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MEDITIAMO la PASSIONE guardando la SINDONE

Ultimo Aggiornamento: 15/01/2019 16:00
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30/03/2010 10:11
 
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Ponzio interroga questo pover'uomo che lo interessa. E Gesù non lo disprezza. Ha pietà della sua invincibile ignoranza, gli risponde con dolcezza e tenta persino di istruirlo. « Ah - pensa Pilato - se non ci fosse questa canaglia che urla qui fuori, una buona sortita della coorte farebbe in fretta « cum gladio » (spada alla mano) a far tacere i più schiamazzanti e a disperdere gli altri. Non è molto che ho fatto massacrare nel Tempio qualche galileo troppo agitato. Sì, ma questi sornioni uomini del Sinedrio incominciano ad insinuare che non sono amico di Cesare e con questo non c'è da scherzare! E poi «per Èrcole » che cosa significano tutte queste storie di Rè dei Giudei, Figlio dì Dio, Messia? » Se Pilato avesse letto le Scritture, forse sarebbe stato un altro Nicodemo, poiché anche Nicodemo è un vile ; ma sarà la viltà a rompere gli argini. « Quest'uomo è giusto; io lo faccio flagellare (oh, la logica romana ) ; forse questi bruti ne avranno pietà ».


Sal 68,27 perché inseguono colui che hai percosso, aggiungono dolore a chi tu hai ferito.


Ma anch'io sono un vile : perché se mi attardo a difendere questo "Quirite lamentevole^ è soltanto per ritardare il mio dolore. « Allora Pilato prese Gesù e lo fece flagellare - Giov.,19, 1).

I soldati di guardia conducono Gesù nell'atrio del Pretorio e chiamano alla riscossa tutta la coorte : le distrazioni sono rare in questo paese di occupazione. Tuttavia il Signore ha dimostrato spesso una speciale simpatia per i militari. Come ha ammirato la confidenza e l'umiltà di quel centurione e la sua affettuosa premura per il suo servo che Egli ha guarito ! (Nulla mi toglierà la convinzione che si trattava dell'attendente di quell'ufficiale di fanteria coloniale). E fra poco, il centurione di guardia al Calvario per primo proclamerà la Sua divinità. La coorte sembra presa da un delirio collettivo, che Pilato non ha previsto. Satana è là, a suggerire loro l'odio. Ma basta. Non più parole: soltanto colpi; e procuriamo

di andare sino alla tino. Essi lo spogliano e, del tutto nudo, lo legano per i polsi a una colonna dell'atrio, con le braccia sollevate in alto.

La flagellazione si effettua con delle striscio di cuoio multiple, su cui sono fissate, a qualche distanza dall'estremità libera, due palle di piombo o degli ossicini. (E' almeno a questo genere di flagrum che corrispondono le impronte della Sindone). Il numero dei colpi è fissato a 39 dalla legge ebraica. Ma i carnefici sono legionari scatenati, che andranno sino al limite della sincope. Infatti le tracce sulla Sindone sono innumerevoli e la maggior parte sulla impronta posteriore (la parte anteriore del corpo è contro la colonna) ; si vedono sulle spalle, sulla schiena, sulla regione lombare e anche sul petto. I colpi di flagello scendono sulle cosce, sui polpacci: e là, l'estremità delle strisce, oltre le pallottole di piombo, avvolge l'arto e lascia il suo solco fin sulla faccia anteriore delle gambe.

I carnefici sono due, uno da ciascun lato, e sono di ineguale corporatura (come si deduce dall'orientamento delle impronte sulla Sindone). Essi colpiscono accanitamente, con grande sforzo. Ai primi colpi le corregge lasciano delle lunghe tracce livide, delle lunghe ecchimosi bluastre sottocutanee. Si ricordi che la pelle è già stata alterata, resa più sensibile dai milioni di piccole emorragie intradermiche del sudor di sangue. Le palle di piombo determinano maggiori contusioni. Poi la pelle, infiltrata di sangue e resa più fragile, si apre sotto nuovi colpi. Il sangue zampilla; lembi di pelle si distaccano e restano pendenti. Tutta la parte pò steriore non è più che una superficie rossa su cui risaltano grandi solchi marezzati; e qua e là, le piaghe profonde dovute alle palle di piombo. Queste piaghe in forma di manubrio (le due palle e le striscie tra di loro) s'imprimeranno sulla Sindone.

