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LA FEDE DI PERSONAGGI DELLO SPETTACOLO

Ultimo Aggiornamento: 10/05/2023 08:43
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24/08/2020 14:52
 
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Mogol racconta la sua fede, in parole e musica





Autore formidabile nel sodalizio con Lucio Battisti (e non solo) .Fondatore per beneficenza, nel 1981, della Nazionale Italiana Cantanti e da settembre 2018 Presidente della Siae, ci accoglie in Umbria al CET, il Centro Europeo di Toscolano, dove si sono formati oltre 2.700 artisti. Giulio Rapetti, in arte Mogol racconta la sua malattia, il suo rapporto con la fede e lo sguardo sulla vita.










Il più grande autore della canzone italiana, da sempre associato all’indimenticato Lucio Battisti, si racconta a Famiglia Cristiana e dichiara senza timidezza la centralità della propria fede cattolica. E ai ragazzi che incontra dice di impegnarsi e studiare con gente seria. (E che quasi nessuno sa quanto grande sarebbe potuto diventare!)


Un uomo di 82 anni che fa progetti dalla mattina alla sera e ha investito tutti i proventi dei diritti d’autore in una scuola dedicata ai giovani che vogliano coltivare -sudando!- il proprio talento. Direste mai che una delle parole chiave della sua vita sia “rassegnazione”?

 


E invece è così. Ma è proprio grazie a questa sua posizione così integralmente e coraggiosamente umana che Giulio Rapetti, in arte Mogol, riesce a macinare progetti, costruire opere, tirare su giovani artisti pensando prima di farne degli uomini.


Nella ricca intervista rilasciata a Famiglia Cristiana racconta il suo impegno per la scuola fondata nel cuore dell’Umbria e costruita secondo un’idea di bellezza vera, seria, che tiene conto di come sia fatta davvero la creatura umana. Si capisce bene che nella sua lucida visionarietà Mogol scorge la statura gigantesca di ogni persona, spesso ridotta per ignoranza, pigrizia o contro-educazione a camminare gobba, a farsi piccola e meschina.



Mi pare di ritrovare insomma in questo rapido schizzo di una vita lunga che ne intreccia altre migliaia le tinte forti tipiche del paradosso cristiano che conosce i limiti e le altezze di quello strano ibrido che è l’uomo, corpo e anima, bassi appetiti e aneliti sublimi. E in esso trova anche la sola possibile composizione: accettati, lasciati conoscere, dialoga col Padre, curati, procedi entro gli argini che ti trovi attorno e scorri impetuoso fino al mare.


Missione pop: nei giovani che si misurano con la musica vede uomini capaci di servire il bene



Nel Cet – il Centro europeo di Toscolano – la cittadella che ha costruito tra i boschi umbri, in cui ha investito «tutti i diritti dei miei testi», l’autore più famoso della canzone italiana forma i giovani che hanno voglia di mettersi in gioco, come autori, compositori, interpreti: «Questa scuola è la mia missione». Il suo motto? «Formiamo l’uomo per formare l’artista». Ma quale idea di uomo ha in mente? «Sono cattolico e cerco Dio. La mia idea parte da ciò in cui credo: formare una persona responsabile, che capisca qual è il senso della vita e comunichi cose utili a tutti». (Famiglia Cristiana)



Non è questo il vero talent show di cui abbiamo bisogno? Non è così che si prendono sul serio desideri, speranze e alti ideali dei nostri giovani per aiutarli a metterli al servizio di un bene più grande? Più che aizzarli gli uni contro gli altri salvo poi vendersi come comprensivi pacieri in programmi dove tutto è filmato, proposto, montato allo scopo di suscitare curiosità e accendere tifoserie, qua si educano persone.


La scuola: oasi e palestra di umanità





Anche solo dando un’occhiata alle pagine social del Centro Europeo di Toscolano in Umbria non possiamo che arrenderci: qui regna la bellezza. La natura, gli spazi, gli edifici: tutto comunica bellezza, ma non selvaggia e primordiale; piuttosto una bellezza frutto di lavoro e armonia tra uomo e natura. Se leggete qualche recensione o commento è tutta un’esclamazione di gratitudine e piacere per la meraviglia dei luoghi, dell’atmosfera, delle relazioni.


