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STORIA DEI CREDENTI IN CRISTO

Ultimo Aggiornamento: 28/11/2012 08:26
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29/03/2012 16:42
 
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La storia del cristianesimo è la storia di fatti e persone, come tale, è caratterizzata da luoghi e momenti precisi, perché la storia di ognuno di noi è scandita in luoghi e momenti. [...] 

Gli apostoli ed i discepoli, dopo un comprensibile momento di smarrimento, di fronte alla scomparsa di Colui con il quale avevano condiviso la vita per circa tre anni, verificato, con i propri sensi che le promesse fatte dal Maestro erano state mantenute (Egli non si era definitivamente allontanato, non li aveva abbandonati), continuano a vivere in comunione, intorno alla Madre di Gesù, prima, e, successivamente, intorno ai primi che Lo avevano seguito, consapevoli, fin dall'inizio, che solo attraverso la loro unità Egli continuava a vivere. 

Le notizie circa questa prima comunità ci sono date dagli Atti degli Apostoli, scritti da S. Luca, il quale, oltre a riportare racconti uditi dagli stessi apostoli, vive in prima persona quella vita (egli, infatti, è compagno di Paolo quando questi giunge a Roma per la prima volta). Luca ci riferisce che "…erano assidui nell'ascoltare… gli apostoli, nella frazione del pane… stavano insieme,frequentavano il tempio e spezzavano il pane in casa…". Apprendiamo che, fin dall'inizio, la comunità si raccoglie intorno a coloro che riteneva esserel'Autorità, la Guida sicura, il punto di RIFERIMENTO e, più in particolare, Pietro, designato direttamente da Gesù per rappresentarlo, quale Suo prolungamento; già in Gerusalemme, e prima della grande diffusione, esiste un nucleo istituzionale, successivamente, le comunità sparse intorno saranno rette da anziani scelti con il consenso degli apostoli, i Presbiteri, prima, i Vescovi, dopo, con i Diaconi, che collaboravano con questi. Si distingue la particolare autorità di Pietro, che è il punto di riferimento quando deve essere scelto il sostituto di Giuda, o anche nelle questioni amministrative (come nel caso di Anania e Saffira, i coniugi che, entrati nella comunità, avevano omesso di conferire tutti i loro beni), ed è a Lui che si farà riferimento, per l'ammissione dei non ebrei al cristianesimo. Si ricorda, infatti, che la prima conversione pagana, quella del centurione Cornelio, avvenne ad opera di Pietro, che si recò nella sua casa, invitato, con perplessità da parte di tutti. 

Fin dai primi momenti, però, la vita per i discepoli di Cristo diviene avventurosa, essi devono essere prudenti, per evitare reazioni da parte dei Giudei; è datato al 34 il martirio di Stefano, un Diacono, lapidato dai Giudei, e, tra questi, da quel Saulo, che diventerà "Apostolo delle Genti". Stefano fu oggetto di un linciaggio popolare, seppur "tollerato" dai sacerdoti, che sapevano bene di non avere il potere di eseguire condanne a morte (in quell'occasione, Caifa venne destituito). Si trattò, comunque, secondo il diritto romano, di un abuso, tanto è vero che, dopo la condanna a morte di Giacomo Minore e di altri cristiani, nel 62, ad opera dei sommi sacerdoti, Ananos fu destituito. Egli aveva approfittato di un momento di "vacanza" del governo romano nella provincia (era morto Porzio Festo e non era stato ancora sostituito), per eliminare qualche scomodo cristiano, ma l'atteggiamento dello stato romano, nei confronti di questi primi non fu mai di aperta intolleranza. Addirittura, è del 35, il famoso senatoconsulto di Tiberio, il quale, probabilmente non per simpatia, ma solo per il suo profondo senso religioso, e per tentare di metter pace in una provincia bellicosa, chiese di riconoscere il cristianesimo alla stregua di tutte le altre religioni "lecite". Nonostante il parere contrario del Senato, Tiberio, che secondo Tertulliano e Giustino, aveva ricevuto da Pilato, una relazione sulle vicende di Gesù, pose comunque il veto ad eventuali accuse contro i cristiani

E' ormai ritenuto vero dalla maggior parte degli studiosi, che l'atteggiamento del governo romano, nei confronti della nuova "setta", fu tollerante, almeno fino al 62 – 64. E, anche nelle vere e proprie persecuzioni, a cominciare da quella di Nerone,l'accusa, nei confronti dei cristiani non fu politica, ma religiosa, essi, cioè, non adorando gli dei tradizionali, e non adorando l'imperatore, si rendevano rei di "superstitio illicita", cagionando l'ira degli stessi dei contro l'impero. Solo al tempo di Marco Aurelio, quando il Montanismo diffuse tra i cristiani atteggiamenti di rifiuto dello stato e di aperta provocazione, il cristianesimo fu ritenuto un pericolo vero e proprio per l'impero. Anche quando, nel 49, con un editto, furono espulsi gli ebrei da Roma, il provvedimento, secondo la studiosa Marta Sordi, non riguardò i cristiani (a seguito di tale editto, Prisca e Aquila, ebrei, si rifugiarono a Corinto, dove presero contatti con Paolo). Svetonio riporta di tumulti tra i Giudei "impulsore Chresto", ma non è certo si tratti di Cristo Gesù (Sordi). 