Ad ogni colpo, il corpo trasale in un doloroso soprassalto. Ma Egli non apre bocca e questo mutismo raddoppia la furia satanica dei Suoi camitici. .Non è più la fredda esecuzione di un ordine giudiziario; è uno scatenarsi di demoni. Il sangue scorre dalle spalle tino a terra (le larghe lastre del pavimento ne sono coperte) e si sparge in pioggia, dai flagelli sollevati, fin sulle rosse clamidi degli spettatori. Ma ben presto le forze del suppliziato vengon meno : un sudor freddo inonda la Sua fronte, la testa Gli gira in una vertigine di nausea, brividi gli corron lungo la schiena. Le gambe cedono ed Egli, se non fosse legato molto in alto per i polsi, cadrebbe nella pozza di sangue. « Ha avuto quanto gli spettava, anche se non abbiamo contato. Dopo tutto, non abbiamo ricevuto l'ordine di ucciderlo a frustate. Lasciamo che si rimetta; possiamo ancora divertirci ».

« Ah ! questo scemo pretende di essere Re, come se ce ne fossero sotto le aquile romane, e Rè dei Giudei ancora ; è il colmo del ridicolo. Ha delle noie con i suoi sudditi? Non ci pensi: noi saremo suoi fidi. Presto, un manto ed uno scettro». Lo hanno fatto sedere su una base di colonna (non è molto solida la Maestà!). La vecchia clamide d'un legionario sulle spalle nude Gli fa le veci della porpora regale ; una grossa canna nella destra e sarebbe perfetto, se non vi mancasse una corona : qualcosa di originale ! (Tra 19 secoli, contribuirà a farlo riconoscere questa corona, che molto probabilmente nessun crocifisso ha portato). In un angolo, una fascina di quegli arbusti che abbondano nei cespugli del sobborgo. Sono flessibili e forniti di lunghe spine, molto più lunghe, più acute e più dure di quelle dell'acacia. Se ne intreccia con precauzione (poiché pungono) una specie di fondo di canestro che Gli si applica sul capo. Se ne ribattono i bordi e con una fascia di giunchi ritorti si serra la testa tra la nuca e la fronte.

Le spine penetrano nel cuoio capelluto ed esso sanguina. (Noi chirurghi sappiamo quanto sanguini il cuoio capelluto). Già il capo è tutto invischiato di grumi; lunghi rìvoli di sangue sono colati sulla fronte, sotto la fascia di giunchi, hanno inondato i lunghi capelli arruffati ed hanno riempito la barba.


Lam 1,12 Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta, ....




La commedia dell'adorazione ha avuto inizio. A turno ciascuno piega le ginocchia davanti a Lui, con una smorfia spaventosa, seguita da un forte schiaffo : « Salve, Rè dei Giudei! )). Ma Egli non risponde. Il Suo povero viso, straziato ed impallidito, non ha un movimento. Davvero non è divertente !

Esasperati, i fedeli sudditi Gli sputano sul viso. « Non sai tenere il tuo scettro, via! ». E giù un gran colpo sul cappello di spine, che si affonda ancor di più ; ed ecco che piovono altri schiaffi. Non mi ricordo più : è stato uno di questi legionari o l'ha ricevuto da qualcuno del Sinedrio? Ma ora vedo che un forte colpo di bastone dato obliquamente Gli ha lasciato sulla guancia, destra un'orribile piaga contusa e che il Suo grande naso semitico, così nobile, è deformato da una frattura dell'ala cartilaginea. Il sangue cola dalle narici sui baffi. Basta, mio Dio !

Ma ecco ritornare Pilato, un po' inquieto sulla sorte del prigioniero : « Che cosa ne avranno fatto quei bruti? Ah ! l'hanno ridotto in ben malo modo ! Se i Giudei non sono contenti ! ». E lo mostra dal balcone del Pretorio nella Sua divisa regale meravigliato egli stesso di sentire un po' dì pietà per quello straccio d'uomo. Ma egli ha fatto i conti senza l'odio : « Tolle. crucifige! » (A morte, crocifiggilo! - Giov.21, 15). Ah! i demoni! E l'argomento terribile per lui: «Egli s'è fatto rè; se tu l'assolvi non sei amico di Cesare ». Allora il vile cede e si lava le mani.