Oltre ai locali dedicati alla scuola vera e propria al Cet si trovano un maneggio, più di una piscina, aule congresso e servizi per accogliere ospiti. Mogol, perennemente man at work, si affretta ad aggiornare la lista col progetto più recente e forse di imminente realizzazione:



Sto pensando di realizzare undici ambulatori medici per fare prevenzione, dove la gente impari soprattutto a non ammalarsi: viene qui, passeggia, nuota, pesca, va a cavallo e fa un check up generale. (Ibidem)



Un vero sollievo immaginare un luogo come questo, sebbene solo per i pochi che lo frequentano (non pochissimi in verità: sono diecimila le persone che a vario titolo frequentano il Cet!) che sembra ricomporre in unità l’uomo post moderno così crudelmente sbriciolato in tante piccole parti e mai guardato per intero. Non siamo solo corpo, non siamo solo anima. Non abbiamo solo fame, né solo bisogno di lavorare o riposare. Agli uomini di oggi manca il ritmo, ci manca l’ordine, siamo pieni di note ma strappate agli spartiti. Sembra quasi che qui si possa davvero tornare a far cantare la vita…


Per questo non è difficile immaginare a quale idea di uomo Mogol intenda riferirsi:



Sono cattolico e cerco Dio. La mia idea parte da ciò in cui credo: formare una persona responsabile, che capisca qual è il senso della vita e comunichi cose utili a tutti.



Non sembra anche a voi di sentire l’eco del quaerere Deum benedettino che, come allora, perseguito con tenacia ha permesso di trovare e ricomporre anche il volto dell’uomo?



La fede e il dialogo con il Signore al centro di tutto


Senza questa relazione saremmo al centro del nulla, dice Mogol riportando uno dei suoi aforismi preferiti. Invece il Signore è presente e misteriosamente accessibile.


Per questo, oltre alle tante strutture già elencate, Mogol ha voluto che nella tenuta fosse presente anche una cappella.  E per questo racconta senza smussare spigoli e cercare inutili accomodamenti che il sasso gettato nello stagno della sua vita che continua a generare cerchi su cerchi è il rapporto con Dio. Da dove gli verrà mai tutta questa energia infatti?



Da lui, il Signore che mi protegge, non ho un’altra risposta che sia onesta.



Quanto poco sa di posticcio, di manieroso una affermazione del genere fatta da un uomo del genere con tanti anni di vita già alle spalle. Eppure è tutto concentrato sul presente, proteso verso il futuro e sinceramente grato di ciò che ha già ricevuto.


La sua preghiera infatti dice sia soprattutto per dire grazie e ricordare quanto il Signore e la Madonna gli abbiano già donato. L’accento mariano nella lingua della fede lo ha imparato dalla seconda moglie, Daniela. Ed è a lei che deve la sempre maggiore serietà con la quale la vive.  Non ci stupisce, questo fatto. Dobbiamo ricordarci che, come donne, abbiamo una grande responsabilità nella trasmissione viva della fede ai figli e spesso anche ai mariti (come i supereroi: è perché abbiamo un grande potere!).


Anche nella preghiera serve metodo…



Prego ogni giorno almeno un quarto d’ora, adesso preferibilmente la mattina. È un dialogo fatto di Ave Maria e Padre nostro, con tutte le persone a me care. Prego per i miei morti, per i figli, i nipoti, per quelli che sono in pericolo. Molte sono preghiere di gratitudine, mi ricordo di quello che il Signore e la Madonna mi hanno donato, di quanto mi hanno aiutato, cerco di essere grato per tutto.



E probabilmente è proprio grazie all’abitudine della preghiera e della gratitudine continuamente rinnovata che Giulio ha imparato la lezione che ritiene tra le più importanti, alla quale accennavamo più sopra: la necessità della accettazione.


Ma come, non ha parlato fino ad ora di cantieri sempre aperti, energie continuamente rinnovate, voglia di fare, idee per aiutare i giovani, i bambini affetti da autismo, le popolazioni africane più svantaggiate? Sì, è così. E questa nuova scoperta, della necessità di accogliere, accettare possiamo dire rassegnarsi alla realtà, non è affatto in contraddizione:



dopo alcuni controlli mi hanno detto che dovevo mettere quattro bypass» – «ho capito che l’atteggiamento più importante che dobbiamo avere è l’accettazione del proprio destino, qualunque sia. Il Signore secondo me la gradisce più di una preghiera. L’accettazione ha dentro di sé la soluzione. (Ibidem)



Soluzione a che cosa? Al solo problema vero che ci sia nella vita di ognuno: compiere il proprio desiderio di Infinito, non vivere invano, sapere andare incontro alla morte.





Grazie a Mogol allora e alla sua generosa passione per i giovani, la musica, l’arte vissute al servizio del bene e per le quali, dice, non c’è miglior tecnica persuasiva che l’esempio personale. E la sua “presa” sulla vita e le sue sfide è sempre la stessa al punto che sollecitato dal giornalista circa l’avventura dell’esistenza ha dichiarato:



È sempre uguale. Faccio progetti dalla mattina alla sera. Non ho perso un goccio di entusiasmo. Se muoio non è colpa mia. Non ho nessuna intenzione di tirare i remi in barca. (Ibidem)






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