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DIFENDERE LA VITA DAL CONCEPIMENTO

Ultimo Aggiornamento: 08/02/2024 17:07
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24/02/2020 22:37
 
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«Sister», il toccante corto animato nominato all’Oscar che parla dell’aborto


FETUS


 



 







di Nory Camargo

Parlare di aborto è sempre un po’ scomodo. A volte giudichiamo o parliamo del tema senza pensare che forse la donna che ci sta accanto ha subìto un aborto – o più di uno -, senza sapere se si è trattato di un aborto volontario, se ancora le fa male, se è stata costretta o ha ormai perso il conto delle volte in cui ha provato a rimanere incinta.


Sister è un toccanto corto animato che ha sorpreso piacevolmente il pubblico ed è stato nominato come miglior corto animato agli Oscar. In otto minuti vediamo riassunta la politica instaurata nel 1979 in Cina, dove le coppie avevano diritto a un unico figlio ed erano sanzionate con multe, licenziamenti o aborti forzati nel caso in cui non la rispettassero.







La Cina e l’aborto


La Cina è il Paese più popoloso del pianeta, e ospita un quinto della popolazione mondiale. La “politica del figlio unico” è stata istituita nel 1979 per controllare la natalità, ridurre la crescita della popolazione ed evitare la sovrappopolazione. Nel 2015 questa politica è stata eliminata, ma si è chiarito che le coppie avrebbero potuto avere solo due figli (visto che gli esseri umani si credono Dio).


Per rendere la cosa ancora più sfrontata, le coppie che desiderano concepire un secondo figlio devono avviare un “processo di richiesta semplificato”. In base alle cifre, questa politica “ha aiutato” a prevenire 400 milioni di nascite. Sister ci racconta attraverso gli occhi di un bambino come sarebbe stata la sua vita se sua sorella avesse avuto la possibilità di nascere.


Nel corto, i genitori scoprono che c’è un nuovo piccolo in arrivo, una bambina. Anziché essere felici, però, vengono travolti dalla tristezza, perché questa politica era in vigore quando hanno saputo della seconda gravidanza. La madre si vede costretta a sottoporsi a un aborto, a congedarsi da quella figlia che qualcuno le strapperà dal grembo, a dire addio a un pezzo del proprio cuore.


Come sarebbe la mia vita se avessi una sorella?


Come sarebbe stata la tua vita se avessi permesso a quel bambino di nascere? Che tipo di madre saresti stata? Che tipo di fratello, di zia, di nonna, di cugina…? Sarebbe stato maschio o femmina? Parliamo quasi sempre del dolore che provoca un aborto, delle ferite che restano aperte o del senso di colpa che devasta, ma parliamo o pensiamo poco a come sarebbe cambiata la vita se quel bambino fosse nato.


È normale. Pensarci provoca subito tristezza, si mescolano mille sentimenti, e pensiamo che sia meglio non affrontare il tema, che sia meglio dimenticare, non menzionare e non ricordare. Solo la donna che ha subìto un aborto sa cosa prova.


Il dolore di cui non si parla mai


Quando parliamo di aborto pensiamo subito alla donna, poi all’uomo (a volte), a colui che sarebbe diventato padre, ma non ci soffermiamo a pensare a tutte quelle persone la cui vita cambia per la nascita o l’assenza di un essere umano. “Dedicato ai fratelli che non siamo mai arrivati ad avere”, è la frase che si legge al termine del corto.


L’aborto non fa male solo alla donna. Fa male all’uomo, a quello che sarebbe diventato fratello, a quello che sarebbe diventato nonno; fa male a Dio e infine all’umanità, perché non sappiamo che progetti avesse Dio per quel bambino a cui hanno tolto la possibilità di piangere, di ridere, di correre, di imparare.


Sicuramente molti pensano a “cosa succede alle donne che sono rimaste incinte per errore, a quelle che erano solo delle bambine, quelle che non potevano permettersi un altro figlio, quelle che non avrebbero permesso che un bambino interferisse con le loro opportunità lavorative; a quelle che semplicemente sanno di non essere fatte per essere madri, o quelle che sono state violentate”.



Le tue decisioni, il tuo corpo, la tua responsabilità


I gruppi abortisti si rifugiano in questa idea, che mi fa ribollire il sangue: “è il mio corpo, sono io che decido cosa farne”. Ovviamente mi viene voglia di dire “Il tuo corpo non ha due teste, quattro braccia, quattro gambe e due cuori. Quello che hai dentro è un altro essere umano”.


E se è il tuo corpo, perché non hai pensato che la cosa più logica dopo un rapporto sessuale è concepire? Perché hai i polmoni per gridare per strada invitando altre donne ad abortire e non gridi per salvare tuo figlio o dire “Non voglio avere rapporti sessuali”? Perché sei responsabile solo per alcune cose, ma non per assumere il tuo ruolo di madre?


Questo corto animato è un’ottima risorsa per parlare non solo dell’aborto, ma anche della dignità umana. Dei diritti che vengono violati giorno dopo giorno, delle persone che stiamo scegliendo per governare il nostro Paese. Della poca responsabilità che instilliamo nei nostri figli, del dovere che abbiamo come educatori, ma anche come figli di Dio.


Del dolore che vivono milioni di donne nel mondo e della sete di Dio che chiede amore e giustizia. È un’opportunità per chiederci “Cosa sto facendo per mitigare il dolore di mio fratello?”


Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.





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