla di una figura di sicuro rilievo per la chiesa, che Gesù designa col nome di AMMINISTRATORE. Rileggiamo il testo evangelico:

Chi è dunque l’amministratore fedele e prudente che il padrone costituirà a capo dei suoi domestici per dare a ciascuno la sua razione di cibo a suo tempo? Beato quel servo che il padrone al suo arrivo troverà intento a far così…”

 

Per il brano in questione vi è un testo esegetico edito dalle Paoline a cura di Pietro Rossano, di commento al Nuovo Testamento che, riguardo all'AMMINISTRATORE di Lc 12.42 dice: "con chiaro riferimento a Pietro" e la Bibbia di Gerusalemme nella nota relativa a Lc 12.42 dice dell'amministratore:" Si tratta dunque di un servo costituito in autorità sugli altri servi, ciò risponde bene alla domanda di Pietro, dove "noi" si riferisce agli Apostoli.

Leggendo attentamente la Scrittura e confrontando le mie osservazioni con commenti di altri e considerando anche le differenze peculiari tra il testo di Matteo (16,19) e quello di Luca, emergono alcuni dettagli, penso interessanti.

Oltre ai significati di vigilanza, fedeltà , fiducia, perseveranza attribuibili a tutti i credenti in generale, ho rilevato come dicono anche i commenti altrui, che l'intero brano si specifica meglio a partire dalla domanda di Pietro in Lc 12.41.

Nel brano di LC 12.35 ss risulta più evidente la figura del servo nella funzione di AMMINISTRATORE, cosa che non viene messo in rilievo nel brano parallelo di Matteo 24,45 in cui si parla della figura del servo in modo più generico e su cui altri gruppi religiosi preferiscono concentrare la loro attenzione.

Nel testo di Luca 12 al verso 39 il Signore dice:" Cercate di capire: se il padrone di casa conoscesse a che ora viene il ladro..."

L'espressione "padrone di casa" predispone evidentemente Pietro a rivolgere al Signore la più precisa domanda:

"Signore, questa parabola la dici per noi o per tutti?"

A questo punto la risposta di Gesù non può essere generica come nella parte precedente e introduce la figura dell'AMMINISTRATORE che secondo l’espressione di Gesù, il “padrone PORRÀ A CAPO dei suoi familiari per dare a tempo debito la razione di cibo a ciascuno” (Il cibo da dispensare significa certamente quello spirituale). Quando al verso 43 e al verso 45 dice " QUEL SERVO" è evidente che si riferisce ancora all'AMMINISTRATORE, che resta il soggetto dell’intero brano, il quale sarà beato se sarà trovato al suo lavoro, cioè a svolgere il suo specifico compito di amministratore AL RITORNO DEL SUO PADRONE. Quest’ultima espressione di Gesù mi pare fondamentale per il nostro problema perchè include l'intenzione del Padrone che vi sia un amministratore sopra i suoi domestici al momento del suo ritorno e cioè fino alla fine del mondo. Da notare ancora che questo amministratore è anch'egli un SERVO come pure lo sono gli altri SERVI e SERVE (verso 45) e che egli li potrebbe addirittura maltrattare gli altri conservi proprio in virtù della sua posizione e funzione di AMMINISTRATORE.

Un altro elemento non trascurabile per capire l’utilità della funzione di amministratore per tutto il tempo futuro è l’espressione “per dare a ciascuno a suo tempo la razione di cibo.

La storia ha dimostrato sufficientemente il bisogno della Chiesa di ricevere una guida costante e illuminata dall’alto.

Nel verso 42 il Signore pone la domanda "Chi è dunque l'amministratore?" La risposta a questa domanda la dà Egli stesso in quanto dice: "il PADRONE LO PORRÀ A CAPO", (cioè sarà il Signore stesso a designarlo).

Questo è avvenuto a Cesarea di Filippo quando Gesù (il Padrone) ha consegnato LE CHIAVI AL MAGGIORDOMO DELLA SUA CASA designando a svolgere tale funzione specificatamente Pietro senza possibilità di fraintendimento e realizzando quanto aveva anticipato sotto forma di parabola. Si tratta però di una parabola (che dal verso 42 appare più come un enunciato esplicito) che occupa buona parte del capitolo 12 e quindi necessariamente deve essere considerata attentamente per capire bene cosa vuole dire. Lo stesso amministratore potrà a sua volta disporre, in virtù della facoltà conferitagli di “sciogliere e legare” anche le modalità per la trasmissione della funzione conferitagli direttamente da Cristo.

Il brano di Lc 12.35-46 è importante soprattutto perchè include a mio parere, l'idea della successione apostolica e in primo luogo della successione dell'amministratore costituito a capo.

E’ evidente che la figura dell’amministratore è da prendere in senso largo e quindi ogni forma di autorità nell’ambito della chiesa può rientrare nell’ottica espressa nel contesto del brano, ma quello che importa è che Gesù indica espressamente che vi siano delle guide nella sua Chiesa, e queste guide vi siano fino al suo RITORNO.