Gli strappano la clamide che già ha aderito a tutte le Sue ferite, ed il sangue riprende a scorrere : Egli ha un gran brivido. Gli rimettono le Sue vesti che si tingono dì rosso. La croce è pronta ed Egli stesso si carica il legno sulla spalla destra. Per quale miracolo Egli può stare in piedi sotto tale peso? Non è, veramente, tutta la croce, ma solo il grosso braccio orizzontale, il «patibulum », che Egli dovrà portare fino al Golgota; ma esso pesa ancora una cinquantina di chili. Il palo verticale, lo « stipes », è già piantato sul Calvario.


Ed il cammino incomincia, a piedi nudi, per strade dal fondo irregolare cosparso di ciottoli. I soldati Lo tirano con le corde che Lo legano, ansiosi di sapere se giungerà fino in cima. Due ladroni Lo seguono, nella stessa guisa. Il percorso fortunatamente non è molto lungo, circa 600 metri; ed il colle del Calvario o poco fuori di porta Efraim. Ma il tragitto è molto accidentato, anche nell'interno dei bastioni. Gesù, penosamente, mette un piede davanti all'altro e spesso si accascia e cade sulle ginocchia che non sono ben presto che una piaga. I soldati di scorta Lo sollevano, senza trattarlo troppo brutalmente; sentono che Egli potrebbe benissimo morire per via.

E' sempre quella trave, in equilìbrio sulla spalla, che lo ammacca con le sue asperità e che sembra volervi penetrare di forza. Io so di che cosa si tratta : ho trasportato una volta al V° Genio, delle traverse di ferrovia, ben piallate, e conosco questa sensazione di penetrazione in una spalla ferma e sana. Ma la Sua spalla è coperta di piaghe che si riaprono, si allungano, si approfondiscono ad ogni pie' sospinto. E' spossato. Sulla Sua tunica inconsutile una enorme macchia di sangue va sempre più allargandosi e si estende poi fin sulla schiena. Egli cade ancora e questa volta lungo disteso ; la trave Gli sfugge e Gli scortica il dorso. Potrà rialzarsi? Fortunatamente passa di là un uomo di ritorno dai campi, quel Simone di Cirene che, come i suoi figli Alessandro e Rufo, sarà presto buon cristiano. I soldati lo costringono a portare quella trave; il buon uomo non rifiuta. Oh! come lo farei volentieri anch'io! Non c'è più da salire, finalmente, che il pendio del Golgota e faticosamente si giunge in cima. Gesù si accascia al suolo e la crocifissione ha inizio.


Oh! non c'è nulla di complicato: i carnefici sanno il loro mestiere. Bisogna anzitutto denudarlo. Per le vesti esterne è ancor facile ; ma la tunica aderisce intimamente alle Sue Piaghe, per così dire a tutto il corpo, e il toglierla è semplicemente atroce. Non avete mai tolto la prima medicazione già disseccata da una larga piaga contusa? o non avete sofferto voi stessi questa prova che richiede talvolta l'anestesia generale? In tal caso, potete in parte rendervi conto di che cosa si tratta. Ogni filo di lana aderisce alla superficie scoperta e quando lo si solleva strappa una delle in numerevoli terminazioni nervose messe a nudo nella piaga. Queste migliala di chocs dolorosi s'addizionano e si moltiplicano, ciascuno aumentando via via la sensibilità del sistema nervoso.

Ora, qui non si tratta di una lesione locale, ma di quasi tutta la superficie del corpo e soprattutto di questa schiena ridotta in stato scioccante. I carnefici frettolosi non hanno nè modo nè misura. Forse è meglio così, ma come mai questo dolore acuto, atroce, non provoca una sincope? Come è evidente che, da un capo all'altro, Egli domina e dirige la Sua Passione !

 


Il sangue riprende a scorrere; Lo distendono sul dorso. Gli hanno lasciato la stretta cintola che il pudore dei Giudei conserva ai giustiziati? Confesso di non saperlo. Ciò ha d'altronde poca importanza ; comunque nella Sua Sindone Egli sarà nudo. Le piaghe del Suo dorso, delle cosce, dei polpacci, s'incrostano di polvere e di ghìaietta. Lo hanno messo ai piedi dello stipes, con le spalle distese sul patibulum. I carnefici prendono le misure. Un giro di succhiello nel legno per facilitare la penetrazione dei chiodi e l'orribile supplizio ha inizio. Il carnefice prende un chiodo (un lungo chiodo appuntito e quadrato che in corrispondenza della testa è largo 8 mm.), lo appoggia sul polso, in quella piega anteriore che conosce per esperienza, fu solo colpo del grosso martello : il chiodo è già piantato nel legno, ove qualche colpo energico lo fìssa saldamente.

