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LA FEDE DI PERSONAGGI DELLO SPETTACOLO

Ultimo Aggiornamento: 10/05/2023 08:43
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02/04/2016 22:54
 
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Bob Marley ed Andy Warhol,
due talenti toccati dalla Luce della conversione

marley warholE’ una Leggenda. Parliamo di Bob Marley (1945-1981), un genio della musica. È cool, così com’è coolparlare di lui. Insomma tutto, di lui, fa tendenza. Eppure, pochi sanno che una tale icona mondiale, simbolo per milioni di persone (oltre che marchio a uso e consumo di chi voglia sentirsi alternativo e politicamente corretto), ad un certo punto della sua vita si è convertito.

Marley era cristiano, e non perché fosse stato cresciuto così e quindi per abitudine acquisita, ma per sua propria scelta. Robert Nesta Marley, detto Bob, è nato a Nine Mile in Giamaica il 6 febbraio 1945, figlio di padre bianco e ragazza nera. Ha trasformato il proprio essere emarginato in forza per divenire un leader spirituale, un simbolo d’orgoglio per la Giamaica, la prima popstar del terzo mondo, oltre che il primo grande diffusore del reggae: su questo genere ha avuto la stessa portata dei Beatles sul pop. Scegliendo di sfruttare la capacità trascendente propria del concerto musicale per il bene e non per il male, Marley ha reso la sua arte un modo per trasmettere un messaggio universale di pace e fratellanza.

La storia della sua conversione però non è un inedito: è nota dal 25 novembre 1984, tre anni e mezzo dopo la sua morte. A parlarne sul “Gleaner’s Sunday Magazine” fu Abunda Yesehaq, missionario ortodosso etiope arrivato in Giamaica negli anni ’60 e amico di Marley, oltre che strumento della sua conversione. Marley divenne ortodosso e si fece battezzare col nome di Berhane Selassie (“la Luce della Trinità”). «Aveva il desiderio di essere battezzato da tempo», ha raccontato il missionario, amico di Marley. «Ma c’erano persone a lui vicine che lo hanno controllato e lo trattenevano. Ma è venuto in chiesa regolarmente. Mi ricordo che una volta mentre stavo celebrando la Messa, ho guardato Bob e le lacrime gli rigavano il volto». Ne abbiamo parlato su UCCR in un articolo del 2011.

 

Un’altra Leggenda dalla luminosa e sorprendente fede cattolica è Andy Warhol (1928-1987). Aleteia e IlSussidiario hanno svelato aspetti sbalorditivi della vita di un artista associato (anche a causa di lui medesimo) agli eccessi del glamour, della ricchezza e della mondanità. Sospettato di un’omosessualità non provata, egli stesso si circondava di omosessuali, transgender e altri artisti eccentrici, ma chi gli è stato vicino sostiene sia rimasto vergine fino alla morte, celibe e senza eccessi nel suo stile di vita. Padrino e mentore di una rock band trasgressiva, i Velvet Underground (il cui leader Lou Reed, guarda caso, si convertirà al cattolicesimo anni dopo), Andy Warhol, di famiglia cecoslovacca, era un cattolico di rito ruteno, ossia un rito orientale in comunione con Roma.

Era dedito tanto alla filantropia quanto alla pietà personale: oltre alla beneficenza praticata in segreto, in cui dedicava un po’ del suo tempo alla mensa servendo i poveri, andava quasi ogni giorno alla chiesa di San Vincenzo Ferrer nell’Upper East Side di Manhattan, per accendere un cero e pregare un quarto d’ora o per la messa, anche se sedeva vicino l’uscita per evitare di essere notato e, a causa di questa sua paura, spesso perdeva la Comunione. Accanto al letto, sul comodino, Andy aveva una chiesetta di gesso con un crocifisso e un libro di preghiere logoro. Sotto la maglietta bianca indossava una catenina con una croce, e in tasca portava un rosario. Inoltre, ed è forse l’opera di cui è andato più fiero in assoluto, ha pagato gli studi in seminario del nipote divenuto poi sacerdote. Sappiamo che Andy non ha mai fatto pubblici discorsi di fede, eppure lo storico dell’arte John Richardson, all’elogio funebre, assicurò che l’Artista sapeva essere un evangelizzatore efficace e contribuì ad “almeno una conversione”. Non mi stupirei se, dalla Casa del Padre, abbia vegliato anche sulla conversione di Lou Reed.

Cosa potremmo ritrovare, della spiritualità così intima di Andy Warhol, nelle sue opere? Un grande, eccelso merito, che la storia gli ha già riconosciuto e consegnato per sempre: ci ha mostrato noi stessi. Nel pieno del XX Secolo, èra di ossessioni e nevrosi, èra di euforie e depressioni, èra di conquiste ed ebbrezze, l’Artista così schivo e riservato ci ha mostrato da cosa eravamo avvinti ancor prima che lo fossimo davvero, ancor prima che gli ultimi scorci del Secolo XX e i primi del XXI fossero saturi di quel misto di delirio di onnipotenza e mania di grandezza che la fama dà. Ci ha vaticinato che a tutti, prima o poi, spetta un quarto d’ora di celebrità, profetizzando che tutti, prima o poi, questo quarto d’ora lo avremmo cercato.

 

Bob Marley ed Andy Warhol due talenti toccati dalla Luce, quindi. Marley in età adulta e Warhol dalla giovinezza probabilmente, ma entrambi due icone di un Secolo sofferto e travagliato, entrambi sfiorati da quella Luce che, essa sola, può dare senso e significato a tutti i nostri sforzi, senso e significato a tutto ciò che noi cerchiamo di dare al mondo, sia che siamo artisti oppure no.

fonte UCCR


[Modificato da Credente 22/06/2021 17:20]
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