La Chiesa cattolica non si è servita di questo brano per avallare il primato petrino perchè ha a disposizione gli altri brani diretti e chiari sul primato di Pietro a cui fare riferimento; inoltre perché la figura dell’amministratore viene usata già in epoca apostolica per designare i capi della chiesa in genere. Anche lo stesso Pietro e Paolo lo usano in tal modo (cf.1 Cor.4,1 / 1Pt. 4,10), S.Ignazio di Antiochia lo riferisce ai vescovi in generale scrivendo agli Efesini (6,1):

Chiunque il padrone di casa abbia mandato per l’amministrazione della casa, bisogna che lo riceviamo come colui che lo ha mandato. Occorre dunque onorare il vescovo come il Cristo stesso”.

Chi volesse obiettare dicendo che molti amministratori sono stati indegni ed incapaci legga quanto dice il Signore nello stesso brano di Luca 12, elencando tutte le specie di amministratori possibili e le promesse proferite al loro riguardo.

Concludendo questo paragrafo dedicato al brano di Luca 12,41 ss mi pare molto interessante il parere espresso da O.Culmann nel suo lavoro dedicato al Primato, a proposito dell’affidamento delle “chiavi” a Pietro, riferisce testualmente: “In Mt.16,19 viene presupposto che Cristo è il padrone di casa, che ha le chiavi del Regno dei Cieli, per aprire a coloro che vi entrano. Come in Isaia 22,22 il Signore pone sulle spalle del suo servo Eliachim le chiavi della casa di Davide, così Gesù affida a Pietro le chiavi della sua casa, del Regno dei Cieli, e lo insedia come AMMINISTRATORE”.

Questa citazione di Cullman dovrebbe far molto riflettere e trarre le debite conclusioni.

 

Troviamo ancora un brano interessante su questo tema in Marco 13,33 ss :

 

State attenti, vegliate, perchè‚ non sapete quando sarà il momento preciso. E` come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poichè‚ non sapete quando il padrone di casa ritornerà…”

In questo brano, Marco introduce un’altra figura, quella del PORTIERE della casa, che ha il preciso compito, ordinatogli espressamente dal padrone, di vigilare. Viene anche detto che il padrone della casa ha “dato il potere ai servi”, il potere di svolgere un compito, ciascuno con il suo compito; e il compito del PORTIERE è quello specifico di “vigilare” ;

ma ci si può chiedere se anche gli altri servi non abbiano questo stesso compito, quello cioè di vigilare: appare chiaro che il “vigilare” del “portiere” è diverso dal “vigilare” degli altri servi. Significa evidentemente che il PORTIERE deve vigilare sull’andamento dell’intera casa compreso anche i compiti svolti dagli altri servi. Anche in questo brano si evince che tutta la vigilanza sia del portiere che degli altri deve svolgersi fino al ritorno del padrone, e perciò anche in questo caso Gesù manifesta l’intenzione che i compiti affidati non possono esaurirsi nel breve termine della vita degli apostoli.

 

Spigolando ancora nel Vangelo troviamo un altro elemento interessante:

Gesù dice in Mt.20,26: "chi vorrà esser PRIMO si faccia servo degli altri", da cui si evince ancora una volta la sua intenzione che un "primo" deve esserci nella sua Chiesa. In Luca 22,26 Gesù dice: " chi governa sia come colui che serve" da cui si evince che chi governa deve esserci; naturalmente non per “battere e maltrattare” gli altri servi ma per vigilare teneramente su di essi, dando a ciascuno la sua porzione, a suo tempo, secondo la guida dello Spirito Santo; chi dovesse comportarsi altrimenti sa già che il padrone al suo arrivo lo metterà tra gli infedeli.

 

Molti sostengono, nonostante quello che dice il Vangelo, che il primato papale sia una istituzione umana e che soltanto dopo qualche secolo si sia affermato tale primato sul resto della Chiesa.

In questo lavoro ho cercato di mostrare alcuni dettagli che forse potrebbero essere sfuggiti e che possono essere motivo di riconsiderazione dell’argomento .

Quanto sopra esprime quello che la SCRITTURA intende dire riguardo al primato di Pietro; quindi non ciò che gli uomini possono pensare, ma quello che pensava ed esprimeva Cristo attraverso le similitudini e le parole esplicite.

 

Per rispondere alla obiezione che l’idea del primato si sia imposto solo dopo qualche secolo, prendendo forma dall’organizzazione imperiale di Roma, vorrei fare solo alcune brevi osservazioni per mantenermi entro i limiti di una esposizione sintetica:

Lo stesso Lutero affermava che era Pietro colui che diceva cosa bisognava fare; troviamo infatti che tutta la prima parte degli Atti degli Apostoli mette in primo piano la figura di Pietro.

Anche Cullmann, che non condivide il primato papale, non può fare a meno di riconoscere che negli Atti, Pietro abbia assunto effettivamente il ruolo affidatogli da Cristo. 

[Modificato da Credente 02/06/2012 12:13]
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