Gesù non ha gridato, però il Suo viso si è spaventosamente contratto. Ma soprattutto ho visto nello stesso istante il Suo pollice, con un movimento violento, prepotente, mettersi in opposizione nel palmo : il Suo nervo mediano è stato leso. Allora mi rendo conto di ciò che Egli ha provato : un dolore indicibile, folgorante, che si è diffuso nelle Sue dita, è «zampillato », come una lingua di fuoco, fino alla spalla, è esploso nel Suo cervello. E' il dolore più insopportabile che un uomo possa provare, quello dato dalla ferita dei grossi tronchi nervosi. Quasi sempre esso provoca una sincope ed è un bene. Gesù non ha voluto perdere conoscenza. Almeno, il nervo fosse stato tagliato di netto I Invece (ed io stesso l'ho constatato sperimentalmente) esso non è stato distrutto che in parte : la lesione del tronco nervoso rimane in contatto con quel chiodo e su di esso, tra poco, quando il corpo sarà sospeso, si tenderà fortemente come una corda di violino sul suo ponticello, e vibrerà ad ogni scossa, ad ogni movimento, risvegliando il terribile dolore. Ed Egli ne ha per tre ore I


L'altro braccio è allungato dall'aiutante; gli stessi gesti si ripetono e gli stessi dolori. Ma questa volta - pensateci - Egli sa ciò che l'attende. Ora è inchiodato sul patibulum, a cui aderisce perfettamente con le spalle e le braccia. Ha già forma di croce: quanto è grande!

«Andiamo, in piedi!». Il carnefice ed il suo aiutante impugnano le estremità della trave e rialzano il condannato. dapprima seduto e poi in piedi; quindi facendolo camminare all'indietro, lo addossano al palo verticale. Ma questo avviene esercitando trazione sulle due mani inchiodate. Con un grande sforzo, a braccia tese (ma Io stipes non è molto alto), rapidamente, perché è molto pesante, essi incastrano con abile gesto il patibulum all'alto dello stipes. Alla sua sommità, con alcuni chiodi, è fissato il titulus scritto in tre lingue. Il corpo, stirando le braccia, che si allungano obliquamente, è un po' disceso. Le spalle ferite dalle fustigazioni e dal trasporto della croce, hanno strisciato dolorosamente sul legno ruvido. La nuca, che sovrasta il patibulum, l'ha urtato passando, per arrestarsi in corrispondenza della sommità del palo verticale. Le punte taglienti del grande cappello di spine hanno lacerato ancor più profondamente il cranio. La povera testa è inclinata in avanti, poiché lo spessore della corona le impedisce di riposare sul legno ; ed ogni volta che Egli la solleva, ne risveglia le punture.

Il corpo appeso è sostenuto soltanto dai chiodi piantati nei due carpi. E potrebbe bastare. Esso non cade in avanti. Ma è regola inchiodare anche i piedi. Per questo, non c'è bisogno di mensola ; basta piegare le ginocchia e stendere i piedi a piatto sul legno dello stipes. Perché, dal momento che non è necessario, dare lavoro ad un falegname? Non certo per alleviare le pene del crocifisso. Il piede sinistro è messo a piatto sulla croce e con un solo colpo di martello il chiodo penetra nella sua parte di mezzo, tra il secondo ed il terzo osso metatarsale. L'aiutante piega anche l'altro ginocchio ed il carnefice, riportando il piede sinistro davanti al destro tenuto piatto dall'aiutante, con un secondo colpo perfora questo piede nello stesso punto. Quest'operazione è facile; e poi a grandi colpi il chiodo è spinto nel legno. Qui, grazie a Dio, nulla più di un banale dolore ; ma il supplizio ha appena avuto inizio. Con due uomini, tutto il lavoro non è durato più di due minuti e le ferite hanno sanguinato pochissimo. Ci si affacenda allora attorno ai due ladroni ; e i tre patiboli sono approntati di fronte alla città deicida.