Una vera e propria persecuzione, in Giudea, fu subita dalla Chiesa nel periodo in cui la regione fu affidata ad un re locale, Erode Agrippa I, e sottratta al governo romano; Erode ne approfittò, fece uccidere Giacomo, e "visto che ciò era gradito agli ebrei, fece arrestare Pietro". Nel 42 è collocato l'arrivo di Pietro a Roma (Eusebio, Papia di Gerapoli, Clemente di Alessandria), ed è da ritenere che già vi fosse, in quella città, qualche cristiano. La cosa non ci deve meravigliare, per due ordini di ragioni: le vie di comunicazione, nell'impero romano, erano efficacissime e veloci; inoltre, molte persone si avvicendavano sia in Palestina, sia a Roma, e molti potevano aver avuto contatti con i cristiani. Fin dal primo momento, infatti, l'avvenimento di Cristo veniva reso presente attraverso dei semplici rapporti di frequentazione e di amicizia, più che attraverso una propaganda fatta di predicazioni. Chi veniva in contatto con i primi, coglieva in essi la verifica di una letizia, una vita piena, e più umana, pur nelle incombenze quotidiane. Emblematico della vita dei primi cristiani, è la descrizione che ne fa la lettera di un anonimo del II secolo ad un certo Diogneto. 

Pietro prende contatti con persone di ogni ceto sociale, ma viene prevalentemente ospitato da persone altolocate, addirittura da membri della famiglia imperiale. Pare, infatti, che sia stato subito ospite di Marcello, vicino alla famiglia di Claudio, che era stato conosciuto in Palestina, allorquando aveva sostituito Pilato a Gerusalemme. 

Nella lettera ai Romani di Paolo, è dato individuare almeno cinque gruppi di fedeli, gruppi eterogenei, ebrei, pagani, ricchi e poveri. E' di questo primo periodo di Pietro a Roma, l'episodio narrato da Tacito negli "Annali", relativo al processo maritale di Pomponia Graecina, imparentata con la famiglia di Tiberio. Intorno al 42, questa matrona romana aveva mutato la sua vita, non potendo più provare alcuna gioia nella vita scostumata e pretenziosa della nobiltà, ella venne condotta dinanzi al Tribunale del marito, riscoprendo così, di fatto, una figura giuridica ormai in disuso, per "superstitio illicita"; ella, cioè, non si abbandonava più, come le altre nobili romane dell'epoca, al culto anche sfrenato, dei riti religiosi pagani, conducendo una vita dimessa. Si ritiene che Pomponia avesse conosciuto lo stesso Principe degli apostoli

Emblematico anche il caso relativo alla visita di Paolo e Barnaba a Cipro, invitati dal Proconsole Sergio Paolo, dato riportato negli Atti e confermato da una recente scoperta archeologica. Paolo e Barnaba si trattengono presso Sergio Paolo, stringono un vero e proprio rapporto di amicizia e, sempre scoperte archeologiche recenti, attestano la presenza di una «domus ecclesia» in casa dello stesso Proconsole (la tradizione vuole che in seguito a questa amicizia Saulo prendesse il nome di Paolo). 

Nelle sue lettere ai romani, Paolo si rivolge a persone ben definite, conosciute, dapprima solo indirettamente, poi di persona. Si tratta di gruppi di amici che si riuniscono in case messe a disposizione dalle famiglie più facoltose, le «domus ecclesiae», o chiese domestiche, sulle quali, successivamente, sono state erette delle vere e proprie chiese

Il metodo, il modo di trasmissione della fede, non è altro che la vita normale di uomini e donne, che si sono imbattuti in altri uomini e donne, per "caso",sperimentando una felicità vera. Non crediamo affatto al fascino della moralità espressa, secondo alcuni, dai primi cristiani: la novità del cristianesimo non è data affatto dai costumi, o dai diversi usi, ma dalla sperimentazione, nella vita quotidiana, di una pienezza di umanità (Socci). Essi mostrano di aver incontrato il senso di ogni cosa, il giusto significato di tutto, attraverso una Persona: Gesù Cristo dal cui incontro scaturiscono tutta una conseguenza di atteggiamenti chiamati "morale cristiana". 

Tra le domus ecclesiae, la casa del Senatore Pudente (divenuta Chiesa di Santa Pudenziana, dal nome di una delle figlie del senatore); la casa di Prisca e Aquila sull'Aventino (Socci), gli amici di Paolo a Corinto (divenuta Chiesa di Santa Prisca); la casa dove alloggiò per circa tre anni Paolo, agli arresti domiciliari, lungo il Tevere, e dove si intratteneva con gli amici, soprattutto ebrei del quartiere; qui si rifugia lo schiavo Onesimo, fuggito da Filemone (divenuta chiesa di S. Paolo alla Regola). Le testimonianze letterarie su tali case domestiche sono state, recentemente, confortate dagli scavi archeologici (gli scavi sotto la Chiesa di Santa Pudenziana hanno rivelato una dimora signorile che dalla tarda età repubblicana resistette fino all'epoca di Nerone).
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