Non ascoltiamo tutti questi Giudei trionfanti che insultano il Suo dolore. Egli ha già perdonato « poiché non •sanno quel che si fanno ». Gesù a tutta prima si è accasciato. Dopo tante torture, per un corpo sfinito questa immobilità costituisce quasi un riposo, coincidendo con una diminuzione della sua capacità vitale. Ma Egli ha sete. Oh ! non l'ha ancora detto. Prima di distendersi sulla croce ha rifiutato la pozione analgesica, vino mescolato con mirra e fiele, che preparano le pie donne di Gerusalemme. La Sua sofferenza, la vuole completa; sa che la dominerà. Ha sete. Sì, « la mia lingua ha aderito al mio palato - Salmo XXI, 6). Non ha bevuto nulla ne mangiato da ieri sera. E' mezzogiorno. Il sudore del Getsemani, tutte le fatiche, la grave emorragia al Pretorio e quelle successive ed anche un po' di questo sangue che esce dalle piaghe, Gli hanno sottratto una gran parte della Sua massa sanguigna. Ha sete. I lineamenti sono tirati, il volto pallido è solcato di sangue che si coagula dappertutto. La bocca è semiaperta ed il labbro inferiore già comincia a pendere. Un filo di saliva scende dalla barba, mescolato al sangue che esce dal naso schiacciato. La gola è secca ed infuocata, ma Egli non può deglutire. Ha sete. In questo volto tumefatto, sanguinante e deformato, come sì potrebbe riconoscere il più bello dei figli degli uomini?


Sarebbe spaventoso, se non Vi si vedesse, malgrado tutto, risplendere la serena maestà del Dio che vuoi salvare i Suoi fratelli. Ha sete. E tra poco lo dirà, perché si adempiano le Scritture. Ed uno stupido soldato, nascondendo la sua compassione sotto lo scherno, Gli tenderà sulla punta d'una canna una spugna imbevuta nella sua acidula « posca » (« acetum » dicono i Vangeli).


Sal 68,22 Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto


Ne berrà anche solo una goccia? Si è detto che il fatto di bere determina in questi poveri suppliziati una sincope mortale. Come, dopo aver bevuto, potrà dunque parlare ancora due o tre volte? No, no : morirà alla Sua ora. Ha sete,

E tutto è appena incominciato. Ma dopo un attimo uno strano fenomeno si produce. I muscoli delle braccia si irrigidiscono spontaneamente, in una contrattura che andrà accentuandosi : i deltoidi, i bicipiti sono tesi e rilevati, le dita si incurvano. Si tratta di crampi!

Tutti, poco o tanto, abbiamo sofferto questo dolore, progressivo ed acuto, in un polpaccio, tra due coste, un po' dappertutto. Bisogna distendere, allungandolo, questo muscolo contratto. Ma guardiamo! Ecco, ora, alle coscie ed alle gambe gli stessi rilievi mostruosi rigidi e le dita dei piedi che s'incurvano. Si direbbe un ferito colpito da tetano, in preda a quelle orribili crisi che non si possono dimenticare. E' ciò che noi chiamiamo tetania, quando i crampi si generalizzano : ed ecco che questo avviene. I muscoli dell'addome si irrigidiscono in onde immobili ; poi quelli intercostali, quelli del collo e quelli respiratori. Il respiro si è fatto a poco a poco più corto e superficiale. Le coste, già sollevate per la trazione delle braccia, si sono ancora più sopraelevate; l'epigastrio si incava ed anche le infossature al di sopra delle clavlcole. L'aria entra fischiando ma non riesce quasi ad uscire. Egli respira con l'apice dei polmoni, inspira un po' ma non può più espirare. Ha sete d'aria ; come un enfisematoso in piena crisi d'asma: il suo volto pallido a poco a poco diventa rosso, poi passa al violetto purpureo e poi al cianotico. Colpito da asfissia, soffoca. I polmoni gonfi d'aria non possono più svuotarsi. La fronte è coperta di sudore^ gli occhi escono fuori dell'orbita. Quale atroce dolore deve martellare il suo cranio! Sta per morire! Ebbene, tanto meglio. Non ha dunque sofferto abbastanza?

No, la Sua ora non è ancora giunta.

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